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Autore: MedusaNoir    11/11/2011    4 recensioni
Ettore ha organizzato una cena a casa sua con i ragazzi del suo gruppo; in “Sulle note di Cat Stevens”, l’assenza di Marco, a casa con la febbre, aveva lasciato Aurora in una situazione imbarazzante con il batterista…
E se Marco si fosse fatto forza, partecipando alla cena anche con la febbre?
Se vuoi che Marco si riguardi, torna a leggere “Sulle note di Cat Stevens” per sapere come andrà a finire.
Se invece pensi che sia meglio che lui si presenti, continua a leggere…
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Storie a bivi - Aurora e Marco'
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Aurora è da poco diventata la cantante di un gruppo, i Moonlight Sonada, per inseguire il batterista dei suoi sogni, Ettore. Ha fatto così la conoscenza di Manuel, bassista, e Simona, seconda chitarrista, ma colui che suona in modo tanto sensuale la sua Fender nera ha fatto di tutto per conquistare il cuore di Aurora, riuscendo infine a diventare il suo ragazzo.

Ma Ettore sarà definitivamente uscito dal cuore di Aurora?

La maschera di V

- Ciao a tutti! – salutò Aurora, entrando con Marco nell’appartamento di Ettore.

Manuel alzò lo sguardo e rivolse ai due nuovi arrivati un enorme sorriso, prima di dare una vigorosa pacca sulla schiena del suo chitarrista.

- Marco! Alla fine sei venuto, allora. Aurora aveva detto che stavi male…

- Effettivamente è così – rispose Marco, tirando su con il naso. – Stamattina avevo 38 di febbre, ma ora sembra essere calata un po’.

- Ti farà bene uscire di casa? – gli chiese Ettore, mentre prendeva i cappotti dei suoi ospiti. Sembrava quasi scocciato dalla presenza di Marco.

- Sono un duro io – scherzò il chitarrista. – Mi è bastato un pomeriggio con la mia Fender e…

- Oddio, Aurora, dimmi che non sei stata tutto il giorno con lui! – lo interruppe Simona. – Aspetta, Ettore, ti aiuto a preparare -. Scappò via in direzione della cucina senza attendere risposta, facendo ondeggiare i capelli biondi.

Manuel sospirò. – Simona fa proprio il possibile per riconquistare il cuore di Ettore! Certo che stava proprio uno straccio quando si sono lasciati…

Marco alzò un sopracciglio. – E aiutarlo a preparare la cena è “fare proprio il possibile”?

- Con la scusa di apparecchiare gli mostra come si ricorda bene dove si trovano tovaglia e posate, e immagino che dopo metterà anche in funzione la lavastoviglie: tutto questo contribuirà a ricostruire un clima familiare.

- Simona mangiava spesso da lui? – chiese Aurora, sedendosi sul divano.

- Ma come, Marco non te l’ha mai detto? – esclamò Manuel, sorpreso. – Ettore e Simona vivevano insieme.

Una mano invisibile strinse lo stomaco di Aurora, ma in quel momento Marco si lasciò cadere al suo fianco, passandole un braccio intorno alle spalle.

 

 

- Complimenti per la cena, Ettore!

- Hai cucinato molto bene, in effetti…

- Quell’agnello era strepitoso!

- Veramente – confessò Ettore. – E’ stata Simona a cucinare l’agnello.

- Oh, non era niente di che – rise Simona, cercando di fingersi modesta. – Quando vivevo qui, cucinavo sempre l’agnello: Ettore lo adora!

- Era molto buono – concordò Marco. – Ottima scelta anche quella del vino, chiunque l’abbia portato. Anche se ora mi sarà un po’ difficile tornare a casa…

- Ti terrò sveglio per tutto il tragitto – disse Aurora, prendendogli una mano.

- Ah, Ettore, non avevi detto di volerci parlare di qualcosa? – esclamò Manuel.

Ettore sussultò, come se fino ad un attimo prima fosse stato immerso nei propri pensieri; in realtà, per tutta la cena era sembrato distante ed evitava accuratamente di guardare Aurora.

- Già, me lo stavo dimenticando. Domani sera faccio un concerto a Viterbo con il gruppo di cover dei Nirvana, vi andrebbe di venirci?

- Viterbo è un po’ lontano – rifletté Manuel. – Non è dove abiti tu, Aurora?

- Ma allora potremmo andarci e vedere il posto in cui è cresciuta Aurora! – esclamò Simona.

Aurora le rivolse un’occhiata scettica: dubitava fortemente che il motivo per cui Simona volesse andare al concerto fosse “vedere il posto in cui era cresciuta”.

- Va bene, allora porto anche Heather – acconsentì Manuel. – Torna domani dall’America, ma conoscendola sarà felice di rincontrarvi tutti. Ora che ci penso, potrei dirlo anche a Davide, quel mio amico d’infanzia di cui vi parlavo l’altro giorno, il bassista…

- Allora io inviterò Silvia – disse Aurora.

- Quella tua compagna dell’università? – le chiese Marco. – Benissimo, volevo proprio conoscerla. Chissà se è così carina come dici tu…

- Vieni per provarci con la mia amica?

- Ogni lasciata è persa, amore mio!

Manuel e Simona scoppiarono a ridere, mentre il volto di Ettore, inspiegabilmente, si rabbuiava.

- Sei già passato a chiamarla “amore”? – esclamò Manuel.

- Se dovessi ricordarmi tutti i nomi delle mie amanti, non potrei più fare questa vita!

Mentre Marco si univa alle risate generali, Aurora vide con la coda dell’occhio Ettore che si allontanava verso la cucina senza dire una parola.

 

 

Aurora aprì lentamente gli occhi, cercando di non essere accecata dai prepotenti raggi del sole. Sentì qualcosa di bagnato sotto le mani e si ricordò in quel momento dove si trovasse: era sdraiata sulla schiena in un prato innevato; probabilmente la neve si sarebbe presto sciolta, dato il calore del sole, perciò lei aveva deciso di approfittarne, e in buona compagnia.

Sospirò, al pensiero di Ettore che aveva abbandonato la baita presa in affitto con i loro amici per accompagnarla nella sua folle avventura. Silvia, dal canto suo, aveva sbadigliato ed era tornata a dormire, mentre Davide e il resto del gruppo si erano limitati ad alzare un sopracciglio, indecisi se credere o no alle parole di Aurora. Ma perché aveva preso in affitto una baita se rimanevano chiusi in casa al minimo accenno di neve?

Ettore, però, aveva afferrato il cappotto ed era uscito con lei; Aurora all’inizio si era sentita un po’ in imbarazzo, ma camminando e parlando si era sciolta, ritrovandosi anche a ridere con il ragazzo. Pochi minuti prima lui si era allontanato, lasciandola piacevolmente immersa nella neve, per contemplare la bellezza di quel paesaggio, e lei doveva essersi addormentata.

Si strofinò gli occhi, guardandosi intorno finché non lo vide apparire in lontananza. Sorridendo, si disse che Ettore, pur osservando prati e alberi innevati, si stava perdendo lo spettacolo più bello: se stesso che camminando tra la neve le veniva incontro.

- Valeva la pena di uscire? – gli chiese.

Lui le sorrise in risposta. – Gli altri non sanno cosa si stanno perdendo -. Rimase a guardare il cielo azzurro per qualche momento, poi si voltò verso Aurora. – Posso sdraiarmi accanto a te?

- Certo!

La ragazza si rese subito conto che la sua risposta era stata troppo frettolosa: averlo così vicino l’aveva fatto sprofondare di nuovo nell’imbarazzo.

- Potremmo giocare a palle di neve – propose Ettore.

- Sì, potremmo…

- Ma preferisci rimanere sdraiata qui, non è vero?

- Mi hai letto nel pensiero! – rise Aurora.

Ettore fece una smorfia divertita e le si avvicinò ancora di più, fino a che il suo volto non coprì i raggi del sole. – Allora c’è una cosa che potremmo fare…

Prima che Aurora potesse realizzare cosa stava accadendo, Ettore aveva poggiato le labbra sulle sue, delicatamente, come se stesse baciando la neve e non volesse distruggerla.

Dopo un attimo di sorpresa, la ragazza si disse che sarebbe sembrata una stupida a rimanere immobile, così ricambiò il bacio, aprendo leggermente le labbra.

- Allora sei sveglia.

La voce che sentì non era certo quella che si era immaginata. Spalancò gli occhi, confusa, e si ritrovò davanti il volto sorridente di Marco. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che si trovava a casa sua, nel suo letto, e non in mezzo ad un prato innevato.

Non con Ettore.

Si sentì terribilmente in colpa per averlo sognato proprio durante la notte passata a casa del suo ragazzo: non avrebbe dovuto, lei ora stava con Marco, non c’era nessun Ettore che potesse entrarle nei sogni e devastarle la creduta tranquillità.

- Sì, ero sveglia… - mormorò, abbozzando un sorriso.

 

 

- Un saluto a tutti e grazie per la serata! – gridò Ettore dal palco.

Ci volle qualche minuto perché il ragazzo riuscisse a scendere e raggiungere Manuel, Simona e gli altri nel tavolo che avevano occupato.

- Sei stato grande! – si complimentò Manuel.

- Grazie, Manu -. Ettore sorrise ai presenti: scorse Aurora, Heather e i due che aveva conosciuto quella sera, Davide e Silvia. Si guardò attorno. – Dov’è Marco? Mi aveva detto che sarebbe venuto.

- E’ tornato a casa perché non si sentiva molto bene, ma ha ascoltato gran parte del concerto – rispose Heather. – Non l’avevi visto?

- I riflettori sono troppo alti, non riuscivo a distinguere nessuno tra il pubblico.

- Ah, sì? – esclamò Manuel, portandosi un boccale di birra alla bocca.

Silvia capì quello che voleva dire: il cantante aveva chiaramente sorriso a Aurora dal palco più di una volta e non sembrava averla scambiata per un’altra.

- Cosa facciamo ora? Restiamo qui finché non smontano tutto? – chiese Manuel, indicando i musicisti che mettevano a posto i propri strumenti.

- Non serve, ci pensano loro: ora sono un uomo libero! – scherzò Ettore. – Ma dove potremmo andare? Non sono io quello del posto, piuttosto dovreste dircelo voi, ragazze…

Aurora e Silvia si scambiarono un’occhiata.

- Quartiere di San Pellegrino? – propose Silvia. – Possiamo portarli anche al duomo.

- Sì, sì, il duomo! – esclamò raggiante Manuel. – Magari passiamo anche a chiedere quanto costa per un matrimonio, eh, Heather?

La sua fidanzata sorrise. – Potremmo metterlo tra le scelte, anche se credo dovremmo rinunciare al pranzo e alla casa, visto che hai già detto di volere come viaggio di nozze il giro dell’Asia!

- Vivremo sotto i ponti, ma felici!

Scoppiarono tutti a ridere, contagiati dall’allegria di Manuel, e dopo aver pagato il conto si incamminarono verso il centro storico di Viterbo.

Manuel discuteva con Heather delle decorazioni che avrebbero fatto mettere al duomo per le loro nozze, mentre Silvia chiacchierava, tenendo nervosamente le mani in tasca, di Harry Potter con Davide: i due avevano decisamente trovato un punto di incontro. Aurora camminava dietro di loro, seguendoli a poca distanza, e ben presto fu raggiunta da Ettore, che si era attardato per salutare il suo gruppo.

- Per fortuna non vi siete allontanati tanto – esordì, legandosi i ribelli capelli scuri.

- Ti stavamo aspettando – spiegò Aurora.

- Cos’aveva Marco?

La ragazza alzò le spalle. – Uscire ieri sera non gli ha fatto molto bene, credo, ha detto che non si reggeva in piedi; per fortuna c’erano alcuni suoi amici che si sono offerti di accompagnarlo.

- “Credi”? Strano che tu non ne sia sicura, dovresti interessarti. E se si trattasse di qualche malattia sessualmente trasmettibile?

Aurora avvampò, non credendo alle parole del ragazzo: le aveva veramente fatto una domanda del genere?

Ettore si riprese subito. – Scusa, non volevo dire che… Beh, ho dato per scontato che voi l’aveste fatto, in fondo state insieme da un sacco di tempo.

La mente di Aurora fu attraversata dal ricordo recente di lei che si svegliava tra le braccia di Marco dopo aver sognato Ettore, e il suo viso divenne ancora più rosso.

- Bel panorama – esclamò il ragazzo, tentando di cambiare discorso. – Si vede tutta Viterbo da qui e… Oh -. Tese una mano davanti a sé, alzò gli occhi e si accorse che stava scoppiando a piovere.

I loro amici sembravano spariti, forse troppo presi dai propri discorsi per accorgersi dell’assenza di Aurora ed Ettore. Il ragazzo si guardò intorno, in cerca di un riparo, ma vide solo alcune scale; afferrò il braccio di Aurora e la trascinò con sé.

In quel momento, seduti sotto un piccolo arco di pietra, si ritrovarono a stringersi per approfittare del poco spazio. Aurora tentò di allontanarsi da Ettore, anche rischiando di bagnarsi, ma lui la riprese, passandole un braccio intorno alle spalle.

- Sta’ attenta, ti bagni tutta.

Ritrovandosi faccia a faccia con lui, a pochi centimetri di distanza, Aurora sentì palpitare il proprio cuore: ricordava quel volto, l’aveva visto nel sogno così nitidamente come se Ettore fosse davanti a lei, proprio come in quel preciso istante. La pioggia batteva sopra di loro mentre si guardavano negli occhi; Aurora fissò la goccia d’acqua che dalla fronte di Ettore scese sul suo naso, per raggiungere la sua bocca. Si rese conto che i suoi occhi si stavano socchiudendo e intravide anche quelli di lui fare lo stesso.

- Ehi, eravate qua! – esclamò all’improvviso Silvia, brandendo un ombrello.

I due ragazzi si allontanarono immediatamente, presi alla sprovvista, e Davide scosse la testa rassegnato.

- Era a te che piaceva Colin Canon, non è vero, Silvia? – le chiese.

 

 

- Sei pronta? – chiese Silvia ad Aurora, sistemandosi il vestito da Mangiamorte.

La sua amica le lanciò un’occhiata scettica. – Quasi. Hai scelto proprio il vestito migliore per conquistare il tuo cavaliere, eh?

- Primo, non è il mio cavaliere, ci vediamo lì con tutti gli altri – sbottò Silvia, arrossendo. – Secondo, è l’unico personaggio di Harry Potter che indossi una maschera. Beh, certo, se non si considera la maschera che Piton portava per…

- Come mi sta questo vestito? – la interruppe Aurora. Roteò su se stessa per controllare eventuali strappi o macchie.

- Bene, bene. Ma si può sapere esattamente chi dovresti essere?

- Una dama veneziana! Ho anche la maschera, guarda che bella!

- Banale.

- Beh, almeno non stenderà nessuno per la paura!

- Sono paurosa? Davvero? Wow!

Aurora sospirò, legandosi la maschera dietro la testa.

- Da chi si vestirà Marco? – le chiese Silvia, agitando una bacchetta invisibile.

- Da V, sarà facile riconoscerlo.

- Certo, perché V è un personaggio poco noto, non lo farà nessuno…

- Smetti di lamentarti e prendi la borsa, Manuel ci sta aspettando in macchina!

Arrivarono alla festa in maschera con qualche minuto di ritardo, quando ormai la sala era piena di gente, ma Aurora riuscì ad avvistare presto Marco, che aveva sollevato la maschera sopra la testa per farsi riconoscere.

Mentre gli correva incontro, Silvia si sentì toccare la schiena e sussultò trovandosi di fronte una fedele riproduzione della maschera della Bestia.

- Ah, il mio acerrimo nemico, il Mangiamorte Peter Pan! – tuonò Davide, mostrando le zampe.

- Dì un po’, ti sei divorato Uncino, Bestia? Sei più grasso di quanto ricordassi – lo prese in giro Silvia. Avevano cominciato a chiamarsi in quel modo dalla sera del concerto a Viterbo, quando Davide, dopo aver parlato di Colin Canon, aveva cominciato ad elencare tutti i personaggi che trovava fastidiosi.

Poco più in là, Marco stava porgendo un bicchiere di vino ad Aurora, che lo ringraziò con un sorriso.

- Era acqua, l’ho appena trasformato – la informò il ragazzo. – Ne volevo uno del ’55, ma questa maschera deve limitarmi i poteri, visto che sono riuscito ad ottenere solo un vino del ’56.

- E’ buono lo stesso, sei stato bravo.

- Chi stai cercando?

Aurora sussultò, colta in fragrante mentre ispezionava la sala. – Nessuno, davo solo un’occhiata alle maschere.

- Ce n’è una laggiù davvero bella, il tizio vestito da fantasma dell’opera… oh, è Heather!

Aurora fingeva di ascoltarlo, annuendo ogni tanto, ma nel suo cuore continuava a sperare nell’arrivo di Ettore. Cos’avrebbe indossato?

Marco si allontanò dopo un po’ per salutare alcuni amici, mentre Aurora stringeva una forte amicizia con il tavolo delle bevande, cercando di dimenticare Ettore. Era lì con Marco, stava con Marco, perché continuava a permettere ad un altro ragazzo di occupargli costantemente i pensieri?

Dopo l’ennesimo bicchiere, avvistò V andare verso il balcone; posò il vino sul tavolo e lo inseguì, decisa a togliersi dalla testa Ettore. Uscì sul balcone, raggiungendolo, e lo afferrò per la schiena costringendolo a voltarsi.

- Aurora…? – esclamò il ragazzo, sorpreso dalla sua intraprendenza.

- Lo so, qui potrebbero vederci, e allora rintaniamoci dietro queste tende!

Lo trascinò con sé, baciandogli il collo. Gli sembrava più alto del solito, ma forse era solo un effetto del vino. Il ragazzo affondò le mani nei suoi capelli, stringendola contro il proprio petto, e lasciò che lei infilasse le mani nella sua maglietta, percorrendogli la schiena.

- Devo… Ho bisogno di te… - mormorò.

Il ragazzo non disse niente, ma lasciò che anche le sue mani scivolassero nel vestito di lei.

- Baciami…

V si alzò la maschera per scoprire la bocca e la baciò con passione. In quel momento, Aurora, nonostante l’effetto dell’alcool, si accorse che qualcosa non andava: le labbra erano più grandi, il tocco delle guance più ruvido, dovuto alla presenza di barba…

Si allontanò di colpo, sorpresa e confusa, e corse via mentre la maschera le cadeva dal viso, atterrando ai piedi di Ettore.

 

 

- Ti accompagno?

- No… vado da sola, grazie.

Aurora si avvicinò all’entrata del locale, lasciando dietro di sé Silvia, che la osservava con espressione dispiaciuta. Andò al bagno per lavarsi via il trucco colato; osservandosi allo specchio, si rese conto di non avere una bella cera. Le lacrime continuavano a colare dal suo viso, senza dare segno di smettere, come se tutta l’acqua presente nel suo corpo avesse deciso improvvisamente di uscire.

No, non improvvisamente, si disse. Sapeva a cosa stava andando incontro, lo aveva capito subito, ma aveva voluto comunque tentare a lanciarsi in quell’assurda storia con Marco. Prima Luca, che le sembrava intelligente e con cui condivideva vari interessi, poi Marco, che sapeva farla divertire e ridere con poco. Stando con entrambi aveva continuato a pensare ad Ettore, e allora perché non aveva fatto tesoro dell’esperienza con Luca evitando di far soffrire un’altra persona? Si sentiva una bastarda, un’idiota: avrebbe dovuto prima accertarsi che il ragazzo non provasse niente per lei e solo dopo uscire con Marco, e invece aveva fatto un casino.

Marco se n’era andato via subito dopo il concerto, furioso e deluso: Aurora pensava di avergli perlomeno risparmiato il dolore di sapere che era successo qualcosa tra lei ed Ettore alla festa in maschera, ma il ragazzo non era più riuscito a nascondere l’avvenimento al suo amico. Gliel’aveva spiattellato in faccia così, senza riflettere sul fatto che Marco fosse appena stato lasciato e che forse sarebbe servita un po’ più di delicatezza.

Tirò su con il naso, lasciando scorrere altre lacrime, ed entro in uno dei gabinetti chiudendosi a chiave. Dopo alcuni minuti, sentì qualcuno bussare.

- Occupato.

Al suono della sua voce, i battiti sulla porta divennero più insistenti.

- Vai via, Si, ho bisogno di stare da sola.

- Apri.

Aurora sussultò riconoscendo la voce di Ettore. Rimase in silenzio, con le gambe strette al petto, aspettando solo che il ragazzo se ne andasse.

- Dai, Aurora, esci.

Nessuna risposta.

- Smetti di tenere il broncio ed esci da qui, non sei tu quella che dovrebbe stare male stasera!

A quelle parole Aurora saltò in piedi e spalancò la porta, furiosa, pronta ad aggredire Ettore.

- C’eravamo appena lasciati! – sbottò. – Hai idea di quanto sia stato difficile?

- Sì, dal momento che anche io ho dovuto confessargli cosa…

- Ma potevi non farlo! Potevi aspettare un altro giorno! Cosa ti costava? Hai solo cercato di liberarti la coscienza!

- E se così fosse? – ringhiò Ettore, sbattendo con forza il palmo aperto sul muro, con il braccio teso sopra le spalle di lei. – Mi sentivo un verme, è vero, per non averti allontanata, dovevo fare qualcosa!

- Potevi allontanarmi!

- Credevo che tu stessi cercando proprio me, che sapessi chi avevi di fronte! Non sapevo che Marco stava indossando la stessa maschera, ti ho vista spingermi di corsa dietro le tende ed ho pensato che non riuscissi più a resistere!

- Volevo fare l’amore con Marco per toglierti dalla mia testa! – strillò Aurora tra le lacrime. – Volevo che mi lasciassi in pace, niente di più!

- Ma io sono ancora nella tua testa, altrimenti non avresti lasciato Marco; lo sono come tu sei nella mia, prepotente ed egoista!

- Io… egoista? – esclamò Aurora con tono più calmo, sorpresa dalle sue parole.

- Sì, egoista, perché ti poni perfino davanti ai miei migliori amici, costringendomi a fare scelte drastiche!

- Ma sentilo! -. La ragazza incrociò le braccia, dandogli le spalle. – Tu non hai fatto nessuna scelta, hai solo assecondato la corrente: non saresti qui se io non avessi lasciato Marco…

Ettore la inchiodò al muro, costringendola a voltarsi. – Sarei stato qui, avrei cercato di ottenerti in ogni modo.

La baciò con violenza, stringendole i polsi. Lidia fece scivolare le sue braccia dietro il suo collo, mentre lui la issava sul lavandino, ignorando il fatto che qualcuno potesse entrare da un momento all’altro; le alzò la maglietta, cercando i suoi seni. La ragazza gemette, desiderosa, ma Ettore si avvicinò al suo orecchio.

- Non ora – sussurrò. – Potrai avermi quando ti avrò finalmente convinta che sono capace di ottenerti comunque -.

 

 

- Vado al bagno – annunciò Aurora.

- Di nuovo? – esclamò Silvia. – Ma quanta roba hai là dentro?

- Ho bevuto un sacco stasera, quelle patatine erano salatissime!

Aurora si diresse verso il bagno, ma prima di arrivarci fu afferrata per un braccio e trascinata in quello degli uomini.

- Che…? – cominciò, ma poi si interruppe trovandosi di fronte Marco.

- Ciao – la salutò.

- Bel concerto – disse lei, imbarazzata: lei ed Ettore avevano lasciato il gruppo quando la sua storia con Marco era finita.

- Già, abbiamo suonato bene stasera… e magicamente Manuel non ha sbagliato neanche un accordo! Davide e Silvia devono aver tirato fuori qualche incantesimo.

La ragazza trattenne a stento una risata: si erano lasciati da qualche settimana e sentiva la mancanza delle sue battute.

- Senti – continuò Marco. – Tu mi piaci ancora, non ho intenzione di lasciar perdere.

- Ma…

- Lo so, lo so, hai baciato Ettore. Ma si può sorvolare, no?

Aurora aggrottò le sopracciglia, aspettando di sentire dove Marco volesse arrivare.

- Mi avevi detto che tra noi non riusciva a funzionare, che ti eri accorta di vedermi solo come un amico… e io ti avevo creduto e mi sono rassegnato. Ma in questi giorni ho riflettuto molto alle parole di Ettore ed ho pensato che… beh, forse tu mi avevi lasciata per quello che era successo tra di voi. Ecco, io ti dico che non importa. Non mi importa, già: è stato un errore, uno sbaglio dovuto all’alcool. Sbaglio a credere che tu stessi cercando me?

Aurora abbassò lo sguardo. – Sì, stavo cercando te.

- Ovvio, sono in molti che cercano la fede -. Fu felice di essere riuscito a farla sorridere. – E allora mi sono chiesto: se lei mi avesse lasciato per il senso di colpa?

- Marco, io…

- Ti manco, non è vero?

La ragazza inspirò profondamente e annuì.

- E allora pensaci, ti prego.

La lasciò così, senza aggiungere altro, e tornò dal suo gruppo. Quando uscì dal locale, dopo essere passata nel bagno che le spettava, trovò Silvia abbracciata a Davide; le fece un cenno con la mano, per indicarle che l’avrebbe aspettata in macchina.

Entrò nel garage semideserto, a parte poche auto sparse, ma quando aveva quasi raggiungo la propria si bloccò, notando che qualcuno stava fumando proprio lì vicino.

- Sono io – si fece avanti Ettore, buttando a terra la sigaretta.

Il cuore di Aurora accelerò i suoi battiti. – Che ci fai qui?

- A quanto pare ho ancora un rivale – disse il ragazzo, senza rispondere alla sua domanda. – Ti manca, non è vero?

- E tu come…?

- Ero casualmente in bagno mentre Marco ti faceva la dichiarazione e ho aspettato per uscire in modo da evitare incontri inopportuni. Allora ti manca?

Aurora si avvicinò alla macchina, sognando solo di potersi infilare dentro e mandare un sms a Silvia chiedendole di fare in fretta, ma Ettore le bloccò il braccio prima che potesse infilare la chiave nello sportello.

- Ahi! Mi fai…

- Rispondi alla mia domanda.

- Sì, mi manca! -. Strattonò via il braccio, lanciando al ragazzo uno sguardo ostile. – Mi mancano le sue battute, il modo in cui mi faceva ridere e… e… tante altre cose. Forse avevo sbagliato a concentrarmi su di te, dovevo restare con Marco ed essere felice insieme a lui!

Ettore la spinse addosso alla macchina con violenza. – Quindi ho un rivale.

- S-sì… - balbettò Aurora.

- Bene, e allora faccio questo.

Avvicinò le labbra al suo collo, alternando baci a morsi. La ragazza sentì agitarsi un fuoco nel petto.

- Avevi detto…

- Avevo detto che ti avrei mostrato di essere capace di ottenerti anche in presenza di ostacoli – terminò Ettore. – C’è di nuovo Marco, vuole tornare con te, tu senti la sua mancanza: direi che è il momento ideale per farti capire che non sarai di nessun altro, se non mia.

La mani di Ettore si insinuarono ancora una volta sotto la maglietta di Aurora, ma quando lei chiuse gli occhi non fu il suo volto che vide: il sorriso di Marco si stagliava nella sua mente con chiarezza, oscurando tutto ciò che aveva intorno, come se il ragazzo fosse collocato in una scena vuota. C’era lui, solo lui.

Con una forza che non immaginava di avere, Aurora spinse via Ettore.

- Mi dispiace – mormorò, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle le guance.

- Non ci sono mai stato, non è vero?

Ettore parlò con voce calma, rimanendo a distanza da lei, come se avesse capito che qualsiasi cosa avrebbe fatto sarebbe stata inutile.

Aurora scosse la testa. – C’eri… c’eri davvero, Ettore. Ma ora c’è Marco.

- Questo romanticismo è addirittura patetico – sbuffò Ettore. Le passò accanto, posandole una mano sulla testa per salutarla. – Va’ da lui, allora, prima che cambi idea.

Aurora sorrise e si asciugò in fretta le lacrime. Si sentiva una stupida a volere solo ciò che in quel momento non aveva, ma di Ettore, in fondo, non le era mai mancato nulla.

   
 
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