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Autore: visbs88    08/11/2011    4 recensioni
L’orologio ticchettava. Il sangue gocciolava lento, quasi al ritmo esasperante delle lancette e del pendolo che si muoveva avanti e indietro. Il respiro roco della bambina era solo un altro suono in quella musica di morte.
Logan guardava la pozza vermiglia che continuava ad allargarsi sul pavimento. Il tempo sembrava immobile, eppure scorreva.
L’uomo incrociò lo sguardo della bimba dagli occhi neri. Con un movimento lento, rigido, meccanico, Logan caricò il fucile.
[…]
L’ossessione di una piccola, pazza vagabonda.
[!Contenuti forti, !Violenza]
[Quarta classificata al contest "Il Morso e... il Nastro" indetto da Eylis sul forum di Efp, e vincitrice del premio speciale "Eylis Consiglia"]
[Partecipante al contest "Schegge di paura... pronti per il brivido?" indetto da Dackota sul forum di Efp]
[Vincitrice del premio per il miglior personaggio femminile non protagonista al contest And the Winner is... indetto da DarkAeris sul forum di Efp, e nominata per i premi Miglior Storia e Storia più Originale]
Genere: Drammatico, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA PICCOLA VAGABONDA

 
Contest: Quarta classificata al contest “Il Morso e… il Nastro” indetto da Eylis sul forum di Efp e vincitrice del premio speciale “Eylis consiglia”.
Contest 2: Partecipante al contest Schegge di paura… pronti per il brivido? indetto da Dakota sul forum di Efp.
Oggetto scelto: Orologio a pendolo.
Città: Boston.
Contest 3: Vincitrice del premio per il miglior personaggio femminile non protagonista al contest And the Winner is... indetto da Dark Aeris sul forum di Efp, e nominata per i premi Miglior Storia e Storia più originale.
Titolo: La piccola vagabonda.
Introduzione: L’orologio ticchettava. Il sangue gocciolava lento, quasi al ritmo esasperante delle lancette e del pendolo che si muoveva avanti e indietro. Il respiro roco della bambina era solo un altro suono in quella musica di morte.
Logan guardava la pozza vermiglia che continuava ad allargarsi sul pavimento. Il tempo sembrava immobile, eppure scorreva.
L’uomo incrociò lo sguardo della bimba dagli occhi neri. Con un movimento lento, rigido, meccanico, Logan caricò il fucile.[…]
L’ossessione di una piccola, pazza vagabonda.
Rating: Arancione/16+.
Generi: Drammatico, Horror, Thriller.
Avvertimenti: One-shot, Contenuti Forti, Violenza.
Numero parole (Contatore Word): 1.923.
Disclaimer: i fatti descritti in questa storia sono di mia pura invenzione; i personaggi mi appartengono e sono completamente di mia fantasia. Occorre il mio permesso per citare pezzi della storia, tradurla, riprodurla altrove o trarne ispirazione.
 
Buona lettura.
 
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L’orologio ticchettava. Il sangue gocciolava lento, quasi al ritmo esasperante delle lancette e del pendolo che si muoveva avanti e indietro. Il respiro roco della bambina era solo un altro suono in quella musica di morte.
Logan guardava la pozza vermiglia che continuava ad allargarsi sul pavimento. Il tempo sembrava immobile, eppure scorreva.
L’uomo incrociò lo sguardo della bimba dagli occhi neri. Con un movimento lento, rigido, meccanico, Logan caricò il fucile.
 
La chiamavano la piccola pazza. O la piccola vagabonda. La conoscevano tutti in quel quartiere di Boston; gli adulti la disprezzavano, i bambini la temevano. Era sporca, ma non brutta. Aveva capelli troppo lunghi e troppo poco curati, occhi grandi, vestiti luridi. Si muoveva furtiva, i maligni vociferavano che si nascondesse nelle fogne ogni volta che i servizi sociali cercavano di recuperarla per portarla in un orfanotrofio.
Non parlava, non andava a scuola. Non si sapeva nulla di lei, né come riuscisse a sopravvivere, né da dove venisse. Probabilmente rubava, perché a nessun interessava davvero quell’inquietante bambina, né lei accettava aiuti.
Era solo la piccola vagabonda.
 
Logan avrebbe dovuto intuire tutto. O forse non avrebbe mai potuto, poiché la follia umana è quanto di più imprevedibile possa esistere. Ma avrebbe potuto fare più attenzione. Avrebbe potuto impedire a Michael di fare quel gesto tanto stupido, quell’inutile sciocchezza.
 
- Sai cosa farò stasera? Ho invitato la bambina a casa mia. Voglio darle un pasto decente, Madelene è a vedere la lezione aperta di danza di Daisy, quindi non ne saprà nulla.
- Michael… che bambina? Non quella, vero?
- Certo, quella. La piccola folle, come la chiami tu.
- Come puoi accettare quel mucchio di pulci nella tua casa?
- Lo faccio solo perché non c’è Madelene, naturalmente.
Il sorriso di Michael era sincero, solare, speranzoso. Ingenuo e pieno di aspettative per la piccola vagabonda.
 
Michael, la moglie Madelene e la figlia Daisy erano arrivati da pochi mesi lì a Boston. Le vecchiette li avevano subito identificati come una famiglia adorabile. Logan, loro vicino di casa, non poteva certo smentire quelle considerazioni. La coppia sui trent’anni con la figlioletta di nove, un formato standard. Lui sorridente e affabile, lei un po’ paffuta e impacciata, ma dolce e gentile. E la bambina, una creaturina deliziosa dai capelli biondi e gli occhi azzurri, timida e fragile, un talento nella danza.
Anche la piccola vagabonda li aveva visti arrivare. Se ne stava accovacciata dietro ad un cassonetto mentre il camion dei traslochi raggiungeva la nuova abitazione della famigliola. Logan osservava tutto dalla finestra, e l’aveva notata. Spettrale, lurida, piccola, muta: non c’era da stupirsi se gli altri bambini del quartiere avevano paura di lei. Lui, abituato alla sua presenza sin da quando era comparsa quasi dal nulla, ormai non le badava più molto. Si sentiva spesso osservato da quegli occhi neri quasi spiritati, ma non era abbastanza superstizioso da pensare che fosse chissà quale demonio sceso in terra. Era solo piccola e pazza, una bimba vagabonda che scrutava con strano interesse chiunque arrivasse, forse nella speranza che fossero senzatetto come lei. Ma era chiaro che la famiglia in arrivo in una delle villette meglio tenute della zona non sarebbe stata un gruppo di zingari.
 
Daisy era andata a scuola come una normale bambina. Normale era rimasta per poco: intelligente, adorata dagli insegnanti e piena di piccoli ammiratori che avevano subito capito la sua passione per i nastri. Amava i braccialetti e legarsi i capelli con fiocchi colorati. Da quando l’informazione aveva iniziato a circolare nella scuola elementare, schiere di ragazzini si facevano avanti per legare nastrini al polso di Daisy, o anche solo per regalargliene. E lei tornava tutta contenta da Michael, all’uscita da scuola, e il padre, orgoglioso, le intrecciava i nastri più lunghi e belli nei capelli. Li legava con mano esperta, ormai per lui doveva essere una routine abbellire quella graziosa bambina per renderla ancora più adorabile agli occhi altrui. Logan li osservava spesso, avendo anche lui un bambino più piccolo di Daisy a scuola con lei.
Il figlio di Logan, già. Ancora troppo piccolo per capire davvero il senso dei regalini che gli altri facevano a Daisy. Un giorno aveva domandato al padre:
- Perché le danno tutti quei nastrini, papà?
- Perché lei gli piace, ecco perché*. Ma tu non azzardarti a fare una sciocchezza simile, tieniti alla larga dalle donne – aveva sbuffato in risposta Logan, che non si faceva troppi problemi nel dimostrare quanto poco gli importasse della donna che gli aveva dato quel marmocchio per poi svignarsela di certo per sfornarne altri con il primo che le capitava a tiro.
Il bambino lo aveva guardato con gli occhi sgranati. Poi si era aggrappato alla sua gamba, voltando la testa dall’altra parte. Logan si era girato, e aveva visto la piccola vagabonda lì vicino. Quell’ammasso di lerciume teneva gli occhi neri e fissi puntati su Daisy e Michael, che aveva preso la figlioletta in braccio. Ma Logan aveva avuto la sgradevole sensazione che la piccola pazza avesse sentito ciò che lui aveva detto.
 
Michael era una persona incredibilmente piacevole, senza dubbio. Madelene, a parere di Logan, doveva aver lottato a lungo per appropriarsene, dato l’incredibile ascendente che Michael avrebbe potuto avere anche su donne più piacenti di lei. Aveva una conversazione spigliata e naturale che spaziava su tutti gli argomenti. Logan aveva avuto occasione di scoprirlo non molti giorni prima. L’aveva incontrato per caso mentre andava a comprare qualcosa per la cena, e Michael l’aveva invitato ad accomodarsi a casa sua, dopo aver scambiato qualche banale parola sul tempo fin troppo piovoso di quelle parti. Logan aveva accettato l’invito con riluttanza, e anche dentro l’abitazione aveva iniziato a guardarsi intorno con una certa indifferenza, quasi infastidito dall’eccessiva ospitalità del suo vicino. Era una casa arredata con un gusto delizioso, su ciò non si poteva discutere. Mobili un po’ antichi in legno, abat-jour che ben si adattavano all’ambiente, una cucina e un salotto spaziosi e con qualche bel tappeto che faceva bella mostra di sé sul pavimento.
Michael aveva iniziato a parlare del più e del meno, mentre Logan in parte lo ascoltava e in parte osservava la mobilia, in particolare un vecchio orologio a pendolo. Forse era colpa della natura pessimistica di Logan, ma gli pareva un dettaglio inquietante in quella casa luminosa. Il ticchettio degli orologi era sempre stato un rumore che fin da bambino l’aveva infastidito. La conversazione – brillante da parte di Michael, a grugniti e brevi frasi dall’altra – era scivolata sulla caccia, con un certo piacere di Logan che aveva iniziato a rilassarsi. Aveva rivelato di possedere numerosi fucili e di amare quell’hobby, nei limiti del legale, naturalmente. Stavano scambiandosi qualche informazione sui migliori siti dove recarsi per cacciare, quando era arrivata Daisy, un sorriso furbo sul bel visino.
- Me la ritagli, papi? – aveva chiesto, porgendo un foglio con sopra disegnata una farfalla non molto ben fatta. Il disegno era forse uno dei pochi campi in cui la piccola non eccelleva. Tuttavia Michael aveva detto il consueto “E’ bellissima, tesoro” e obbediente aveva aperto un cassetto, tirando fuori delle grosse forbici appuntite. Daisy era saltellata via, e lo sguardo di Logan era scivolato sulla finestra. Con un certo sgomento, aveva visto la piccola vagabonda che li spiava da fuori. Gli aveva lanciato un’occhiata penetrante prima di scappare via. Logan era rimasto immobile qualche secondo. Michael, ancora intento a ritagliare il disegno, aveva chiesto il perché di quell’improvviso mutismo.
- C’era la piccola pazza che guardava qui dentro.
- La piccola pazza? – aveva domandato Michael, con una certa curiosità.
- La bambina lercia che gira qua intorno – era stata la risposta di Logan, che aveva lanciato uno sguardo attento con i suoi occhi azzurro scuro al suo interlocutore. Possibile che non avesse mai notato quella sudicia creaturina?
- Oh, quella con i capelli scuri? La vedo spesso all’uscita da scuola. Mi sento stranamente osservato ogni volta – aveva ridacchiato Michael. Sembrava prendere la cosa fin troppo alla leggera – Un tipino interessante.
Logan non era d’accordo. Un senso di terribile disagio l’aveva invaso, insieme ad un’altra inquietante certezza: ora la piccola vagabonda sapeva di quelle forbici che Michael aveva in mano… conosceva il cassetto in cui si trovavano.
 
Se solo si fosse dato ascolto. Se solo avesse dato retta a suo figlio e a ciò che gli aveva detto.
- Papà, papà!
- Cosa vuoi?
- Ho visto la piccola vagabonda! C’era un gatto morto vicino a lei, con un nastrino intorno al collo!
Inutile credere alle dicerie dei bambini. Inutile pensare che quella della piccola pazza per Michael stesse diventando un’ossessione, che quel nastro con cui pareva avesse strangolato il gatto c’entrasse qualcosa con la piccola Daisy. Inutile, già. Eppure Logan sapeva che non lo era davvero.
 
- Michael… che bambina? Non quella, vero?
- Certo, quella. La piccola folle, come la chiami tu.
Erano ormai amici, Logan e Michael. Era impossibile non legare con quel ragazzo tanto solare. E Logan avrebbe dovuto provare ad opporsi con più forza alla sua decisione.
Se l’avesse fatto, in quel momento non si sarebbe trovato di fronte a quella pozza di sangue.
 
Michael l’aveva davvero accolta in casa sua. Logan l’aveva vista entrare nella villetta, sudicia come al solito. Ciò era stato sbagliato, l’aveva capito subito.
La piccola pazza era pazza. La piccola pazza poteva uccidere.
Che fosse stato semplicemente influenzato dalle dicerie e dalle lagne del figlio, oppure che lo pensasse davvero, in quel momento non aveva avuto importanza. Gli era bastato prendere un fucile e uscire di casa, due passi ed era già di fronte a quella di Michael.
Michael era in cucina. E l’aveva solo visto accasciarsi su se stesso, scomparendo alla sua vista.
 
Inutile credere alle dicerie dei bambini. Logan l’aveva sempre pensato. Ma d’ora in poi avrebbe accettato l’idea che i bambini possano essere la bocca della verità.
 
Sfondare la porta era stato un attimo, precipitarsi in cucina un altro.
La piccola pazza stava azzannando una spalla di Michael, una mano stretta attorno al suo collo. Aveva alzato gli occhi su Logan, senza smettere di mordere la maglietta del ragazzo.
Era stato in quel momento che il tempo si era fermato.
 
L’orologio ticchettava. Logan odiava gli orologi a pendolo.
Le forbici erano abbandonate sul pavimento, le lame intrise di sangue. Logan poteva immaginarsi la piccola pazza che strisciava alle spalle del ragazzo e colpiva prima una gamba – il sangue si riversava sul pavimento, continuava a sgorgare – e poi il cuore, dopo che Michael era caduto.
Gli occhi neri della piccola pazza fissavano il fucile e la mano di Logan sul grilletto. Teneva i denti ancora piantati nella carne di Michael, respirava affannosamente con il naso. Si staccò da lui.
- Doveva stare fermo.
Era la prima volta che la sentiva parlare. La sua voce era stridula.
- Fermo, e io gli mettevo questo. Lui bello. Io bene… volevo bene…
L’incredibile freddezza nella follia. La mano della piccola pazza stringeva in modo convulso un nastrino rosso. Michael non si sarebbe lasciato mettere il nastrino, doveva bloccarlo prima: il ragionamento di una folle.
 
- Perché le danno tutti quei nastrini, papà?
- Perché lei gli piace, ecco perché.
 
Michael piaceva a quel mostro.
Logan puntò il fucile. Era solo una piccola pazza, una piccola assassina.
I suoi occhi scrutavano Logan. Si chinò di nuovo su Michael, mordendogli un orecchio. Strinse i denti e un rivolo di sangue si aggiunse alla pozza che li circondava.
Assassina.
Il tempo era ancora fermo, per un attimo regnò il silenzio più assoluto.
Logan premette il grilletto.
Logan uccise la piccola vagabonda.
 
 
 

Spazio autrice:
Ciao a tutti, è la prima volta che mi affaccio a questo fandom, spero di aver scelto la sezione giusta –ero un po’ indecisa se postare qui o sulla sezione horror .-.
Dunque, potendo avrei voluto postare questa storia molto tempo fa, ma la giudice del secondo contest a cui questa shot partecipava è scomparsa e quindi la pubblico solo ora. Sono un po’ seccata per questo, ma amen xD più che altro perché il risultato dell’altro contest è estremamente buono, peccato solo che mi abbia fregata l’attinenza xD il giudizio è riportato qui sotto =)
Dunque, vediamo. C’è una frase con un asterisco, dove è presente un errore volontario, “gli” riferito a “loro”. È per sottolineare che Logan è un tipo piuttosto rozzo. La storia è volutamente confusionaria, spero che comunque siate riusciti a tenerne il filo =) e boh, nient’altro da dire. Spero tanto che vi sia piaciuta ^^
Un bacio, visbs88 =)
 
Giudizio della giudice Eylis per il contest “Il Morso e… il Nastro”:
Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 10 / 10
Se nel testo c’erano errori io non li ho trovati… complimenti, davvero un buon lavoro!

Sviluppo della trama: 10 / 10
Nonostante i diversi salti temporali non ho trovato la storia particolarmente confusa, anzi si fa capire piuttosto bene. La trama è attenta ai dettagli e da tutti gli elementi al momento giusto, per lasciare un po’ di suspence pur permettendo al lettore di sentirsi coinvolto.

Caratterizzazione dei personaggi: 10 / 10
Tutti i personaggi sono stati molto ben caratterizzati, bene! Quegli occhi neri si fanno notare… mi sembra di averli ancora davanti, e non so se è un bene…

Espressività: 10 / 10
Molto buona anche l’espressività, è un racconto che tiene incollati fino all’ultimo respiro, con i sentimenti che ondeggiano tra una simpatia per la povera bimba sola e un odio per quella che fin dall’inizio si sa essere la causa di qualcosa di molto brutto…

Originalità: 9 / 10
Ho trovato il racconto molto originale, soprattutto per il modo in cui è stato costruito.

Attinenza al tema e ai parametri posti: 6,5 / 10
Nella storia ci sono tanti nastri, e non si capisce bene, almeno fino alla fine, quale importanza abbiano (e se abbiano importanza). Nel finale invece si parla di un nastro specifico, ma per quanto io abbia apprezzato il fatto che la bambina non fosse riuscita a legarlo non ho trovato il tema completamente rispettato: veniva chiesto infatti di descrivere una scena in cui un nastro viene legato su una parte del corpo di una persona, e io questa scena non l’ho trovata, anche se ci sono tanti momenti che le si avvicinano. Buoni invece l’uso del tema del morso e il rispetto degli altri parametri.

Valutazione finale: 55,5 / 60
Devo ammetterlo, mi piacciono queste storie molto dark… e quella bambina mi è davvero rimasta impressa. Ho trovato il racconto molto duro, ma sottile e interessante.
   
 
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