Nel
caso qualcuno non
avesse letto gli avvertimenti (come fa ad esempio la sottoscritta)
questa cosa contiene spoiler
degli ultimi capitoli usciti del manga! (in
particolare gli ultimi due o tre…) quindi se non avete
ancora letto correte a
rimediare! Così poi potete uccidermi meglio.
Non
è tempo per noi.
Il sole era
tramontato da ormai
diverse ore e, dalla finestra, l’aria della sera entrava
nella stanza, andando
poi a giocare lievemente con suoi
capelli scuri, come una fresca carezza non troppo fastidiosa.
Non che
stesse prestando
particolarmente attenzione alla temperatura, invero.
Il suo
interesse era tutto
falsamente calamitato dal libro che reggeva tra le mani.
Stando
seduto comodamente sul
letto, i suoi occhi seguivano le parole, ma cioè che
leggeva, non era il
continuo di una storia lasciata in sospeso per chissà quanto
tempo, bensì il
ricordo di solo qualche ora prima.
-Tu
sei Hibari Kyouya, giusto?-
Il
ragazzo apre gli occhi e osserva distrattamente la figura che ha
interrotto il
suo riposo.
-E
tu sei?-
Chiede
in risposta, studiando attentamente, ora, il moccioso che, incurante
delle
regole, si trova sul tetto della sua amata scuola.
-Sono
conosciuto come l’arcobaleno Fon.- il bambino vestito di
rosso si presenta,
senza scomporsi, sapendo che non ha bisogno di spiegare altro.
–Combatteresti
per me?-
Hibari
chiuse il libro, ancora
indeciso se essere seccato da quell’incontro o no.
Lui non
sopportava fare gruppo.
Mischiarsi
con i comuni erbivori
che vivevano in quella città, creare un qualsiasi tipo di
legame che non fosse
legato al combattimento con loro, significava diventare deboli.
Eppure, si
ritrovò a pensare
mentre, i suoi
occhi si posavano
sull’orologio nero adagiato sul comodino in attesa di essere
indossato per dare
il via alla nuova battaglia, aveva accettato quella proposta.
Certo,
l’opportunità di potersi
battere contro Sawada e la sua cricca, oltre che con il tizio con le
cicatrici
e quell’insopportabile piaga che portava il nome di Mukuro
Rokudo, erano stati
argomenti più che validi per stringere quella mano
sconosciuta, scendendo così
a compromessi con se stesso.
Inoltre il
marmocchio non
sembrava così petulante come quelli che aveva incontrato
prima –oh, forte si,
ma almeno non fastidioso.
Così
ora si trovava in questa
precaria situazione in cui il desiderio di battersi si fronteggiava con
l’irritazione di non poterlo fare da solo.
Almeno non
aveva altri inutili
alleati, si disse.
Sospirando
infastidito, riaprì il
libro, ma nemmeno questa volta riuscì a concentrarsi sul
racconto.
Un rumore lo
mise sull’attenti.
Era il
classico suono di quando
qualcosa urta qualcuno, seguito dalle imprecazioni di questo qualcuno.
Il ragazzo
si rilassò e il suo
cipiglio mutò da “allarmato” a
“palesemente infastidito”, non che la differenza
si notasse, in realtà.
C’erano
soltanto due persone che
conoscevano l’esatta ubicazione della sua casa e solo una di
loro - la più fastidiosa,
tra le altre cose – si prendeva la libertà di
entrare come e quando voleva
senza chiedere permesso.
Hibari
decise di non chiedersi
perché quel pazzo fosse ancora vivo.
Così,
abbandonando il libro da
qualche parte, si alzò dal letto e si diresse verso il
soggiorno.
Non fu
sorpreso nel trovare un
Dino Cavallone che combatteva una misera battaglia –in cui
stava certamente
avendo la peggio- contro la credenza.
-Che ci fai
qui?-
La domanda
trafisse e gelò
l’atmosfera come una spada di ghiaccio, ma Kyouya sapeva
–per esperienza
personale, con suo sommo dispiacere- che la cosa non avrebbe turbato
minimamente l’idiota biondo dall’altro lato della
sala.
-Yo Kyouya!-
come a voler
dimostrare la sua teoria, Dino gli sorrise, in quel modo particolare
che usava
solo con lui, e lo salutò con un cenno della mano.
Hibari non
si scompone. Restò lì,
appoggiato alla parete con una spalla, mentre, braccia conserte,
studiava con
occhi grigi come una nuvola temporalesca il braccio di Cavallone.
O meglio:
l’orologio bianco che era
apparso sul braccio di Cavallone.
Non aveva
bisogno di domande per
capire che lo stupido erbivoro aveva accettato di entrare a far parte
di quel
gioco per aiutare il bambino incredibilmente forte che viveva a casa di
Sawada
Tsunayoshi.
E in un
attimo, quasi come un
fulmine a ciel sereno, la sua mente e il suo cuore si svegliarono per
gridare
all’unisono la loro felicità.
Quasi non
sentì più la voce di
Dino -che aveva cominciato a parlare di cose senza senso- da quanto
l’urlo di
gioia esploso dentro di lui era forte.
Avrebbe
potuto combattere contro
di lui.
Avrebbe
potuto affrontare
seriamente lo stupido cavallo.
Senza nessun
impedimento.
Senza
nessuna regola restrittiva
non scritta dettata dall’allenamento.
Senza
sentirsi inferiore a lui,
come la prima volta che si erano incontrati –così
poco tempo fa, in verità, ma
a lui sembravano passati decenni.
Ad armi pari
e con tutta la loro
forza in gioco.
Istintivamente
un sorriso apparve
sulle sue labbra: Dino fu fortunato a non vederlo, altrimenti sarebbe
scappato da
quella casa immediatamente.
-Oi Kyouya?
Mi stai ascoltando?-
La parole
del suo ormai ex
maestro lo raggiunsero quasi sorprendendolo.
-Che cosa
vuoi?-
Dino lo
fissò per un istante, poi
sospirò e scosse la testa, come se non ci fosse speranza.
-Ti ho
chiesto se vuoi unirti a
noi per aiutare Reborn-
Hibari lo
osservò per un secondo,
valutando la sua sanità mentale: avevano la
possibilità di affrontarsi
seriamente e lui gli stava chiedendo la sua collaborazione?
-Io non
faccio gruppo con degli
stupidi erbivori…-
La risposta
non sorprese il
giovane boss che si aspettava una reazione del genere, tuttavia, Kyouya
non gli
lasciò nemmeno il tempo di ribattere.
-…inoltre,
perché dovrei aiutare
i miei avversari?-
Gli occhi
del ragazzo trafissero
la figura davanti a se, in un lampo di sfida che voleva sottolineare
tutti i
significati nascosti di quella frase.
Dino
ricambiò lo sguardo per un
attimo, stupito, capendo perfettamente tutto ma senza volerlo davvero
accettare.
-Kyouya?-
Senza
rispondere, il ragazzo si
voltò e si diresse verso la sua stanza, sapendo che
Cavallone lo stava seguendo.
Una volta
raggiunta la camera in
pochi passi raggiunse il comodino e afferrò
l’orologio, mostrandolo poi al suo
ancora confuso interlocutore.
-Può
bastarti?-
Non aggiunse
altro, mentre
aspettava che lo stupido cavallo metabolizzasse e accettasse la
situazione.
Poi Dino
fece uno strano suono, a
metà tra una risata e uno sbuffo, e sorrise.
-Capisco.-
Lentamente
l’uomo accorciò la
distanza tra loro, ma Kyouya non se ne preoccupò.
Dino si
fermò a poco più che un
sospiro da lui e, lentamente, andò a sfiorare quello che
è diventato il simbolo
della loro rivalità.
-Desideri
così tanto combattere
contro di me?-
Hibari
osservò gli occhi caldi di
Dino e, per la prima volta, si stupì di non riuscire a
decifrarli.
Tutto
ciò era strano, ma non gli
dispiaceva.
L’aria
attorno a loro aveva il
sapore acre della tensione che si crea prima di una battaglia, ma gli
occhi di Dino
in qualche modo riuscivano ad addolcirla, facendo crescere dentro a
Kyouya il
desiderio sempre più forte di misurarsi con lui. Di scoprire
quanto fosse forte
veramente.
-Da sempre.-
Infine
rispose, con una sincerità
che in qualche modo spiazzò Dino, nonostante se lo
aspettasse.
Il silenzio
tornò a regnare incontrastato
nella stanza, mentre alunno e maestro si studiavano come a cercare di
capire in
quale strano sogno erano capitati.
Ma a Kyouya
non importava: cioè
che tutto in lui, in quel momento, stava urlando era il suo desiderio
nei
confronti della forza dell’altro.
Misurarsi
con lui, colpire,
difendersi, e in fine batterlo per dimostrare che lui non aveva bisogno
di
nessunissimo maestro.
Per
dimostrare che Hibari Kyouya
non aveva bisogno di Dino Cavallone. In nessun modo.
Poi lo
stupido cavallo decise di
muoversi e di rompere quello strano equilibrio pericoloso creatosi tra
loro.
Senza
smettere di guardarlo, Dino
cominciò a trafficare con l’oggetto che cingeva il
suo polso e, in pochi
istanti, Hibari si ritrovò l’orologio bianco
penzolante di fronte al suo viso.
In risposta
alla domanda che gli
fece con gli occhi Dino sorrise, e prese tra le mani anche
l’altro orologio,
che il ragazzo liberò dalla presa delle sue dita spinto
dalla curiosità per le
intenzioni dell’altro.
Senza
smettere di sorridere,
Cavallone appoggiò
la sua fronte a
quella del ragazzo di fronte a lui, incurante dell’istinto
omicida che stava
nascendo in Kyouya in risposta.
-Sospettavo
che sarebbe finita in
questo modo-.
Il fiato di
Cavallone era caldo e
gli solleticava il volto, tuttavia, non era fastidioso, così
Hibari non fece
nulla per allontanarlo, sorprendendo più se stesso che
l’altro.
Nessuno dei
due disse più nulla.
Non
c’era effettivamente molto da
dire: l’indomani la battaglia sarebbe iniziata e anche chi
prima era un fedele
alleato sarebbe stato considerato un nemico. Che cosa poteva dire?
Non
morire.
Il pensiero
che attraversò la
mente del ragazzo fu incoerente e disperato.
Una
contraddizione al suo
desiderio di mordere a morte proprio l’idiota che si trovava
davanti.
-Non morire
Kyouya.-
Quasi gli
avesse letto nella
mente, Dino espresse il suo pensiero in poco più che un
sospiro.
Hibari
sbuffò stizzito: per chi
lo aveva preso?
-Idiota- nel
parlare interruppe
il contatto con la fronte dell’altro, ma la distanza che
creò tra loro fu
minima. Giusto l’indispensabile per poterlo guardare negli
occhi.
-Non
morirò, non prima di averti
ucciso.-
Non
morire.
Dino lo
osservò di rimando, ma la
sua espressione tradiva irrimediabilmente la sua capacità di
comprendere ciò
che si nascondeva al di là del muro che Hibari,
ostinatamente, continuava ad
erigere verso il mondo.
-Non lo
farò-
Rispose,
incoerentemente con il
loro discorso, e sorrise nuovamente, con quel suo sorriso che tanto
irritava
Hibari prima di chinarsi a baciarlo.
Fu un bacio
strano, diverso dai
quelli che erano soliti scambiarsi, i quali sembravano più
una lotta che un
gesto d’affetto.
Era un bacio
che sapeva di
promessa.
Gli orologi
che Dino stringeva
tra le mani caddero a terra, mentre i due ragazzi si spingevano verso
il letto,
dimenticati per quel lasso di tempo infinitamente breve che era stato
loro
concesso.
Lo zero che
appariva sui display rimase
fermo, in attesa di trasformarsi nel conto alla rovescia che avrebbe
dato
inizio al gioco, che avrebbe stabilito l’inizio della loro
battaglia, e la fine
del loro tempo.
°Note
Spoilerose°
Emh….temo
di aver perso il filo
logico delle cose da qualche parte li in mezzo, ma fate finta di nulla,
si?
Salve! Sono tornata a uccidervi tutti con i miei obbrobri! Che
felicità! (??)
Oibò, capitemi: in ospedale ci si
annoia e quindi si sfornano cose assurde come
questa….inoltre gli ultimi
capitoli usciti sono così hfgjhsgdfjkshdfjk che non mi
lasciavano altra scelta!
Voglio dire….SE LA AMANO NON FA
COMBATTERE DINO E HIBARI L’UNO CONTRO L’ALTRA VADO
IN GIAPPONE A DISINTEGRARLA
Ok l’ho detto….sono una persona
molto più felice…che poi…Hibari ha una
casa? Davvero? Questo fatto mi ha
traumatizzata più di Skull che torna adulto
°A°
Okok la smetto di divagare sul
manga e torno alla storia….che però è
orribile quindi non so cosa dire! \^w^/
Mi eclisso.
Baci, Seki