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Autore: Nijinsky    07/11/2011    3 recensioni
Un languido susseguirsi di suoni che si scioglie sulla lingua come fine cioccolato.
Una musicalità dagli accenti morbidi e dolci.
Un fugace alito di vento.
Un'impalpabile melodia di violino.
Corde tese che vibrano in un unico lemma soffice e leggiadro.
♭ E non mi accorgo che io sono il mio peggior nemico
♭ Un fragile gigante perso tra i miraggi del suo ardore
Mi vida ♭ Linea 77
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seven ways to scream your name

Mello…

Lo mormoro in un soffio, si spegne tra le mie labbra.

Lo pronuncio sussurrando come se fosse una preghiera, una velata richiesta di attenzione.

Un complemento di vocazione, una parola che rapida scivola sulla lingua e si dissolve nella lugubre atmosfera della sera.

Ti chiamo per parlarti, vorrei farti delle domande, ma non appena schiudo le labbra per proferire  verbo, tu ti volti di scatto dedicandomi il tuo sguardo più gelido.

Stronchi ogni parola sul nascere, il tuo nome, la tua presenza, sono già sufficienti per riempire la stanza.

Non parlo più, e fisso il tuo il tuo odio, la rabbia che ti scheggia il volto e stringe gli occhi.

Calo le palpebre, pensando al morbido incantesimo con cui in un attimo il tuo nome dilania le molecole che ti circondano. Mediocri vittime del tuo carisma, in un attimo sono tue.

Un battito di ciglia, riapro lo sguardo.

Strana magia, in un istante tu vai via.

Mello!

Una musicalità morbida e dolce, una fugace nota di malinconia che quelle liquide consonanti, che quei suoni scivolosi di vocali risvegliano ai sensi.

Il tuo nome dall’effimera veridicità è un rapido morso a un plum-cake, è un leggero soffio di zucchero a velo, è il retrogusto dolce e speziato della cioccolata nera, è il delicato aroma della cannella.

Ha una sua intrinseca dolcezza che il mio tono di rimprovero non riesce a smorzare.

La tua corsa sul pavimento bagnato si è bruscamente interrotta, e in uno sguardo ti sei voltato e mi guardi ghignando, come a dire “hey, fammi vedere che mi fai”, quel tuo ghigno che vorrebbe essere minaccioso e arrogante ma in realtà è solo buffo, quel sorrisetto porta come didascalia quelle delicatezze che il tuo nome suggerisce.

È l’amarezza delle parole che quotidianamente vomiti via che più fa a pugni con quel morbido lemma che saltella sulla lingua. È quella rabbia, quella frustrazione che ti appesantisce le spalle senza però distoglierle dalla loro naturale posa fiera. Eppure tante volte ho visto la rabbia e la frustrazione deformarti le labbra in una smorfia delusa che mai ci si aspetterebbe da un bambino.

Hai ripreso a correre, beffardo.

E la leggerezza dei tuoi capelli svolazzanti come ali di farfalla mi rendono di nuovo partecipe dell’effimera dolcezza del tuo nome, la stessa che ti luccica negli occhi.

…Mello.

Quando ci passi accanto a noi distogliamo lo sguardo, o caliamo il capo, o ammutoliamo o tutte e tre le cose insieme, ma mai per paura.

Pochi ti temono, ma tutti noi ti rispettiamo ciecamente; siamo come assoggettati alla luce che emani, una stella calda e luminosa, i cui raggi schiaffeggiano anche le galassie più lontane. Il rumore dei tuoi passi decisi che si allontanano riesce ancora a coprire i nostri mormorii, le nostre vocette che in paragone alla tua, già così adulta, suonano insulse.

Parliamo a bassa voce, i nostri miagolii non giungeranno mai al tuo orecchio acuto.

La nostra è bisbigliata ammirazione, ingenua incredulità, sincero ma sussurrato stupore perché non capiamo come possa un bambino nostro coetaneo sembrare così grande agli occhi di tutti.

Mello

Dimentica le stridule vocine spaventate che, in un barlume di coraggio, domandano la tua attenzione.

Dimentica la voce di Roger, stanca di rimproverarti di continuo.

Scordati di Near e del suo tono nasale e spento.

Sicuro e fermo in un gioco di lingua scandisco ogni tua lettera, e so che il viso che riservi a me non è lo stesso che dedichi al resto del mondo.

Mi guardi, vivo, attento, brillante, mi fai venir voglia di sorridere.

Non importa più quel che ho da dire, non conta niente quello che hai voglia di ascoltare: solo sorridiamo, inebetiti dai reciproci volti.

È come se il tuo nome in realtà fosse quella scarica di elettrica compagnia, di frizzante euforia, di appagante giubilo per ogni mio muscolo, per ogni mio nervo.

E la sicurezza con cui lo pronuncio non è altro che il succoso e saporito frutto della consapevolezza che la mia perpetua felicità è ricambiata quando i tuoi occhi esplodono insieme ai miei in un tripudio di colori.

Mihael

La tua pelle è liscia, candida, morbida come quei pochi capelli d’oro che ti ornano il capo come una graziosa aureola.

Mi guardi con quegli occhioni sorridenti, sgranati, e sorridendo ti bacio le labbra, come è consueto fare con le persone che si amano.

Sai di bello, sai di fresco, sai di morbido e di dolce, sai di vaniglia, sai di pannacotta, sai di gelato, sai di stelle e di comete, sai di genuina meraviglia, sai di inconsapevole felicità tra le mie braccia, tra le mie dita che dispettose ti sfiorano nasino e guance, facendoti ridere.

Ti chiamo e ti fai tutto serio, attento.

Capisci forse il divino del tuo bel nome?

È un nome leggero, delicato, è un nome morbido e profondo.

È una seta che ti scivola addosso fasciandoti a pennello,è un cotone fresco e colorato che ti copre quelle braccina appena rosee, è un cashmere che ti accarezza  il viso senza irritare, senza prudere, senza annoiare. È una lana che ti avvolge calda, ma non tanto da eguagliare le mie braccia che ti cullano mentre dormi.

Come sei dolce quando dormi, bimbo mio, così piccolo, così indifeso.

Vorrei che queste piccole gioie durassero per sempre, ma so che tu, mia più grande felicità, vali molto più di un attimo di eterea tranquillità.

A cosa stai pensando? Perché ridi?

Sei bellissimo quando fai così.

Non ti lascerò mai, stellina mia.

Mello?

Cosa significa tutto questo? Per chi lo sto facendo?

Non ho niente, sono nessuno, e nulla può restituirmi quanto mi è stato tolto.

Mi guardo allo specchio e non scorgo altro che soffice evanescenza, un me sbiadito che lentamente si consuma.

Dove sei finito, cruento sorriso?

Dove sparisti, fiero cipiglio?

Cosa accadde mai per far perire quel che sono?

Lugubri occhiaie, spenta carnagione appassita.

Sono forse io?

Cosa mi è rimasto?

Nelle mani vedo il vuoto, nella testa il caos, e non riesco più a scorgere null’altro che nero.

Nero come il buio, nero come la fine, nero come quella folta chioma.

È bastato un nome a far crollare tutto quanto, ogni cosa è perduta, e ora che me ne accorgo non so che fare.

Un nome non è nulla, io sono, io esisto indipendentemente dal nome.

L’uno o l’altro, cosa cambia?

Eppure era l’unica ancora rimasta, tutto ciò che avevo.

E ora?

#2 – Mello

Detesto la tua voce, ogni volta che la odo è alta e rabbiosa, feroce e tagliente, liquido il tuo sguardo mi fissa incredulo e frustrato, ogni volta di più, ogni volta peggio, ogni volta più giù, più giù, più giù.

Di rado ho visto lacrime rotolare lungo il tuo volto così stanco, così afflitto – probabilmente preferisci versarle altrove dove non sia necessaria l’altrui presenza.

Non riesco a credere che a un nome così poeticamente fluido e musicale possa corrispondere un tormento tanto grande, una rabbia tanto impetuosa.

Ogni volta che mi scorgi, oramai da anni a questa parte, la tua espressione ha un mutamento così repentino che osservarlo è quasi suggestivo: il tuo intero volto si contrae in un’unica smorfia, le labbra si serrano sforzando la mascella, gli occhi si assottigliano e mi fai quasi paura; eppure sei così giovane!

Urli, imprechi contro di me e il tuo nome, mi prendi a pugni finché sfinito non te ne vai rosso in viso.

Raro che tu mi risparmi queste naturali e sentite teatralità, rintanandoti chissà dove a fare chissà cosa.

Non ho mai compreso, e temo che mai comprenderò il tuo meccanismo interiore,  quella molla che sprigiona tale energia.

Ogni santa volta ti infuri, credendo che io stia proferendo un qualche divina ed inattaccabile verità: eppure io sono solo un pezzo di carta, cosa potrei mai sapere delle alte e disordinate sfere metafisiche della tua brillante personalità, bambino mio?

  
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