Ho avuto tanta pazienza | Da scordare per sempre;
[...]
E la sete malsana | Mi oscura le vene.

Rimbaud

 

Nubi

Le candele continuano a bruciare, disegnando sul muro vortici di ombre scure e flessuose. Merlin se le sente sulla pelle, negli occhi che guardano i polsi legati di Arthur.
Abbassa la testa e posa un bacio sulla sua mascella, sentendolo rabbrividire. Fa strisciare lente le mani sulle cosce muscolose del Re con la testa vuota, sgombra di pensieri fasulli e inetti, calcolando quanto i gemiti di Arthur salgono di tono quando succhia la stessa pelle che ha appena sfiorato con le labbra.


Loro e Gwen, la Regina.  
Poi lei e Arthur, Merlin.


“Merlin” sussurra Arthur con voce rotta, fiumi di correnti di emozioni labili e frenetiche sotto la voce. Gli occhi dello stregone sono quasi duri, freddi d’un amore caldo. Il Re cerca di muovere le braccia, eccitandosi quando riesce a cogliere il dettaglio - prima di ansimare rumorosamente, quando Merlin inizia ad accarezzare con foga la sua erezione - di non riuscirci affatto, poiché legato strettamente e con forza al letto.
Merlin lo bacia rudemente, respirandogli addosso. Nei suoi gesti Arthur scorge la sua pazienza spezzata, la sua smania di toccarlo dopo che Gwen lo bacia o lo tocca, la gelosia logorante e bruciante che lo consuma.
Arthur carezzerà i segni sui suoi polsi, domani.
Si inarca contro di lui, spalancando la bocca. Merlin ride - piccoli brividi corrono sulla sua pelle, facendola increspare, grazie al suono più bello che ci sia al mondo - e tutto scorre nel verso giusto.
“Arthur.” La voce di Merlin rauca, gonfia di aspettative. Arthur si spinge incoerentemente nel suo pugno sudato, caldo, così caldo. “Ditemelo. Ora.”

Il Re si sfracella al suolo, in un cielo terso e pieno di stelle - raccolte negli occhi blu di Merlin.

“Solo tu,” ansima pesantemente, “solo tu... Merlin...”
Merlin sorride soddisfatto ed i suoi occhi si schiariscono, i suoi tocchi veloci e brutali, bollenti.


Si china sul suo viso, portando le labbra schiuse accanto al suo orecchio. “Siete mio,” dice, la voce solenne e ferma.
Arthur si gira di scatto e lo guarda, gli occhi lucidi, le guance in fiamme; mormora il suo nome e si abbandona a lui, venendo, permettendogli di scrutare la sua espressione dispersa nelle ragnatele dell’orgasmo violento.

Merlin sfiora le corde che legano i polsi del Re e bacia la sua tempia imperlata di sudore.  Arthur inghiotte un sospiro tremolante, mentre in lui ogni cosa è ghiaccio e lava.

Tutto e niente.

“Merlin” bisbiglia, e il niente viene avvolto nella nebbia che lenta striscia dal suo cuore.
“Merlin” ripete, vacillando.

Braccia esili lo stringono forte, nel conforto di respiri incollati e sperduti in remoti spazi dove si può far finta che il dovere non sia altro che una nuvola che si possa soffiare via con facilità.


Arthur appoggia la fronte sul suo torace magro. Il cuore di Merlin batte veloce, rapido, vivo. Suo. Mani affusolate gli alzano il volto, spingendolo all’indietro; gli occhi di Merlin lo studiano senza fretta, senza bugie.

Arthur gli fa vedere la verità nei suoi.

“Lei non è me,” dice Merlin piano, saggiando il sapore dolce dell’indispensabile.
“Non lo è” risponde Arthur, la voce roca ma ferma.

Le nubi nella notte si sgretolano piano, tinte di giorno.

Merlin quindi chiude gli occhi, schiude la bocca e bacia il suo Re, lasciando respirare il suo, il loro cuore, nella serenità ritrovata come ogni volta.


fine