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Autore: MaggieMurdock    11/11/2011    1 recensioni
Il dolore di una perdita, schiacciante e inesorabile.
Un sorriso che riporta alla vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E rieccomi. :) 
In questa fanfiction più che mai, voglio dire che non intendo lucrare su assolutamente nulla di tutto questo, i personaggi non mi appartengono, niente di tutto questo è stato scritto per danneggiarli in qualsiasi modo. Non lo farei mai nella mia vita.
Bòn, detto questo, vi lascio alle parole, altre precisazioni a fine capitolo.
Edit: Scusate, sono fatta così, ho riletto e ho notato quanto l'ultima parte fosse frettolosa e poco incisiva, quindi ho aggiunto qualcosa. Abbiate pietà, l'inesperienza a volta gioca brutti scherzi.

 

No love to set us free.. nessun amore che ci renda liberi, cantava una voce nelle mie orecchie.

Quelle parole mi entravano dentro, mi penetravano a fondo, infettavano ogni cellula del mio corpo per poi sgorgare fuori da me insieme alle lacrime.

Watch our souls fade away, and our bodies crumbling.. così diceva.. mi sentivo inerme, avvolto da una cappa di dolore.

Ogni parola era una lama tagliente, implacabile, un aguzzino che godeva nel torturarmi, sadico e senza vergogna.

Eppure ero io, nessun altro aveva colpe.

Ero il coltello, ed insieme la ferita.

Non riconoscevo più me stesso, steso sul letto, affranto, con addosso una accidia totalizzante, che non mi permetteva di fare nulla.

Corde invisibili mi tenevano legato per ore, stringendomi i polsi, lasciandomi ematomi sottopelle, che nessuno poteva vedere, ma che pulsavano sulle mie vene.

Scagliai l'ipod sul pavimento.

Chiusi gli occhi e desiderai che tutto finisse.

 

Non mi accorsi nemmeno che la porta si aprì.

 

Alzati, Jake.

 

Quasi non riconobbi la voce di mia sorella, mi sembrò provenire da un tempo indefinito, lontanissimo.

 

Jake..sono giorni che non esci da questa stanza..

 

Non risposi, di nuovo.

Mi posò una mano su un braccio, con delicatezza.

Non puoi fare così..non lo capisci? Vieni a mangiare qualcosa..

 

Non la ascoltavo, non mi interessava.

Mi sembrava di essere precipitato in un buco nero, senza uscita, senza luce, senza alcuna possibilità di salvarmi.

 

Lo so che era importante per te, ma proprio per questo.. non puoi...

 

Scattai come una furia a quelle parole, le rivolsi uno sguardo cattivo, nero e un grido strozzato mi uscì dalla gola:

 

Non azzardarti! Tu non sai un bel niente! Non dirmi quello che devo o non devo fare!

 

Jake, non ti riconosco più.. mi fai paura.. disse calma, ma con un rammarico tangibile nella voce.

 

 

Vattene. Le dissi sprezzante.

Non si mosse, continuava a guardarmi come non l'avevo mai vista farlo, mi sentivo i suoi occhi addosso e mi davano fastidio, li sentivo compatirmi, disapprovarmi.

Non potevo accettarlo.

 

VATTENE. Urlai VATTENE, ESCI DA QUI!

 

COME VUOI! urlò lei a sua volta, improvvisamente senza un briciolo di pazienza, alzandosi dal letto. E quando fu sulla porta aggiunse: Continua pure così, bravo, Heath ti prenderebbe a pugni se ti vedesse!

 

Al suono del suo nome, mi sentii invaso da una rabbia corrosiva, che ardeva dentro di me e mi consumava.

Mi alzai dal letto in un secondo, mi avvicinai a lei, la guardai negli occhi con tutto il risentimento di cui ero capace:

Non permetterti MAI PIU'. Dissi in un sibilo pieno di cattiveria, prima di sbatterla fuori dalla stanza.

 

Poi mi accasciai a terra, la schiena contro la porta e sentii le lacrime pungermi gli occhi.

Cercavo di inghiottirle, di seppellirle in fondo a me stesso, ma sembravano un fiume incessante, dalla forza inaudita, che non potevo controllare in alcun modo.

 

Heath.. quel nome risuonava ancora nella mia testa, martellante.

Heath.. la sua immagine nella mia mente, nitida, non avrei saputo cancellarla.

Lo vedevo coperto da quella berretta che gli avevo regalato io, calcata sugli occhi, con lo sguardo intriso dei suoi pensieri, la mano appoggiata sotto il mento, le dita che gli toccavano la guancia.

Quanto avevo adorato quel suo modo di estraniarsi dal mondo, di ripararsi per rimanere solo con se stesso.

Avevo una voglia terribile di abbracciarlo, di sentire il suo corpo caldo sul mio.

Quell'amore che provavo per lui, che avrei sempre inesorabilmente provato, mi attanagliava il cuore, ormai gelido, in una morsa.

 

Scagliai i pugni contro il pavimento.

Lui non c'era. Non ci sarebbe stato più.

Mi guardai le mani, con gli occhi annebbiati dalle lacrime.. tremavano, non sembravano più le mie..

Ora che non potevo più stringere lui, con quelle mani, a cosa mi servivano?

A cosa servivo io?

Senza di lui niente aveva più senso.

Tutto era insapore, incolore, inodore, non esisteva.

Il mio corpo squassato dai singhiozzi, il respiro che mi mancava.

Mi trascinai a terra, in mezzo alla stanza.

Continuavo a prendere a pugni il pavimento, volevo farmi del male, ancora e ancora, volevo sentire il sangue scorrere dalle mie nocche.

Le mani bianche per lo sforzo, per la stretta d'acciaio in cui stavo imprigionando le mie dita.

 

Maggie rientrò in un lampo.

Si mise davanti a me, mi prese per le spalle: JAKE GUARDAMI!

Continuai a scuotere la testa, stringendo gli occhi, i pugni, cercai di divincolarmi.

CAZZO JAKE, GUARDAMI! BASTA, BASTA!

Il suono della sua voce finalmente arrivò all'interno di me.

La guardai, non senza una certa ritrosia..

Devi smetterla, una volta per tutte. Mi disse lei, fissando i suoi occhi nei miei.

Mi sentii come un bambino, senza difese.

La determinazione adulta del suo sguardo fu come uno schiaffo in pieno volto per me.

Singhiozzai di nuovo.

Maggie si fece calma, mi prese tra le braccia, cullandomi.

Non diceva niente, ma sentivo forte nel suo abbraccio che voleva aiutarmi, che lo voleva davvero.

Tesoro.. mi sussurrò lei, Va tutto bene, non preoccuparti.. ci sono io.

Ma lui non c'è pensai. Non c'è. Quella considerazione amara mi saliva dalla bile, fin su per la gola. Sentivo un fiele disgustoso sulla lingua.

Maggie rimase lì a tenermi stretto, non sapevo quanto tempo era passato, ma mi sentivo al sicuro.

Avevo dimenticato perfino il legame che ci univa, indissolubile, sincero.. perchè era successo?

Perchè se ne era spezzato un altro, tragicamente, annullandomi.

Come faccio? Le dissi in un singhiozzo soffocato.

Lo farai, per te stesso. E per Heath.

Che ti amava più di qualsiasi altra cosa al mondo.. pensi che vorrebbe vederti ridotto in questo stato? Devi farlo, Jake. Troveremo un modo, insieme.

Ero finalmente calmo.

Non sapevo se quella sensazione fosse solo apparente, ma il dolore si era affievolito, almeno un po'.

Sentii dei piccoli passi, avvicinarsi a me.

Due piedini avvolti in scarpette da ginnastica rosa, che procedevano incerti sul pavimento.

Alzai gli occhi su Ramona e la vidi guardarmi perplessa, preoccupata.

Aveva solo due anni e mezzo, ma capiva chiaramente il dolore che mi portavo dentro.

No male, zio Jake – disse con una vocina delicata, mettendo insieme come poteva le parole.

Con una manina mi accarezzò la guancia, rigata dalle lacrime.

No male! - ripetè di nuovo, con determinazione.

Vedi, anche lei vuole aiutarti – osservò Maggie sorridendomi.

Il tocco di quelle dita minuscole mi riportò alla vita.

Mi diede un calore immenso, con quel gesto semplice, puro ed incontaminato.

Le feci un sorriso, lasciai andare Maggie, per stringermela addosso.

 

C'era una creatura, tra le mie braccia, che si era appena affacciata alla vita, che non conosceva su di sè la paura e le tragedie.

 

Voglio bene, zio Jake – mormorò mentre la coccolavo.

Non avrei fatto niente per deluderla, non me lo sarei mai perdonato.

Dovevo trovare la forza per rialzarmi, perchè era lei che me lo chiedeva.

E seppi anche, in un secondo, che anche Heath voleva questo.

Perchè mi amava nello stesso modo, totalmente e senza filtri.

Dovevo abbandonare i rimorsi, le recriminazioni che mi ero auto inflitto per averlo perso in quel modo, da un giorno all'altro.

Non era colpa mia, neanche sua, né del destino o di un fato vigliacco che se l'era portato via.

No.

Era la vita.

Dannatamente difficile, ma anche piena di istanti imperdibili di empatia, di compassione e di amore.

Nessun amore che ci renda liberi.. eppure io l'avevo, l'avevo lì davanti agli occhi e non ero riuscito a vederlo, accecato da un veleno spietato e inesorabile: il dolore.

 

Quello che Ramona era riuscita a fare per me in un secondo, non l'avrei mai dimenticato.

 

 

And I've had recurring nightmares, that I was loved for who I am, and missed the opportunity, to be a better man.

 

Mi tornarono alla mente le ultime parole di quella canzone, e finalmente, ne capii il senso profondo.


Precisando:

Ho cercato, nel mio piccolo e scavando anche nei miei personali dolori, di rendere a parole il senso di perdita, di immaginare la reazione di Jake dopo la morte di Heath.
Non è propriamente originale come tema, ma come dicevo ho cercato di metterci del mio.
La canzone, Hoodoo dei Muse, se non la conoscete la potete ascoltare qui.
La frase Ero il coltello ed insieme la ferita è stata ispirata da una canzone degli Afterhours, Chissà com'è.
E poi, ci ho messo la figura di Ramona perchè sono convinta che i bambini, con la loro adorabile immediatezza, talvolta ci insegnino più di quanto noi insegnamo a loro. Naturalmente, l'azione si svolge nel 2008, diciamo a una settimana dalla morte di Heath. Ramona allora aveva solo due anni, ragione per la quale l'ho descritta in questo modo.
E per finire, l'immagine di Heath nella mente di Jake, è ispirata a questa foto 

L'ho vista l'altro giorno e mi si è stretto il cuore.

Spero che vi sia piaciuta.
A presto.
ps. dato che l'ho cambiata, vi dico anche quale parte ho aggiunto. Nel finale quella che va da ''c'era una creatura'' fino a '' il dolore''. Mi sembrava che non fosse chiaro il senso di quello che volevo esprimere, forse ora è più completa. :)


 

  
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