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Autore: secsistyles_    17/11/2011    1 recensioni
Ciao a tutti quelli che seguiranno la mia storia! Probabilmente è una storia vissuta sulla mia pelle, ma dipende, magari anche sulla vostra. Tratta di una ragazza ferita e tradita. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi piacerebbe davvero molto.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1


«Hai deciso di rimanere a letto per l'intera giornata Ali?”» chiese semplicemente Cecilia, appoggiata con i gomiti sul mio letto, mentre io me ne stavo inerme con la faccia affondata nel cuscino.
«No..» Gli occhi della mia amica si riempirono di speranza e il suo sorriso si allargò nel suo viso, prendendomi dalle spalle. 
«Oh, era ora!» Sentenziò, cercando di farmi alzare la faccia dal cuscino, che oramai era bagnato fradicio delle mie lacrime inutili e stupide. 
«Per l'intera vita..» Cecilia sbuffò e rinunciò a farmi alzare dal letto. Ero troppo triste per uscire di casa. Si sedette vicino a me e mi accarezzò i capelli per consolarmi. Alzai di poco la faccia del cuscino, che era macchiato di mascara nero. Non sarebbe più andato via, come il dolore che avevo nel cuore da un bel po'. Non poteva andare via. Non c'era via d'uscita dal cuore. Solo la porta per entrare. Guardai la mia migliore amica e pensai a lei, al suo ragazzo, alla sua storia che durava da una vita, ai suoi tradimenti, alle sue bugie. Mentre io, che per una volta amavo un ragazzo ero stata trattata come una pezza da piedi. L'unica cosa era reagire, lo sapevo, me lo dicevano tutti. Persino mia madre che oramai era al corrente della situazione. Mi ripeta in continuanzione: "Ma Alice, hai solamente 17 anni, ti riprenderai!". Facile a dirsi. Mi si riempì il cuore nuovamente di dolore e gli occhi di lacrime, ma non volevo. Non volevo stare così male per lui. Sicuramente anche nel vostro cuore c'è un lui che amate più della vostra stessa vita. Un lui che non potrete mai avere, o che avete già, che vi tratta male, che si dimentica spesso di voi, che vi ama più della sua stessa vita. Tanti tipi di lui, e ogni ragazza ha il suo. Magari è quello sbagliato, si capirà più avanti, ma è comunque lui. Ti fa battere il cuore, ti fa sudare freddo, ti fa venire le farfalle nello stomaco, ti fa arrossire, ti fa sentire bella, ti fa sentire poco considerata. Insomma, è un uomo. E tu, io, voi, noi non smetteremo mai di pensarlo, qualsiasi cosa capiterà.  A me era proprio capitavo così. Un anno buttato letteralmente nel cesso perchè nno riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo. Mi alzai dal letto e andai verso l'armadio asciugandomi le lacrime con la manica della maglia. Cosa potevo farci? Oramai era finita. 
«Ti sei decisa?» disse con sarcasmo Cecilia, che non si perdeva d'animo, mai. Forse era l'unica persona che riusciva a spronarmi, a reagire, a fare le cose sbagliate. Era tutto il contrario di me. Sempre al centro dell'attenzione, bella da morire, simpatica, divertente. Insomma, avete presente le cheerlader americane. Se Cecilia fosse natà negli Stati Uniti sarebbe stata sicuramente una di loro. Io invece, sarei stata una nerd depressa. A parte il fatto che lo ero già, ma era meglio tralasciare.  
«Se mi dici così ci metto poco a tornare a letto!» sorrisi, più a me stessa che a lui. Sorrisi per farmi forza, perchè in fin dei conti non era la fine del mondo. Era "molto semplicemente" la fine del mio cuore, che si sentiva a pezzi. Come fosse appena toranta da una gara campestre e avesse fatto kilomentri più del dovuto. Sbuffai e cercai dentro l'armadio qualcosa di decente da mettermi, anche se non trovavo mai della roba decente. Presi in mano una mglietta. Socchiusi gli occhi cercando di dimenticarlo. Di dimenticare quando mi faceva quei piccoli regali. Quando me li faceva trovare dentro quel fottutissimo armadio. Tutto in quella stanza mi ricordava lui. Scossi la testa per scacciare via il ricordo e ributtai la maglietta all'interno dell'armadio. Tirai fuori una canotte e dei pantaloncini bianchi. 
«Un giorno, e ne sono sicura a mille per cento, mi presterai quei pantaloncini!» Sicuro! Poteva prendersi anche tutta la stanza! Doveva sbarazzarsene, e l'avrebbe fatto al più presto. Probabilmente cambiare vita le avrebbe fatto bene. Si girò di scatto verso l'amica che era intenta a giocherellare sul suo letto con un pupazzetto, fortunatamente non regalato da Lui. Le sorrise, un sorriso triste, pieno di compassione. Si buttò sul letto con lei, prendendo dal comodino la spazzola. Comiciò a passarsela tra i capelli, ma Cecilia gliela strappò di mano e prese a spazzolarglieli lei. La lasciò fare. 
«Allora, dove si va?» Sapevo già la risposta, ma volevo sentirmela dire da lei, così che un lume di speranza si potesse accendere dentro di me. Un lume che sperava di non dover uscire con loro. Un lume che sperava di non dover uscire con Lui. 
«Ora sì che ti riconosco pupa! Andiamo dagli altri ovviamente.» Infatti. Il lume che si era acceso poco fa si spense in un soffio, come se un bambino ad una festa di compleanno ci avesse soffiato sopra, in fretta. Con la fretta di crescere. Io invece avevo solamente la fretta di ritornare la ragazza che ero prima. Sbuffai e posai la spazzola al suo posto. Sapeva benissimo che non ci tenevo a vederli, soprattutto perchè c'era lui. 
«Stefano non c'è, stai tranquilla Ali» Stefano. Quel nome mi fece rabbrividire. Chiusi gli occhi per un istante ricordando il suo viso sorridente, poi il suo viso che mi diceva "Tra di noi, è finita". E poco dopo il viso di Cecilia che parlava. "Stefano ti ha tradita". Troppo ricordi. Troppo esperienze con una persona che non si meritava nemmeno di toccare il mio corpo. Avevo dato troppo e ora era svuotata, perch non avevo ricevuto niente in cambio. Niente di niente. Ed io che l'amavo. Che stupida ragazzina.
«Dai Ali, è ora di andare» sentenziò Cecilia, che aveva capito a cosa stavo pensando. E a cosa volesse che pensassi se non a lui? E a tutte le volte che mi aveva fatta ridere e sorridere? 
«Si, arrivo» dissi con veramente poca voglia. Mi alzai dal letto e trascinai i miei piedi fino all'appendiabiti, dove stava la mia borsa. La presi di sfuggita e uscii di casa urlando a mia madre che non sarei tornata prima di cena. Ora che avevo la mente svuotata potevo ricordare tutto di quelle vie. Le corse da bambina, le ginocchia sbucciate, il primo bacio dietro quegli alberi, i primi amici. I ricordi riaffioravano come se li stessi chiamando, ma non era così, perchè tra quei ricordi c'era anche “il mostro” Stefano. Ed io non volevo che venisse a galla. A volte, soprattutto, mi chiedo perchè l'amore esiste. E poi mi rispondo che amare era bello, mi riempiva il cuore, mi faceva volare in alto. Era. Questo è il brutto.  Sospirai. Poco dopo arrivammo nel posto di ritrovo dove trovammo tutti gli altri seduti sul muretto. C'erano tutti: Michelle, Roberto, Anna, Marta, Mattia e Andrea. Ci avvicinammo e tutti si alzarono in piedi salutandoci allegramente. Chi con un bacio, chi con un abbraccio, chi semplicemente con un cenno. Insomma, la finzione nel gruppo era di routine perchè tutti sapevano cos'era successo tra me e Stefano, che faceva parte del gruppo. Sospirai, ringraziandogli con gli occhi per le domande che non facevano, che tenevano per loro.
«Che ne dite di andare da Jimmy?» Da Jimmy era il nostro locale preferito. Anche d'estate ci andavamo a prendere da bere lì e poi tutti al mare. Avremmo fatto così anche quel giorno. Sicuro! Quasi in coro, tutti rispondemmo si. La situazione ed il mio umore si stavano allentando. Ero più sollevata, più tranquilla. Stavo persino sorridendo e Cecilia sorrideva con me, sbaciucchiandosi con Roberto, il suo ragazzo. 
«Ohi ragazzi, sono riuscito a liberarmi.» Una voce lontana, ma riconoscibile. Due gambe che tremavano, forse erano le mie. Gente che si salutava allegramente, felice di vedersi. Ma io non potevo muovermi. Ero come paralizzata. Paralizzata dallo strano effetto che mi faceva la sua voce. 
  
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