Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia sono realmente
esistenti ed appartengono a loro stessi, ed io non intendo dare
rappresentazione veritiera ne del loro carattere ne della loro sessualità o
offenderli in alcun modo. E per finire non guadagno nulla da tutto questo, boohya! \o/
Note: Scritta con il prompt: John Nolan/Jesse Lacey/Adam
Lazzara, incontri notturni alla luce di un lampione della Notte
Bianca di maridichallenge.
Quanto
Long Island drama, la mia giornata oggi ne è piena
*w*
Okay,
come forse saprete già, questa per me è THE ULTIMATE OT3 anzi, no, è THE
ULTIMATE PAIRING *vomita arcobaleni e UST* ed ho sempre sognato di scrivere su di loro.
I JUST HAVE A LOT OF FEELINGS! Non lo so, prima o
poi scriverò qualcosa con tanto sesso sessuale, per intanto beccatevi questa \o/ #EverythingIsLongIslandDramaAndNothingHurts
E’
ambientata ad inizio 2010, dopo la litigata 2.0 di Jesse
e John (mi pare sia avvenuta nel 2007, più o meno quando John si è sposato),
quando John e Adam stavano ritornando BFF ma prima
che andassero a vivere insieme in Arkansas (o dove diavolo siano ora XD) *ride mentre pensa a quanto la loro vita sia simile ad una
fan fiction o ad una soap opera* BOYS ILU XD
Ah,
la maglietta di cui parlo è ‘Mics are for singing not
swinging’. Googlatela
perché se la scrivo qui le mie note diventano troppo lunghe, ma questa (e ‘Taking Back Sunday - proudly swinging since 1999’) è solo
l’ennesimo caso di attacchi passivi/aggressivi che questi tre si fanno da ormai
una decade XD *ama*
Titolo
da Vices dei
Brand New \o/
E rinnovo l’invito: come to the Long Island’s drama, we I
have cookies! (Davvero, non posso
esserci solo io in questo fandom, è una cosa troppo
triste ;___; #foreveralone)
Conteggio parole: 1.358
He said goodbye to the ground.
Se
solo non fosse stato impegnato a tenere lo sguardo basso per evitare che loro
incrociassero il suo sguardo, Jesse avrebbe riso,
perché era tutto così dannatamente divertente.
Si
immaginava Dio in quel momento tenersi la pancia dalle risate e guardandolo
mentre si copriva la fronte con il cappuccio della felpa. Un gran senso
dell’umorismo era l’unica spiegazione per cui, nella città più grande del
mondo, in un bar uguale a mille altri, la luce di un lampione avesse illuminato
proprio quel tavolino.
John
stava osservando la schiuma della birra nel suo bicchiere scomparire
lentamente, un piccolo sorriso gli increspava le labbra mentre Adam faceva cadere la cenere della sigaretta per terra e
ricominciava a parlare.
Sei
miliardi di persone sulla terra e lui aveva incontrato proprio le uniche due
persone che avrebbe pagato pur di non vedere.
Fino
a quel momento aveva seppellito il pensiero di loro due infondo alla testa, cercando di zittire la voce che
continuava a ripetergli quanto ancora facesse male, ma la verità era che,
nonostante il rumore del traffico e le risate sguaiate dei passanti, non era
mai stata più chiara ed comprensibile che in quel momento.
Un
sorriso amaro gli solcò le labbra mentre realizzava ciò che era diventato. Se
la persona che era a venticinque anni avesse potuto vederlo ora, l’avrebbe
preso a pugni.
Cinque
anni prima non avrebbe mai pensato di diventare uno che cambiava strada pur non
incrociare lo sguardo di qualcuno, per quante notti la persona in questione
potesse avergli tolto il sonno.
Ma
c’erano molte cose che non aveva mai immaginato accadessero e il caso voleva
che avessero tutte a che fare con John.
Si
morse le labbra e prese un respiro, mentre il suo orgoglio gli imponeva di
attraversare la strada con un grosso sorriso sulle labbra.
Non
avrebbe permesso a John di essere l’unico a farlo. Quello comparve sul suo viso
sarebbe stato ancora più splendente e luminoso e gli avrebbe fatto vedere che
no, lui non era il solo a non sentire
più dolore.
Dopotutto
serve un bugiardo per riconoscere un altro bugiardo e forse, per questa volta,
sarebbe stato al sicuro.
Vide
lo sguardo sul viso di Adam incupirsi appena i suoi
occhi incrociarono quelli azzurri di Jesse, e
l’espressione del su volto divenne leggermente più sicura.
Certe
cose non cambiavo mai.
John
si voltò, appoggiando i gomiti sulla sedia. Il sorriso sul suo viso era ancora
lì, gli occupava ormai tutto il viso, ed era così schifosamente sincero che Jesse ebbe voglia di vomitare.
-Jesse?- domandò nonostante fosse già in
piedi, pronto per abbracciarlo, come se
avesse dimenticato i tre anni in cui non si erano scambiati una
telefonata nemmeno per farsi gli auguri a Natale.
Adam si accese un’altra sigaretta.
Jesse ricambiò l’abbraccio e notò quanto
tutto sembrasse sbagliato e fuori luogo. Al diavolo quello che potesse dire il
suo orgoglio, quella non era stata una buona idea.
-Forza,-
esclamò John indicando la sedia vuota tra lui e Adam.
–Siediti. E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti…-
Adam ingoiò il fumo ed allontanò la
propria sedia nello stesso istante in cui Jesse si
sedette.
Dio,
così gli rendeva le cose facili.
-Vedo
che le cose ti vanno comunque bene- mormorò Jesse tra
i denti, lanciando un’occhiata ad Adam che continuava
a fissare la propria sigaretta consumarsi senza dire una parola.
Dalle
labbra di John uscì una risata imbarazzata. –Sì, beh…-
si interruppe un solo istante cercando di afferrare qualche pensiero nella sua
testa che lo aiutasse a cambiare argomento. –Non pensavo fossi in città.- disse
alla fine.
E
Jesse aveva così tanta voglia di rispondere qualcosa
che lo mettesse in difficoltà, di sentire il sapore di tutto quello che aveva
sulla punta della lingua da ormai tre anni mentre usciva dalle labbra, da avere
difficoltà a trattenersi. L’unica cosa
che lo fermò furono gli occhi castani di Adam che
sentiva puntati sul suo viso.
Stava
aspettando solamente un suo passo falso, un motivo per tirare un sospiro di
sollievo perché, finalmente, Jesse Lacey era uscito dal gioco, e lui non gliel’avrebbe dato.
Quando
Jesse si voltò, il suo sguardo rifletteva la stessa
luce fredda che aveva sette anni prima, quella che era così viva nei ricordi di
Adam da fargli venire la nausea. La piega che
prendevano le sue labbra quando vedeva qualche ragazzino indossare quella
stupida maglietta, il modo in cui rideva ogni volta che qualche giornalista gli
chiedesse dei Taking Back Sunday.
Ma
Adam non aveva più ventidue anni. Non sarebbe rimasto
a guardare Jesse sogghignare mentre calpestava il suo
cuore spezzato.
La
situazione si era capovolta, ed Adam doveva tenerlo a
mente se non voleva che lui si accorgesse dei battuti del suo cuore che non
facevano altro che aumentare.
Perché,
sarebbero anche potuti passare altri dieci anni, ma Jesse
l’avrebbe sempre considerato lo stupido ragazzino ingenuo, nient’altro che
l’ombra di quello che John voleva in realtà. Ed era quello che lo faceva
incazzare più di tutto, il fatto di non essere all’altezza nemmeno di essere
considerato una vera minaccia.
-Vedo
che le cose tra di voi si sono chiarite- iniziò Jesse,
cercando di riprendere in mano la situazione.
Adam sussultò e Jesse
sorrise.
In
realtà durante tutti quegli anni aveva pensato ad Adam
più di quanto gli piacesse ammettere con se stesso. Il modo in cui i suoi occhi guardavano John,
in cui sembrava fidarsi così ciecamente di lui, l’avevano colpito a tal punto
da chiedersi fino a che punto sarebbe potuto arrivare, o anche solo se ci fosse
un punto di rottura.
No,
a quanto pare non c’era. O, almeno, poteva sempre essere aggiustato per poi
essere distrutto di nuovo.
Le loro storie erano l’una lo specchio dell’altra, e
Adam probabilmente era l’unica persona sulla
terra che potesse davvero capire cosa stava provando in quel momento.
Sospirò
combattendo l’impulso di portare lo sguardo verso il cielo. Quella non era più
ironia, qui si sfiorava il patetico.
-Già!-
John si bagnò le labbra con la birra, rilassandosi contro lo schienale della
sedia. –Nessuno lo sa ancora ma ci sono grandi novità nel futuro dei Taking Back Sunday!-
Jesse aprì leggermente la bocca. Gli
sarebbe piaciuto poter dire di esserne sorpreso, ma non lo era. Perché era John
di cui si stava parlando. Dei suoi sorrisi leggermente imbarazzati ed il modo
in cui tutto sembrava girare intorno a lui, nonostante non facesse nulla per
meritarsi tutta quell’attenzione. Poteva infilarti un coltello nella schiena, e
poi guardarti negli occhi e convincerti di essere ancora il tuo migliore amico.
Adam si acese la terza sigaretta nel giro
di dieci minuti, ispirando piano.
La
luce negli occhi di Jesse si spense. Fu solo un
attimo, ma non abbastanza veloce perché gli sfuggisse.
E,
Dio, voleva così tanto ridere, ma le risate sembravano essere bloccate in gola.
Perché John non era diverso dalla sigaretta che stava fumando; sapeva che gli
avrebbe fatto male ma il pensiero di smettere non aveva mai nemmeno sfiorato i
suoi pensieri. E alla fine l’unica cosa che gli rimaneva era il fumo.
Jesse invece era…
Era tutto quello che amava odiare.
E
la verità era che i sentimenti che provava per lui non erano così diversi da
quelli che sentiva di avere per John. Entrambi avevano monopolizzato ogni suo
pensiero negli ultimi dieci anni e, per entrambi, lui non sarebbe mai stato
abbastanza.
-Immagino-
disse Jesse sostenendo lo sguardo di Adam. Ci fu un
istante di silenzio, così pesante da
poter essere tagliato con un coltello, e poi Jesse
si alzò di nuovo in piedi. –Io devo andare… Ho
promesso a Kevin che saremmo andati a bere qualcosa insieme…-
-Oh.- la delusione nello sguardo di John
fece più male ad Adam di tutte le volte in cui Jesse l’aveva preso per il culo nelle sue canzoni. Perché
erano ancora loro tre, avevano ancora poco più di vent’anni e non sapevano fare
altro che lanciarsi occhiate fredde, scambiarsi piccoli sorrisi agli angoli
delle labbra e spezzarsi il cuore.
Nulla
era cambiato davvero.
-E’
stato bello rivederti, Jesse. Spero davvero che tu
stia bene.- mormorò John mettendogli di nuovo le braccia intorno alle spalle.
Jesse fece un sorriso tirato e non disse
nulla, cercando di allontanarsi velocemente da quello stupido bar, da quello
stupido lampione e da chi sapeva non avrebbe abbandonato mai i suoi pensieri.