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Autore: Seki    12/11/2011    1 recensioni
[ATTENZIONE SPOILER!]
-Tu sei Hibari Kyouya, giusto?-
Il ragazzo apre gli occhi e osserva distrattamente la figura che ha interrotto il suo riposo.
-E tu sei?-
Chiede in risposta, studiando attentamente, ora, il moccioso che, incurante delle regole, si trova sul tetto della sua amata scuola.
-Sono conosciuto come l’arcobaleno Fon.- il bambino vestito di rosso si presenta, senza scomporsi, sapendo che non ha bisogno di spiegare altro.
–Combatteresti per me?-
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Nel caso qualcuno non avesse letto gli avvertimenti (come fa ad esempio la sottoscritta) questa cosa contiene spoiler degli ultimi capitoli usciti del manga! (in particolare gli ultimi due o tre…) quindi se non avete ancora letto correte a rimediare! Così poi potete uccidermi meglio.

 

Non è tempo per noi.

Il sole era tramontato da ormai diverse ore e, dalla finestra, l’aria della sera entrava nella stanza, andando poi a giocare lievemente con  suoi capelli scuri, come una fresca carezza non troppo fastidiosa.

Non che stesse prestando particolarmente attenzione alla temperatura, invero.

Il suo interesse era tutto falsamente calamitato dal libro che reggeva tra le mani.

Stando seduto comodamente sul letto, i suoi occhi seguivano le parole, ma cioè che leggeva, non era il continuo di una storia lasciata in sospeso per chissà quanto tempo, bensì il ricordo di solo qualche ora prima.

 

-Tu sei Hibari Kyouya, giusto?-

Il ragazzo apre gli occhi e osserva distrattamente la figura che ha interrotto il suo riposo.

-E tu sei?-

Chiede in risposta, studiando attentamente, ora, il moccioso che, incurante delle regole, si trova sul tetto della sua amata scuola.

-Sono conosciuto come l’arcobaleno Fon.- il bambino vestito di rosso si presenta, senza scomporsi, sapendo che non ha bisogno di spiegare altro.

–Combatteresti per me?-

 

Hibari chiuse il libro, ancora indeciso se essere seccato da quell’incontro o no.

Lui non sopportava fare gruppo.

Mischiarsi con i comuni erbivori che vivevano in quella città, creare un qualsiasi tipo di legame che non fosse legato al combattimento con loro, significava diventare deboli.

Eppure, si ritrovò a pensare mentre,  i suoi occhi si posavano sull’orologio nero adagiato sul comodino in attesa di essere indossato per dare il via alla nuova battaglia, aveva accettato quella proposta.

Certo, l’opportunità di potersi battere contro Sawada e la sua cricca, oltre che con il tizio con le cicatrici e quell’insopportabile piaga che portava il nome di Mukuro Rokudo, erano stati argomenti più che validi per stringere quella mano sconosciuta, scendendo così a compromessi con se stesso.

Inoltre il marmocchio non sembrava così petulante come quelli che aveva incontrato prima –oh, forte si, ma almeno non fastidioso.

Così ora si trovava in questa precaria situazione in cui il desiderio di battersi si fronteggiava con l’irritazione di non poterlo fare da solo.

Almeno non aveva altri inutili alleati, si disse.

Sospirando infastidito, riaprì il libro, ma nemmeno questa volta riuscì a concentrarsi sul racconto.

Un rumore lo mise sull’attenti.

Era il classico suono di quando qualcosa urta qualcuno, seguito dalle imprecazioni di questo qualcuno.

Il ragazzo si rilassò e il suo cipiglio mutò da “allarmato” a “palesemente infastidito”, non che la differenza si notasse, in realtà.

C’erano soltanto due persone che conoscevano l’esatta ubicazione della sua casa e solo una di loro - la più fastidiosa, tra le altre cose – si prendeva la libertà di entrare come e quando voleva senza chiedere permesso.

Hibari decise di non chiedersi perché quel pazzo fosse ancora vivo.

Così, abbandonando il libro da qualche parte, si alzò dal letto e si diresse verso il soggiorno.

Non fu sorpreso nel trovare un Dino Cavallone che combatteva una misera battaglia –in cui stava certamente avendo la peggio- contro la credenza.

-Che ci fai qui?-

La domanda trafisse e gelò l’atmosfera come una spada di ghiaccio, ma Kyouya sapeva –per esperienza personale, con suo sommo dispiacere- che la cosa non avrebbe turbato minimamente l’idiota biondo dall’altro lato della sala.

-Yo Kyouya!- come a voler dimostrare la sua teoria, Dino gli sorrise, in quel modo particolare che usava solo con lui, e lo salutò con un cenno della mano.

Hibari non si scompone. Restò lì, appoggiato alla parete con una spalla, mentre, braccia conserte, studiava con occhi grigi come una nuvola temporalesca il braccio di Cavallone.

O meglio: l’orologio bianco che era apparso sul braccio di Cavallone.

Non aveva bisogno di domande per capire che lo stupido erbivoro aveva accettato di entrare a far parte di quel gioco per aiutare il bambino incredibilmente forte che viveva a casa di Sawada Tsunayoshi.

E in un attimo, quasi come un fulmine a ciel sereno, la sua mente e il suo cuore si svegliarono per gridare all’unisono la loro felicità.

Quasi non sentì più la voce di Dino -che aveva cominciato a parlare di cose senza senso- da quanto l’urlo di gioia esploso dentro di lui era forte.

Avrebbe potuto combattere contro di lui.

Avrebbe potuto affrontare seriamente lo stupido cavallo.

Senza nessun impedimento.

Senza nessuna regola restrittiva non scritta dettata dall’allenamento.

Senza sentirsi inferiore a lui, come la prima volta che si erano incontrati –così poco tempo fa, in verità, ma a lui sembravano passati decenni.

Ad armi pari e con tutta la loro forza in gioco.

Istintivamente un sorriso apparve sulle sue labbra: Dino fu fortunato a non vederlo, altrimenti sarebbe scappato da quella casa immediatamente.

-Oi Kyouya? Mi stai ascoltando?-

La parole del suo ormai ex maestro lo raggiunsero quasi sorprendendolo.

-Che cosa vuoi?-

Dino lo fissò per un istante, poi sospirò e scosse la testa, come se non ci fosse speranza.

-Ti ho chiesto se vuoi unirti a noi per aiutare Reborn-

Hibari lo osservò per un secondo, valutando la sua sanità mentale: avevano la possibilità di affrontarsi seriamente e lui gli stava chiedendo la sua collaborazione?

-Io non faccio gruppo con degli stupidi erbivori…-

La risposta non sorprese il giovane boss che si aspettava una reazione del genere, tuttavia, Kyouya non gli lasciò nemmeno il tempo di ribattere.

-…inoltre, perché dovrei aiutare i miei avversari?-

Gli occhi del ragazzo trafissero la figura davanti a se, in un lampo di sfida che voleva sottolineare tutti i significati nascosti di quella frase.

Dino ricambiò lo sguardo per un attimo, stupito, capendo perfettamente tutto ma senza volerlo davvero accettare.

-Kyouya?-

Senza rispondere, il ragazzo si voltò e si diresse verso la sua stanza, sapendo che Cavallone lo stava seguendo.

Una volta raggiunta la camera in pochi passi raggiunse il comodino e afferrò l’orologio, mostrandolo poi al suo ancora confuso interlocutore.

-Può bastarti?-

Non aggiunse altro, mentre aspettava che lo stupido cavallo metabolizzasse e accettasse la situazione.

Poi Dino fece uno strano suono, a metà tra una risata e uno sbuffo, e sorrise.

-Capisco.-

Lentamente l’uomo accorciò la distanza tra loro, ma Kyouya non se ne preoccupò.

Dino si fermò a poco più che un sospiro da lui e, lentamente, andò a sfiorare quello che è diventato il simbolo della loro rivalità.

-Desideri così tanto combattere contro di me?-

Hibari osservò gli occhi caldi di Dino e, per la prima volta, si stupì di non riuscire a decifrarli.

Tutto ciò era strano, ma non gli dispiaceva.

L’aria attorno a loro aveva il sapore acre della tensione che si crea prima di una battaglia, ma gli occhi di Dino in qualche modo riuscivano ad addolcirla, facendo crescere dentro a Kyouya il desiderio sempre più forte di misurarsi con lui. Di scoprire quanto fosse forte veramente.

-Da sempre.-

Infine rispose, con una sincerità che in qualche modo spiazzò Dino, nonostante se lo aspettasse.

Il silenzio tornò a regnare incontrastato nella stanza, mentre alunno e maestro si studiavano come a cercare di capire in quale strano sogno erano capitati.

Ma a Kyouya non importava: cioè che tutto in lui, in quel momento, stava urlando era il suo desiderio nei confronti della forza dell’altro.

Misurarsi con lui, colpire, difendersi, e in fine batterlo per dimostrare che lui non aveva bisogno di nessunissimo maestro.

Per dimostrare che Hibari Kyouya non aveva bisogno di Dino Cavallone. In nessun modo.

Poi lo stupido cavallo decise di muoversi e di rompere quello strano equilibrio pericoloso creatosi tra loro.

Senza smettere di guardarlo, Dino cominciò a trafficare con l’oggetto che cingeva il suo polso e, in pochi istanti, Hibari si ritrovò l’orologio bianco penzolante di fronte al suo viso.

In risposta alla domanda che gli fece con gli occhi Dino sorrise, e prese tra le mani anche l’altro orologio, che il ragazzo liberò dalla presa delle sue dita spinto dalla curiosità per le intenzioni dell’altro.

Senza smettere di sorridere, Cavallone  appoggiò la sua fronte a quella del ragazzo di fronte a lui, incurante dell’istinto omicida che stava nascendo in Kyouya in risposta.

-Sospettavo che sarebbe finita in questo modo-.

Il fiato di Cavallone era caldo e gli solleticava il volto, tuttavia, non era fastidioso, così Hibari non fece nulla per allontanarlo, sorprendendo più se stesso che l’altro.

Nessuno dei due disse più nulla.

Non c’era effettivamente molto da dire: l’indomani la battaglia sarebbe iniziata e anche chi prima era un fedele alleato sarebbe stato considerato un nemico. Che cosa poteva dire?

Non morire.

Il pensiero che attraversò la mente del ragazzo fu incoerente e disperato.

Una contraddizione al suo desiderio di mordere a morte proprio l’idiota che si trovava davanti.

-Non morire Kyouya.-

Quasi gli avesse letto nella mente, Dino espresse il suo pensiero in poco più che un sospiro.

Hibari sbuffò stizzito: per chi lo aveva preso?

-Idiota- nel parlare interruppe il contatto con la fronte dell’altro, ma la distanza che creò tra loro fu minima. Giusto l’indispensabile per poterlo guardare negli occhi.

-Non morirò, non prima di averti ucciso.-

Non morire.

Dino lo osservò di rimando, ma la sua espressione tradiva irrimediabilmente la sua capacità di comprendere ciò che si nascondeva al di là del muro che Hibari, ostinatamente, continuava ad erigere verso il mondo.

-Non lo farò-

Rispose, incoerentemente con il loro discorso, e sorrise nuovamente, con quel suo sorriso che tanto irritava Hibari prima di chinarsi a baciarlo.

Fu un bacio strano, diverso dai quelli che erano soliti scambiarsi, i quali sembravano più una lotta che un gesto d’affetto.

Era un bacio che sapeva di promessa.

Gli orologi che Dino stringeva tra le mani caddero a terra, mentre i due ragazzi si spingevano verso il letto, dimenticati per quel lasso di tempo infinitamente breve che era stato loro concesso.

Lo zero che appariva sui display rimase fermo, in attesa di trasformarsi nel conto alla rovescia che avrebbe dato inizio al gioco, che avrebbe stabilito l’inizio della loro battaglia, e la fine del loro tempo.

 

 

 

°Note Spoilerose°

Emh….temo di aver perso il filo logico delle cose da qualche parte li in mezzo, ma fate finta di nulla, si?
Salve! Sono tornata a uccidervi tutti con i miei obbrobri! Che felicità! (??)
Oibò, capitemi: in ospedale ci si annoia e quindi si sfornano cose assurde come questa….inoltre gli ultimi capitoli usciti sono così hfgjhsgdfjkshdfjk che non mi lasciavano altra scelta!
Voglio dire….SE LA AMANO NON FA COMBATTERE DINO E HIBARI L’UNO CONTRO L’ALTRA VADO IN GIAPPONE A DISINTEGRARLA
Ok l’ho detto….sono una persona molto più felice…che poi…Hibari ha una casa? Davvero? Questo fatto mi ha traumatizzata più di Skull che torna adulto °A°
Okok la smetto di divagare sul manga e torno alla storia….che però è orribile quindi non so cosa dire! \^w^/
Mi eclisso.
Baci, Seki

   
 
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