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Autore: _Syn    17/11/2011    8 recensioni
Harry/Hermione
[...]Ha quel modo di raccontargli le cose che sembra un abbraccio protettivo e, al tempo stesso, un abbraccio a se stessa. Hermione si stringe le braccia intorno alla vita, e poi, con quelle stesse braccia piene del suo calore, lo stringe a sé. E' così quando Hermione gli parla.[...]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La prossima



Hanno preso il treno sbagliato e ora stanno andando nella direzione opposta rispetto a tutti gli altri. Ron ha detto di usare la Metropolvere, come sempre, ma a Hermione mancavano i treni e Harry ha sempre preferito i comuni mezzi di trasporto. Con quelli magici, è sempre finito nei guai.

“Pare che la tua fortuna abbia colpito anche stavolta.” dice Hermione dopo aver chiuso la telefonata con Ron (“Scendete alla prima fermata e cercate un treno per raggiungerci!” “Ti richiamo appena ci rimettiamo in viaggio.” “A dopo.” “Ciao.”) e Harry ha l'espressione di chi non sta passando per niente un cattivo momento, ma è così impenetrabile che sembra volersi tenere tutto per sé, come chi si sente in colpa. Quando Hermione ha alzato lo sguardo, dopo aver rimesso il cellulare in borsa, le è sembrato di rivedere quell'Harry che guardava fuori dal finestrino mentre andavano a Hogwarts. Per un attimo, ha creduto che fossero diretti proprio lì. Sarebbe stato bello.

“Non sarebbe la mia giornata tipo, altrimenti.” sghignazza Harry.

I suoi occhi verdi la cercano e abbandonano il paesaggio là fuori: Hermione non ricorda sguardi del genere durante i viaggi a Hogwarts. Harry prima la cercava con gli occhi, e adesso la trova. Quando sia successo la prima volta, Hermione non lo ricorda: è successo.

Il cuore fa una capriola e, proprio mentre non sa cosa dire, il treno comincia a rallentare.

“E' la prima fermata.” annuncia.

Harry annuisce, ma non dice niente e continua a guardare fuori dal finestrino, mentre i contorni della campagna diventano sempre più definiti.

Il treno è fermo, loro sono fermi, distratti, troppo attenti. E non scendono. Ci sono tante fermate. Scenderanno a quella giusta.

“La prossima.” dice Hermione.

Harry risponde con un “mmh mmh” e poi sembra trattenere il respiro. Hermione lo sta trattenendo da quando sono partiti.


La seconda fermata arriva senza che se ne rendano conto – non davvero – perché Harry sta sonnecchiando con la testa poggiata allo schienale ed Hermione sta leggendo un libro in silenzio, mentre le loro ginocchia, le une di fronte alle altre, si sfiorano.


La terza fermata annuncia l'arrivo della pioggia. Harry apre gli occhi e soffoca uno sbadiglio ed Hermione chiude il libro, una mano a tenere il segno tra le pagine; si guardano e non battono ciglio finché il treno non riparte. Stavolta non trattengono il respiro e, quando Harry torna a volgere lo sguardo al vetro, quello si appanna.

La condensa sparisce e sono di nuovo in viaggio.

La prossima.


Alla quarta fermata il treno è pieno e Harry si ricorda di comprare a bordo i biglietti, perché gli altri non saranno validi.

Loro sono ancora lì, con tutta quella gente diretta verso la meta giusta. Harry ed Hermione vanno dalla parte sbagliata. Ma ogni volta che Harry si volta a guardarla sembra che tutte le direzioni svaniscano e quando lei gli parla il treno è il mezzo che le impedirà di smettere. Harry non vuole che smetta, perché lei ha quella voce che conosce da sempre, ha quella voce alla “Oculus Reparo” che rimbomba nei suoi ricordi insieme a una massa di capelli crespi. Ha quel modo di raccontargli le cose che sembra un abbraccio protettivo e, al tempo stesso, un abbraccio a se stessa. Hermione si stringe le braccia intorno alla vita, e poi, con quelle stesse braccia piene del suo calore, lo stringe a sé. E' così quando Hermione gli parla.

La prossima: l'abbraccio di Hermione è troppo stretto.


Alla quinta fermata Hermione sussulta ed Harry si fa sfuggire un sorriso divertito.

Il bambino seduto dietro di lei le ha appena tirato una ciocca di capelli, che è sfuggita al nastro che li lega in una treccia già di per sé arruffata e terribile. Sua madre si è appena scusata, dicendole che non l'ha fatto a posta, che i bambini sono così: non stanno mai fermi e l'immobilità degli altri gli è d'ostacolo. Hermione ha sollevato un sopracciglio e, solo perché Harry ha strabuzzato gli occhi come per dirle “dai, non è niente, non roviniamoci questo viaggio”, ha sorriso con le labbra strette e due rughe le si sono formate sulle guance rigide. Di solito non si innervosisce per così poco: non decide di stregare bambini troppo movimentati per via di una treccia rovinata. Né ha bisogno che Harry la calmi in quel modo così ragionevole; di solito, appunto, è il contrario. E' sempre stata lei a dover calmare gli spiriti indomiti dei suoi migliori amici, riportare l'ordine. E' un'esplosione di irrequietezza post-adolescenza, quella che ti fa ricordare che magari avresti fatto meglio a concedertela qualche anno prima. Forse finirà come quelle vecchie zitelle inacidite, che perdono il loro tempo a mugugnare nei loro salotti puzzolenti sulla nuova generazione corrotta, malvagia e così trasgressiva. O forse finirà come quella mamma seduta dietro di lei.

Hermione rabbrividisce, perché non ha mai considerato il suo futuro partendo da un modello pre-impostato e di sicuro non vuole cominciare ora: è solo nervosismo. Il suo futuro è a un secondo da lei. E' lì, in quel treno, in Harry che le agita una mano di fronte al viso per riportarla alla realtà, nella ciocca che sfugge al nastro e che finirà intorno al suo dito presto, in un gesto di impazienza. E nel cellulare che probabilmente squilla silenzioso nella borsa e che lei non ha ancora avuto il coraggio di guardare. Il futuro è quello che sarà e di certo non ha bisogno di specchiarsi in qualcun altro per vederlo. O credere di vederlo. Il futuro è alla prossima fermata. Quella a cui scenderanno.

“Non è male, quella ciocca ribelle.” commenta Harry, e i suoi pensieri scivolano via come le gocce di pioggia sul vetro del finestrino.

Ora sono solo una scia che presto verrà riassorbita da una risata. L'irrequietezza diventa un gatto acciambellato su un cuscino e si addormenta per un po'. Forse è lo sguardo di Harry, che le dice che esiste una marea di motivi per scatenare quell'inquietudine, quel senso di irrequietezza, che una volta sveglio somiglia più a una Manticora che a un gatto che soffia arrabbiato. Non è davvero Harry a ricordarglielo, sono solo i suoi occhi e il modo in cui gli occhiali tondi gli scendono dal naso, come tanto tempo prima. Solo che adesso Harry non fingerà di sistemarli solo per toccare una cicatrice che brucia e comunica guai. Ora Harry sistema gli occhiali perché sono davvero scivolati, e questo la riporta su rive tranquille e non ha bisogno di arrabbiarsi per rendersi conto di non essere più nel passato in cui tante volte aveva pensato che fosse tardi.

“Tu dovresti saperlo quanto me.” Hermione accenna a un sorriso e il suo sguardo finisce sui capelli scuri e disordinati del suo migliore amico. Hanno sempre avuto quel tratto in comune, ma lo nota raramente. E' una cosa sciocca, superficiale – sono solo capelli. In quel momento, però, quella similarità la fa sorridere un po', mentre il bambino dietro di lei dondola sul sedile.

Stai calma, è solo un bambino agitato.

“Non per niente, è il segreto del mio successo.” le fa un sorriso da attore consumato ed Hermione esplode in una risata cristallina, di puro divertimento. Se le ricorda quelle risate e ognuna di loro è un tesoro che ricorda e conserva con cura.

La gente ride per dimenticare il dolore, ride per dimostrare gioia, ride per fingere serenità, ride per uno spavento appena passato, ride istericamente, ride quando le lacrime sembrano inutili e il mondo folle. La gente ride, ovunque, ed Hermione sa che quella risata rappresenta un po' la somma di tutti quei motivi. Il gatto si agita appena, il sonno disturbato da quell'interferenza nella risata che riempie il treno. Hermione gli gratta la testa, dietro le orecchie, e mette tutto a tacere.

Il petto di Harry si gonfia, respira per ridere in quel momento. Ridere insieme a lei, dei loro capelli, di loro. Da dietro le ciocche disordinate di capelli che gli ricoprono la fronte, Hermione scorge la cicatrice a forma di saetta. E' sempre lì, meno presente di prima, perché silenziosa e normale, come quelle cicatrici che ti restano dopo qualche stupidaggine con gli amici. E' lì, a ricordare che certe cose non possono passare, mentre altre sono perdute per sempre. Probabilmente non è lei a riportarla continuamente nel passato, a proiettarla in un futuro che teme e attende al tempo stesso. E' qualcosa che si nasconde abilmente nella loro risata, che si armonizza in un intreccio di voci e a cui, per ora, non sfugge nessuna nota. Non è come la sua treccia a cui è sfuggita una ciocca, è perfetta. Vuole godersela così com'è, nonostante nella sua trama intricata si nascondano cose che potrebbero distruggerla da un momento all'altro.

Eppure, il piacere ricerca sempre qualcosa che si avvicini un po' al dolore, per ottenere quel sapore dolceamaro, che ricordiamo con il cuore che batte e le mani che si stringono nelle tasche del cappotto in un istante in cui, spaventati, temiamo che finisca tutto troppo presto.

Nel piacere di quel suono, Hermione affonda lo sguardo in quello di Harry. Gli occhi sono assottigliati dalla risata, non ci sono rughe di espressione che denotino una gioia falsa. Le labbra si schiudono per mostrare un sorriso aperto e naturale, che ha bisogno d'aria per sopravvivere. Le guance si tingono di rosso e il petto fa, piano, su e giù. Le sembra di vedere tutto al rallentatore. Anche il suo sorriso tramonta lentamente e si trasforma in un'eco già lontana, che vibra sulle sue labbra.

Harry la guarda: ora sorride in modo strano, come se la stesse osservando per stamparsi il suo viso nella mente, magari per conservare quel ricordo precisamente, così com'è. Perché passerà, come le macchie di colore che sfrecciano fuori dal treno, risucchiate dalla velocità di un mondo che non aspetta. Non sarà sufficiente far ripartire il treno ancora una volta, alla fine si fermerà davvero e loro dovranno scendere. Non basterà allontanarsi dal mondo in cui quelle risate non possono nascere così. E loro non sanno scappare, non davvero.

Hermione, come il mondo, non ha aspettato, e ora può solo nutrirsi di ricordi e di momenti fortuiti: un treno preso per sbaglio, Harry che bussa alla porta e lei che gli apre mentre Ron è di sopra, sguardi che sono sempre esistiti e che adesso vivono. Sono su due binari diversi, che non si uniranno. Sono una ciocca ribelle che, una volta a casa, tornerà nell'omogeneità dei suoi capelli, uguale a tutte le altre. Torneranno l'ordine e l'ordinarietà.

E poi aspetteranno un bambino dispettoso, a cui l'immobilità degli altri dà fastidio, per strappare la staticità che li avvolge e sfrecciare su quei binari, almeno per un po'.

“Scendiamo?”

Il treno si sta fermando per la sesta volta.

Harry si alza, non aspetta che lei risponda per farlo. La mano di Hermione, rimasta tra le pagine del libro, viene sfilata. La prossima è arrivata.

“Sì.”


Nell'aria fredda che li colpisce, mentre nuovi treni arrivano e partono, mentre la gente corre e trascina bagagli, Harry le stringe la mano per non perderla nella folla. La trova per non perderla, ora che non potrebbe più esserne capace.

Hermione gli stringe la mano lo segue per raggiungere qualcosa di diverso, ora che non può più fare altro.

E si allontanano, anche se quella non è la fermata giusta, con un pensiero comune.

Magari, se avessimo aspettato la prossima...







Note di un'autrice confusa: Yay, sì, è una Harmony/Auror/H-Hr o come si chiama quella che avete finito di leggere. Di quelle fluff, angst, introspettive, tenere, malinconiche, dolci, amare... No, non mi chiederò come mi sia venuta in mente una Harmony (a me, a me!), perché tutto sommato è stato bella scriverla. Partendo dal presupposto che non sono capace di scriverle, poi... Be', le Auror più agguerrite potranno tirarmi i capelli, se vorranno, nel caso in cui non siano soddisfatte, ecco.

Parlando della storia...

In realtà, l'indizio me l'ha dato quel mostro di bambino che in treno, l'altro giorno, non ha fatto che tormentare me e tutto il vagone. Appunto, mi ha tirato i capelli e io a momenti gli tiravo un scappellotto. In un certo senso gli devo l'ispirazione.

Il lieto fine non mi è venuto, devo sempre troncare le speranza dei miei personaggi, io. O al massimo dargliene delle false. L'happy ending è difficile che arrivi. Magari, la prossima. (lol).

Grazie mille ai lettori: spero di avervi fatto cosa gradita postando questa fanfiction.

Baci,

Alexiel.


  
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