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Autore: inpuntadimatita    06/11/2011    1 recensioni
''E’ stato allora che ho deciso che sì, doveva essere Lei, e la Terra ha iniziato a girare nel senso giusto ed il sole è sorto da Occidente''
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GRIGIO ARCOBALENO
Ok, non è così che si comincia un racconto … è che non è il mio campo, ecco. Mica siamo tutti come quei bei scrittori patinati che vi piacciono tanto, tutti carini belli e perfetti.

Anch’io sono uno scrittore, all’incirca insomma, ma ora non voglio scrivere: per questa volta, la prima volta, voglio raccontare; e se per scrivere servono parole, belle e possibilmente ordinate, per raccontare serve una storia, e le storie non sono mai belle e ordinate.

Le mie, perlomeno.

Ora lasciatemi cominciare, che a quanto pare ho un problema con i giri di parole- e con molte altre cose,  direbbe Lei. Già, Lei: cominciamo da qui.

Forse non c’è motivo per cui dovrei raccontarvi quello che sta succedendo con Lei – chi siete, dopotutto? -, e togliamo pure il forse, ma guardando allo stato dei fatti, beh, non c’è molto altro che possa fare. A vedermi, qualcuno potrebbe definirmi ‘’solitario’’, e per quanto io possa non essere d’accordo con la percentuale di volontà intrinseca in una tale parola, così stanno le cose e voi siete l’unico pubblico che mi possa permettere. Se non v'interessa, fingete, ok? Sei po’ permaloso, dicono gli altri, e ridono. Anche Lei ride, ma non di me. Non ancora, ecco.

Ha una risata molto buffa, sapete?  

Era giovedì. Quando l’ho incontrata per la prima volta, intendo. Non penso che se ne ricordi: in effetti, non penso che se ne sia del tutto accorta. Non ci siamo presentati, né salutati, né altro, eppure era la donna della mia vita, come dicono nei cioccolatini – forse quelle frasette sdolcinate non erano così idiote, se una come Lei esisteva. Il fatto che ignorasse la mia esistenza era un dettaglio insignificante.

Pioveva, quel giovedì: Lei aveva uno di quegli orribili minuscoli ombrellini giapponesi con delle stupide faccine semiantropomorfe sopra e, ovviamente, era bagnata fradicia. L’ho vista mentre uscivo dall’ufficio, grigio in mezzo a dozzine di uomini grigi. Non amo farmi notare, ma vedo tutto; sono grigio, ma respiro i colori della vita degli altri, e Lei era colore allo stato solido. Ascoltava non so che canzone e batteva il tempo sull’asfalto mentre una vecchietta fissava sprezzante il suo ombrello: Ah, questi giovani!,  le si poteva leggere stampato sulla fronte tra una ruga e l’altra. E’ stato allora che ho deciso che sì, doveva essere Lei, la Terra ha iniziato a girare nel senso giusto ed il sole è sorto da Occidente.

Qualcuno un giorno mi ha chiamato ‘’strano’’, e molti lo fanno tuttora: sottovoce, a lavoro, per strada, le poche volte in cui la mia maschera grigia cade e gli occhi di un altro sono disturbati dalla mia faccia pallida riesco a sezionare i suoi pensieri: in primo luogo, STRANO. Poi, stupito: MA CHI E’?. Non che m'importi, ora che ho Lei; gli altri si fottano pure, con la loro aria di sufficienza e la mania di dimenticarsi di me.

Da allora ho iniziato a informarmi: Facebook, Twitter… cavolo, pensavo, ringrazia Dio che non sono un maniaco, dovresti fare attenzione a quanto scrivi, piccola. No, non sono uno di quei maniaci che si trovano nella cronaca nera, anzi, potrete far tutto tranne che trovarmi in prima pagina. Al massimo in un necrologio – cioè, non morto, li scrivo, ecco. Mi ci trovo, con le parole, non sono mai stato un granché ma me la cavo abbastanza da mangiarci: si fanno avanti loro, sono coraggiose così nero su bianco, e io posso restare dietro le quinte. Non che fare l’elogio di Tizio e Caio sia stato il mio sogno da bambino, Dio santo, non sono così strano. E’ successo, i miei avevano amici al giornale, e dove potevo andare con una triennale in Lettere e un carattere come il mio? Mi è andata di lusso, anche se visto che sto raccontando la storia della mia vita a dei perfetti sconosciuti qualcosa di sbagliato dev’esserci stato. Tant’è.

Non mi ci volle molto a capire chi fosse, in un giornaletto come il nostro le voci girano e tanto più quelle sulla nipote del direttore, che a quanto pare stava per laurearsi in Fisica, o qualcosa del genere: roba grossa, una cervellona, mi avvertì la segretaria.

Sono passati due anni da quel giorno, e a guardarmi da fuori nulla è cambiato: vivo da solo, lavoro. Ah, come sono patetico, neanche trent’anni e vivo come un vecchio! Tutti i santi giorni, la mattina presto mi affaccio dalla finestra dell’ufficio dove credo mi tengano ormai per carità, e La vedo.

Oggi però non è un giorno come gli altri, voglio smettere di essere ‘’quello dei morti’’.

Io sono, io voglio, io posso.

Lo vedrete, mentre ve ne state comodi nelle vostre poltrone, il topo spaventato che esce dalla fogna. Ci ho riflettuto: sono un uomo cattivo? Certo, chi può dirlo, ma ne dubito. Non me lo merito forse, dopo una vita stupida come la mia? Sì, cazzo se me lo merito, questo ed altro.

Respiro, esco, il piano è perfetto: eccola. Risplende, ma per una volta non mi acceca: oggi le regole le scrivo io. Resta solo una cosa da fare, lo so, una sola, piccola…

- Ehi ciao, tu sei Francesca, vero?”

Si gira, è imbarazzata, si vede, ma sorride.

- Ehm..si, e tu… saresti…?
Io, non so più chi sono, ma so cos’è Lei.
Il mio arcobaleno. Finalmente.
  
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