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Autore: uchihagirl    03/11/2011    3 recensioni
Il tempo passa, le persone cambiano. La vita continua, qualsiasi cosa succeda, anche se sembra impossibile. Solo che, a volte, non è più vita: è sopravvivenza.
[Attenzione: è presente un tema forte, il suicidio!]
[NaruSaku]
A Mimi18.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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I personaggi © Kishimoto
Il titolo della ff è preso dall’omonima canzone dei Beatles. Quella, per mio sommo dispiacere © loro.




A Cami, Mimi18, grande persona che mi è accanto nonostante le sue stesse difficoltà. Ti voglio bene!





Pigra, pigra domenica mattina.
La luce filtra sottile dalle imposte – è ora – e un ronzio – fastidiosa zanzara – ti risuona nelle orecchie.
Svegliati, Sakura.
Apri gli occhi e ti metti a sedere, la testa dolorante – era dai tempi del liceo che non ti prendevi una sbornia simile –, però ieri si festeggiava il piccolo di Ino, non importa che tu abbia alzato un po’ troppo il gomito.
Scosti il lenzuolo leggero e provi ad alzarti, ma il tuo equilibrio sembra provato dal liquore che hai ancora in corpo: instabile, ti dirigi barcollando verso la cucina, in cerca di caffeina.
Stai per varcare la soglia della camera da letto quando un vigoroso grugnito, corredato da un poderoso sbadiglio, ti sorprende, facendoti voltare.
“Buon giorno, Sakura-chan.”







Let it be.




“Buon giorno, Sakura-chan” ha detto, guardandoti con i suoi indimenticabili blu, gli stessi di sempre, che dieci anni fa ti sarebbero sembrati limpidi e allegri. Ma allora eravate ragazzi, non ancora adulti, non più bambini, fiduciosi nell’avvenire, alla ricerca della felicità – i vostri occhi non avevano ancora visto niente.
La prima volta che fissasti il tuo sguardo nel suo – con Naruto ci sei cresciuta, ma fino a quel giorno non lo avevi mai guardato davvero: le iridi scure e cupe dell’altro erano molto più magnetiche – è impresso tuttora nella tua mente, un ricordo semplice quanto indelebile; decisivo, addirittura.
Eravate tu e lui, alla fermata dell’autobus E, quello che portava al mare, dove vi sareste trovati con gli amici – Sasuke non era voluto venire con voi, aveva detto che era sommerso dai compiti. Una balla, senza dubbio: il puntiglioso Uchiha pianificava sempre tutto, anche lo studio; alla luce di ciò che accadde in seguito, sai che quel giorno andò al cimitero e ci rimase tutto il pomeriggio. Ma allora non lo immaginavi neppure: Sasuke-kun aveva detto una cosa e quella era. Impensabile che andasse diversamente.
Aspettavate, tu e Naruto, seduti vicini – sedici anni entrambi, tu malinconica sotto il cappello di paglia a tesa larga, lui sorridente nelle sue braghe arancioni.
“Sakura-chan, lo so che Sasuke non c’è, ma non fare quella faccia triste! Non stiamo mica andando… che so io… a scuola! Andiamo alla spiaggia, il tempo è fantastico ed è già estate!” aveva esclamato, gesticolando esaltato come suo solito.
“Ma se non siamo neanche a maggio, scemo!”
“Come la fai lunga: mese più, mese meno, che cambia?” aveva borbottato, offeso, per poi guardarti sottecchi, rimanendo deluso dal fallimento della sua pantomima, che non aveva suscitato in te neanche un poco di distrazione – se Sasuke non c’era, che senso aveva il tuo cappello, comprato appositamente per farti notare da lui? Che senso aveva quella gita?
Così Naruto aveva attraversato la strada, per tornare poco dopo con un sacchetto marrone dietro la schiena, facendo finta di niente – solo per incuriosirti. Si era seduto di nuovo accanto a te, con la busta stretta al petto, come se fosse un prezioso tesoro: con ogni probabilità la tua espressione interrogativa doveva essere piuttosto eloquente, perché, passato neanche mezzo minuto, lui ti aveva subito porto il sacchetto aperto, dal quale proveniva un invitante odore di ciambelle.
“Ma tu sei fuori! Tra meno di un’ora ci tuffiamo in acqua, è pericoloso!” avevi protestato – la tua predisposizione alla medicina si era fatta sentire già da tempo, ormai.
“Eddai, Sakura-chan, non succede niente!” aveva riso, avvicinando la busta sempre di più verso di te. Tu avevi alzato lo sguardo, pronta a fulminarlo con un’occhiata – stupido irresponsabile immaturo che non era altro!-; invece ti eri ritrovata finalmente a guardarlo.
I suoi occhi – allora sì che erano limpidi – ti sorridevano gioiosi – così intensi – come avevi fatto a non accorgertene? E tu, incapace di rimetterlo in riga e di sgridarlo nonostante sapessi bene che non sareste potuti entrare in acqua di lì a poco, avevi allungato la mano e afferrato una pasta, stupita e confusa. La prima volta che lo guardasti fu anche quella in cui conoscesti il fremito che scombussola i sensi e annebbia il respiro, rendendolo tremendamente leggero – diverso dalla stilettata ai polmoni che lo sguardo denso di Sasuke ti sferrava – il fremito che senti dentro di te anche adesso, a distanza di dieci anni, se ti guarda.
Ma quante cose sono cambiate, da quella gita alla spiaggia: i suoi occhi, da sempre sorridenti, adesso sono più amareggiati e malinconici, più opachi – hanno visto troppo per rimanere quelli di allora; il suo viso, segnato e affilato dagli anni, con le guance ricoperte da una rada barba bionda; la sua voce, profonda, e le sue espressioni, meno esasperate.
Naruto è cambiato da come lo ricordavi e non è solo colpa degli anni trascorsi senza incontrarvi: era sempre troppo presto per affrontare il passato – mai abbastanza passato.  
“È passato da un pezzo il periodo in cui mi chiamavi così, Naruto.” Sorridi, nostalgica.
“Solo perché non lo facevo scrivendo e-mail non vuol dire che non continui a pensare a te come ‘Sakura-chan’ da quando eravamo piccoli! Rassegnati, per me rimarrai sempre la manesca bambina che mi picchiava se la salutavo troppo rumorosamente!” ridacchia divertito al ricordo – e il tuo sorriso si distende di più: la sua risata è come rammentavi.
Anche tu sei cambiata: anni fa l’avresti ripreso con uno scappellotto, adesso rimani lì, a ridere con lui; anni fa avresti gridato, trovandolo nudo nel tuo letto la mattina dopo una sbronza colossale – sarebbe stato definito “maniaco” e “approfittatore”; anni fa non sarebbe neanche riuscito ad avvicinarcisi, al tuo letto. Sei cambiata, in dieci anni, ti sei ammorbidita notevolmente, hai capito che la vita è già assurda di per sé, tanto che è inutile perdere tempo a impuntarsi su piccolezze.
“Ti va una tazza di caffè forte?”
Lui ti sorride di nuovo. “Come no.”




“È molto bello qua dove ti sei sistemata.” Si guarda intorno, appoggiato al frigorifero con la schiena, petto nudo e tazza fumante tra le mani.
“Sì, infatti. Sono stata fortunata, l’affitto non è neanche così caro.” Gli rispondi piano, lasciando subito cadere la conversazione – senza che Naruto cerchi di riempirlo, cala il silenzio tra di voi. Non è più un silenzio scomodo, come quelli che vi mettevano a disagio da ragazzini, quando pensavi che Naruto avrebbe tirato fuori i suoi - non ricambiati - sentimenti per te e lui temeva che ti rabbuiassi pensando all’altro; adesso il silenzio è una preziosa pausa tra un pensiero e l’altro, necessaria e vitale come l’aria. Non perché non ci sia niente da dire; al contrario, perché ci sarebbe troppo da dire e né tu né lui sapete da dove cominciare. Così rimanete zitti, ognuno perso nelle sue riflessioni – le stesse – che entrambi cercate di riordinare e a cui cercate di dare un senso.
Un’operazione difficile quanto necessaria.
“Sakura...” inizia lui, titubante, dopo aver appoggiato il caffè ormai finito. Si è avvicinato a te, e adesso tiene ambedue le mani dietro la testa – come quando avevate sedici anni e tornavate insieme da scuola, sulla strada lungo il fiume, tu, lui e Sasuke: Naruto guidava la fila ogni volta, si avviava a grandi passi verso casa, le braccia dietro la nuca in quel modo tutto suo, canticchiando. Canticchiava in ogni caso e sempre la stessa canzone: anche se pioveva; anche se aveva preso uno dei suoi tanti quattro in matematica; anche se sapeva di non avere nessuno a casa da cui tornare – sei giorni su sette quel matto di Jiraya era in giro a promuovere i suoi libri. Naruto era così, sorrideva e canticchiava, e teneva le mani dietro la testa.
Sasuke lo seguiva e, ogni volta, più o meno a metà strada, quando eravate sul ponte – il più vecchio della città, sul punto più ripido del corso d’acqua - sbottava: “Non riesci proprio a tenere quella boccaccia chiusa, eh, idiota?”
E dietro Sasuke c’eri tu, che cercavi di fare da paciere, senza ottenere mai risultati duraturi: smettevano giusto di azzuffarsi – o almeno, Naruto smetteva di cercare di saltare addosso all’Uchiha: lui, dal canto suo, rimaneva sempre composto, con la caratteristica aria di sufficienza stampata sul viso, corredata ogni tanto da un ghigno che non prometteva bene. E quando riuscivi a ristabilire la quiete tra i due, sorridevi, cercando degli occhi neri, e poi cominciavi a canticchiare un’altra canzone, molto piano – com’era rassicurante quella quotidianità.
Questo però prima dell’ultimo periodo, prima che morisse il fratello di Sasuke in una sparatoria, prima che Sasuke si chiudesse ancora di più in se stesso, prima di quell’ultima passeggiata che aveva cambiato tutto… prima.
Allora Naruto aveva sul viso un sorriso ampio e guardava dritto davanti a sé, baldanzoso; adesso tiene la testa più china, non sorride; il suo sguardo è oscurato.
“Sakura…” si siede sulla sedia accanto alla tua e si schiarisce la voce, fissando le tue mani intrecciate sul tavolo.
“Era da tanto tempo che non ci vedevamo.” Con una semplice constatazione, densa di agrodolce malinconia, e con un sorriso, lo anticipi prima che inizi a parlare. Sai già che si scuserà per ciò che è successo dopo la festa a casa di Ino: benché siano passati anni, è sempre Naruto il ragazzone seduto davanti a te; è sempre il maldestro e buono e sincero Naruto con la quale sei cresciuta.
Al che, lui alza lo sguardo, sorpreso ma non troppo: si lamentava spesso di non riuscire a nasconderti nulla né a risultare ai tuoi occhi misterioso e intrigante come l’altro. “Ma, Sakura-chan, sei un’aliena! Riesci a leggermi nel pensiero!” sbuffava, lanciando occhiate invidiose a Sasuke; di risposta, tu gli tiravi uno scappellotto, commentando: “Naruto, non sono io ad avere poteri paranormali, sei tu che hai la capacità di autocontrollo di un cagnetto emotivo!”
Naruto annuisce, cogliendo i sottointesi di quella frase che, in si e no dieci parole, giustifica e accantona allo stesso tempo i baci e le carezze tra le tue lenzuola. Era tanto tempo che non vi vedevate, dal funerale di Sasuke: sono passati dieci anni da quel soleggiato giorno di giugno, dieci anni spesi – sprecati -  a cercare di riempire il vuoto che lui ha lasciato, a cercare di sopravvivere, di andare avanti dopo una ferita simile; perché la vita continua, qualsiasi cosa succeda – ti ripete spesso Ino, accarezzandosi il pancione, dove dorme un piccolo miracolo che non saprà mai il nome di suo padre. Dieci anni senza respirare, senza sapere perché ci si alzava alla mattina; poi, nel mezzo della follia, vi siete incontrati di nuovo, ieri, alla rimpatriata organizzata da Ino per festeggiare il bambino che nascerà alla fine di luglio. Semplicemente, vi siete cercati a vicenda, aggrappati l’uno all’altra tentando di riemergere in superficie, bisognosi di ossigeno.
Era da tanto tempo che non vi vedevate e questo giustifica lo stringersi spasmodico delle vostre mani, i respiri vicini e le carezze, i sussurri e l’alcol – era da tanto che non ti sentivi così vicina a qualcuno, Sakura.
“Ti ho pensata tanto, Sakura, in questi anni.” Sorride, osservando i tuoi capelli sparsi sulla leggera camicia da notte.
“Anche io.” Ti scosti una ciocca colorata dal viso, per sistemarla dietro l’orecchio con le dita, quindi poggi la mano sulla sua; lui trattiene il respiro, sorpreso, e tu ridi piano: com’è dolce la sua incredulità – si stupisce sempre per le piccole cose, Naruto - e com’è lusingante il modo in cui ti guarda, quasi fossi un’opera d’arte da ammirare da lontano!
Ripresosi dal tuo inaspettato gesto, eloquente come pochi – stammi vicino, gli hai gridato –, decide  di abbattere l’ultima barriera che c’è tra di voi: eliminato l’imbarazzo e crollate le tue sovrastrutture – perché lui non è mai stato solo un amico e te ne rendi conto solo dopo averci fatto l’amore –, resta solo…
“Ti ricordi lo sguardo di Sasuke?” prende il coraggio a due mani e domanda, infrangendo il tacito tabù che regnava da anni: mai pronunciare il suo nome – fa troppo male.
“Perché fai domande di cui conosci già le risposte?” gli chiedi, cercando di ignorare la fitta al petto che quelle tre sillabe ti hanno provocato. “Come sarebbe possibile dimenticarlo? L’ho cercato per così tanto tempo e le poche volte che sono riuscita a incrociarlo ci ho visto dentro troppe cose… e nessuna in particolare… per poterlo descrivere.” Fai una pausa, sospiri.
“Ho provato disperatamente a non farlo riaffiorare, a ignorarlo; invano. Non riesco ad accantonarlo: è sempre nei miei pensieri e lo vedo sui visi delle persone che incrocio ogni giorno per strada.” Sussurri, cominciando a tracciare il profilo delle sue dita con il polpastrello.
“Anche io non ci riesco. Ogni notte, per dieci anni, ho sognato quel giorno e i suoi occhi; ogni dannata notte, senza eccezioni.” Naruto inspira profondamente e chiude le palpebre, come se volesse calmarsi.
“Ma non questa sera, passata accanto a te. Stanotte ho dormito senza interruzioni, perché…” esita. “perché tu eri tra le mie braccia. Credo… credo si possa provare ad andare avanti.” Insieme – sottintende, ma ormai è chiaro che difficilmente vi separerete l’uno dall’altra: siete più sereni adesso.
Senza aspettare il tuo assenso – sa che è quello di cui hai, avete bisogno -, prende di nuovo un bel respiro e comincia a raccontare, cercando le tue mani come rassicurazione.
“Era il 9 giugno” esordisce, per poi essere interrotto dalla tua voce: “Il compleanno di Itachi” precisi; Naruto annuisce – come dimenticarlo? - e prosegue: “Era l’ultimo giorno di scuola; faceva caldo, la giornata era bellissima: mi ricordo che non c’era neanche una nuvola nel cielo, che era blu, blu terso.”
“Stavamo tornando da scuola e la scena era la stessa di sempre: tu davanti alla fila, con un sorriso gigante stampato in faccia e la tua tipica maglietta gialla.” Continui tu, prendendo il suo posto nel descrivere la scena marchiata a fuoco nei vostri ricordi.
“Cantavi una canzoncina che ti aveva insegnato Shikamaru, dicendoti che era una cosa allegra che gli inglesi cantavano quando erano in vacanza: in realtà stavi urlando parolacce di una sconcezza davvero imbarazzante e, mentre io ridevo – era impagabile, vederti saltellare gridando ‘cazzo’ ogni due per tre -, Sasuke camminava con lo sguardo fisso a terra e i pugni stretti.” Il sorriso che era affiorato nel ricordare Naruto scompare dalle tue labbra, pronunciando a fatica il suo nome.
“Ci ha tenuto nascosto tutto fino al ponte, poi è esploso.” La tua voce trema e si affievolisce, temendo il momento successivo nel racconto.
Lui ti stringe le dita, rassicurandoti – ci sono io qui, non aver paura -, quindi deglutisce: “A metà del ponte si è fermato, di botto, e ha cominciato a parlare. Prima ha sussurrato, poi ha scandito e alla fine si è ritrovato a gridare quelle parole che non dimenticherò finché campo.” Si interrompe: l’urlo di Sasuke è irripetibile.
Vi guardate, mentre quella voce risuona – ancora una volta – nella vostra memoria. Ma sai che si deve sentire, il mondo deve sentirlo perché voi ve ne possiate liberare. Così sussurri, timorosa: “Zitto. Ho detto: zitto!”
Le sillabe che hai pronunciato tanto a fatica bastano, per il mondo, ma Sasuke urla ancora dentro la vostra testa: “Non riesci a stare un po’ in silenzio? Parli, parli, parli in continuazione e non dici un cazzo. Anche tu, Sakura, con la tua stupida risata. Mi state sempre vicini, ma io non vi voglio! Voglio solo un po’ di silenzio, dannazione!”
Alzi lo sguardo e riconosci la stessa paura negli occhi di Naruto: lui è dentro di voi allo stesso modo e fa male da impazzire, blocca i polmoni e stringe le budella.
Il ricordo di Sasuke che si è avvicina al transetto, come per guardare il panorama. Le sue mani che, sicure, afferrano la ringhiera e le sue gambe che la scavalcano. Il suo sguardo su di voi - prima te e poi Naruto – è impossibile da cancellare. Era terrorizzato.
Tu e Naruto vi guardate, le vostre mani si stringono di più.
“Non abbiamo fatto nulla per fermarlo, Naruto. Non lo abbiamo fermato dall’isolarsi quando passava i pomeriggi al cimitero di famiglia, non lo abbiamo fermato dall’ammazzarsi quel giorno. Non abbiamo fatto nulla.” Tiri su con il naso, rendendoti conto solo adesso che hai iniziato – già da un po’ – a piangere. Lui ti prende il viso tra le mani e ti fa sedere sulle sue gambe: tu ti rannicchi contro il suo petto e gli appoggi la testa sulla clavicola – si sta così bene…
Mentre ti accarezza e bacia i capelli, piangendo anche lui, comincia a dondolarsi avanti e indietro, per cullarti. Continuate così per un tempo indefinito, in silenzio, rassicurandovi l’uno con la presenza dell’altra: è una sensazione strana, il contatto della tua guancia umida con la pelle calda del suo petto – ma è più confortante di mille parole. Poi, dal nulla, comincia a canticchiare: è quella stessa canzoncina della vostra infanzia – quel tormentone che non lo abbandonava mai -, eppure alle tue orecchie suona diversa.
Perché è diversa l’atmosfera, in quel momento, tra di voi; perché la sua voce è più bassa e matura; perché la intona più lenta, come se fosse una ballata. Ma soprattutto, perché da quelle note stilla una malinconia incredibilmente dolce. Non è spensierata come ai tempi, ma non c’è neppure rabbia – come c’era stata nei tuoi pianti e nei suoi pugni contro il muro, nei mesi successivi a quel giorno -, non c’è angoscia e neppure quel senso di colpa che avete sempre sentito in fondo al cuore.
Da quella melodia sgorga una tristezza straziante, velata dal flebile timbro di un sorriso, lì in fondo, dovuto al ricordo dei pomeriggi sul ponte e delle baruffe tra di loro e dell’inutile e perenne competizione a senso unico di Naruto verso Sasuke e delle risate perse nel vento e della stupidità dei vostri giochetti e delle brevi risate di Sasuke e del tuo entusiasmo e di tutto quello che ha gettato le basi della vostra infanzia insieme. E che, di conseguenza, vi ha reso le persone che siete.
Così, quando Naruto smette di canticchiare e tu alzi la testa per guardarlo, il peso che avevi nel petto si è alleggerito: fa ancora male, ma non è più il bruciante senso di colpa, quel segno che ti sembrava di vedere marchiato a fuoco sul tuo viso ogni volta che ti guardavi allo specchio. Naruto, con la sua canzoncina e il suo abbraccio, ti ha fatto capire – anzi, vi ha fatto capire, perché scommetteresti qualsiasi cosa che anche lui lo ha realizzato soltanto adesso – che in realtà non è stata colpa vostra.
Sasuke era al di là di qualsiasi aiuto, i suoi problemi al di là della vostra comprensione.
E non c’è bisogno di dirlo ad alta voce, questa consapevolezza aleggia tra di voi, rendendovi più adulti di colpo. Vi rattrista ancora di più, ma è al tempo stesso liberatoria. Le vostre labbra si uniscono in un bacio che non ha niente a che vedere con quelli affamati e bisognosi e disperati di ieri sera: rasserenati, capite che adesso si può ricominciare a vivere. Insieme.



















Questa è la fan fiction che ho iniziato ben due anni e mezzo fa e che ho finito ieri. Quando si parla di tempi di gestazione lunghi, eh? xD In ogni caso, questa ff avrebbe dovuto partecipare a un contest sul Team 7, ai tempi indetto da Domi_chan, ma alla fine mi sono ritirata – non lo avreste mai detto, vero?
In ogni caso è solo grazie (o per colpa di, a seconda delle interpretazioni) a quell’anima pia della Cami, Mimi18, che essa vede finalmente la luce su EFP! Per questo questa ff è tutta per lei, sperando che non la deprima ancora di più ma anzi le faccia piacere *_* A parte per il titolo Made in Beatles. :D
Ok, passando alle note vere e proprie: in questa fan fiction Sasuke si discosta dal Sasuke canonico del manga, è innegabile e ne sono consapevole. Non ho inserito l’avvertimento OOC in quanto io ho cercato di mantenerlo il più coerente possibile con l’originale: ma è ovvio che sia diverso, in quanto ha una storia diversa e fa scelte diverse. In ogni caso, se lo trovate davvero OOC, non esiterò a inserire l’opportuna segnalazione, così come alzerò il Raiting, se sarà necessario.
Per il resto: il suicidio è un argomento pesante e imprevedibile, e io ho una paura matta di averlo trattato troppo superficialmente. Per questo, spero che mi facciate sapere che cosa ne pensate: ogni critica è bene accetta, soprattutto in un ambito così spinoso.
Grazie a chi commenterà e/o ha solo letto,
Elena
   
 
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