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Autore: AngelSword    15/11/2011    5 recensioni
Un paio d’ore. Ecco tutto quello che gli avevano chiesto. Sì, poteva farcela. Un lavoro facile e molto ben retribuito. E poi, dopotutto... quelli erano pirati.
||Sesta Classificata al Contest "Welcome To The Fandom" di adamantina||
Partecipante alla Challenge "Vitii et Virtutis" di Starhunter
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Il Contest consisteva nel "presentare" il Fandom a qualcuno che non lo conosce)

Prompt Contest:
  • "Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.” [Enzo Biagi]
  • Ubriaco
  • Vendetta
  Grammatica: 13,5/15 punti
Lessico e stile: 12,5/15 punti
Caratterizzazione: 9/10 punti
Uso dei prompt: 15/15punti
Originalità: 15/15 punti
Facilità di comprensione per chi non conosce il fandom: 9/10 punti
Livello delle note dell’autore: 9/9 punti
Gradimento personale: 8,5/10 punti
Fandom speciali: 0/1 punto
____ Per un totale di 91,5/100 punti. 




Titolo: Y'know, Following A Madman Isn't So Bad After All
Autore: AngelSword
Prompt: Ira > Vendetta

 



Y’know, Following A Madman Isn’t So Bad After All

Un paio d’ore. Ecco tutto quello che gli avevano chiesto. Sì, poteva farcela. Un lavoro facile e molto ben retribuito. E poi, dopotutto... quelli erano pirati.

Si fermò sotto l’insegna di una locanda, unica fonte di luce di quel buio viottolo di periferia, e la fissò da sotto la visiera del suo baschetto nero con espressione piatta. Ascoltò gli allegri schiamazzi provenienti dall’interno accompagnati dalle note di un pianoforte. Si strinse nel poncho marrone, prese un lungo respiro ed aprì le due porte saloon con un decisa spinta.

La prima cosa che gli assalì il naso fu l’odore di alcol misto a sudore, pungente a tal punto da fargli venire una lieve vertigine non appena lo percepì. Una calda luce gialla illuminava abbondantemente l’ampia stanza, abitata da festosi gruppi di persone attorno a tavoli circolari. La maggior parte ridevano, le guance e i nasi arrossati per via della birra, gli occhi ridotti a due simpatiche virgole a causa delle sguaiate risate. Altri si erano ammucchiati intorno al pianoforte di legno chiaro per cantare in coro una vecchia canzone popolare, l’uno sottobraccio all’altro. Altri ancora erano accasciati sui tavoli, troppo ubriachi anche solo per stare dritti. Alcune cameriere dal fisico prosperoso si affaccendavano da un tavolo all’altro tenendo in equilibrio su una mano degl’ampi vassoi rotondi colmi di boccali pieni e da riempire, scambiando ogni tanto qualche chiacchiera coi clienti. Lasciò che tutto questo gli scorresse accanto, permettendo solo a suoni ovattati ed immagini caliginose di raggiungerlo, per focalizzare la sua attenzione unicamente sul lungo bancone all’altro capo della sala.

O meglio: sulle due persone davanti ad esso.

Mosse qualche passo, evitando i calici che venivano bruscamente alzati per l’ennesimo brindisi, scivolando agilmente tra le sedie. Notò con la coda dell’occhio alcuni fogli rovinati appesi al muro. Lesse i nomi scritti in grassetto. Krieg,Kuro, Law, Kidd... Avvisi di taglia. Foto di ricercati. Fuorilegge, infime creature. Come le prede che avrebbe cacciato stasera.

“Che cosa??! Tremila Berry per solo due barili di sakè??!” esclamò alquanto spazientito un uomo biondo, vestito con un elegante completo nero, rivolto all’oste. “Ma dico, stiamo scherzando??!”

Il proprietario della locanda si limitò a scrollare le spalle e continuò a pulire l’interno del bicchiere che teneva tra le grasse mani con uno straccio biancastro
.
L’uomo sbuffò irritato, battendo una mano sul bancone, anch’esso in legno come tutto il resto del mobilio nella stanza. “Stupido marimo, questa è tutta colpa tua, dannazione!!” sibilò voltando lievemente la testa verso il compagno accanto a lui.

Quest’ultimo non si degnò di rispondere mentre continuava ad guardarsi intorno sospettoso, una mano poggiata su una delle else delle tre spade che portava legate all’haramaki verde.

Verde come i suoi capelli corti, notò con una piccola risatina.

“Oi, schifoso spadaccino, sto parlando con te,” lo richiamò il biondo.

Corporatura sottile e slanciata, osservò.

A quello, l’altro voltò il capo verso di lui quel che bastava per squadrarlo con sufficienza. “Che vuoi, cuoco da strapazzo?”

Spalle larghe, palestrato, alto e armato, andò avanti con la sua analisi.

Finalmente il biondo si girò completamente con un secondo sbuffo, rivelando una spessa frangia sull’occhio sinistro, un’iride azzurro ghiaccio ed uno strano sopracciglio a ricciolo. Infilò due dita nel taschino della giacca per estrarre un piccolo pacchetto bianco. Lo aprì e strinse tra le labbra il filtro di una sigaretta, accendendola dopo due scatti dell’accendino andati a vuoto. Prese una lunga boccata, attizzando le piccole braci rossicce, ed espirò una grande nuvola di fumo verso il soffitto. “Cosa voglio, eh...” ridacchiò mentre la osservava dissiparsi nell’aria. “Voglio che tu ti metta in ginocchio e chieda perdono, alga marina!!” urlò all’improvviso voltandosi di scatto verso il nakama. “È colpa tua e del tuo schifoso senso dell’orientamento se siamo finiti quaggiù!!” continuò fulminandolo con lo sguardo.

Il verde corrugò la fronte irritato. “Nessuno ti ha chiesto di seguirmi.”

“Non si tratta di chiedere o meno: è un fatto che se non hai qualcuno alle calcagna tu ti perderesti chissà dove!! Così, poi, col quasi che ripartiamo prima che il Log Pose si resetti!”

“Stai forse dicendo che ho bisogno della balia??!” L’uomo si voltò completamente verso di lui con fare minaccioso.

“Sei un buzzurro senza speranza, persino la balia più gentile del mondo ti manderebbe a quel paese dopo dieci minuti,” lo canzonò il cuoco.

“Senti chi parla, il Signor Perversione in persona! Corri tanto dietro alle ragazze ma forse non ti sei accorto che ti evitano tutte per via di quel tuo stupido torciglio!” Ed indicò il sopracciglio dell’altro con fare accusatorio.

“Brutto figlio di--“

“Pago io.” Poggiò i soldi sul bancone, interrompendo con la sua voce laconica la risposta del biondo. I due pirati osservarono sorpresi lo straniero mentre l’oste scrutava con un sopracciglio alzato i tre pezzi di carta stropicciati. Lanciandogli un ultimo sguardo furtivo, prese i soldi, li mise in tasca ed sparì dentro la cantina.

Fortunatamente era riuscito a farli smettere di bisticciare. Stavano cominciando ad attirare troppa attenzione. Sentì alcuni sguardi pungergli la schiena. Accidenti, avrebbero dovuto dirglielo che quei pirati non erano norma--

“Chi sei?”

Si voltò alla sua sinistra, trovandosi faccia a faccia con lo spadaccino dal volto austero. Dopo un’altra veloce occhiata alla sua preda, tese le labbra in un mezzo sorriso mettendo in mostra i suoi canini leggermente più pronunciati del normale. “Un uomo di passaggio che per farvi stare zitti vi ha pagato da bere.” Ricevette in risposa una secca risata, quasi più simile ad un colpo di tosse.

Poi percepì un sottile venticello soffiargli dietro la nuca e l’indistinguibile odore di fumo. Girò la testa verso la direzione opposta e fissò le sue iridi nere in quella blu del cuoco. “Cosa vuoi in cambio?” Lo stava scrutando con l’occhio socchiuso, le labbra pressate in una sottile linea dritta, evidentemente guardingo.

Gli scappò da ridacchiare. Wow, questi pirati sì che sapevano andare al sodo. Decise di assecondare lo scorrere degli eventi. “Solo una bevuta in compagnia,” disse semplicemente scrollando le spalle.

Il biondo spostò per un millisecondo l’occhio da lui, probabilmente per incrociare quello dello spadaccino alla sue spalle. Non sembrava molto convinto.

“Beh, io non voglio rimanere in debito,” sospirò infine il verde proprio prima che il cacciatore di taglie dicesse qualcosa per allentare la tensione.“Ne andrebbe del mio onore,” aggiunse poi, il volto congelato in quell’espressione impassibile leggermente infastidita.

Lo straniero allora si voltò verso il cuoco con quel mezzo sorriso nuovamente stampato sul volto. Quest’ultimo sbuffò e girò i tacchi, dirigendosi verso il tavolo più vicino. “E dillo pure che lo fai per l’alcol gratis, sottospecie di marimo,” mormorò a denti serrati.

Ridacchiò ancora una volta, soddisfatto. Perfetto, tutto stava andando secondo i piani.

 

***


Il biondo proruppe in una fragorosa risata battendo la mano aperta sul tavolo per sfogare l’adrenalina. Lo spadaccino lo seguì poco dopo con una sommessa sghignazzata. Il cacciatore di taglie sorrise e ripetè la battuta che aveva appena pronunciato.

Dio, da quanto tempo era lì? Tre ore? E a che boccale erano arrivati? Trentaduesimo? Cielo, allora era vero quello che dicevano sul fatto che i pirati sono dei gran bei bevitori. “Adesso però...” Poggiò il grande bicchiere in legno sul tavolo attirando l’attenzione dei due. “Mi dovete dire come vi chiamate. È il minimo, non vi pare?”

Il verde lo guardò freddamente in tralice mentre prendeva un lungo sorso e l’altro rimase improvvisamente in silenzio. Il sangue nelle vene dell’uomo cominciò lentamente a gelarsi, temendo di essere stato troppo diretto.

“Sanji,” disse infine il cuoco con un sorrisetto.

Lo spadaccino sbattè rumorosamente il boccale sul tavolo emettendo un verso di piacere. “Roronoa Zoro,” rispose mentre si puliva la bocca col dorso della mano.

Finse un’espressione stupita. “Noooo!” esclamò lo straniero sgranando gli occhi. “I due famosi pirati della ciurma dei Mugiwara?! Quelli che hanno raso al suolo la corte di Giustizia Suprema del Governo Mondiale, Enies Lobby??!!”

I due ridacchiarono imbarazzati, pronunciando qualche cosa a mezza voce.

In realtà già sapeva chi erano, ma era meglio andare sul sicuro. Inoltre era riuscito a determinare una cosa dalle loro reazioni: erano decisamente ubriachi. O perlomeno, Sanji - soprannominato Kuroashi dal Governo Mondiale, con una taglia che ammontava a settantasette milioni - lo era. Non era ancora certo riguardo al compare - stranamente chiamato Cacciatore Di Pirati e con una taglia di ben centoventi milioni - dato che, prima di mandarlo in missione, lo avevano avvertito del suo carattere diffidente e della sua scarsa loquacità. Sarebbe stato più difficile da trattare. Un’ottima sfida.

“Tu invece?” lo interruppe proprio Zoro portando di nuovo il calice alla bocca. “Ti abbiamo detto i nostri nomi, ora tocca a te.”

“Laurent,” rispose con una punta di malinconia. Erano secoli che non usava il suo vero nome. Poi tese le labbra più che poteva per mostrare i suoi canini sovrasviluppati. “Di solito mi chiamano Zanna Di Lupo per via di questi,” precisò indicandoli.

Una bella cameriera bionda e formosa si accostò al loro tavolo portando con sé altri boccali pieni di birra fino all’orlo. “Bei fustacci, ecco a voi,” canticchiò con un sorriso mentre li poggiava sul tavolo, lasciando ben visibile la scollatura sul suo seno prosperoso. Sia lo spadaccino che Laurent non ebbero nessuna reazione mentre il cuoco la fissò incantato prima di cominciare ad urlarle sconnesse parole d’amore. Lei semplicemente si voltò e tornò al suo lavoro, salutandoli con un piccolo inchino, mandando irrimediabilmente in frantumi i sogni del biondo.

“Tch,” sbuffò Zoro vedendo il nakama accasciarsi affranto sul tavolo. “Sei uno stupidissimo latin lover.”

“Come hai detto scusa??!” si riprese immediatamente Sanji avvicinandosi al verde digrignando i denti.

L’altro schiuse di poco l’occhio, chiuso mentre beveva, e lo guardò stizzito. “Ma stammi lontano,” gli disse spingendolo via con una mano. “Non ce la faccio più a sentire tutte quelle lagne. Già mi bastano quelle che riservi a Nami e Robin sulla Sunny.”

Laurent si frappose tra i due prima che si prendessero a botte come poco fa. Incredibile, non potevano stare dieci minuti senza bisticciare! Come accidenti facevano ad essere nakama??! “Allora, ditemi un po della vostra vita,” chiese con un sorriso.

“Mah, niente di particolare,” rispose lo spadaccino scuotendo in moto circolare il suo boccale, agitandone il liquido ambrato al suo interno mentre lo studiava stoico. “Si naviga, si combatte, si scappa dalla Marina...”

Ancora non si fidava abbastanza. Certo, era ovvio. Non poteva ingannare quell’uomo con trucchetti così semplici.

“Bah, come sei acido, palla di muschio,” sbuffò Sanji guardandolo annoiato, il mento poggiato sul palmo della mano ed il gomito puntato sul tavolo. L’altro non rispose alla provocazione. “Comunque, ti devo assolutamente raccontare delle mie due Dee: Nami-swan e Robin-chwan!!” esclamò estasiato il cuoco ignorando il compare. “La prima è La migliore navigatrice esistente, e la seconda l’archeologa più colta del mondo!”

“Una strega aguzzina ed un pezzo di ghiaccio,” commentò a bassa voce Zoro prima di tornare alla sua birra.

“Ed è difficile la vita del pirata?” s’intromise Laurent prima che il cuoco andasse di nuovo in escandescenze. “Insomma, saccheggia lì, ammazza qui, scappa di là....” Lasciò la frase in sospeso, sperando che continuassero loro ad elencare le loro schifose malefatte, ma ricevette in risposta solo uno sguardo costernato ed una fragorosa risata. Fece saettare confuso i suoi occhi scuri da un pirata all’altro. Non aveva mai avuto reazioni del genere a quella domanda.

Cercando di trattenere gli spasmi della risata, lo spadaccino adagiò il boccale sul tavolo. “L’alcol deve averti dato alla testa,” gli disse poggiando i gomiti sul legno.

Continuava a non capire. I pirati.... i pirati ammazzavano, i pirati derubavano la gente dei loro averi e dei loro sogni. “Cos...?”

Sanji poggiò entrambi gli avambracci sul tavolo e vi adagiò sopra la fronte, il volto coperto dalle ciocche bionde e le spalle scosse dalle silenziose risate. “Amico, non siamo pirati di quel genere.” Alzò il capo e lo guardò con occhi liquidi, le guance rosse. “Come puoi compararci a quella feccia senza buone maniere?”

“Forse è per via del nostro capitano,” esordì Zoro dopo un momento di silenzio tra i tre. Lo straniero si voltò verso di lui osservandolo ad occhi spalancati. Lo spadaccino stava fissando l’interno del suo boccale - una mano ne circondava fiaccamente la base - con un piccolo sorriso dipinto sul volto. “È un matto,” ridacchiò poi scuotendo la testa.

Ma era una gara d’indovinelli quella? Volevano spiegargli sì o no la situazione?! Odiava sentire il serpente dello sconforto agitarsi nel suo petto e la foschia della confusione annebbiargli la mente rendendolo cieco.

Qualcosa di caldo gli strinse saldamente il braccio, ma senza fargli male. Voltò nuovamente la testa e guardò Sanji. Gli stava sorridendo. “Ora ti spiego la situazione,” gli disse in tono rassicurante, capendo che il loro nuovo compagno non stava afferrando il senso del discorso. “Ovviamente conosci Monkey D. Rufy, il nostro capitano.” Laurent annuì. Certo che lo conosceva. Se è per questo, conosceva tutti i componenti dei Mugiwara. “E probabilmente già saprai che ha mangiato il Gomu-Gomu no Mi, diventando così un uomo di gomma.”

Sì, gli avevano accennato qualcosa a riguardo nella base della Marina. A quanto pare poteva allungare tutto il suo corpo a piacimento, proprio come la gomma.

“Il suo sogno è diventare il Re dei Pirati,” rivelò Zoro.

Il che?

Lo spadaccino capì dallo sguardo perso dello straniero che doveva specificare quello che aveva appena detto. “Gold D. Roger, il Re dei Pirati della scorsa era. Si dice che avesse nascosto tutta la sua enorme ricchezza su un’isola situata alla fine della Grand Line. Le sue ultime parole prima di essere giustiziato spinsero molti uomini a prendere il mare in cerca di quel tesoro: lo ‘One Piece’.” Fece una pausa in cerca delle parole adatte per continuare ed attese che l’improvvisa vertigine che gli era venuta passasse.

Ora poteva dirlo con certezza: anche lo spadaccino doveva essere almeno un po alticcio per diventare così loquace tutto d’un tratto. Ed il mezzo sorrisetto di Sanji confermò ancora di più la sua teoria.

“Chiunque lo trovi allora verrà ‘incoronato’ Re dei Pirati,” riprese. “Così Rufy ci ha presi uno per uno nella sua ciurma--“

“Di’ pure che ci ha costretti,” lo interruppe il cuoco.

Il verde sghignazzò annuendo. “E ci ha trascinati in questa pazza avventura. Per dirti, nella ciurma abbiamo un cyborg quasi più pervertito di quel ricciolino là - accennò a Sanji con un leggero movimento del capo -, una renna capace di trasformarsi in umano grazie al potere di un Akuma no Mi, ed uno scheletro musicista in grado di muoversi sempre per merito di un Mi.”

Ok, aveva sentito della renna - Tony Tony Chopper, medico di bordo - e del cyborg - Franky, taglia: quarantacinque milioni - ma lo scheletro gli era totalmente nuovo.

“Wow....” fu l’unica cosa che riuscì a dire. L’entusiasmo che aveva cominciato a fargli battere forte il cuore si spense di botto quando le parole ‘tesoro’ e ‘ricchezza’ riecheggiarono sulle pareti della sua mente. In fondo, anche loro erano pirati come gli altri: sempre dietro a qualsiasi cosa di valore. Beh, che si aspettava? Sono rifiuti della società dopotutto.

“Ma non vuole quel titolo per l’oro,” continuò il cuoco quasi leggendogli il pensiero.

Cosa??! La speranza di aver incontrato qualcuno di diverso si riaccese. Alzò gli occhi, involontariamente abbassati sul tavolo, per posare il suo sguardo stupefatto sul biondo.

Sorrise nel vedere l’espressione di Laurent. “È perché... il Re è colui il quale ha più libertà di tutti,” concluse con una lieve scrollata di spalle come a dire “È così, non posso farci niente.” Zoro lasciò che anche le sue labbra s’increspassero in un ampio sorriso mentre ricordava le parole del suo capitano.

“Perché voglio essere il Re dei Pirati? Semplice: per la libertà!!”

“E poi ognuno di noi ha un sogno,” attaccò lo spadaccino poggiando una mano sull’elsa della spada bianca che portava al fianco insieme alle altre due. Improvvisamente il suo sguardo si fece distante, perso in chissà quale ricordo, come quello di Sanji.

Cosa, esattamente cosa, stava provando? Speranza? Comprensione? Per carità! I pirati sono sempre pirati! Sporchi avanzi, ecco cosa sono. Nonostante questi pensieri, Laurent chiese in un soffio, come se non volesse disturbare il loro rimembrare d’immagini e sensazioni, “Che sogni?”

Entrambi si lasciarono scappare una piccola risata. “Diventare il migliore spadaccino del mondo,” disse per primo il verde chiudendo gli occhi. “Non solo per me, ma anche per mantenere una promessa fatta tanto tempo fa ad una persona.” La sua voce sembrava così diversa da prima, più dolce, quasi come se non fosse la stessa persona a parlare. “Ma la cicatrice che mi segna il petto mi ricorda che ho ancora molto da imparare.”

Fissò assorto il suo volto disteso, il rossore dell’alcol sulle sue guance - seminascosto dalla pelle bronzea mangiata dal sole - la sua espressione rilassata. E pensare che lo chiamavano anche Demone.

Poi un paio di mani lo afferrarono per le spalle facendolo voltare verso destra. “Hai mai sentito parlare dell’All Blue?” gli domandò Sanji, il volto acceso della stessa eccitazione di un bambino. Lasciati passare alcuni secondi di silenzio, rispose per lui. “È il paradiso di ogni cuoco, il mare leggendario in cui si radunano tutti i pesci del mondo!!” Il sorriso smagliante sul suo volto finì per contagiare Laurent con una piccola parte di quell’immenso entusiasmo. I suoi occhi avevano al loro interno una scintilla diversa, più viva. Quella di un sognatore. “Le vedi queste?” Parò di fronte agli occhi dello straniero le sue mani aperte a ventaglio. “Sono il mio tesoro più prezioso. Non posso permettermi di rovinarle in alcun modo. Ne andrebbe della mia occupazione di cuoco.” Indicò con un cenno del mento la spada bianca del nakama, ancora dolcemente stretta nel pugno di quest’ultimo. “Quello invece è il tesoro dello spadaccino. Non ne parla mai, ma credo che abbia a che fare con la sua promessa.”

Laurent annuì distrattamente guardando la fodera immacolata. La sua mente era in subbuglio. Mentre il pirata biondo continuava ad elencare i sogni di tutta la ciurma, lui continuava a chiedersi cosa stesse succedendo. In una sola chiacchierata - di quanto? Dieci minuti forse? - le basi su cui era cresciuto si erano capovolte, lasciandolo sospeso nel nero vuoto.

E questi erano pirati? No, non poteva crederci... Eppure avevano dei manifesti da ricercati, delle reputazioni per niente buone. Ma erano i primi che incontrava... I primi che credevano in qualcosa che non fosse oro e potere.

“Tu invece?” La voce profonda del verde lo riportò alla realtà, spezzando il fragile filo dei suoi pensieri contraddittori. Voltò di scatto la testa verso Zoro, il quale lo stava guardando di nuovo con quell’espressione seriosa. “Qual è il tuo sogno?”

Il volto di Laurent si rabbuiò mentre i ricordi si affollavano davanti agli occhi della sua mente. Tese entrambe le mani lungo il tavolo e circondò la base del suo boccale per trascinarlo lentamente verso di sé. Fissò sconsolato la sua immagine distorta sulla superficie del liquido color topazio. Il mio sogno, eh?

“Vendetta.” Una sola, fredda parola. “Io... odio i pirati.” I due non reagirono, anche se percepì la schiena del cuoco tendersi sotto la camicia azzurro cielo. Le immagini della carneficina a cui era miracolosamente sopravvissuto gli si ammucchiarono nel petto, pesanti come macigni. “Loro... Loro hanno ucciso tutta la gente del mio villaggio.” Intricò una mano tra gli scompigliati capelli neri. “Hanno squartato tutti, uomini, donne, bambini, e per cosa? Qualche moneta.” La sua voce tremava, il panico che aveva provato anni ed anni fa lo stava assalendo di nuovo, quasi fosse ancora in quella pozza di sangue rosso, rosso, rosso.... nero. Si lasciò prendere da un attacco di risata nervosa. “Come potrei mai credere a quello che mi dite, alle vostre verità? Come potrei mai credere ai vostri principi di libertà? Magari sarà una libertà ottenuta con un bagno di sangue, che ne so... Da voi pirati posso davvero aspettarmi di tutto. Nakama il giorno prima, e nemici quello seguente...”

Rimasero tutti e tre in silenzio. Un precario silenzio, più pesante di una cappa di piombo.

“Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino,” disse infine Zoro, il suo volto, perennemente compassato, non cambiò minimamente espressione. “Ma non è detto che queste verità siano le stesse per tutti. Non puoi pretendere che tutti assecondino il tuo punto di vista. Per ottenere qualcosa c’è bisogno di sacrificio. Non aspettarti che tutto semplicemente ti venga incontro.” Fece una pausa in attesa di una qualsiasi reazione da parte dello straniero. Questo rimase con lo sguardo perso a navigare nella birra. “Desiderando vendetta ti abbassi allo stesso livello di quegli assassini. Non credo che tua madre ti abbia insegnato ad uccidere la gente solo perché sei arrabbiato. Così abbandoni i tuoi principi, le tue verità.”

“Mia madre è morta prima che potesse insegnarmi qualcosa.” Riusciva a malapena a tenere il tono della voce sotto controllo.

“Stronzate.”

A questo la diga del suo autocontrollo si ruppe, lasciando che la rabbia, la paura e la confusione inondassero la sua mente, aiutate dai fumi dell’alcol. Scattò verso lo spadaccino, afferrandolo per il bavero della maglietta bianca e tirandolo in piedi. “A cosa dovrei credere allora?!!” urlò mentre la sedia da cui si era alzato cadeva a terra con un tonfo. Intorno a loro la gente continuava a schiamazzare allegra, senza alcun pensiero, nessun peso sulle loro chete anime.

“In te stesso, dannazione!!” replicò l’altro spingendolo lontano da sé con violenza.

Laurent, una volta riacquistato l’equilibrio, lo fissò ad occhi sbarrati. Il bollore della collera si calmò poco a poco, fino a lasciargli una sensazione indefinita alla bocca dello stomaco. La sala si fece silenziosa all’improvviso. Un silenzio angosciante come pochi, più forte di qualsiasi rumore. Il battito del suo cuore e la voce dello spadaccino gli unici suoni.

“Se vuoi vendetta allora significa che non hai idea di cosa fare della tua vita.”

Quella sensazione era Indecisione.

“Sei un debole se pensi che andando ad ammazzare gente che solo secondo te è colpevole potrai trarne soddisfazione.”

Quella sensazione era Debolezza.

“Perché non è detto che quella persona sia colpevole, o che tutti siano come pensi. Perché una volta che ne hai ammazzato uno, che cosa hai ottenuto? Un inutile bagno di sangue, lo stesso che tu odi tanto. Perché di quelli ce ne sono a bizzeffe là fuori.” Indicò la porta tendendo l’intero braccio e l’indice della mano. “E dopo il primo, passerai al secondo, e dopo il secondo al terzo, e al quarto e al quinto, finchè non perderai di vista il motivo del tuo uccidere e continuerai ad andare avanti, avanti, e avanti ancora, perché altro non sai fare. Non credo che tua madre ti abbia insegnato ad uccidere la gente!” Stette in silenzio, lasciando che fosse l’uomo a giungere da solo alle sue conclusioni.

Incatenò i suoi occhi sulle tavole di legno scuro sotto i suoi piedi, scioccato. Allora quello in cui aveva sempre creduto era sbagliato. No, lui si ricordava di sua madre. Si ricordava. Quella volta, in cui gli disse che la vita era un tesoro prezioso...

“Cosa devo fare allora?” chiese in un tremante mormorio sull’orlo delle lacrime, attirando nuovamente l’attenzione di Zoro e Sanji, ora con una sigaretta in bocca ancora seduto al tavolo.

Lì per lì il verde non seppe cosa fare. Rufy era quello capace di riaccendere la speranza nei cuori delle persone. Ripensò al suo capitano, a tutte le volte che era riuscito a cambiare un essere umano, quelle macchine così complicate. Ebbe fiducia nelle parole di quel pazzo comandante che aveva deciso di seguire e cominciò a camminare verso Laurent, impassibile.

“Credi in qualcosa. Insegui il tuo sogno,” sussurrò fermandosi per un istante accanto a lui, spalla a spalla, gli sguardi volti verso direzioni opposte, occhi fissi davanti a sé verso il futuro, occhi fissi a terra incatenati al presente e al passato.

Sentì qualcosa scattare all’interno del suo spirito. Lui poteva sognare. Poteva sperare in qualcosa di buono. Poteva anche lui sorridere come quel cuoco e perdersi in lontani, dolci ricordi come quello spadaccino. Era finalmente libero dal quel fardello fatto dello stesso sangue rosso, rosso e nero che lui tanto odiava.

Sanji raggiunse velocemente il nakama, entrambi diretti verso l’uscita.

“Fermi.”

La voce distaccata dello straniero li fece bloccare immediatamente. Si voltarono quel che bastava per poter vedere con la coda dell’occhio la schiena dell’altro. Si stava muovendo, intento a prendere qualcosa da sotto il poncho, accompagnato da un sommesso tintinnare.

“Vi state dimenticando i due barili di sakè,” gli ricordò senza voltarsi.

Il biondo ed il verde si scambiarono un’occhiata piccata a dire “Idiota, stavi per farmene dimenticare.”

Afferrò il cappello lasciato sul tavolo e lo calzò sul capo nascondendo la folta chioma corvina.

“Non usate quella porta per uscire. Passate per la via di servizio.”

Detto questo udirono un sonoro clack e Laurent alzò due pistole nere verso il soffitto, tenendole parallele alle sue orecchie. Nessuno si accorse delle armi, troppo occupati a bere e festeggiare chissà che cosa.

“C’è un’imboscata da quella parte.”

I due pirati, superato un primo istante di sorpresa, sghignazzarono e lo superarono di nuovo per andare a ritirare il loro acquisto al bancone. Caricandosi sulla spalla un barile a testa, si fecero indicare da una cameriera l’uscita d’emergenza. Poco prima di sparire oltre la soglia della cucina, la voce dello straniero li raggiunse ferma e decisa.

“Oi, Roronoa. Kuroashi.”

Si fermarono ancora una volta per ascoltarlo. Lui sorrise, uno di quei suoi sorrisi ‘tutto canini’, i suoi occhi scintillarono di una luce diversa. “Vengo dal West Blue. Diventerò il miglior pistolero del mondo, così veloce e preciso che nemmeno il primo uomo in Marina potrà mai battermi.” Zoro e Sanji annuirono. “E sapete una cosa?”

I pirati si voltarono completamente verso l’uomo, lasciando perdere per un momento la fuga.

Doveva essere ubriaco - o magari aveva effettivamente perso il senno - se stava davvero per dire quelle cose. “Avete detto di avere un pazzo per capitano, giusto? Beh....”

Pronunciate le parole, i due ricercati scoppiarono a ridere di cuore prima di sparire per sempre dietro quella porta.

 

***


Sentirono gli spari in lontananza, le urla spaesate degli ubriachi, gli strilli acuti delle donne. Continuarono a correre, sapevano che Laurent da solo non sarebbe stato in grado di trattenere a lungo tutti quei Marines a cui aveva accennato.

Sanji si concesse un veloce sguardo alle spalle senza smettere di affrettarsi giù per il viottolo buio, rischiarato quel che bastava dalla pallida luce della luna per non inciampare in un san pietrino sconnesso. “Spero per lui che non osi fare del male ad una donna,” mormorò masticando nervosamente il filtro della sigaretta.

A Zoro scappò nuovamente da ridere quando ripensò alle ultime parole che gli aveva rivolto, accompagnate primo sorriso sincero che gli aveva rivolto. “Oi, cuoco buono solo a bruciare i toast?”

L’altro rispose con un verso.

“Se questo è il risultato...” Alzò gli occhi e vide svettare davanti a sé la nera silhouette della loro nave, la Thousand Sunny. “Sai, seguire un pazzo non è così male in fin dei conti.”

  
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