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Autore: MedusaNoir    02/11/2011    11 recensioni
Aurora, nuova cantante dei Moonlight Sonada, è entrata nel gruppo per inseguire il batterista dei suoi sogni, ma Marco, il chitarrista che accarezza la sua Fender nera come se tra le mani avesse una donna, cerca di fare breccia nel suo cuore.
Piccole scene di vita, accompagnate dalle canzoni di Cat Stevens, il cantante preferito di Aurora e Marco.
Vincitrice degli Oscar Migliore descrizione, Migliore personaggio maschile protagonista e Premio fangirl al "Multifandom Oscar" contest di Dark Aeris.
Prima classificata e vincitrice del Premio Stile al "Just a Love Story - Romantic Contest" di Flaren97.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle note di Cat Stevens'
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Più di un anno dopo avere scritto questa storia, pubblico ora la sua "versione finale", completa di "Maybe stories are just stories" e ampliata ulteriormente per un totale di 18 pagine di Word.
Spero che anche chi l'ha già letta voglia darle nuovamente un'occhiata perché credo che questa versione, corretta di errori e stilisticamente migliorata, sia decisamente migliore dell'altra. Grazie!


Sulle note di Cat Stevens

- Muovitimuovitimuovitimuoviti!

Marco sbuffò e diede una spinta a Manuel, che saltellava nervoso sulla soglia del suo appartamento da dieci minuti, pregandolo di fare in fretta. Fare in fretta? Aveva appena composto un brano, lo stava arrangiando al computer e il suo amico gli chiedeva di fare in fretta? Forse si era dimenticato chi avesse davanti. Fortunatamente, Manuel aveva bussato insistentemente alla sua porta quando ormai il lavoro era quasi finito, per cui non aveva dovuto sopportare la sua presenza snervante per molto: era come un fratello per lui, ma a volte avrebbe voluto solo lasciarlo nelle grinfie di qualche Sith.

Infilò la giacca e uscì da casa, seguito dal fedele Manuel che non smetteva di elencare i pregi della ragazza che stava per presentargli.

- Non so come fai a essere così tranquillo, - esclamò, parlando a raffica, mentre il suo volto si faceva paonazzo come tutte le volte che l’euforia si impossessava di lui. – Abbiamo trovato una cantante! Ha una voce straordinaria, molto meglio di quella cretina di… Come si chiamava?

- Non fare il finto tonto, ti sei anche portato a letto Martina.

Manuel rivolse a Marco un sorriso leggermente imbarazzato. – Beh, questo non significa che fosse una brava cantante.

- Certo che no, ma rafforza il “cretina”.

- Vedrai, Aurora è fantastica: persino Ettore non riesce a toglierle gli occhi di dosso!

Marco si bloccò prima di aprire la portiera dell’auto. – Ettore? – chiese, sarcastico. – Stiamo parlando della stessa persona?

- Sì, quell’Ettore che dopo Simona ha detto di aver chiuso con le donne.

- Quanto è durata?

Manuel si strinse nelle spalle. – Ad ogni modo, credo voglia fare sul serio, non se l’è ancora portata a letto e lei è già letteralmente caduta ai suoi piedi.

- Non credo sia una buona idea prenderla nel gruppo, allora, - rifletté Marco, passandosi una mano tra i corti capelli neri. – Quando Ettore e Simona hanno rotto, la passione per la musica li ha fatti continuare a suonare insieme, ma chi  assicura che sarebbe lo stesso anche con questa Aurora?

- Non dai a Ettore il tempo di fare il primo passo e già li condanni all’infelicità? – rise Manuel salendo in macchina. – Se la storia dovesse ripetersi, beh, vorrà dire che per almeno due anni possiamo rassicurare Roma con la presenza dei Moonlight Sonada!

Sottolineò le ultime parole sbattendo accidentalmente il pugno contro il tettuccio della macchina di Marco, che non poté fare altro che chiudere gli occhi scuri e scuotere rassegnato la testa.

 

 

- Vado a cercarla, dovrebbe essere arrivata, - esclamò Manuel, addentrandosi tra la folla del locale in cui il gruppo avrebbe dovuto incontrarsi con la nuova cantante. – Tu aspettami al bancone, sennò ti perdo.

- Va bene, mammina.

In attesa che Manuel tornasse con la “favolosa ragazza” da lui descritta, Marco si appoggiò con i gomiti e la schiena al bancone, lo sguardo intento a percorrere la clientela del pub; un gruppo non troppo malvagio per i suoi gusti – e lui era una persona molto esigente – suonava sul palco su cui anche i Moonlight Sonada si erano esibiti in passato, prima che Martina li abbandonasse. Forse Manuel non era così bravo a letto.

Ordinò una birra, storcendo la bocca quando il chitarrista sbagliò un accordo. Mentre beveva, la voce di una delle due ragazze sedute al bancone vicino a lui raggiunse le sue orecchie, superando le note della canzone: aveva sentito una sola parola ed era bastata ad attirare la sua attenzione.

- Dico sul serio, Anakin in quella scena è fantastico! Dovevi vedere la sua espressione…

- Certo che è stato un idiota a credere a quel tipo strano, - commentò la sua amica, visibilmente annoiata dal discorso: un’eretica.

Si voltò per scoprire chi fosse la fan di Star Wars e vide, in parte nascosta dalla schiena della sua interlocutrice, una ragazza che non doveva avere più di venticinque anni – quattro meno di lui –, non molto alta, con una cascata di ricci scuri che le ricadevano sulle spalle scoperte.

- Ma lui l’ha fatto per salvare Padmé, l’amava veramente!

- Va bene, d’accordo, sono l’amore più fantastico di tutto l’universo, ma possiamo parlare di altro? Ti prego, è da quando siamo arrivate che non fai che nominare quella roba là

Marco si sporse tra loro, avvicinandosi alla sola ragazza che meritasse la sua attenzione, e finse di sussurrarle, parlando a voce abbastanza alta: - Dev’essere un membro della forza nemica. Non darle ascolto, giovane Padawan.

Le due amiche sussultarono, sorprese. Marco rivolse un sorriso ad entrambe e si presentò.

- Scusatemi, ma quando vi ho sentito parlare di Star Wars non ho potuto fare a meno di intromettermi. Piacere, io mi chiamo Marco.

- Silvia, - disse “l’eretica”, stringendogli la mano.

L’altra ragazza fissava la maglietta di Marco, sulla quale lui aveva fatto stampare un’immagine di Star Wars.

- Porti Obi-Wan nel cuore, - osservò.

- Esatto! – esclamò Marco, lieto che qualcuno avesse notato quel particolare, il volto dell’uomo in corrispondenza del petto

Era carina, osservò ora che riusciva a guardarla meglio. Gli piaceva il modo in cui, evidentemente imbarazzata, scostava una ciocca riccia dietro l’orecchio, gli piacevano i suoi occhi castani, rilucevano in modo particolare, e Marco sapeva perché: aveva appena trovato un appassionato. Sì, era carina, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse diventata la donna della sua vita.

Doveva buttarsi, prima che qualunque altro uomo nel locale la notasse. Stava per fare un’osservazione su ciò che lei aveva detto poco prima su Anakin e Padmé, quando sentì la voce di Manuel sbucare dal nulla.

- Ma allora l’avevi trovata! – esclamò il suo amico, offeso. – Perché non mi hai fatto uno squillo?

- Di cosa…?

- Aurora, che piacere vederti! Questa splendida rossa è con te?

Marco sussultò, mentre anche Ettore e Simona si avvicinavano a loro. Ettore e Simona. Ma soprattutto Ettore, con il giacchetto di pelle nera, le spalle larghe e i lunghi capelli ricci stretti da un elastico.

Aveva perso in partenza.

 

 

Si erano seduti intorno a un tavolo, chiacchierando dei più diversi argomenti per iniziare a conoscersi; incredibilmente, tutte le passioni di Aurora coincidevano con quelle di Marco. Oltre a Star Wars, la cantante amava la fotografia, trovare dappertutto doppi sensi, passare le serate davanti a un film, commentare le peggiori pellicole al cinema, cucinare la pasta di notte. C’era solo una cosa che ancora non aveva nominato, ma sarebbero state fin troppe coincidenze.

- Che musica ascolti? – chiese Simona.

- Mi piacciono molti gruppi inglesi, - rispose Aurora senza neanche pensarci su, - ma principalmente adoro Cat Stevens.

Marco scattò e la guardò, indicandola. – In the midnight moonlight! – esclamò.

- I’ll be walking a long and lonely mile! – completò prontamente Aurora, indicandolo anche lei. – Non credevo di trovare altri fan di Cat Stevens!

- È la mia guida spirituale quasi quanto Obi-Wan! Qual è la tua preferita?

- Beh, sicuramente Here comes my baby rientra nelle prime cinque, ma anche Wild world

Manuel scoppiò a ridere. – Quando avrete smesso di elencare la sua discografia completa, possiamo andare? Marco non ti ha ancora sentita cantare, quel giorno non c’era: passiamo a casa mia, tanto ho la stanza insonorizzata, e se lui ci da l’ok tu sei nel gruppo!

Mentre percorreva, in macchina con Manuel, la strada tra il locale e la casa del suo amico, Marco era perso nei propri pensieri. Aveva notato gli sguardi famelici che Ettore rivolgeva alla ragazza, sapeva che doveva starne fuori: erano amici, non avrebbe avuto senso rischiare un litigio per Aurora. Ma se avesse portato con sé il rimpianto di non averci mai provato? Come si sarebbe sentito? Aurora sembrava fatta apposta per lui: le stesse passioni, le dita sottili, il sorriso che lo lasciava per qualche momento senza fiato…

Scosse con forza la testa. L’aveva appena conosciuta e quegli occhi, la voce e , anche il sorriso non erano sufficienti a dargli il coraggio di porsi volontariamente come rivale di Ettore. Ne avrebbe davvero avuto il rimpianto? No, certamente: la conosceva da nemmeno due ore, per quale assurdo motivo avrebbe dovuto provare rimpianto?

Scese dalla macchina e salì le scale insieme al resto del gruppo e all’amica di Aurora, seguendo Manuel, che si voltava quasi ad ogni scalino per controllare che la nuova cantante non fosse solo un sogno.

Era carina, pensò di nuovo Marco mentre lei lo precedeva nell’appartamento, ma non era abbastanza.

Fu solo quando Aurora intonò le prime note della canzone più difficile del loro repertorio che Marco, arrendendosi all’evidenza, alzò lo sguardo al soffitto: quella era l’unica canzone scritta dal chitarrista, ma Martina non era mai riuscita a interpretarla degnamente; pochi secondi e a Marco erano bastati per capire che le sue canzoni potevano essere scritte solo per la voce di Aurora.

 

 

- Hai cantato bene, – si complimentò Marco mentre riponeva la chitarra nella custodia.

- Grazie, – rispose Aurora, sorridendogli.

- Certo, non sei stata sublime come il sottoscritto, a cui avresti dovuto dire: “Oh, siete stato sensazionale”… ma farò finta di niente!

- “Oh, siete stato”… Come continuava? -. Aurora rise, lanciando un’occhiata alla chitarra. – Quella è una Fender, vero?

Marco aggrottò la fronte, sorpreso. – Conosci le chitarre?

- Mio fratello ne aveva una, – spiegò Aurora.

- Ah, meno male, è quello il motivo. Sono sudato, mi sono infilato la prima cosa che ho trovato… Non ero affatto preparato per trovarmi di fronte alla donna della mia vita!

La ragazza sorrise di nuovo, osservando il chitarrista che si allontanava, e finalmente tirò un sospiro di sollievo: le prime prove con il suo nuovo gruppo era andate meravigliosamente. Poco lontano da lei, Manuel stava lucidando il suo prezioso basso, mentre Simona metteva via i piatti della batteria di Ettore, momentaneamente impegnato al telefono.

Già, Ettore. Sospirò di nuovo, ripensando alla prima volta che aveva visto il ragazzo cantare in una cover band dei Nirvana; quando aveva scoperto che faceva parte anche di un altro gruppo, aveva immediatamente pensato che fosse sempre il cantante ed era poi rimasta sorpresa di scoprire che suonava la batteria. Aveva una cotta per lui da sette mesi ormai; un giorno, recandosi con i suoi amici al locale di Roma in cui si erano conosciuti e in cui continuava a volere andare per poterlo rivedere, aveva notato che Ettore stava appendendo un volantino fuori dalla porta.

- Cercate una nuova cantante per i Moonlight Sonada?

- Sì, quella che avevamo ci ha lasciato a piedi per mesi con varie scuse e alla fine ha deciso di abbandonarci definitivamente.

Sorrise: quell’opportunità sembrava essere caduta dal cielo. Si era preparata per alcune settimane, lavorando sulla voce tutto il giorno, e allo stesso tempo facendo addominali per non affaticarsi troppo, con l’unico obiettivo di diventare la nuova cantante dei Moonlight Sonada. Alla fine la sua tenacia era stata premiata, il provino era andato benissimo e ora anche la prima prova ufficiale con il gruppo era stata un successo.

- Ti aspettiamo mercoledì alle sette, – le disse Manuel, interrompendo il fiume dei suoi pensieri.

- Va bene, – esclamò Aurora, rivolgendo uno sguardo fugace alla porta, da cui stava rientrando Ettore. Il ragazzo raccolse i lunghi capelli ricci in una coda e si avvicinò a Simona per aiutarla a trasportare i pezzi della batteria e gli amplificatori.

- Quanti anni hai precisamente? – le chiese Manuel. – Ettore ci ha detto che sei sulla ventina…

- Ventiquattro, – precisò Aurora. – Credo di essere la più piccola qui.

- Beh, io ed Marco abbiamo ventinove anni, Ettore uno di più, ma Simona, la seconda chitarrista, ne ha venticinque, non è poi tanto più grande di te. Comunque non devi preoccuparti per la differenza di età, guarda Simona: appena è entrata nella band ha conquistato il cuore di Ettore! Sono stati insieme fino a qualche mese fa.

Aurora sussultò. – Quindi… Ettore e Simona stavano insieme? -. Guardò meglio i due ragazzi: effettivamente, Simona si era dimostrata molto disponibile ad aiutare Ettore con i piatti e aveva anche aggrottato la fronte, sospettosa, quando lui era uscito dalla sala prove per rispondere al telefono.

- Sì, ma poi Ettore si è stufato di lei, dice che le piace fin troppo fare l’oca con tutti. Ci ha provato perfino con me, ma non ha avuto successo, – scherzò Manuel, chiudendo la custodia del basso. – Tuttavia, sembra che ora sia tornata alla carica: vedremo come andrà a finire! Ti do un passaggio fino alla stazione?

Aurora annuì, guardando un’ultima volta Simona poggiare la mano sulla spalla di Ettore, agitando i lunghi capelli biondi, e ridere per qualche battuta che, a giudicare dall’espressione seria del ragazzo, non c’era mai stata.

 

 

Aurora era ufficialmente nella band da due mesi.

Aurora era ufficialmente sotto le mire di Ettore da due mesi.

Aurora era ufficialmente al centro dei suoi pensieri da due mesi.

È enorme, Marco, ti stenderebbe con un colpo solo, si ripeteva, cercando di allontanare l’immagine della ragazza tra le sue braccia, dei capelli che gli solleticavano delicatamente il collo, del respiro che…

No, no, che stava facendo? Doveva togliersela dalla testa, doveva mettere a tacere ogni dubbio: Aurora era proprietà esclusiva di Ettore. Non ufficialmente, ma lo sarebbe diventata presto. Ecco, se quegli idioti si fossero decisi a mettersi insieme lui avrebbe potuto dimenticarla più facilmente, e invece Ettore voleva andarci piano. Ma si era mai sentita assurdità del genere? Se fosse stato al suo posto, certo dei sentimenti che anche Aurora provava, non avrebbe esitato a spingerla contro il primo muro e a baciarla con passione.

Maledizione, sono arrivato perfino a conoscere ogni suo punto debole!

Il cellulare lo avvertì dell’arrivo di un messaggio e Marco lo aprì immediatamente, senza nemmeno controllare chi fosse il mittente, tanto lo sapeva già: “Hai visto l’ultima serie, allora? Dai, dai, che muoio dalla voglia di parlare con te di Luke e Lorelai!”

Sorrise, arrendendosi all’evidenza: non se la sarebbe tolta dalla testa facilmente. Rispose ad Aurora e prese la Fender nera, poggiandola sulle gambe, per comporre una nuova canzone. Gli era appena venuta l’ispirazione, non sapeva nemmeno in che modo, o forse stava cercando di non ammetterlo.

Il telefono vibrò nuovamente e Marco ripeté le azioni di prima: “Ho bisogno di parlarti. Non penso che con Ettore potrà mai funzionare, mentre tu… Mi sono resa conto di amarti.”

Marco rimase talmente sorpreso dal messaggio che la chitarra gli sfuggì di mano e dovette compiere quasi un’acrobazia per impedire che si scontrasse violentemente con il pavimento del salotto. Sentì arrivare delle risate soffocate dalla porta e lanciò uno sguardo al telefono, poi storse il naso e andò ad aprire: Manuel si stava rotolando a terra, tenendosi la pancia e cercando di non farsi sentire.

- Idiota, - si limitò ad apostrofarlo Marco, richiudendogli la porta in faccia.

Per tutta risposta, Manuel lasciò andare la risata. – Ah ah… Ho sentito un rumore… ah ah… Non dirmi che hai fatto… ah ah… cadere la tua… ah ah… amata Fender… ah ah! E dai, su, era uno scherzo innocente! Aaaaprimi, Maaaarco, ti pregoooo… Non lasciarmi al freddo, pasticcino mioooooo…

Manuel avrebbe vinto, sempre e comunque, per cui Marco dovette arrendersi a farlo entrare in casa.

- Non dovresti fare…

- Ancora pensi a lei, eh? – lo interruppe Manuel. – Ti capisco, è una bella ragazza, e poi sembrate proprio fatti l’uno per l’altra…

- Piantala e dimmi il motivo per cui sei qui.

- Oh, ma si tratta proprio di Aurora. Stasera avremmo dovuto incontrarci al ristorante cinese, domani ha un impegno importante qui a Roma, per cui sarebbe rimasta a dormire da me. Ma mi sono ricordato un’ora fa che alle sette ho il treno per Venezia, ho i biglietti per un concerto comprati da mesi, - concluse con un’alzata di spalle, - per cui è tutta tua. Ci vediamo lunedì!

Marco continuò a fissarlo mentre si allontanava, talmente sconvolto da quello che gli aveva appena comunicato da non avere avuto la prontezza di obbligare Manuel a cercare un’altra soluzione.

 

 

- Mi dispiace, Manuel è completamente inaffidabile.

Aurora si spostò i capelli dietro la spalla, afferrando con l’altra mano un involtino primavera.

- Non preoccuparti, dovevo aspettarmelo: mi ci sono voluti solo due mesi per conoscerlo bene!

Lo stesso tempo che mi ci è voluto per perdere la testa per te, pensò Marco, ma preferì spostare l’argomento sulla montagna di involtini primavera che avevano ordinato.

- Ed è solo l’antipasto.

- Certamente! Io devo ancora ordinare due primi e almeno un secondo -. Aurora si pulì la bocca con il tovagliolo, rendendosi conto di quanto maleducatamente stesse mangiando in presenza di qualcuno che non fosse Silvia, la sua migliore amica: il ristorante cinese le faceva perdere la testa. – Scusami, devo sembrarti qualcuno che non mangia da parecchio, e pensare che solitamente sono abbastanza educata! È il cinese che mi rende tanto…

Marco, i gomiti poggiati sul tavolo e le mani chiuse in un pugno davanti al volto, sorrideva lasciandola parlare: altri si sarebbero persi al suono della sua voce – sicuramente Ettore lo faceva -, ma solo lui ascoltava ogni singola parola, registrandola per ripetersela a casa e riflettere su quanto Aurora fosse la ragazza giusta per lui.

 

 

Aurora stava dormendo nel suo letto.

Lui avrebbe passato la notte sul divano, ma quello era solo un particolare. Immaginava il suo respiro nella stanza accanto, gli parve di cullarsi al suo ritmo, ma in realtà ripensava alla voce con cui Aurora aveva interpretato la sua ultima canzone, appena tornati a casa: loro due e una chitarra, la famiglia perfetta.

Maledizione, ma come faceva Aurora a dormire beatamente trovandosi nello stesso appartamento con lui?!

Cambiò posizione, cercando di prendere sonno. Quella storia doveva finire.

 

 

- Perché non usciamo domani?

Aurora distolse lo sguardo dal testo della nuova canzone per portarlo su Marco.

– Io e te?

Erano passati poco più di due mesi da quando era entrata nel gruppo e Marco era l’unico con cui avesse davvero legato, passando con lui le pause durante le prove a parlare di Cat Stevens o George Lucas; tuttavia, non si era aspettata una richiesta di appuntamento da parte sua, forse perché la sua mente era totalmente concentrata su un’altra persona.

- Ehi, cos’è questa espressione disgustata? Guarda che sono un ottimo ragazzo da presentare ai genitori! Ti riporto anche a casa alle dieci e senza bacio della buonanotte.

La ragazza arrossì e lanciò ad Ettore uno sguardo fugace, quasi colpevole, che Marco intercettò, rabbuiandosi.

- Ma se non puoi…

In quel momento Simona si avvicinò ad Ettore e cominciò a fare l’oca come solo a lei riusciva, ma il ragazzo non diede segno di volerla allontanare: forse era semplicemente educato, o forse…

Aurora tornò a guardare Marco e scosse la testa.

- Posso. A che ora ci vediamo domani?

 

 

Aurora arrivò con il fiato corto all’appuntamento con Marco: si era addormentata nella metropolitana, ritrovandosi dall’altra parte di Roma; per quando era riuscita ad arrivare alla fermata concordata, era passata mezzora. Marco la vide arrivare e le rivolse un sorriso, alzando una mano per farle segno di fare con calma. La aspettava appoggiato con la schiena a un palo, l’altra mano nella tasca dei jeans, una camicia bordeaux a maniche corte e gli occhiali da sole sul naso: era totalmente diverso da come si presentava ogni settimana alle prove.

- Mi dispiace, ho avuto un contrattempo…

- Le solite scuse: voi ragazze adorate farci aspettare. Ma ti è andata male, sono appena arrivato, - scoppiò a ridere Marco, cominciando a camminare.

- Ma… Non è giusto! – si lamentò Aurora, affiancandolo. – E io che mi sentivo anche in colpa!

- Hai pur sempre fatto tardi, quindi ora mi offrirai il biglietto.

Aurora inarcò le sopracciglia. – Per cosa?

- Per il cinema, ovvio! Sai cosa andiamo a vedere?

- Uhm… Non sono usciti film molto allettanti in questo periodo.

- Hai colto il punto: in questo periodo. Ma noi non vedremo un film nuovo, bensì… -. Si fermò di fronte all’entrata di un piccolo cinema, indicando con entrambe le mani la locandina. – Star Wars: Episodio III!

Gli occhi di Aurora si illuminarono. – Stai scherzando?

- Andiamo, per me tutto è possibile, anche far proiettare film non più in sala. Soprattutto se il cinema proietta solo film “vecchi”… Su, entriamo!

La spinse nel cinema, facendole pagare i biglietti di entrambi, ma comprandole una confezione enorme di pop-corn al cioccolato.

- Non c’è cinema senza pop-corn, – le spiegò con un sorriso.

La condusse in una piccola sala e si sistemarono al centro. Dopo qualche minuto il film iniziò, senza che altri spettatori si aggiungessero a loro.

- Cavolo! – esclamò Marco. – Perché ti ho detto che qui fanno solo film non più nelle sale? A questo punto avrei potuto fingere di avere prenotato tutto il cinema per noi!

Approfittarono dell’assenza di altri spettatori per commentare ad alta voce il film. Marco rise quando ad Aurora spuntarono le lacrime nel finale e le passò un braccio attorno alle spalle, fingendo di consolarla.

- Era suo fratello! – esclamò, sfoggiando un’espressione dispiaciuta.

- Piantala! – lo sgridò Aurora, ma lui si accorse di essere riuscito a farle scappare un sorriso.

Al termine dello spettacolo, Marco la fece salire in macchina, offrendosi di accompagnarla alla stazione.

- Purtroppo devo salutarti, – si scusò. – Ho del lavoro rimasto indietro, me ne sono reso conto solo stamattina, ma non potevo spostare l’uscita perché questo sarebbe stato l’ultimo giorno di proiezione del film… Spero non ti dispiaccia non godere troppo della mia compagnia. No, non è vero, spero che ti dispiaccia! - Accese la radio e subito la voce di Cat Stevens si diffuse nell’auto; i due ragazzi si guardarono sorridendo e cominciarono a cantare.

- Here's comes my baby, here she comes now,
and it comes as no surprise to me, with another guy.
Here's comes my baby, here she comes now,
walking with a love, with a love that's all so fine,
never could be mine, no matter how I try.

Dopo venti minuti, Marco accostò davanti all’entrata della stazione e sorrise alla ragazza. – Allora dobbiamo salutarci. Ci vedremo la prossima settimana alle prove?

- Certo! - Aurora aprì la portiera, ricambiando il sorriso. – Ti ringrazio per oggi, sono stata bene…

Senza permetterle di terminare la frase, Marco le mise una mano dietro la nuca e la tirò a sé per baciarla. La ragazza rimase senza parole, sorpresa, ma non si liberò della leggera stretta.

- Avevo detto niente bacio della buonanotte, ma sono le otto, – si limitò a dire Marco. – Beh, ci vediamo mercoledì!

 

 

Le aveva chiesto di uscire.

Aurora aveva lanciato un rapido sguardo a Ettore.

Marco stava per desistere, ma la ragazza aveva accettato.

E ora stavano insieme da due mesi.

La prima volta che aveva rivisto Ettore si era istintivamente ritratto, nascondendosi nella penombra della sala prove: il batterista seduto al posto, con le bacchette in mano e gli occhi neri puntati verso il pavimento riuscì a farlo tremare senza bisogno di dire una parola, o forse fu proprio il suo silenzio a metterlo ancora più in guardia; tuttavia, poco dopo il ragazzo aveva sollevato la testa, salutandolo tranquillamente e chiedendogli come fosse andata la settimana.

- Bene, - aveva risposto evasivamente Marco: Ettore non doveva averlo ancora saputo.

Sollevato dall’idea che almeno quelle prove sarebbero andate bene e che avrebbero ripreso il discorso una volta terminate – ce n’era davvero bisogno? -, Marco si era chinato sulla custodia della sua Fender nera per prendere lo strumento, ma in quel momento Manuel aveva fatto irruzione nella sala prove con Aurora, che probabilmente aveva incontrato lungo la strada, e l’espressione allo stesso tempo sorpresa e piena di gioia sul suo volto aveva fatto capire a Marco che si era solo illuso.

- Aurorina mi ha detto che vi siete messi insieme! – aveva gridato, correndo verso l’amico per abbracciarlo.

Marco aveva distintamente sentito il rumore delle bacchette cadute a terra, poi Ettore si era alzato e si era limitato a stringere leggermente la spalla di Aurora, rivolgendole un sorriso tirato e dicendo: - Sono contento per voi.

Era uscito a fumare e, pochi minuti dopo, aveva avvertito il gruppo che Davide stava venendo ad ascoltarli.

Davide, il suo fidato amico. Ettore aveva avuto bisogno della sua presenza per continuare a suonare tutta la serata.

 

 

Aurora aprì lentamente gli occhi, cercando di non essere accecata dai prepotenti raggi del sole. Sentì qualcosa di bagnato sotto le mani e si ricordò in quel momento dove si trovasse: era sdraiata sulla schiena in un prato innevato; probabilmente la neve si sarebbe presto sciolta, dato il calore del sole, perciò lei aveva deciso di approfittarne, e in buona compagnia.

Sospirò, al pensiero di Ettore che aveva abbandonato la baita presa in affitto con i loro amici per accompagnarla nella sua folle avventura. Silvia, dal canto suo, aveva sbadigliato ed era tornata a dormire, mentre Davide e il resto del gruppo si erano limitati ad alzare un sopracciglio, indecisi se credere o no alle parole di Aurora. Ma perché avevano preso in affitto una baita se rimanevano chiusi in casa al minimo accenno di neve?

Ettore, però, aveva afferrato il cappotto ed era uscito con lei; Aurora all’inizio si era sentita un po’ in imbarazzo, ma camminando e parlando si era sciolta, ritrovandosi anche a ridere con il ragazzo. Pochi minuti prima lui si era allontanato, lasciandola piacevolmente immersa nella neve, per contemplare la bellezza di quel paesaggio, e lei doveva essersi addormentata.

Si strofinò gli occhi, guardandosi intorno finché non lo vide apparire in lontananza. Sorridendo, si disse che Ettore, pur osservando prati e alberi innevati, si stava perdendo lo spettacolo più bello: se stesso che camminando tra la neve le veniva incontro.

- Valeva la pena di uscire? – gli chiese.

Lui le sorrise in risposta. – Gli altri non sanno cosa si stanno perdendo -. Rimase a guardare il cielo azzurro per qualche momento, poi si voltò verso Aurora. – Posso sdraiarmi accanto a te?

- Certo!

La ragazza si rese subito conto che la sua risposta era stata troppo frettolosa: averlo così vicino l’aveva fatto sprofondare di nuovo nell’imbarazzo.

- Potremmo giocare a palle di neve, – propose Ettore.

- Sì, potremmo…

- Ma preferisci rimanere sdraiata qui, non è vero?

- Mi hai letto nel pensiero! – rise Aurora.

Ettore fece una smorfia divertita e le si avvicinò ancora di più, fino a che il suo volto non coprì i raggi del sole. – Allora c’è una cosa che potremmo fare…

Ettore poggiò le labbra sulle sue, delicatamente, come se stesse baciando la neve e non volesse distruggerla; dopo un attimo di sorpresa, Aurora ricambiò il bacio, dischiudendo leggermente le labbra.

- Allora sei sveglia.

La voce non era certo quella che aveva immaginato di sentire. Spalancò gli occhi, confusa, e si ritrovò davanti il volto sorridente di Marco. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che si trovava nel letto del suo ragazzo e non in mezzo ad un prato innevato.

Non con Ettore.

Si sentì terribilmente in colpa per averlo sognato proprio durante la notte passata a casa del suo ragazzo: non avrebbe dovuto, lei ora stava con Marco, non c’era nessun Ettore che potesse entrarle nei sogni e devastarle la creduta tranquillità.

- Sì, ero sveglia… - mormorò, abbozzando un sorriso.

 

 

Aurora si guardò attorno, indecisa: una parte di sé – quella che le ricordava fastidiosamente che da sei mesi stava con Marco – le diceva di trovare una scusa per uscire di casa, l’altra le suggeriva invece di aspettare il ritorno dei suoi amici in soggiorno. Ma perché rimanere sola con Ettore le dava tanti problemi? Dentro di sé aveva la risposta, però si rifiutava di ammetterlo, non ora che frequentava Marco.

Perché il suo ragazzo aveva scelto proprio quella sera per rimanere a casa con la febbre? E perché Manuel e Davide erano andati a prendere Simona al termine della lezione di danza? E perché lei si sentiva così?

Avrebbe voluto riempirsi la testa di pugni pur di mandare via quelle ondate di “perché?”.

- Ti va di giocare mentre aspettiamo? – propose improvvisamente Ettore, indicando con un cenno la scacchiera dopo fino a qualche minuto prima stava infuriando una lotta tra i pezzi bianchi di Manuel e quelli neri del padrone di casa. Accanto ai pezzi mangiati c’erano piccoli bicchieri pieni di vodka, pronti per essere bevuti ogni volta che un giocatore faceva una mossa sbagliata.

Aurora annuì: non le sembrava un’ottima idea, temeva bere ancora non avrebbe fatto bene ad Ettore, che durante la cena aveva bevuto mezza bottiglia di vino e qualche lattina di birra; tuttavia, almeno fra di loro ci sarebbe stata la scacchiera ad impedire qualunque cosa.

Qualunque cosa.

Il cuore le martellò prepotentemente nel petto a quelle parole, ma tentò di rimanere calma, sedendosi al posto di Manuel e sperando che i suoi amici tornassero in fretta.

Ettore mosse la torre nel territorio dell’alfiere bianco. Aurora sperava che non se ne accorgesse, in modo da evitare di farlo bere subito, ma il ragazzo si diede uno schiaffo sul ginocchio, imprecando dopo essersi reso conto del suo errore; Aurora fu costretta a mangiare la sua torre e lui si portò alle labbra un piccolo bicchiere.

La ragazza cercava di perdere, ma riuscì ad ottenere solo due bicchieri di vodka, mentre Ettore ne aveva già mandati giù sei, senza contare quelli che aveva bevuto quando giocava contro Manuel. Aurora alzava lo sguardo a intervalli regolari, controllando il volto del suo avversario, preoccupata; poi, improvvisamente, quando Ettore si rese conto che il suo re era quasi spacciato, lanciò la scacchiera all’aria, rovesciando sul pavimento pezzi di scacchi e il contenuto dei pochi bicchieri ancora pieni.

- Al diavolo! – esclamò.

Per un breve istante, Aurora credette che l’arrabbiatura del ragazzo fosse dovuta solo alla partita, ma poi Ettore si diresse verso di lei, deciso, e serrò la mascella.

- Perché esci con lui? – ringhiò, furioso.

- Io… io… - balbettò Aurora, senza riuscire a terminare la frase.

- Tu! – continuò Ettore. – Tu mi stai facendo dannare! Non hai idea di quanto… di quanto…

Si interruppe, passando il volto tra il collo e la spalla di Aurora.

- Ti prego… - mormorò la ragazza, ripensando al sorriso di Marco. – È tuo amico, non possiamo…

- Già, è mio amico! – sbottò Ettore, sollevandola in braccio. – Allora avrebbe dovuto farsi da parte quando aveva scoperto che ero pazzo di te! Che bravo amico, eh?

Spalancò con un calcio la porta della sua camera, lanciando Aurora sul letto. La ragazza ebbe appena il tempo di sollevarsi sui gomiti prima che lui le fosse sopra; le baciò con passione il collo e Aurora non riuscì a reprimere un leggero gemito, che fu intercettato da Ettore. La guardò, aspettando il suo rifiuto, ma quando lei non parlò spostò le labbra sulle sue.

 

 

Marco sorrise non appena vide Aurora entrare nel cinema, il respiro affannato e i capelli bagnati dalla pioggia; le andò subito incontro, mostrando i biglietti appena comprati.

- Finalmente potremo fare a pezzi questa meraviglia! Mi serviva proprio un pomeriggio così: rilassante, con una valanga di pop-corn tra le mani e te accanto -. La salutò con un bacio sulla guancia umida. – Hai pianto? – le chiese preoccupato.

- Non so se hai notato, ma là fuori c’è una tempesta, - rispose Aurora, ma il suo tono era gelido e i suoi occhi cercavano di non incontrare quelli di Marco.

- Potevi chiamarmi, quando sono arrivato era ancora bel tempo e non mi è passato per la testa che potesse mettersi a piovere. Ti sarei venuto a prendere.

- Lo so, tu sei sempre gentile…

Marco fu sorpreso dal modo in cui la sua voce si spezzò, ma ne imputò la causa alla corsa che doveva avere fatto dalla metropolitana al cinema sotto il temporale; le cinse le spalle con il braccio, stringendola a sé, ed entrò nella sala.

Dopo numerosi tentativi, finalmente durante il secondo tempo riuscì a farle scappare un sorriso, sebbene tirato: doveva essere successo qualcosa di cui forse preferiva non parlare ancora. Fu tentato di inviare un messaggio a Silvia per informarsi se lei sapesse qualcosa, ma alla fine preferì aspettare che fosse Aurora a parlargliene.

Al termine dello spettacolo Aurora continuava a rimanere chiusa in se stessa, facendo preoccupare Marco, finché il ragazzo non le offrì un gelato e riuscì tramite l’irrefrenabile parlantina a farla uscire dal suo guscio e sorridere sinceramente.

Quando furono nell’ascensore del palazzo di Marco, lui premette il pulsante dell’ultimo piano.

Aurora aggrottò la fronte. – Cosa fai?

- Lo vedrai, - si limitò a sussurrare lui, spingendola contro il muro.

Ebbe appena il tempo di baciarle il collo, perché Aurora lo spinse via.

- Che c’è? – le chiese Marco, confuso. – È successo qualcosa? Perché non vuoi che ti tocchi?

- Non è che non voglio che mi tocchi! – si difese Aurora. – È solo che… Non voglio farlo qui, mi fanno paura i piccoli spazi chiusi. A casa sì, possiamo continuare.

Marco sorrise, e quella fu la sua volta di farlo forzatamente: qualcosa non andava, ma non voleva costringerla a parlarne, né a fare l’amore con lei se quella sera non se la sentiva. La baciò sulla fronte prima di andare in bagno e quando fu tornato la trovò addormentata. Aveva fatto bene a lasciar perdere, si disse, doveva essere proprio stanca.

 

 

- Aurora!

La ragazza si nascose nella sala prove adiacente a quella che di solito usavano loro: non sopportava la vista di Ettore dopo quella notte, si sentiva un verme per ciò che aveva fatto a Marco. La sera stessa del tradimento aveva confidato a Manuel ciò che era successo; doveva parlarne con qualcuno e, anche se sapeva che era il migliore amico di Marco, lui era l’unico di cui potesse fidarsi al momento. Gli aveva chiesto di farla dormire da lui, non di portarla da Marco come ogni volta che perdeva l’ultimo treno, e in macchina era scoppiata in lacrime. Manuel aveva ascoltato, scurendosi sempre più in volto e affibbiando al suo batterista i peggiori epiteti, ma non l’aveva rimproverata; Aurora l’aveva sentito camminare lungo il corridoio tutta la notte, probabilmente chiedendosi se stesse facendo bene a tenere il segreto per sé, e la mattina seguente Manuel le aveva chiesto di fare il possibile per dimenticare l’accaduto e tornare ad essere felice con Marco.

Aurora aveva incontrato il suo sguardo implorante e aveva acconsentito; tuttavia, rivedendo Marco il pomeriggio stesso, non era riuscita a comportarsi naturalmente. Erano passati due giorni da allora e lei non trovava il coraggio né di guardare Marco negli occhi né di affrontare Ettore. Si teneva il petto, cercando di respirare regolarmente.

Ettore, però, la trovo facilmente, spalancando la porta che lei tentava inutilmente di tenere chiusa.

- Smettila di evitarmi, – esclamò, rosso in volto. – Dobbiamo provare, non può fare questa scena tutte le volte che mi vedi.

- E tu potevi… potevi stare fermo! Perché mi hai baciata? Perché?

Ettore la guardò, respirando profondamente, poi avvicinò il volto al suo e la baciò; inizialmente Aurora lo colpì sulle spalle con i pugni, poi le mani si aprirono e passarono intorno al suo collo, aggrappandosi a lui.

Improvvisamente, però, udirono alcuni passi avvicinarsi, seguiti dal rumore di qualcosa che cadeva a terra. Il destino aveva in serbo un brutto scherzo per chi aveva cercato di sfidarlo.

- Perché?

Aurora aveva le lacrime agli occhi, ma non riusciva a dire niente per cercare di alleviare il dolore di Marco: il ragazzo li osserva con espressione incredula e delusa allo stesso tempo, sembrava cercare di scacciare la realtà che gli si era parata davanti.

Se solo lei ed Ettore fossero stati più attenti… No, non era così: se solo non avessero fatto niente, avrebbe risparmiato a Marco quel dolore. Stavano insieme da sei mesi e ora lui l’aveva scoperta tra le braccia di uno dei suoi più grandi amici… Si sentiva una bastarda, lui non meritava di stare così male.

Improvvisamente un ridente Manuel apparve al fianco di Marco, ma il suo sorriso scomparve immediatamente quando si accorse del clima che regnava nella sala; spostò diverse volte lo sguardo da Aurora ed Ettore e Marco, lottando contro se stesso, e alla fine si decise a parlare.

- È… è stato un incidente, Marco. Si sono ritrovati soli in casa…

Maledizione, pensò Aurora.

Il volto di Marco divenne ancora più pallido. – Soli in casa? Quindi questa non sarebbe la prima volta?

- Sono rimasti soli quando io e Davide siamo andati a prendere Simona! – cercò di spiegare Manuel, senza accorgersi che stava soltanto peggiorando la situazione. – C’era vino, e birra, e vodka… Sono andati su di giri, non è stata colpa loro!

Marco si voltò adirato verso di lui. – Da quanto lo sapevi?

Manuel tentò di respirare come poco prima aveva fatto Aurora, ma non riuscì a trovare abbastanza fiato per rispondere.

- DA QUANTO LO SAPEVI? – urlò Marco, lanciando via la Fender nera, che cadde fragorosamente al suolo.

- Aurora me l’ha detto la sera stessa… - confessò Manuel con un filo di voce.

- LI HAI LASCIATI SOLI APPOSTA!

- Marco -. Ettore posò una mano sulla spalla del chitarrista, cercando di calmarlo. – Ascolta, avevamo bevuto…

- Potevate non bere, chi vi ha obbligati a farlo? Sapevate in che modo sarebbe potuta finire!

- Non lo avevamo programmato…

- Ma certo: tre ragazzi e due ragazze, vino, birra e vodka… Chi mai penserebbe che l’avevate programmato? Senza contare l’uscita di Manuel e Davide, un caso straordinario!

Senza aggiungere altro, Marco uscì lasciando i resti della Fender a terra; poi, un attimo dopo, rientrò nella stanza e si lanciò su Ettore, colpendolo con un pugno in pieno viso.

- NO! – urlò Aurora, spaventata dal modo in cui avrebbe potuto reagire Ettore, ma lui rimase a terra, coprendosi il naso con la mano.

Marco respirava profondamente, scosso, e teneva ancora il pugno insanguinato davanti a sé. Guardò Aurora un’ultima volta, afferrò la custodia della chitarra e corse via.

 

 

- Dimmi che era una bugia, Manu.

Manuel era seduto sul divano, la schiena inclinata verso il basso, e guardava Marco accasciato sul pavimento.

- Dimmi che volevate solo farmela pagare perché l’altra volta ho tardato alle prove, - ripeté Marco, la voce rotta. – Non mi arrabbierò, te lo prometto, non me la prenderò per un brutto scherzo del genere.

- Hai spaccato il naso a Ettore, - mormorò Manuel, poggiando una mano su quella dell’amico, - te lo avrei impedito.

Marco strinse le labbra, portando lo sguardo al soffitto, e ricacciò indietro le lacrime. Non doveva farlo, non era il tipo da piangere perché la ragazza lo aveva tradito.

- Silvia ha preso in affitto un appartamento qui a Roma qualche giorno fa, - rivelò Manuel. Marco spostò lo sguardo su di lui per capire dove volesse andare a parare. – Mi ha chiamato, mi ha detto che è da lei.

- Perché l’ha fatto?

- Perché secondo Silvia non è ancora finita.

Marco respirò profondamente. – Perché me lo stai dicendo? Perché mi hai confessato che Aurora mi aveva già tradito e ora mi spingi di nuovo tra le sue braccia?

Manuel si asciugò le lacrime, che per empatia verso quello che era per lui un fratello avevano cominciato a scendere.

- Perché non era giusto che tu non sapessi, tu dovevi… Forse l’avresti scoperto comunque, però era meglio saperlo da me che… Non so, le parole di Ettore… Ti prego, non odiarmi per averlo fatto, ti prego…

Nascose il volto tra le mani, come un bambino; Marco sorrise tristemente e gli arruffò i capelli. Era stato furioso con lui, ma Manuel lo aveva seguito fino a casa, portandogli i resti della chitarra e implorandogli di perdonarlo. Sapeva che confessargli tutto in quel modo era stato brutale, però era fatto così: Manuel gli era sempre accanto, pronto ad essergli fedele anche quando la verità l’avrebbe fatto soffrire. E non era lui a meritare il suo biasimo.

Si alzò e afferrò la giacca, pronto a correre sotto la pioggia.

- Vai? – gli chiese Manuel, sollevando la testa e rivolgendogli uno sguardo da cane bastonato. Bastonato, ma fedele.

- Lei è mia, - spiegò Marco, aprendo la porta.

Uscì in strada e mandò un messaggio a Silvia; la risposta con l’indirizzo dell’appartamento non tardò ad arrivare. Salì sul motorino e cominciò a correre.

 

 

Silvia aprì la porta silenziosamente, come se non volesse farsi scoprire da Aurora, e si spostò per farlo passare; Marco le posò una mano sulla testa per ringraziarla.

- Scusa, - sussurrò Silvia, - avrei dovuto dirtelo.

- No, hai fatto bene: tu dovevi restare accanto a lei.

Silvia abbassò lo sguardo e indicò l’ultima porta del corridoio. – Forse sta dormendo, prova a parlarle.

Marco annuì e si incamminò fino alla stanza, pronto a supplicare, a piangere se il dolore sarebbe stato troppo forte, a dimostrarle che…

Si bloccò prima di aprire bocca: si era immaginato con la schiena contro la porta, con Aurora nella stessa posizione dall’altra parte, le lacrime che bagnavano i visi di entrambi, ma non era così che sarebbe dovuta andare. Nei film che amavano guardare insieme il protagonista, dopo un tradimento, la implorava di tornare insieme, faceva tutto il possibile per ottenere il suo perdono. Ma di quale perdono aveva bisogno lui? Era la parte offesa, quello a cui era stato nascosto tutto.

Aurora era stata a letto con Ettore, si era fatta possedere da lui, e la notte dopo era tornata tra le braccia di Marco; non avevano fatto l’amore, ma si era fatta baciare ancora per giorni prima che lui scoprisse quello che era accaduto. Perché ora doveva rivolerla con sé a tutti i costi?

Gli mancava, era parte della sua vita, ma gli aveva spezzato il cuore e non aveva nemmeno avuto il coraggio di confessargli la sua colpa.

Marco si voltò, superò Silvia di corsa e uscì dalla casa, coprendosi la bocca con una mano.

 

 

- Allora lui mi fa: “Marco, ti pare il modo di comportarti con un tuo superiore?” E io: “Non ho superiori, sono il mio Dio”.

Aurora scoppiò a ridere. – Dimmi che non ti ha licenziato!

- Certo che no! – replicò Marco, mangiando un biscotto e passandone un altro ad Aurora. – È rimasto talmente sorpreso dalla mia risposta che mi ha dato un aumento.

Erano passati ormai cinque anni da quando la storia tra Marco e Aurora era terminata e c’erano voluti cinque mesi perché i due tornassero a parlarsi: sentivano entrambi la mancanza dell’altro, delle battute, delle chiacchierate fino a tarda sera, di tutto ciò che avevano in comune. Con chi altri sarebbe andata Aurora al raduno di Star Wars a Roma? Chi avrebbe cercato Marco, su di giri, per raccontare di avere conosciuto di persona Cat Stevens? Prima che se ne rendessero conto, tra loro era nata una splendida amicizia e finalmente Marco aveva perdonato Ettore per avergli portato via la ragazza, anche se il gruppo ormai si era sciolto; al posto dei Moonlight Sonada si erano creati i Lilim, con Manuel alla chitarra e Davide al basso, ma senza le canzone composte da Marco non erano riusciti a raggiungere il successo della prima formazione.

Rimasero un po’ in silenzio, imbarazzati dal motivo per cui Aurora era lì: gli aveva comunicato solo un’ora prima che presto avrebbe sposato Ettore.

- Allora… - esclamò Marco dopo qualche minuto. – Queste nozze! Sei emozionata?

- Beh, sì -. Aurora arrossì. – Non riesco ancora a crederci.

- Alla fine sei riuscita a convincerlo!

- In realtà è stato lui a chiedermelo…

- E non si può dire di no ad Ettore, ti capisco!

Aurora si spostò una ciocca riccia dietro l’orecchio, gli occhi malinconici rivolti al tappeto. – Secondo te faccio bene? Voglio dire, stiamo insieme da cinque anni…

- Chiedere a me è il massimo dell’indelicatezza possibile, – rise lui, ma non sembrava offeso. – Vi amate, no? E cinque anni non mi sembrano neanche pochi; inoltre Ettore deve muoversi, non può arrivare come me single a trentacinque anni! Beh, effettivamente lui ne ha già trentasei, ma sorvoliamo.

Aurora spalancò gli occhi. – Vuoi dire che…?

- Michela mi ha lasciato, sì. Ho la brutta abitudine di farmi mollare, dovrei riuscire a togliermela… Ma altrimenti non potrei ascoltare le canzoni di Mia Martini immedesimandomi fino in fondo! - Guardò Aurora, che sembrava sentirsi ancora più in imbarazzo. – Dai, ora pensa solo a te. Festeggiamo con un po’ di vino? Scusa, ma non ho lo spumante.

- Il vino va bene.

- Ci sono anche due bottiglie di birra.

- Ancora meglio!

Bevvero un po’, ridendo e scherzando su come sarebbe stato vedere Ettore in pantofole, misero su anche un disco di Cat Stevens. Quando controllarono l’orologio e si accorsero che era ormai tardi, il giradischi suonava Sad Lisa.

- Vuoi dormire qui? – propose Marco. – Tanto c’è il letto nella stanza degli ospiti.

Aurora annuì, la testa poggiata sulla spalla del ragazzo.

She hangs her head and cries on my shirt,
she must be hurt very badly.

Tell me what's making you sadly?

– Ho paura, – esclamo dopo qualche secondo.

Marco la guardò. – Non ti chiedo neanche di cosa, è normale.

Lisa, Lisa, sad Lisa, Lisa.

- Lo so, ma… Se non fosse lui la persona giusta per me?

Gli occhi della ragazza erano davanti ai suoi, ad una distanza troppo breve. Sentiva il suo respiro caldo sul viso, non riusciva ad avvertire l’odore del vino, c’era solo il profumo di Aurora.

There must be more I can tell her,

if she really wants me to help her.

- Non puoi chiederlo a me… - sussurrò a voce troppo bassa per essere ascoltato.

Aurora strinse le palpebre. – Cos’hai detto?

I'll do what I can to show her the way

and maybe one day I will free her.

Marco non ripeté, ma avvicinò ancora di più il viso, sfiorandole le labbra con le proprie. La bocca della ragazza si dischiuse leggermente, in modo automatico, lasciando che la sua lingua si insinuasse tra le labbra; la baciò con delicatezza, tremando leggermente per l’emozione, poi le poggiò una mano dietro la nuca come durante il loro primo bacio. Affondò le dita nei suoi capelli, cercandola in ogni ciocca, respirando ogni suo respiro.

La adagiò con calma sul divano su cui erano seduti, spostandosi sopra di lei in modo da non farle male. Cominciò a baciarle il viso in ogni sua parte, indugiando sulle guance e sul collo; ad ogni tocco lei sussultava quasi impercettibilmente, cibandosi di quell’amore rimasto sopito troppo a lungo. Marco insinuò una mano sotto la sua maglietta, cercando i suoi seni, e li strinse con meno delicatezza dell’inizio: la voleva da tanto, sognava di poterla tenere tra le braccia ancora una volta, di svegliarsi con lei nuda accanto. Le lacrime bagnavano silenziose il volto di Aurora e lui le baciò immediatamente, asciugandole le guance. La ragazza represse un singhiozzo.

- Marco… - mormorò.

- Era proprio il nome che dovevi dire, – sussurrò in risposta lui, facendola sorridere nervosamente.

Le accarezzò le braccia e il seno con la punta delle dita, scese al ventre, cercò le gambe. Non ricordava esattamente cosa avvenne, c’era il profumo di Aurora, c’erano i suoi occhi, la sua presenza.

Prese una ciocca dei suoi capelli tra le dita e un sorriso illuminò il suo volto come non accadeva da anni.

 

 

Marco girò lentamente la testa, baciando la fronte della ragazza che aveva stretto tutta la notte sul divano; addosso avevano solo una coperta, i vestiti erano a terra. Sorrise, felice nonostante sapesse che si trattasse solo di felicità momentanea, e le accarezzò i capelli scuri.

Lentamente lei aprì gli occhi, strofinandoseli con il pugno chiuso, e Marco rimase a bearsi di quella visione per qualche minuto: lei sorrideva, si stringeva al suo petto, sospirava. Era una situazione talmente giusta per entrambi che non riuscivano a provare nessuna colpa, semplicemente perché non ricordavano cosa li avesse tenuti separati per cinque anni; guardandosi intorno, Aurora si stupì di non trovare foto di loro due, ma sempre in compagnia di altri. Si svegliò completamente, sollevando la testa.

- Bentornata alla realtà, principessa, - la salutò Marco con una punta di amarezza.

- Cosa ci faccio qui?

- La domanda dovrebbe essere “cosa ci faccio nuda?”

- Cosa ci faccio qui? – ripeté Aurora.

Marco respirò profondamente. – Sei venuta qui ieri sera a dirmi che ti sposerai con Ettore.

Niente condizionale, un futuro era più adatto: non c’erano dubbi, Aurora si era impegnata con Ettore e non poteva più tirarsi indietro, scappare quando la situazione cominciava a spaventarla. Dopotutto, non era Ettore l’uomo dei suoi sogni? Non corrispondeva a tutti i punti della persona con cui Aurora avrebbe da sempre voluto passare la vita?

La ragazza si alzò dal divano, scivolando via dalle braccia di Marco, e si rivestì con calma, come se per lei fosse completamente normale essere nuda di fronte a lui, come se fosse stato Marco il suo ragazzo in quei cinque anni. Marco la imitò con la stessa assenza di imbarazzo.

- Eri venuto a casa di Silvia, non è vero?

- Cosa?

- Dopo che ci eravamo lasciati, quando avevi scoperto di me ed Ettore.

- Sì, - ricordò Marco.

- Non mi hai parlato, però. Sei andato via.

- Avrei dovuto farlo.

- No, hai fatto bene. Mi sono comportata malissimo con te, - mormorò Aurora, infilando la felpa. – Non sei da biasimare per essertene andato. Io... -. Si ritrovò improvvisamente a piangere, nascondendo la bocca con la mano.

Anche quel gesto.

Le cose che Marco e Aurora avevano in comune erano fin troppe per essere elencate, a partire dalla passione per Star Wars, che li aveva fatti conoscere, fino ad arrivare a quella per il cinema, a Cat Stevens che la notte precedente aveva fatto da colonna sonora al loro “bentornato”. Perfino il gesto di coprirsi le labbra in un momento di disperazione, in cui non potevano agire altrimenti anche se avrebbero voluto stringersi ed essere loro stessi, sottolineava la loro somiglianza.

Marco l’avrebbe volentieri abbracciata, gli avrebbe offerto una spalla su cui piangere, ma non poteva. Dopo cinque anni di amore platonico, la stava lasciando: odiava Ettore per avergliela portata via, ma non poteva farlo anche a lui. Si stavano per sposare.

Aspettò che Aurora si fosse asciugata le lacrime, poi le prese la giacca e gliela porse, accompagnandola all’uscita.

- Su con la vita, Padmé, - le disse, cercando di distrarla mentre il suo cuore batteva contro il petto e implorava di gettarsi su di lei. – Anakin lo sta facendo per te.

Ma cosa stai dicendo, Marco?

Ancora una volta, si accorse di avere espresso dei pensieri che sarebbe stato meglio tenere nascosti. Soprattutto in questo caso.

Aurora si limitò ad annuire e scese le scale; le diede qualche secondo di vantaggio, finché credette che lei si pensasse sola, e si affacciò per scorgerla seduta sui gradini, qualche piano più in basso. Singhiozzava, il volto tra le mani.

Ma lui non poteva – non doveva fare niente. Era Ettore il ragazzo giusto per lei.

 

 

How can I tell you that I love you?

Marco era seduto nella sua stanza le cuffie sulla testa e la chitarra tra le mani, una fedele riproduzione della Fender nera che anni prima aveva distrutto. Suonava distrattamente una canzone di Cat Stevens, immerso nei propri pensieri; si era tolto la giacca da cerimonia, poggiata ora su un amplificatore, e la camicia bianca aveva i primi bottoni aperti, mentre la cravatta nera era stata allentata.

Sbagliava le note, la sua mente era lontana.

And I can't think of right words to say.

Che altro avrebbe potuto dirle? Era stato un errore, lei amava Ettore e se aveva passato quella notte con lui era solo per paura del matrimonio imminente; lui, invece, si era fatto influenzare dall’alcol e aveva cercato di vendicarsi di Ettore, senza contare la delusione d’amore provocata dalla rottura con Michela.

Già, erano quelli i motivi, non c’era altro. Non l’amava più da tempo.

E allora perché quella perenne stretta al cuore?

I’m always thinking of you.

Ripensando a quella notte, gli venivano in mente dettagli apparentemente insignificanti: la maglietta rossa stesa a terra sopra le sue scarpe, le briciole dei biscotti sotto i loro corpi nudi, il venticello freddo che arrivava dalla finestra semiaperta. Ricordava tutto, anche il miagolio del gatto al piano di sopra e il pianto del bambino a quello di sotto.

Aveva ripensato talmente tante volte a quella notte che ormai aveva imparato a ricordare ogni piccolo particolare, forse per renderla più vera, per ripetersi che non si era trattato di un bellissimo e maledetto sogno.

I'm always walking with you, but I look and you're not there.

Le dita scivolavano agili sulle corde della Fender nera e lentamente, con un soffio di voce, Marco intonò alcune parole della canzone che stava suonando.

Aurora non era lì; poteva pensare a lei tutta la mattina, sperando che non si sarebbe presentata in chiesa, ma non sarebbe comparsa alla sua porta, sbarazzandosi frettolosamente del vestito da sposa.

Fra meno di un’ora lei ed Ettore avrebbero pronunciato le solenni parole e a lui sarebbe rimasto il solo privilegio di sognarla nelle notti di maggiore nostalgia.

Tutte le notti.

I need to know you, I need to feel my arms around you.

Si morse le labbra, alzando la testa verso il soffitto e reprimendo le lacrime.

Aveva trentacinque anni, maledizione! Non poteva comportarsi come uno stupido adolescente che si lasciava vincere dalla prima delusione d’amore. Erano stati insieme solo sei mesi…

Ma lui sapeva che non era così: quei cinque anni non era stato solo Ettore ad avere accanto Aurora come una costante boccata d’aria fresca, anche lui aveva approfittato del suo sorriso, della sua voce, della sua presenza. Non aveva provato niente quando Michela, sua fidanzata da due anni, lo aveva lasciato; era stato molto peggio scoprire che Aurora amava un altro.

Si morse le labbra con più forza. Come poteva Ettore amarla come la amava lui?

How can I tell you that I love you?

Non fece caso alle lacrime, le lasciò scendere. Non c’era più niente da fare, lei avrebbe sposato Ettore. Avrebbe amato Ettore.

E poi arrivò, rinfrescante al punto che gli sembrò di cominciare a respirare in quel momento, il ricordo di un altro particolare arrivò: le loro mani intrecciate nel sonno. Subito seguirono altri dettagli, lo sguardo felice nei suoi occhi, il corpo che non lo allontanava, la disinvoltura con cui, la mattina seguente, Aurora si era rivestita. Una ragazza che tradisce il fidanzato a poche settimane dalle nozze è imbarazzata, non si fa abbracciare sotto le coperte; non aspetta neanche che l’altro si alzi per prendere una coperta.

Forse fu quello a dargli forza, a spingerlo in piedi. Si tolse le cuffie, infilò la giacca e non si preoccupò nemmeno di mettere a posto la Fender. Afferrò le chiavi del motorino e corse fuori di casa.

 

 

Riuscì a districarsi nel traffico di Roma, mancò alcuni semafori, accelerò senza pensare alle multe che si sarebbe trovato sotto la porta il giorno dopo.

Aveva bisogno di spingere fino al limite le speranze.

Avvistò finalmente la chiesa e, poco lontano, la macchina della sposa. Ringraziò mentalmente chi aveva avuto l’idea di appendere i fiocchi bianchi sulle auto nuziali. Parcheggiò tra due alberi e si avvicinò, aspettando che l’autista scendesse per aprire la portiera alla sposa; non appena l’uomo fu dall’altra parte dell’auto, si lanciò al posto di guida e spinse l’acceleratore fino in fondo.

- Ma che…? – sentì esclamare Aurora.

- Mi spiace, principessa, ma ho troppa paura di scontrarmi direttamente con Ettore!

Aurora sussultò, rendendosi conto di chi fosse il suo nuovo autista. – Marco! Che ti è saltato in mente? Devo sposarmi tra dieci minuti, sono anche in ritardo!

- Sei sempre in ritardo, – sbuffò Marco, accennando un sorriso al pensiero del loro primo appuntamento.

- Mi vuoi spiegare, Marco? – strillò Aurora, in preda all’agitazione.

- Oh, è semplice: riusciamo a correre perché non siamo proprio dentro Roma. Questa zona non è molto trafficata, è una fortuna per…

- MARCO!

Il ragazzo inchiodò e si voltò a guardarla. – Hai decine di invitati che ti aspettano, lo so! Che continuino ad aspettare!

Aurora rimase senza parole, stupita dalla furia nella voce di Marco, ma alla fine sostenne il suo sguardo.

- Riportami indietro.

Marco ingranò la marcia e partì, tornando verso la chiesa; stringeva le mani sul volante fino a bagnarlo con il proprio sudore nervoso.

Accostò dove aveva preso l’auto. Non disse niente, guardava dritto davanti a sé.

- Immagino che non verrai, – esclamò sarcastica Aurora, mettendosi a posto il vestito.

Marco si voltò. – Non sposarlo.

- Dammi un motivo.

- Ti amo.

Sapeva che Aurora avrebbe potuto dirgli che non era una motivazione valida, che non bastava amarla per far sì che lei lo ricambiasse, ma lei non lo fece. Guardò fuori dal finestrino con espressione triste, cercò Ettore, lo vide avvicinarsi preoccupato all’auto. Dietro di lui Silvia parlava con la madre della sua migliore amica, Manuel imprecava al cellulare, forse cercando di chiamare Marco, Simona ammiccava a un parente dello sposo e Davide seguiva Ettore con lo sguardo. Davide aveva capito.

- Parti.

Marco sgranò gli occhi. – Co…?

- Parti, – ripeté Aurora, voltandosi verso di lui. – Portami via.

- Se me ne vado di nuovo, non ricorderò più la strada. Lo sai, vero?

- Sì, – rispose lei con l’agitazione crescente nella voce.

Il ragazzo sorrise, fuori di sé dalla gioia, e premette di nuovo sull’acceleratore.

 

 

Marco tolse la Fender dalla custodia e se la poggiò tra le braccia, stando attento a non urtare Aurora, che teneva la testa sulle sue gambe. Sopra di loro si stendeva il cielo stellato di settembre, non c’era nemmeno una nuvola. Sei anni esatti dal loro primo incontro.

- Lasciamo indovinare: Cat Stevens? – lo prese in giro Aurora.

Marco rise. – Sono così prevedibile?

La ragazza si guardò le mani prima di rispondere, accarezzando con la punta delle dita la fede.

- No, – disse infine. – Non lo sei.

Quando Aurora aveva visto Ettore davanti alla chiesa, si era resa conto di non avere aspettato altro che un estremo tentativo di riconquistarla da parte di Marco. Lei era fatta così, non poteva farci niente: aveva lasciato che fossero i due ragazzi a lottare per lei, ma al momento della decisione finale aveva scelto Marco; probabilmente l’avrebbe scelto anche in passato, se cinque anni prima lui avesse cercato di portarla via da Ettore.

Forse, come durante la fuga le aveva detto Marco, Ettore era davvero la personificazione del suo uomo ideale; tuttavia non era quello che serviva ad Aurora. Marco era il ragazzo giusto e questo bastava a cancellare ogni sogno passato sull’uomo della sua vita.

- Ora hai quell’anello al dito, non puoi più scapparmi, – esclamò Marco, interpretando i suoi pensieri e baciandole il dito con la fede.

Si erano sposati subito dopo la fuga dalla chiesa, non avevano voluto aspettare ancora. Marco aveva scherzato sul fatto che, se avessero lasciato passare qualche giorno, Aurora sarebbe tornata da Ettore, ma in fondo sapeva che non era così: ricordava il suo sguardo triste quando avevano passato la notte insieme dopo anni, avvertiva il modo in cui la ragazza si rilassava solo tra le sue braccia, mentre ogni volta che era con Ettore era preda dell’agitazione.

- Mi dispiace per Ettore, – confessò Aurora, rabbuiandosi per un momento.

Marco le accarezzò i capelli e riprese a suonare, cantando per farla sorridere.

- Oh, baby, baby, it’s a wild world!

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Non so cosa dire esattamente per questa storia, mentre la scrivevo mi venivano in testa talmente tante cose... Va bene, proviamo ad andare in ordine.
La maggior parte della storia è stata scritta di notte (ho apportato delle modifiche, cambiato i nomi ed altro oggi) e per far felice un'amica; quindi la storia non ha molte pretese e lo si può capire anche dallo stile semplice, e a volte ripetitivo, in cui è stata scritta. Un mio grande difetto è pubblicare subito, senza rileggere o facendolo una volta sola, per poi, dopo un po' di tempo, ripubblicare controllandola, modificandola, aggiungendo e togliendo. Quindi ora beccatevi questa versione!
Sincermente mi è piaciuta più la seconda parte della prima (sarà che era ancora più notte e la notte mi ispira!).
Il nome del gruppo viene dal passato, è quello che io ed un'altra amica volevamo darci, ma eravamo in due, quindi niente!
Consiglio la rilettura di alcuni pezzi con le canzoni di sottofondo, perché li ho scritti ascoltandole. E le amo, le amo davvero.
Spero che la storia vi sia piaciuta :)

Medusa
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Premio fan girl

Nomination:
Medusa Noir: Marco e Aurora

Che storia d'amore meravigliosa. Dovrebbero farci uno di quei film che mi farebbero piangere fino alla morte. Ci sono scene tra i due di una dolcezza esasperante, che stringe il cuore, che toglie il respiro. E quando lui ricorda lei e suona è il top del top. Sono fuori di me per loro.

Vittoria: 
Medusa Noir: Marco e Aurora!

Essendo questo un premio dedicato solo a chi avrebbe mirato alle mie debolezze da lettrice sbavatrice, ho pensato bene di essere sincera con me stessa e di interrogarmi su quale delle coppie che avevo selezionato più mi aveva fatto battere il cuore.
Ognuna delle nomination rappresentava qualcosa per me e in qualche modo ognuna l'avevo scelta per un motivo personale, visto che appunto questo premio è il più personale di tutti, quello meno mosso da fattori tecnici. Con sincerità ho dovuto alla fine ammettere che questa coppia non poteva che vincere. Il cuore mi batte anche solo a scrivere queste poche righe. Quindi questo premio è decisamente tuo.

Miglior storia

Nomination:
Medusa Noir

La storia è bellissima perché descrive degli avvenimenti facilmente immaginabili.
Si arriva a soffrire per i personaggi, a tifare per loro, a conoscerli davvero.
Le scene si delineano nella mente senza difficoltà e il lettore arriva alla fine con il fiato sospeso, sperando che la protagonista faccia la scelta giusta. Impeccabile.

Miglior descrizione

Nomination: Medusa Noir:

Si morse le labbra, alzando la testa verso il soffitto e reprimendo le lacrime.
Aveva trentacinque anni, maledizione! Non poteva comportarsi come uno stupido adolescente che si lasciava vincere dalla prima delusione d’amore. Erano stati insieme solo sei mesi…
Ma lui sapeva che non era così: quei cinque anni non era stato solo Ettore ad avere accanto Aurora come una costante boccata d’aria fresca, anche lui aveva approfittato del suo sorriso, della sua voce, della sua presenza. Non aveva provato niente quando Michela, sua fidanzata da due anni, l’aveva lasciato; era stato molto peggio scoprire che Aurora amava un altro.
Si morse le labbra con più forza. Come poteva Ettore amarla come lui amava lei?
How can I tell you that I love you?
Non fece caso alle lacrime, le lasciò scendere. Non c’era più niente da fare, lei avrebbe sposato Ettore. Avrebbe amato Ettore.
E poi arrivò, rinfrescante al punto che gli sembrò di cominciare a respirare in quel momento, il ricordo di un altro particolare arrivò: le loro mani intrecciate nel sonno. Subito seguirono altri dettagli, lo sguardo felice nei suoi occhi, il corpo che non lo allontanava, la disinvoltura con cui, la mattina seguente, Aurora si era rivestita. Una ragazza che tradisce il fidanzato a poche settimane dalle nozze è imbarazzata, piange, corre fuori dalla casa dell’amante, non si fa abbracciare sotto le coperte; non aspetta neanche che l’altro si alzi per prendere una coperta.
Forse fu quello a dargli forza, a spingerlo in piedi. Si tolse le cuffie, infilò la giacca e non si preoccupò nemmeno di mettere a posto la Fender. Afferrò le chiavi del motorino e corse fuori di casa.


Vittoria: Medusa Noir!

Ho scelto questo pezzo perché, oltre ad essere scritto in modo efficace ed istantaneo, è in assoluto il culmine di tutta la storia. Gli altri brani che avevo scelto erano quelli che più mi avevano colpito e tutti erano davvero stupendi, ma solo il tuo rappresentava la svolta assoluta della trama, il momento nel quale i pensieri si fanno lame e la mente di Marco capisce che può e deve agire. Ed è bello che lo faccia tramite i ricordi e la musica. Pezzo molto incisivo.

Migliore personaggio maschile protagonista

Nomination:
Medusa Noir: Marco

Come si fa a non amare Marco? E' un musicista, un artista che si lascia andare alle note, che fa l'amore con la sua chitarra. E' un ragazzo simpatico, sveglio, ironico. Un ragazzo fragile, ma forte. Un ragazzo innamorato, che reagisce e si dimostra perfetto. E' un personaggio meraviglioso.

Vittoria: MedusaNoir: Marco!

Un musicista. Un ragazzo ironico e simpatico, che ascolta musica, chiudendo gli occhi e sognando. Un uomo che porta la propria ragazza sulle giostre, un uomo che la porta al cinema a vedere il suo film preferito. Un uomo che viene ferito, ma non smette di amare nemmeno un secondo. Un uomo forte che prende le chiavi e si va a prendere ciò che suo. Un personaggio perfetto, che rapirebbe i cuori di chiunque. Descritto con precisione, sfido davvero ogni lettore a non adorarlo.



PARAMETRI DI GIUDIZIO:

Grammatica e lessico: 14,5/15 (di cui Grammatica: 7/7, Lessico:  5/5, Punteggiatura: 2,5/3)

Stile: 10/10
Originalità: 8/10
Attinenza al Contest: 10/10
Gradimento personale: 4/5
Totale: 46,5/50

 

GIUDIZIO:

Grammatica e lessico: 15/15 (di cui Grammatica: 7/7, Lessico:  5/5, Punteggiatura: 3/3)

Devo ammettere che ho esaminato riga per riga la tua storia SENZA ALCUN MOTIVO. Ci ho perso almeno tre ore di vita e senza alcun
motivo! Avessi trovato almeno uno straccio di errore! Bah. Ovviamente, scherzo ;)

La tua Grammatica è impeccabile, Lessico e registro linguistico perfettamente adatti alla storia. Per la punteggiatura, ti devo togliere mezzo punto perché spesso alla fine di un dialogo metti la virgola quando ci vorrebbe il punto. Per tutto il resto, tutto perfetto.

 

Stile: 10/10

Avevo già sentito elogiare il tuo stile da Eralery, ma sinceramente lo stile può piacere o meno, quindi non è che mi fossi fidata poi molto. Devo invece ricredermi, perché hai davvero uno stile meraviglioso! La storia è frizzante e coinvolgente, e non mancano le parti divertenti, che si alternano a quelle più malinconiche. Brava!

 

Originalità: 8/10

 Uhm, bè, ti meriti un otto pieno perché la storia non è il massimo dell’originalità, c’è il classico triangolo amoroso, ma ho trovato originale il modo in cui l’hai trattata tu, mescolando brani di canzoni a riferimenti a Star Wars (che personalmente non ho capito, non avendo mai visto la saga. Okay, aprite pure i fucili. >.<).


Attinenza al Contest: 10/10

Un dieci per l’attinenza al contest non te lo toglie nessuno :) Avevo chiesto una storia che parlasse di amore, e ho adorato l’amore di questi due tizi che sinceramente come personaggi singoli non mi piacciono, ma che come coppia sono adorabili. È un amore semplice, reso complicato solo perché sono due emeriti... va bè, avete capito.

 

Gradimento personale: 4/5

Sì, la tua storia l’ho adorata, ma sai per quale motivo ti tolgo quello schifosissimo punto? Perché lei è una cretina e lui pure, che le va dietro! Cioè, ti giuro, mi fa una rabbia che non sai! Lei è innamorata di Marco e deve praticamente sposarsi con Ettore per rendersene conto? Non voglio sapere cosa sarebbe successo se l’altro geniaccio non  le fosse corso dietro! Sarebbero diventati due emo? Lei è masochista, e lui è tonto. Lol, scusa lo sfogo XD

Premio Speciali:

Sono lieta di conferirti il Premio Stile, per il meraviglioso modo in cui hai scritto questa Long. Complimenti ^^

   
 
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