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Autore: _V_    08/11/2011    8 recensioni
Un viaggio nei ricordi felici dell’infanzia, il passaggio dalla forma di amore più vera e totalizzante all’oblio più profondo e disperato.
È un sogno comune a molti quello di avere un amico speciale con cui condividere tutto, compreso il passato. Giorgia sembrava essere riuscita a realizzarlo, trovando in Lorenzo proprio quello che cercava; ma ben presto si renderà conto che è impossibile mantenere stabile un rapporto quando di mezzo ci sono il tempo e i cambiamenti.
Dopo dieci anni di silenzio e astio, tra i due forse qualcosa sta per smuoversi e questo sarà solo l’inizio di una lunga e lenta agonia, che porterà alla gioia infinita, ma anche alla disperazione più nera ed angosciante.
Dal secondo capitolo:
«Sai, tendo sempre a fare l’opposto di quello che mi dicono di fare…». Alitò all’altezza del mio collo, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale, che poi si estese ad ogni altro centimetro di pelle.
«Belli, io non…». Mi bloccai cercando di recuperare la giusta lucidità per terminare il mio monito, ma ci impiegai troppo tempo, perciò alla fine quanto dissi si rivelò solo fiato sprecato. «…io non sarò mai una di quelle barbie senza cervello che ti ostini a portare a letto per divertimento».
«E chi ti dice che io voglia concederti l’onore di finire nel mio letto?».
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia Recentemente l'amministrazione del sito mi ha fatto notare l'esistenza di alcune somiglianze tra la mia storia, "Nonostante tutto", e quella dell'autrice "_Bec_", dal titolo "Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio", che potete trovare a questo indirizzo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=474329&i=1 . Ci tengo a specificare che non era assolutamente mia intenzione infrangere il regolamento del sito, e quindi creare questa spiacevole situazione, perciò chiedo scusa all'autrice (a cui sarò lietissima di fare le scuse in privato), a voi lettori e all'amministrazione, che è stata davvero paziente e disponibile con me.
Davvero, mi dispiace moltissimo per tutto quello che è successo. E dato che mi trovo nella sezione "originali", provvederò al più presto - e gradualmente, dato il poco tempo che ho a disposizione - ad eliminare e/o sostituire questi punti in comune tra le due storie.
NONOSTANTE TUTTO
 


-Prologo: Ricordi-


 
 
Milano, giugno 2000. (10 anni prima)
 

Era un grande prato, pieno di fiori rossi e bianchi, adombrato quasi completamente da un sacco di alberi altissimi e carichi dei frutti più svariati e colorati. Nell'aria c'era il solito, dolce profumo di ciliegia, che si mischiava perfettamente con quello fresco e forte dell'erba viva e verde su cui correvo. Non un solo filo di essa era secco o schiacciato, eccetto per quella che veniva calpestata, ma che quasi miracolosamente tornava subito al suo posto...e, a dirla tutta, io credevo davvero che quel posto fosse magico; perché era lì che vivevo la mia infanzia, era lì che piangevo quando mi sbucciavo le ginocchia; ma soprattutto era lì che trascorrevo - senza rendermene conto - gli attimi migliori della mia vita, fatti di risate spensierate e di una gioia che non aveva bisogno di essere cercata, perché arrivava da sola insieme alle piccole cose, quelle più importanti.
E poi c'era lui, il mio migliore amico, la persona che mi dava più di tutti gli altri messi insieme senza chiedermi nulla in cambio, la presenza che probabilmente occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore...perché è grazie a lui se ho potuto vivere quei momenti indimenticabili che conservo ancora con incredibile affetto nella memoria, nonostante tutto, nonostante il tempo trascorso e nonostante i cambiamenti che ci hanno colto.



 

«Aspettami Lore!». Urlai con quanto fiato avevo in gola – poco, a dire il vero -, mentre con una mano cercavo di aggiustarmi le codine, che ormai erano sfatte a furia di correre, giocare e rotolarmi per terra.
«Certo, contaci, così mi prendi e perdo».
Rispose lui, con i pantaloncini tutti strappati e le ginocchia piene di graffi - che ormai non bruciavano più - cominciando a correre più velocemente per aumentare la distanza.
Rallentai piano la mia corsa, ormai sfinita e senza più un briciolo di ossigeno in corpo, sbuffando e sedendomi per terra, non curandomi del fango e degli sguardi degli altri bambini che mi giocavano intorno. Lo sguardo di tutti tranne quello del mio migliore amico, che continuava a correre senza neanche voltarsi indietro per controllare che ci fossi ancora.
«Uffa». Brontolai poi, strappando malamente un paio di fiori e gettandoli poco distanti dal punto in cui giacevo sdraiata e arrabbiata.
Dopo un po', Lorenzo si fermò per riprendere fiato.
Non appena si voltò per controllare a che punto fossi arrivata, si dovette accorgere della mia assenza, perché cominciò a guardarsi intorno preoccupato, temendo che magari fossi caduta e mi fossi fatta talmente male da non riuscire più a rialzarmi.
Con passo svelto cominciò ad avvicinarsi a me e, sentendo il mio nome gridato a gran voce, mi risollevai da terra completamente sporca di terra e in attesa che mi raggiungesse.
«Dove ti eri cacciata?». Mi chiese Lorenzo una volta che fu abbastanza vicino perché potessi sentirlo.
«Qui». Risposi guardandolo storto e aggiungendo una smorfia.
«Che cos'hai? Ti sei fatta male?». Continuò, lui, imperterrito il suo interrogatorio, accorgendosi però che c'era qualcosa che non andava nel mio comportamento.
«No, sto benissimo». Risposi secca, continuando a guardarlo negli enormi occhi blu.
Mi piacevano tantissimo, delle volte mi fermavo a fissarli senza neanche rendermene conto, distraendomi da tutto il resto e lui mi rimproverava perché non lo ascoltavo.
«Sei arrabbiata?». Mi chiese facendosi coraggio.
Feci spallucce e mi sedetti nuovamente a terra. La rabbia mi era pressoché passata, ora mi restava solo da gestire un po' di delusione.
Lorenzo si sistemò accanto a me, con ancora un po' di fiatone dovuto alla folle corsa.
«Coraggio, dimmi cos'hai». Mi esortò tentando un sorriso, che tuttavia non gli riuscì molto bene.
«Mi hai lasciata indietro e neanche ti sei preoccupato di controllare che ti stessi ancora seguendo». Confessai abbassando lo sguardo e cominciando a strappare altri fiori...come facevo ogni volta che litigavo con lui.
«Ma stavamo giocando a chi arriva primo!». Protestò Lorenzo alzando la voce e spingendomi – di conseguenza – ad alzare la testa in sua direzione.
«Sei tu che ci hai voluto giocare».
«Eravamo d'accordo tutti e due». Precisò lui stizzito.
«Fa lo stesso. Non mi piace più quel gioco». Conclusi dando prova della mia infantilità, facendo sorridere Lorenzo.
«Sei una stupida».
«E tu un egoista».
Tra di noi calò il silenzio, interrotto solo dal brusio del vento e dalle mamme che richiamavano i propri figli perché si era fatto tardi e dovevano tornare a casa.
«Senti Giò...». Fu Lorenzo a riprendere la parola, quando ormai il sole era quasi nella fase del tramonto e il prato praticamente deserto, eccezion fatta per i ragazzini più grandi che potevano stare ancora a giocare. «Perché non facciamo pace? Non mi piace litigare con te».
Concluse con un'espressione leggermente triste, che mi portò ad annuire spontaneamente e impercettibilmente.
«Va bene». Concordai senza neanche pensarci un attimo: anche io odiavo essere in lite con lui, perché ogni volta che succedeva cominciavo a pensare e a ripensare finché non arrivavo al punto in cui mi chiedevo quale fosse stato il motivo di tale litigio; a dimostrazione del fatto che qualunque esso fosse, non era abbastanza importante.
Lorenzo si aprì in uno di quei sorrisi che mi piacevano tanto, perché gli facevano le fossette sotto gli occhi che lo rendevano buffo; e fu inevitabile ricambiare il gesto.
Nel frattempo, pronto a sigillare quella riappacificazione con un giuramento, lui mi aveva teso il mignolo, che ben presto si intrecciò perfettamente - come molte altre volte – al mio.
«Pace». Dissimo insieme, scoppiando a ridere per la nostra tempistica perfetta.
Erano quelli i momenti che preferivo, perché mi sembrava tutto perfetto e felice come nel mondo delle mie amate fiabe, e non li avrei mai scambiati con niente e nessuno, perché erano miei e basta...miei e di Lorenzo.

 
«Lore?». Lo chiamai poco dopo, mentre eravamo entrambi sdraiati sull'erba, affannati per l'intensa lotta di solletico che ci eravamo fatti a vicenda per una buona mezz'ora.
«Mmh?». Mi esortò lui a parlare.
«Mi prometti che non litigheremo più?». Gli chiesi, chiudendo gli occhi in attesa di una sua risposta.
«Non che quella di prima possa essere definita una vera lite...». Ribatté Lorenzo pensieroso. «Comunque te lo prometto...e ti prometto anche che la prossima volta rallenterò per aspettarti».
«E che quando ti chiederò la merenda me la darai subito, senza fare storie?».
Chiesi sollevandomi su un gomito per osservarlo meglio mentre rifletteva. Ero ben conscia che quanto gli stavo chiedendo non era poco, perciò temevo un rifiuto...anche se in tal caso non penso mi sarei arrabbiata.
«Sì, lo giuro». Rispose, infine, sorprendendomi e accennando un mezzo sorriso.
La sua merenda era sacra, non la dava mai a nessuno e mi sentivo terribilmente felice di quella piccola, grande conquista.
«E giurami che rimarremo sempre amici». Aggiunsi, presa da quella specie di gioco che avevamo intavolato.
Lui aprì un occhio e mi fece un altro enorme sorriso.
«Migliori amici, vorrai dire». Puntualizzò in un tacito consenso alla mia richiesta, che probabilmente gli sembrava stupida e inutile da fare: non aveva la minima intenzione di separarsi da me, lo sapevo.
Sentii il cuore farmi una capriola nel petto e cominciai a saltare e correre per il prato in preda ad una felicità tale che non riuscivo a tenere dentro stando semplicemente ferma: era sempre - troppo - bello sentirsi dire ciò che si desiderava, sia che si trattasse di qualcosa di stupido che di qualcosa di importante.
Lorenzo si alzò ridendo, evidentemente sorpreso della mia improvvisa energia; fino a neanche un'ora prima mi lamentavo perché non riuscivo a stargli dietro e  ora andavo avanti e indietro, apparentemente senza mai stancarmi. Quando lo raggiunsi gli presi le mani e lo abbracciai come forse non avevo mai fatto, o come non facevo da molto tempo e quando lui ricambiò la stretta, con la bocca ad un centimetro dal suo orecchio, riuscii ad esprimere quello che sentivo in tre semplici parole, che mi uscirono dal cuore e che gli avrei ripetuto all’infinto, se solo me ne avesse dato l’occasione.
«Ti voglio bene, Lore».
«Anche io, Giorgina, tanto».
 



Eppure, adesso quelli sono dei semplici ricordi che probabilmente non rivivranno mai più. Quelle dolci parole dette dal mio migliore amico in uno dei pomeriggi più caldi e belli della mia vita si sono rivelate semplici promesse che non sono state mantenute.
E mentre ripenso ai bei momenti passati insieme è triste realizzare di averli vissuti con la persona che ora odio di più al mondo. No, non è una parola eccessiva; è lui la causa principale delle mie sofferenze.
Le cose non sono andate come avevo previsto; anzi, si sono rivelate tutto il contrario di quello che pensavo che fossero.
Non ho ancora accettato che il mio migliore amico si sia trasformato in quello che è il mio peggiore incubo.
Non ho mai capito che cosa l'abbia fatto cambiare così radicalmente, eppure ci ho pensato tante volte.
E la cosa peggiore è che io continuo a volergli bene.
Nonostante tutto.





Note:

Dunque...
È la prima volta che scrivo su EFP e sono un po' emozionata! Ho sempre avuto la passione per la scrittura creativa e - dopo aver scritto innumerevoli storie originali, destinate a marcire nel mio computer - mi sono finalmente decisa a renderne pubblica qualcuna.
Questa è l'ultima che ho scritto ed è anche quella a cui sono più affezionata in assoluto (qualora la storia vi piacesse un po' e decideste di andare avanti, capirete il motivo di questo mio attaccamento particolare...).
Riguardo al capitolo, vorrei solo dire che - ma penso non ce ne sia bisogno - ovviamente è un piccolo racconto di un episodio passato, che Giorgia rivive con molta nostalgia. Essendo appunto un prologo, dal prossimo la storia cambierà completamente; sarà ambientata nel presente, nel momento in cui la situazione subisce una "rottura", un cambiamento, che sarà l'inizio dei veri "guai".

Non credo di dover dire molto altro, se non che spero che vi piaccia e che la continuerò solo ed esclusivamente se qualche anima pia dovesse trovarla interessante e non troppo banale. So che da un prologo striminzito non si può capire granché, per questo spero che -  se questa introduzione ha catturato almeno una piccolissima parte della vostra attenzione - leggiate almeno il primo capitolo, per vedere un po' come si svolgono i fatti, com'è la narrazione e il mio modo di scrivere; ma trovo assolutamente inutile continuare a pubblicarla se nessuno dovesse "filarsela" di striscio. 
Va bene, credo di non esser riuscita ad esprimere pienamente quello che volevo dire, perciò leverei anche le tende e vi pregherei di concentrarvi solo su quello che ho scritto sopra! XD
Si vede proprio che sono nuova qui, eh? Prometto che migliorerò ;)
Grazie a chiunque dovesse leggerla anche solo per sbaglio, a presto!


P.s: Mi sembra brutto chiedervelo, ma vi pregherei di lasciare almeno una riga di recensione per dire cosa ne pensate...altrimenti mi sento forever alone, anche se continuate a leggerla!

Veronica

 

   
 
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