Prologo:
Una fredda
giornata d’inverno.
Che novità,
ormai era più di un mese che andava avanti.
Gennaio era
alle porte e tutto il paese era ricoperto di un candido manto bianco, che
soffocava il trambusto della piccola ma caotica cittadina di West Newbury.
Nella
caffetteria della vecchia signora Callaway c’era quel bel tepore e un buon
profumo di caffè tostato che la facevano sentire a casa.
Quel posticino
davvero accogliente la ospitava spesso in queste grigie giornate; una bella tazzona di caffè caldo americano era quello
che serviva a Violet per concentrarsi nella stesura della sua tesina.
La signora Callaway amava ancora servire i clienti, come
se quei 30 anni di lavoro non fossero mai passati. Metteva sempre passione in
quello che faceva e dopo mille sforzi era riuscita ad aprire il suo Café,
sempre affollato di gente silenziosa e pochi giovani.
Violet era un
tipo difficile. Chiusa in se stessa, con una muraglia che la proteggeva dal
mondo esterno, per questo appariva inavvicinabile; e tutti infatti la
lasciavano nel suo brodo, nel quale lei sembrava adorasse sguazzare.
A scuola non
aveva molti amici, passava le giornate tra i libri di testo e i libri che lei
amava leggere nel tempo libero. Era gentile, ma solo con chi voleva lei, e non
erano molti i fortunati che ricevevano questa premura.
Le amiche che
aveva, si potevano contare sulle dita di una mano, e glielo dicevano sempre “Oh
Violet, lo sai che o ti si ama o ti si odia, e spesso le persone decidono di
odiarti perché di comporti da stronza e non permetti loro di conoscerti” la
risposta di Violet era sempre la solita: “Sinceramente? Non me ne può fregare
di meno, che mi odino pure se gli fa comodo, a me di certo non cambia la vita.”
Testarda, di
certo non sarebbe tornata sui suoi passi.
Non praticava
sport di gruppo, adorava andare a cavallo nel parco vicino al paese, ma anche
questo sempre in solitudine.
Violet aveva
una indole pigra, che cercava di combattere costantemente e se aveva la luna
storta era persino scorbutica.
Insomma ce le
aveva tutte questa ragazza!
Erano le sette
di sera passate e Violet era ancora seduta scomposta e con le cuffie nelle
orecchie concentrata sui suoi fogli.
Isolata da
tutto e da tutti non sentì il richiamo del nuovo cameriere. “Stiamo per chiudere, ti conviene iniziare a
raccogliere le tue cose.” Con un sorriso smagliante, il ragazzo sulla ventina,
capelli neri corvini e occhi forse ancora più scuri, aveva cercato con
gentilezza di farsi sentire da lei.
Nessuna
risposta, solo un grande silenzio interrotto dalle note che uscivano dalle
cuffiette dell’iPod.
Non sapendo
come farsi sentire il ragazzo aveva pensato di darle un colpetto sulla spalla,
sempre con gentilezza, e solo a quel punto lei, alquanto scocciata, aveva
deciso di dargli retta.
Senza emettere
fiato aveva appoggiato la penna e si era sfilata una cuffietta per sentire che
cosa aveva da dirle quel ragazzo, che nella sua mente era già stato catalogato
come la scocciatura del giorno.
“Oh finalmente
ti degni di darmi ascolto. ”aveva scherzato il ragazzo.
Non lo avesse
mai fatto.
Violet, già
evidentemente alterata per l’interruzione, lo stava guardando ora con fare
molto scettico. “Senti..Nathan..” Ecco cosa riportava la targhetta sulla divisa
“..Seriamente?? Pensi di essere per caso il centro del mondo e che io non abbia
niente di meglio da fare che dar retta a te?” Sibilò indicando il tavolino
pieno di fogli e libri.
Nathan,
ovviamente si era sorpreso di una reazione del genere considerando che lui
stava scherzando, ma lo scontro verbale non gli faceva per niente paura, anzi.
Se c’era una cosa che aveva imparato facendo il cameriere era come relazionarsi
e, se il caso, tenere testa a i diversi clienti. Così si era schiarito la voce
e “Si direi che in questo momento io debba essere il centro del tuo mondo, e
che tu mi debba dare retta. Ho detto che stiamo per chiudere per cui, se non ti
dispiace, potresti sgomberare le tue cose per poi uscire.” Aveva usato un tono
per niente sardonico, ne tanto meno irriverente.
La presa di
posizione del ragazzo alterò non poco Violet, la quale si era alzata in piedi e
in fretta, senza distogliere lo sguardo da Nathan, raccoglieva i fogli e li
cacciava nella sua cartella. “Contento?”
“Si.” “E ora
sei anche pregata di lasciarmi finire il mio lavoro.” con il braccio le indicò
l’uscita.
Con passo
deciso e pesante (pesante era una parola relativa visto che di pesante Violet
non aveva niente) si era diretta verso la porta e di scatto si era voltata come
per ribattere, ma non le venne in mente niente di abbastanza acido ed
intelligente da dire.
Nathan non si
era fatto sfuggire quella preziosa occasione e l’aveva congedata dicendo
“Grazie per essersi fermata da noi e torni presto.”la solita frase di
circostanza che per lavoro serviva a tutti i clienti che se ne andavano dopo le
loro consumazioni.