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Autore: _Luna_    17/11/2011    15 recensioni
Eccomi con questa prima storia sul ciclo dell'eredità! Vi avverto fin da subito: è ambientato dopo Inheritance, quindi se non l'avete letto o non volete rovinarvi la sorpresa, non leggete questa fanfiction! Non leggete nemmeno quello che scriverò qui sotto!
Sono passati nove mesi dalla partenza di Eragon dalla sua terra natia e lui è ormai rassegnato: non tornerà più, come gli ha predetto Angela e forse ha abbracciato del tutto la sua sorte. Eppure, qualcosa di nuovo, qualcosa di inaspettato e di inquietante porterà di nuovo il futuro di Alagaesia nell'ombra. Il nostro Cavaliere sarà costretto a vedere la sua patria cadere o parteciperà per contrastare queste nuove minacce, nonostante le parole dell'erborista? Non vi resta che scoprirlo
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh, Roran, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Le tende appese alla finestra si muovevano avanti e indietro come se fossero un mare in tempesta ma senz’acqua. Non c’erano nuvole nel cielo blu della valle di Hvitr e il sole sorgente cacciava via ogni dubbio: moltissimo vento che scompigliava tutto ma niente pioggia torrenziale. Era da parecchi giorni che andava avanti e inizialmente sembrò normale, però poi divenne strano l’avanzare e l’aumentare del flusso d’aria.
La pianura, sebbene sempre fertile, assumeva, verso il tramonto, uno strano colore, molto tendente al bianco, sebbene con qualche sfumatura grigia così quand’erano arrivati avevano deciso di chiamarla in tal modo. Eppure quel vento era troppo anormale, troppo forte per essere considerato privo di significato. Lì per lì nessuno c’aveva dato peso ma sentiva dentro la sua pelle una strana sensazione, quasi una premonizione. Era diventato troppo scettico o troppo stupido per ignorare i segni di un evidente richiamo?
Si alzò dal suo letto, sapendo che non sarebbe riuscito più a dormire e si affacciò alla finestra per scrutare il paesaggio circostante, anche se ormai lo conosceva a memoria. I lavori erano quasi ultimati e si poteva ritenere soddisfatto dell’esito: sul lato occidentale della valle sorgeva una montagna dove erano riusciti a creare delle nicchie abbastanza grandi per i draghi, mentre, più a nord, c’era l’arena dove si sarebbero allenati i Cavalieri; infine, una fortezza inespugnabile, se non lo fossero state abbastanza tutte le misure di sicurezza poste attorno all’area.
Si, era stato un buon lavoro, lungo ed estenuante ma infine ce l’avevano fatta. Non avevano neppure dovuto aspettare troppo per il primo Cavaliere libero: un ragazzo di una ventina d’anni, dai capelli rossi e uno sguardo furbo e attento, era arrivato dopo un mese che Eragon si era stabilito lì assieme agli elfi.
Quel umano si chiamava Kateld, veniva da Gil’ead ed erano scaturiti non pochi ricordi dolorosi nel Cavaliere ma non lo diede a vedere.
Portava con sé, un drago di una quindicina di giorni, di un bell’arancione iridescente. Aveva ricevuto precise istruzioni dalla regina degli elfi, Arya, che era subito accorsa per indirizzare il ragazzo verso la strada giusta. Durante i primi giorni si era sentito completamente impotente e fuori luogo, guardando quasi con astio il gedwey ignasia ma infine Rateger, il suo drago, l’aveva aiutato e sostenuto. Data la sua natura umana, aveva iniziato a guardare con diffidenza gli elfi, quegli esseri così diversi da lui ma aveva accettato anche quello, per amore di Rateger, nonostante ci volle una buona settimana per fargli cambiare opinione.
Ad Eragon parve molto strano che fossero passati ben nove mesi dalla morte di Galbatorix e la sua partenza. Non si era mai fermato a pensare a Roran o a Nasuada o ad Arya. Specialmente ad Arya. Gli allenamenti, la costruzione del castello di Oromis ( al Cavaliere era apparso giusto dare alla fortezza il nome del suo maestro, anche se sarebbe stato in ogni caso ricordato ), la ripresa di tutte le sue forze e la conoscenza degli Eldunarì lo avevano completamente preso, contento anche di non dover pensare al resto. Gli provocava ancora troppa nostalgia, troppo dolore per pensarci. Pensava di essersi ormai rassegnato al suo destino, non c’era nulla da fare, Angela l’aveva predetto moltissimi mesi prima e sapeva di potersi fidare dell’erborista: non sarebbe tornato mai più in Alagaesia.
Eppure, quel vento che continuava a spirare non poteva essere completamente ignorato: c’era qualcosa, qualcosa di sottile o di invisibile che continuava a sfuggire ad Eragon. Non aveva mai provato a parlare con il vento, dopotutto era una cosa immateriale, qualcosa di inesistente, un anonimo spostamento d’aria verso zone più calde o più fredde, nulla più. Mormorò qualche parola ma senza intenzione di provare a parlare con il vento proveniente da ovest. Per un momento, sorrise tra sé. Quanto era sciocco, comunicare con il vento, che idea balzana e stupida, sarebbe stato come voler dialogare con il mare o con il fuoco. Perché non accettava l’idea che era un semplice vento?
Improvvisamente, la sua mente venne sfiorata dolcemente da Saphira Qualcosa ti turba, piccolo mio?
Il vento. ammise Eragon, aspettandosi la risata della dragonessa.
Lei in tutta risposta, disse: Cos’ha di inquietante?
Con la testa accennò al cielo.Sta diventando, giorno dopo giorno, più forte, più veloce, senza andarsene.
Cosa credi che voglia dire?
Scrollò le spalle, anche se sapeva che Saphira non poteva vederlo. Non lo so. Forse ho solo voglia di mettermi nei guai.
Si, bhe, in questi mesi hai un po’ trascurato la tua attività preferita. Lo prese in giro lei.
Già.Sentì i pensieri della sua compagna ritirarsi, poiché  aveva capito che voleva stare un po’ da solo. In realtà Eragon non sapeva bene davvero cosa voleva. Avventura? Rivedere i suoi cari? Andarsene? Tutte cose impossibili e inattuabili. Avrebbe dovuto abbandonare Kateld e il drago, abbandonare il suo compito e coloro che gliel’avevano assegnato, anche se indirettamente. I suoi pensieri arrivarono anche a Murtagh, ma preferì fermarsi al solo ricordo del fratellastro. Aveva promesso di tornare, di farsi vivo ma non aveva mai avuto sue notizie. Forse avrebbero dovuto fare come loro, abbandonare tutto e tutti, vivere da soli e stare con se stessi. Ma sarebbe stato un atto egoista: Murtagh doveva liberarsi, purificarsi dalla presenza di Galbatorix, aveva bisogno di allontanarsi. Lui, Eragon, aveva degli obblighi a cui attenersi e, sebbene gli gravassero tanto, non si sarebbe tirato indietro. Diede un ultimo sguardo trasognante verso ovest e chiuse meglio che poté la finestra.
Qualsiasi messaggio portasse il vento dell’ovest, non era affar suo.



N.d.A. Massssalve, anima pia che ha voluto leggere questa storia! Ti ringrazio se recensirai e mi lascerai consigli o critiche preziose! Ammetto di non aver mai pensato ad una  fanfiction su Eragon, ma dopo aver letto Inheritance, ho pensato che fosse inevitabile, quindi eccomi qua :D Ti ringrazio se vorrai lasciare una recensione :D Oooooora, passando ad altre cose... il nome Hvitr esiste davvero, l'ho trovato nel dizionario della lingua elfica... Poooi, Kateld è un nuovo personaggio e non so quanto spazio occuperà... forse minimo forse no, non so ancora dirvelo! Mi è sembrato inoltre doveroso dare al castello il nome di Oromis, visto che mi è dispiaciuto tantissimo per la sua morte, anche se non tanto quanto per quella di Brom! Comunque, spero che vogliate lasciare una recensione! Ciaaao ciaaao e al prossimo capitolo!

   
 
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