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Autore: Sai Sama    13/11/2011    6 recensioni
Ci viene sempre detto che dobbiamo amare noi stessi prima degli altri, ma quand’è che dobbiamo smettere di concentrarci su di noi e iniziare ad amare gli altri? C’è chi lo sa senza bisogno che gli venga detto, ma non tutti. Lui se n’è accorto solo troppo tardi. Un Narciso moderno, un mito portato ai giorni nostri.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Edge og Glory

Nome autore sul Forum: Lindael
Nome autore su EFP:
Sai Sama
Titolo:
The Edge of Glory
Genere:
Introspettivo, Drammatico, Romantico
Raiting:
Giallo
Avvertimenti:
One-Shot, Slash, AU
Introduzione:
Ci viene sempre detto che dobbiamo amare noi stessi prima degli altri, ma quand’è che dobbiamo smettere di concentrarci su di noi e iniziare ad amare gli altri? C’è chi lo sa senza bisogno che gli venga detto, ma non tutti. Lui se n’è accorto solo troppo tardi. Un Narciso moderno, un mito portato ai giorni nostri.
NdA (facoltativo):
Non ci sono grandi note da fare. Ovviamente né Narciso né Aminia mi appartengonoXD Il titolo è quello di una canzone di Lady Gaga, che mi pareva molto adatto, visto il protagonista del mito che avevo scelto. Alla fine non sono molto sicura dell’avvertimento AU, l’ho messo solo perché, pur rispettando il mito, la storia che ho scritto si svolge ai giorni nostri e non nell’antica Grecia. Infine vorrei dire che il modo che ho scelto per far suicidare Narciso è simbolico, il fatto che utilizzi proprio una scheggia di specchio per tagliarsi la gola sta a simboleggiare il fatto che finalmente ha capito il suo sbaglio. Che altro dire? Spero vi piaccia^^
Mito scelto:
Mito di Narciso, versione ellenica.

 

 

The Edge of Glory

 

Click. Click. Click.

Il suono si ripeteva di continuo, veloce, aggressivo, inarrestabile quasi.

Narciso sorrideva languido sul divano di velluto rosso, una pesante coperta di pelliccia a coprire le sue nudità e l’estremità di una delle stanghette degli occhiali che doveva pubblicizzare poggiata sul labbro inferiore.

Aminia, il giovane genio della fotografia newyorkese, non riusciva a staccarsi dalla macchina fotografica, Narciso era così…perfetto!

La risposta a tutti i suoi desideri, a tutte le sue preghiere e a tutti i suoi sogni, ma anche la più grande piaga che gli fosse mai capitata tra le mani.

Non solo era bellissimo e molto consapevole di esserlo, non solo era capriccioso e innamorato di se stesso, non solo si rigirava Aminia, come chiunque altro, intorno ad un dito…ma continuava a rifiutarli tutti!

-Basta Aminia, sono stanco!-

Si lamentò lagnosamente in quel momento il suo adorato modello, tirandosi in piedi, senza nessuna preoccupazione per la sua spettacolare nudità.

-Vado nel mio camerino e non voglio essere disturbato.-

Disse, passando accanto ad Aminia e sfiorandolo, decisamente non casualmente.

L’uomo chiuse gli occhi cominciando a contare da cento ad uno, per resistere alla tentazione di saltare addosso al ragazzo e farselo davanti a tutti.

-Va bene Narciso, io intanto preparo il prossimo set.-

Mormorò sconsolato a bassa voce, quel ragazzo era l’unica persona al mondo a poterlo ridurre in quel mondo, lui, il genio!

A volte non ci credeva neanche lui, ma gli bastava guardarlo perché le mani iniziassero a prudergli per la voglia di prendere in mano la macchina fotografica, perché il cervello partisse per una lunga vacanza e perché si trasformasse in un cucciolotto senza zanne.

Narciso sorrise, contento di averla avuta vinta ancora una volta, civettuosamente gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò a fare Dio solo sa cosa nel suo camerino, lasciando a Aminia un set da preparare e una dannatissima erezione da domare.

Ma quella non era la cosa peggiore, no, perché con della semplice lussuria sarebbe riuscito tranquillamente a farci i conti…

Aveva una paura del diavolo di essere innamorato di quel demonietto dalla faccia d’angelo.

Sospirando pesantemente e scuotendo la testa uscì in terrazza, in bocca l’ennesima sigaretta della giornata, mentre abbaiava ordini ai suoi assistenti per metà lobotomizzati dalla vista di Narciso e per metà terrorizzati da lui.

Ci volle un po’ ma alla fine uno stagno prese vita nello studio fotografico, con tanto di ninfee molto decorative.

Aminia lanciò la sigaretta nel vuoto, guardandola cadere dal trentesimo piano del grattacielo dove si trovava il suo studio, poi si avviò verso il camerino di Narciso.

Stava per bussare quando sentì dei gemiti impossibili da confondere.

Immediatamente la rabbia gli salì dal petto, facendogli digrignare i denti e socchiudere gli occhi in maniera minacciosa.

Non l’avrebbe permesso cazzo! Non avrebbe mai e poi permesso a qualcun altro di toccare Narciso! Solo lui poteva, solo lui ne era degno!

Spalancò la porta con forza, pronto ad ammazzare di botte chiunque stesse causando quei gemiti di piacere quando rimase pietrificato.

Nella stanza c’era solo Narciso, che, davanti allo specchio continuava voluttuosamente a masturbarsi, la testa piena di ricci neri gettata all’indietro, gli occhi cerulei chiusi nell’estasi, il corpo inarcato così elegantemente sulla sedia e la mano…la mano dalle lunghe dita chiusa a pugno su quell’erezione così bella da sembrare preziosa.

Aminia cercò di inghiottire la saliva in eccesso nella sua bocca, ma non riusciva a fare nemmeno quello, era completamente immobilizzato.

Narciso a quel punto aprì di nuovo gli occhi e guardò nello specchio, ma il suo sguardo non passò neanche per un secondo su Aminia, si concentrò soltanto sulla sua stessa immagine riflessa.

-Sii…così, toccami.-

Sospirò rivolto al se stesso dello specchio. leccandosi le labbra sensualmente.

-Ti voglio, voglio…aaah, solo te.-

Gemette, aumentando il ritmo delle carezze, inarcandosi ancora di più, senza distogliere lo sguardo da se stesso, mentre si avvicinava al culmine.

Le ultime parole prima dell’orgasmo furono solo mormorate e Aminia ne afferrò solo due: sei bellissimo.

Anche in questo caso erano evidentemente rivolte al Narciso riflesso nello specchio.

Finalmente Aminia riuscì a riscuotersi da quel torpore e fuggì fuori dal camerino, senza neanche richiudersi la porta alle spalle, troppo turbato da quello che aveva visto e da quello che aveva finalmente capito.

Narciso amava solo se stesso, rifiutava chiunque altro non per crudeltà, o, almeno, non solo per quella, ma anche perché semplicemente non amava altri che la sua immagine riflessa in uno specchio.

-VIA! ANDATE TUTTI VIA! LASCIATEMI SOLO!-

Urlò come un ossesso verso i suoi assistenti e truccatori, agitando le braccia, rosso in volto.

I ragazzi e le ragazze lasciarono le cose dov’erano, senza il tempo di sistemarle e poi si ammucchiarono nel grande ascensore, cercando di portarsi fuori dalla portata della furia del fotografo.

Una volta che tutti furono fuori dal grande studio Aminia si appoggiò ad un muro e si lasciò lentamente scivolare a terra, le mani sugli occhi che gli si erano riempiti di lacrime.

Era così allora, lo amava veramente.

Urlò ancora e ancora, a squarciagola, maledicendo il cielo e gli dei, sempre ammesso che esistessero, per quello scherzo malvagio.

-E così alla fine te ne sei reso conto mio caro, piccolo, Aminia.-

Il tono strascicato e roco di Narciso lo richiamò dal nulla in cui la sua mente si era rintanata.

Non sapeva da quanto tempo il ragazzo si trovasse lì, con tranquillità sedeva sul bordo di finto marmo del laghetto improvvisato, una delle lunghe gambe piegata contro se stesso e l’altra nell’acqua.

Non lo guardava neanche, troppo impegnato ad ammirarsi nel riflesso del liquido.

-Perché?-

La voce era gracchiante, le corde vocali irritate dal troppo urlare.

-Perché mi chiedi? Ma come, non riesci a capirlo da solo?-

Lo prese in giro Narciso, degnandosi di alzare finalmente lo sguardo su di lui, un ghigno sulle labbra piene.

-Perché non c’è nessuno bello quanto me. Nessuno è degno di me. Nemmeno tu Aminia, con il tuo genio e la tua arte. Io posso stare solo con me stesso. Posso amare solo me stesso.-

Lo guardò mentre parlava, prestandogli la sua attenzione per qualche secondo, per poi riportarla sul suo riflesso.

Si sistemò un riccio ribelle sulla fronte, con delicatezza che avrebbe avuto un amante.

-Io ti amo.-

Supplicò Aminia, scuotendo la testa, gli occhi pieni di lacrime.

-Ti amo.-

Ripetè in un sussurro, mettendosi in piedi e barcollando fino a Narciso, allungando una mano verso di lui, in un disperato tentativo di ottenere da lui un tocco, una carezza, un pungo, qualcosa…qualunque cosa.

Ma il ragazzo non gli concesse nemmeno questo, con grazia si scostò dal suo posto e si allontanò da Aminia, osservandolo con occhi freddi, occhi di uno scienziato che sta per iniettare una nuova droga in una cavia.

-Dici di amarmi…-

Iniziò, guardandolo con la testa leggermente piegata da una parte.

Aminia annuì furiosamente, facendo qualche passo verso di lui, ottenendo solo che Narciso si allontanasse ancora di più da lui.

-Quindi faresti tutto per me?-

Domandò con un sorrisetto divertito, adocchiando la terrazza.

Il fotografo annuì ancora, incapace anche di parlare, ridotto dall’amore e dal rifiuto in niente più di un uomo primitivo.

-Allora buttati dalla terrazza.-

Non ci fu esitazione nella voce di Narciso, né tristezza o senso di colpa, semplicemente non ne provava.

Aminia per lui non era che un fastidioso ammiratore, buono solo a fargli da schiavetto e a ritrarlo in fotografie spettacolari, dove risultava ancora più bello di quanto non fosse al naturale.

Ma era sacrificabile.

Tutti erano sacrificabili per Narciso.

L’avrebbero potuto lasciare completamente solo in una stanza piena di specchi e lui sarebbe stato completamente felice, in paradiso.

Il fotografo, ormai oltre la sanità mentale, guardò più volte lui poi la finestra, tentennando.

Narciso pensò in quel momento che non l’avrebbe fatto, che non lo amasse veramente, perché se l’avesse fatto a quest’ora il suo corpo sarebbe già stato spiaccicato sul manto stradale.

-Poi tu mi amerai?-

La domanda sommessa proveniva da quello che fino a poco tempo prima era uno degli artisti più pagati, famosi, talentuosi e intelligenti del mondo, ora ridotto a un’eco di se stesso, un’ombra sbiadita.

Narciso sorrise trionfante, annuendo.

Allora Aminia si mise a correre, raggiungendo dopo poco la balaustra della terrazza, scavalcandola e buttandosi di sotto.

Il ragazzo gli corse dietro, osservando il corpo cadere sempre più veloce, fino a toccare terra.

Era troppo in alto per vedere il sangue, ma poteva sentire le grida delle persone.

Guardando in basso l’assembramento sempre più grande di persone si sentì euforico, il padrone del mondo, un dio!

Era così bello che la gente moriva per lui, letteralmente.

A quel punto, senza un vero motivo, si diresse nello studio privato di Aminia, c’era stato qualche volta prima e sapeva perfettamente che lì c’era un grandissimo specchio, a grandezza naturale, dove si sarebbe potuto congratulare con se stesso.

Entrò nello studio e fu colpito da un fresco profumo che conosceva, si guardò intorno, fino a localizzare un mazzo di incantevoli narcisi, i suoi fiori preferiti, non solo per il loro nome, che gli ricordava il suo, ma anche per il profumo frizzante e leggero.

Si avvicinò alla scrivania, dove il mazzo era poggiato e prese delicatamente in mano il bigliettino che vi era poggiato sopra, lo aprì e dentro, vergate a mano, c’erano delle parole.

A Narciso, l’unica persona al mondo che non vorrei accarezzare solo con la mia macchina fotografica, l’unica persona che compare sul rullino del mio cuore. Con amore immortale Aminia.”

Non erano parole particolarmente poetiche quelle, né particolarmente originali o belle, ma per la prima volta in vita sua Narciso percepì interiormente i sentimenti di un’altra persona, se ne preoccupò.

Alzò lo sguardo al muro, dove il suo gemello riflesso gli rivolse lo stesso sguardo sgranato e, sì, addolorato, perché il suo riflesso non poteva regalargli fiori, il suo riflesso non poteva scrivergli parole d’amore, il suo riflesso non poteva avere pensieri gentili per lui, o abbracciarlo nelle notti fredde.

Tutte quelle cose solo un’altra persona avrebbe potuto farle, solo…Aminia, che lo amava veramente, indipendentemente dalla sua bellezza e nonostante il suo pessimo carattere.

Aminia che per dimostrargli quell’amore si era buttato dal trentesimo piano.

Schiacciato da tutte quelle rivelazione, dal senso di colpa e dalla solitudine che all’improvviso lo avevano colpito con la forza di un ariete Narciso lasciò cadere il bigliettino e si lanciò contro lo specchio, tempestandolo di pugni, fino che non ne rimasero che schegge.

Una volta finito si inginocchiò sul quel mare di riflessi di sé, da una parte un occhio, dall’altra il labbro inferiore, da un’altra ancora una parte dei ricci scuri, li fissò con attenzione e per la prima volta nella sua vita non provò niente.

Scelse con cura una scheggia grande e molto affilata e se la portò alla gola, non poteva, non poteva vivere in un mondo senza amore, in un mondo di sensi di colpa.

Prima di tagliarsi la gola con la scheggia allungò la mano verso i narcisi, che ricaddero come una pioggia sul suo corpo, quando, con sangue che zampillava dalla sua gola tagliata, si lasciò scivolare all’indietro.

I poliziotti lo trovarono così, il cadavere ancora bellissimo sdraiato su un mare di frammenti luminosi, sporchi di sangue e con un sudario di bianchi narcisi freschi.

 

 

   
 
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