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Autore: Dreamer_on_earth    13/11/2011    5 recensioni
In una cittadina piccola ma caotica si svolge la loro storia. Una storia alquanto inaspettata.
Lui è Nathan: la luce.
Lei è Violet: l’ombra.
Così diversi l’uno dall’altra, ma complementari. La loro dipendenza passa inosservata, persino ai loro occhi.
Dalla grande mela a West Newbury per ricominciare, Nathan incappa in Violet. Una ragazza chiusa in se stessa e indifferente verso il mondo esterno. Cosa accadrà tra i due protagonisti portando la luce e l'ombra a scontrarsi e fondersi così perfettamente?
Varrà anche per loro il detto “Gli opposti si attraggono?”
***
Dal capitolo 2:
Sentendosi troppo gli occhi addosso, Violet aveva sbattuto il libro sul tavolo, facendo sobbalzare il cameriere pensieroso.
“Che caratteraccio!”
“Io? Non tu che ti siedi ai tavoli altrui senza nemmeno chiedere il permesso e sempre tu che fissi le persone??”
“Non ti stavo fissando!” Nathan negava l’evidenza, con nonchalance.
“No, hai ragione bello addormentato nel bosco. Stavi guardando intensamente alle mie spalle quella bellissima parete color lavanda.”
“Esattamente!”
“Peccato che la parete sia color albicocca.. e questo mi riporta alla mia tesi: tu-mi-stavi-fissando.”
“Eh va beh, quante storie! Io, se una ragazza mi fissasse, mi sentirei lusingato!”
***
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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As Light and Shadow,

 




Prologo:

 

Una fredda giornata d’inverno.

Che novità, ormai era più di un mese che andava avanti.

Gennaio era alle porte e tutto il paese era ricoperto di un candido manto bianco, che soffocava il trambusto della piccola ma caotica cittadina di West Newbury.

 

Nella caffetteria della vecchia signora Callaway c’era quel bel tepore e un buon profumo di caffè tostato che la facevano sentire a casa.

Quel posticino davvero accogliente la ospitava spesso in queste grigie giornate; una bella tazzona di caffè caldo americano era quello che serviva a Violet per concentrarsi nella stesura della sua tesina.

 

La signora Callaway amava ancora servire i clienti, come se quei 30 anni di lavoro non fossero mai passati. Metteva sempre passione in quello che faceva e dopo mille sforzi era riuscita ad aprire il suo Café, sempre affollato di gente silenziosa e pochi giovani.

 

Violet era un tipo difficile. Chiusa in se stessa, con una muraglia che la proteggeva dal mondo esterno, per questo appariva inavvicinabile; e tutti infatti la lasciavano nel suo brodo, nel quale lei sembrava adorasse sguazzare.

A scuola non aveva molti amici, passava le giornate tra i libri di testo e i libri che lei amava leggere nel tempo libero. Era gentile, ma solo con chi voleva lei, e non erano molti i fortunati che ricevevano questa premura.

Le amiche che aveva, si potevano contare sulle dita di una mano, e glielo dicevano sempre “Oh Violet, lo sai che o ti si ama o ti si odia, e spesso le persone decidono di odiarti perché di comporti da stronza e non permetti loro di conoscerti” la risposta di Violet era sempre la solita: “Sinceramente? Non me ne può fregare di meno, che mi odino pure se gli fa comodo, a me di certo non cambia la vita.”

Testarda, di certo non sarebbe tornata sui suoi passi.

Non praticava sport di gruppo, adorava andare a cavallo nel parco vicino al paese, ma anche questo sempre in solitudine.

Violet aveva una indole pigra, che cercava di combattere costantemente e se aveva la luna storta era persino scorbutica.

Insomma ce le aveva tutte questa ragazza!

 

Erano le sette di sera passate e Violet era ancora seduta scomposta e con le cuffie nelle orecchie concentrata sui suoi fogli.

Isolata da tutto e da tutti non sentì il richiamo del nuovo cameriere. “Stiamo per chiudere, ti conviene iniziare a raccogliere le tue cose.” Con un sorriso smagliante, il ragazzo sulla ventina, capelli neri corvini e occhi forse ancora più scuri, aveva cercato con gentilezza di farsi sentire da lei.

Nessuna risposta, solo un grande silenzio interrotto dalle note che uscivano dalle cuffiette dell’iPod.

Non sapendo come farsi sentire il ragazzo aveva pensato di darle un colpetto sulla spalla, sempre con gentilezza, e solo a quel punto lei, alquanto scocciata, aveva deciso di dargli retta.

Senza emettere fiato aveva appoggiato la penna e si era sfilata una cuffietta per sentire che cosa aveva da dirle quel ragazzo, che nella sua mente era già stato catalogato come la scocciatura del giorno.

 

“Oh finalmente ti degni di darmi ascolto. ”aveva scherzato il ragazzo.

Non lo avesse mai fatto.

Violet, già evidentemente alterata per l’interruzione, lo stava guardando ora con fare molto scettico. “Senti..Nathan..” Ecco cosa riportava la targhetta sulla divisa “..Seriamente?? Pensi di essere per caso il centro del mondo e che io non abbia niente di meglio da fare che dar retta a te?” Sibilò indicando il tavolino pieno di fogli e libri.

Nathan, ovviamente si era sorpreso di una reazione del genere considerando che lui stava scherzando, ma lo scontro verbale non gli faceva per niente paura, anzi. Se c’era una cosa che aveva imparato facendo il cameriere era come relazionarsi e, se il caso, tenere testa a i diversi clienti. Così si era schiarito la voce e “Si direi che in questo momento io debba essere il centro del tuo mondo, e che tu mi debba dare retta. Ho detto che stiamo per chiudere per cui, se non ti dispiace, potresti sgomberare le tue cose per poi uscire.” Aveva usato un tono per niente sardonico, ne tanto meno irriverente.

La presa di posizione del ragazzo alterò non poco Violet, la quale si era alzata in piedi e in fretta, senza distogliere lo sguardo da Nathan, raccoglieva i fogli e li cacciava nella sua cartella. “Contento?”

“Si.” “E ora sei anche pregata di lasciarmi finire il mio lavoro.” con il braccio le indicò l’uscita.

Con passo deciso e pesante (pesante era una parola relativa visto che di pesante Violet non aveva niente) si era diretta verso la porta e di scatto si era voltata come per ribattere, ma non le venne in mente niente di abbastanza acido ed intelligente da dire.

Nathan non si era fatto sfuggire quella preziosa occasione e l’aveva congedata dicendo “Grazie per essersi fermata da noi e torni presto.”la solita frase di circostanza che per lavoro serviva a tutti i clienti che se ne andavano dopo le loro consumazioni.

 

   
 
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