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Autore: Kokky    05/11/2011    2 recensioni
Da un delirio su Facebook fra fangirl può nascere anche una fic.
Sherlock, John e un tavolo da laboratorio. Loro due in orizzontale. Una sfida un po' strana ancora in corso.
Innanzitutto, erano entrambi distesi sul banco da lavoro del laboratorio, anche perché in quella stanza non c’era altra superficie comoda dove stendersi – se non il pavimento, ma era troppo freddo e scomodo. Qualche minuto prima dovevano aver urtato qualcosa – vetrini, forse? O delle provette vuote –, però non ci avevano fatto molto caso.
Secondo di tutto, John gli stava letteralmente succhiando via l’anima a forza di baci.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ogni scusa è buona

 
Non sapeva bene perché l’avesse provocato. Probabilmente era stata la stizza del momento, nata per l’assurda pretesa di Sherlock di farsi prendere il cellulare che aveva in tasca, ad accendere in John quella miccia di maliziosa cattiveria.
«E quindi tu vorresti che io mi alzassi da questa comoda sedia, dopo ore di affanni e corse alla ricerca di prove per il tuo caso e il tuo omicidio, e ti prendessi il telefonino che tieni nella tasca destra della tua giacca che, per inciso, stai attualmente indossando», un velo d’ironia che ormai non si sentiva più, tanta era l’ira per quella stupida e quotidiana richiesta alla Sherlock, «Perché, invece, non mi mostri tu quanto ti sappia muovere bene? Fammi vedere come agguanti quel cellulare e come scrivi con le tue dita lunghe un sms a Lestrade o all’assassino o a chiunque altro sia il destinatario», l’aveva sfidato. Un sorriso acido sulle sua labbra strette.
«John, noto un certo tono... sarcastico? Sei capace anche tu di trasformare la tua ira repressa in veleno a parole?», aveva ridacchiato lui, lanciandogli un’occhiata di sufficienza con i suoi occhi ferini.
«A quanto pare sì», si era alzato dalla sedia, alla fine, ma senza l’intenzione di accontentarlo. Era avanzato di qualche passo, raggiungendolo. «Ma sono anche capace di smuovere le gelide acque del tuo animo», aveva sibilato, secco.
«Ah, davvero?», la risata sardonica l’aveva freddato in un istante – come sempre, d’altronde, così come ogni sua  incredibile deduzione esatta.
«Sì», aveva dichiarato con un ghigno. O almeno ci aveva provato, anche se quella sua specie di risata malefica perdeva verve sul suo volto da agnellino spaurito.
«Vediamo, quindi tu credi che riusciresti a farmi prendere il cellulare dalla tasca», l’aveva sfidato.
«E non solo quello», aveva sussurrato.
 
Sherlock pensò per un istante che quella tattica potesse essere convincente. O forse più di un attimo.
«Se non prendi quel telefonino, puoi scordarti che io scenda al di sotto della tua cinta», un mormorio crudele nel suo orecchio.
... probabilmente era il caso di cedere, per quella volta. C’erano delle circostanze particolari che rendevano il caso molto doloroso.
Innanzitutto, erano entrambi distesi sul banco da lavoro del laboratorio, anche perché in quella stanza non c’era altra superficie comoda dove stendersi – se non il pavimento, ma era troppo freddo e scomodo. Qualche minuto prima dovevano aver urtato qualcosa – vetrini, forse? O delle provette vuote –, però non ci avevano fatto molto caso.
Secondo di tutto, John gli stava letteralmente succhiando via l’anima a forza di baci. Il che non era un male, anche se confermava così la sua affermazione dello “smuovere le acque”. Poco importava.
Sherlock, poi, ragionò che poteva anche accontentarsi dei baci, erano tanto piacevoli, e così non avrebbe perso del tutto il suo orgoglio. Se non che sentiva troppo precisamente lo strusciare di una gamba di John fra le sue, così dolorosamente presente fra le sue cosce e...
«John, smettila», un sussurro affannato sotto le sue labbra.
«Non dirmi che non ti piace perché ci sono prove ben evidenti del contrario e non vorrai mica eludere le ovvietà con un ragionamento non vero...», incominciò lui a raffica.
«No», sospirò, non essendo capito al volo dal suo assistente. «Non è questo, ma mi pare ovvio» - trovare la migliore scusa possibile, ora - «che non possiamo rovinare il nostro rapporto di lavoro in questo modo. Il mondo della giustizia finirebbe per crollare».
«Non te ne frega niente della giustizia», borbottò John, poi comprese. «Sei tu a non voler cedere: è solo un cellulare, una piccola commissione che potresti svolgere da solo, invece di stressarmi nei momenti meno opportuni».
«Per esempio quando ti tocchi in bagno pensando a me?»
«Hai origliato!»
«No, ma sono perfettamente capace di leggere il tuo corpo anche quando cerchi di coprire le prove evidenti di un amplesso».
«Se sei tanto abile, perché non riesci a capire quello che voglio ora?»
«Un altro orgasmo?»
«Non solo, Sherlock. E non sono l’unico a volerlo, qui – e non sto parlando delle cellule in vitro».
Sherlock lo fissò con noncuranza, muovendosi piano sotto di lui per non sfiorare la sua gamba. Le sue labbra pallide avevano preso un po’ di colore, sotto la sua bocca, e le guance solitamente di cera ora ricordavano il morbido rosa dell’aurora.
Oh, per la miseria, John, contegno!
«Vuoi vincere contro di me per qualcosa... giocando sporco. Oh, bravo, da vero boy-scout!»
John rise leggermente, si sporse verso di lui e gli leccò la gota. «Non sai che tutti i bravi ragazzi si rovinano quando vanno al militare?»
Sherlock fece una smorfia e corrucciò le sopracciglia, quando John fece scorrere con studiata lentezza la sua mano sul suo petto. Si fermò appositamente sull’orlo della sua maglietta e la sollevò di un poco, infilò le dita sotto e solleticò l’ombelico, carezzando poi la striscia di pelle sottostante e il lembo prima del bordo dei pantaloni.
«John», lo rimbeccò Sherlock, afferrandogli la zazzera con inaspettata forza. Gli sollevò il volto, prima affondato nell’incavo del suo collo, in modo da guardarlo bene negli occhi.
Lo sguardo azzurro di John lo provocava, era vero, ma conteneva anche una nota di tenero affetto che spesso aveva già incontrato nei suoi occhi.
John non voleva mai soltanto un orgasmo, non serviva Sherlock Holmes per dedurlo.
«Al diavolo», sussurrò riottosamente Sherlock, tendendosi verso di lui, colmando le distanze e baciandolo. Lo spinse ad aprire la sua bocca e, contornata la sua bocca con la lingua, approfondì il bacio.
Finalmente, mosse il suo corpo, le sue braccia – le alzò per poterlo abbracciare – e le sue gambe – le adattò meglio per poter fargli spazio – e pensò che erano davvero fastidiosi quei vestiti fra di loro.
Rispose alla sua lingua, stando dietro alla sua velocità da corridore impazzito. Le dita che prima avevano stretto con forza le ciocche di John, ora le carezzavano morbidamente.
«John, ti prego, prendi quel telefonino dalla mia tasca», un sussurro roco per la mancanza d’aria, dritto proprio sulla sua bocca umida.
«Va bene», disse infine lui, sospirando. Allungò la mano e lanciò via quell’aggeggio malefico, poi si posizionò meglio sul tavolo e su Sherlock, lasciando cadere un beker – fortunatamente vuoto – e alcuni campioni che avevano deciso di invadere il suo spazio vitale.
Baciò nuovamente Sherlock, togliendogli la giacca. Quindi la maglietta. Poi si fece spogliare da uno strano Sherlock voglioso di darsi da fare.
In ultima analisi, prima di perdere il controllo e buona parte dei vestiti, John capì che era inutile provocarlo: Sherlock Holmes vinceva tutte le partite, anche quelle che sembravano perse in partenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



N/A:
Nato tutto da un delirio insensato con Macrì:
 
Kokky: Ci sarebbe da scrivere una slash, cioè immagina: John e Sherlock sul banco da lavoro, i vetrini che volano via, il beker bollente che viene lanciato fuori, le provette spezzate a metà *rotola via con la sua decenza*
Sorella Erba: COSA ASPETTI SPICCIATI A SCRIVERE DEL SACRO PORN
 
Detto fatto! Jspero vi sia piaciuta!
   
 
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