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Autore: lar185    18/11/2011    2 recensioni
Ricapitoliamo: lui si chiama Manuel Green, é al quarto anno, é così bravo a scuola che lo chiamano genio, solitario e introverso, con un sorriso enigmatico...intelligente, anche, le aveva dato quest’impressione. Ma c’era qualcosa, qualcosa che sembrava mancare, era come se tutte quelle informazioni potessero essere assimilate solo grazie ad una colla...qual’era il collante tra quelle informazioni? Perché diavolo non riusciva a togliersi dalla testa la convinzione che Manuel Green fosse qualcosa che non riusciva a capire?
**
- Tocca a te- disse, con tutta l’aria di una provocazione.
Viola esitò un attimo, mille domande le affollarono la testa.
- Quando sei nato?- chiese infine.
- Non puoi farmi la stessa domanda-
- Joel non l’ha mica detto-
Manuel si oscurò per un attimo.
- Ventinove febbraio-
Viola lo squadrò curiosa.
- Mi prendi in giro?-
- Perché?-
- Non esiste il ventinove febbraio-
- Certo. Ogni quattro anni-
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dell'inverno'
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fioriprologo

 

 

 

- Viola, querida, buona giornata!-

Viola alzò lo sguardo e un altro sorriso le apparve sul volto quando incontrò gli occhi di zia Janine, in vestaglia, un pelo fuori dalla porta di casa.

Janine aveva circa trentacinque anni ma sembrava molto più giovane: era alta, snella, grandi occhi scuri e lunghi capelli ricci e castani. La sua carnagione era abbronzata, cosa assai strana per chi ha sempre vissuto a Clapham, e pure per chi vive a Brighton, doveva vivevano adesso. Ma Janine, difatti, non aveva vissuto sempre lì con loro.

-         Buona giornata anche a te, Janine - biascicò aprendo appena le labbra.

Janine sorrise accingendosi a rientrare, poi si arrestò sentendo un rumore di tacchi provenire dall’interno della casa.

La mamma corse fuori.

-         Viola, tesoro, ciao! Non tornare tardi, d’accordo? Hai preso le chiavi di casa? Brava... e, Janine, non dimenticarti del pranzo, okay? Diamine, ho fatto di nuovo tardi...un bacio, amore, vieni qui tesoro! Ecco, brava...ehi, come sei carina! Salutami i tuoi amici, okay? Ciao Viola!-

 

 

 

Viola avanzava il passo, come spesso faceva quando camminava da sola, verso la scuola. Alzò la testa all’incrocio, dove di fronte a se campeggiava il cartello indicante il nome della strada, e sotto di esso “City of Brighton”.

Brighton, già. Viola Lens si era trasferita a Brighton quando la zia Janine, misteriosa sorella di sua madre, era ricomparsa nelle loro vite, dopo aver chiuso il matrimonio con uno studente spagnolo, di cui tempi immemori si era innamorata. Viola non aveva mai conosciuto nessuno con tanto spirito persuasivo quanto ne avesse la zia Janine: in quattro e quattr’otto aveva convinto la mamma a mollare Clapham e a trasferirsi a Brighton, lontano da papà.

Viola aveva vissuto bene la separazione dei suoi genitori, specialmente perché nessuno dei due viveva nella sofferenza e l’atmosfera che regnava tra loro non era pesante.

Brighton era più soleggiata rispetto a Clapham e l’ambiente appariva quasi del tutto nuovo per Viola e mamma Marianne; ma nonostante questo Viola imparò sin da subito ad amare il quartiere e i nuovi punti di riferimento. Uno di questi era la Casa sulla Settima Strada: era la casa più grande del quartiere; con un cortile ben curato, dipinta di un rosa antico tendente all’arancione e la porta verde. Nel quartiere tutti conoscevano quella casa come la Casa sulla Settima Strada, ma nessuno sapeva chi ci abitasse. Era un pò una leggenda, tanto era bella e grande: Janine sosteneva che soltanto un ricco uomo politico poteva permettersi una casa del genere, la mamma credeva si trattasse di un imprenditore. Ad ogni modo, Viola non era mai riuscita a capire chi effettivamente ci abitasse, lì.

A Viola piaceva Brighton, le piaceva davvero, anche se di tanto in tanto si lasciava prendere dalla nostalgia pensando a Clapham, a suo padre e a tutto quello che aveva lasciato in quella città.

Ma il tempo dei pensieri era finito, era arrivata a scuola; due mani calde si poggiarono sulle sue spalle, cogliendola di sorpresa e facendola sobbalzare.

-         Ho vinto!- gridò Luce, mentre i capelli biondi, corti e scompigliati le coloravano il viso.

-         Ma sei impazzita?- esclamò Viola voltandosi verso l’amica mentre riprendeva fiato.

Luce scoppiò a ridere osservando l’espressione spaesata della ragazza.

Viola spostò lo sguardo su Daniel, che, a pochi centimetri da loro, teneva lo sguardo semi divertito su entrambe.

-         Che le prende?- chiese poi Viola rivolta verso l’amico, - cosa ha vinto?-

-         Una scommessa- rispose Daniel, sfoderando uno dei suoi sorrisi simpatici, - una scommessa contro di me! Abbiamo scommesso sul fatto che, anche oggi come gli altri giorni, saresti arrivata a scuola esattamente alle otto e sei minuti ...e ha vinto lei!-

Viola si fece scappare un sorrisetto, diede una pacca sulla spalla a Luce.

-         Complimenti, conosci ogni mia mossa! E sentiamo, cos’ hai vinto?-

Daniel sbuffò, i capelli scuri ondeggiarono sul viso e sugli occhi neri, poi tirò fuori dalla tasca cinque sterline e li posò tra le mani bianche di Luce.

-         Ecco cosa ho vinto! Cinque sterline!-

Stavolta fu Viola a ridere, osservando l’espressione contrariata di Daniel.

-         Beh, cos’é quella faccia? Accetta le sconfitte!- lo prese in giro Viola, sorvolando sul fatto che avevano giocato su di lei.

-         Già, Daniel, e la prossima volta impara a scommettere su cose meno ovvie!- lo canzonò Luce mentre riponeva le cinque sterline nel borsellino con assoluta tranquillità.

-         Sto già pensando alla prossima scommessa...- sentenziò Daniel con una punta di divertimento nella voce.

-         E sarebbe?-

-         La Casa sulla Settima Strada! Sarai capace di scavalcare il muro ed entrare nel cortile?-

-         Altroché!-

-         Non ci credo!-

-         Solo perché tu sei troppo fifone per farlo tu non vuol dire che non possa farlo io...-

La discussione aveva ormai preso piede, Viola lanciò loro un’occhiata divertita, Daniel poggiò le mani sulle spalle delle due ragazze e si diressero verso il muretto alla loro destra, dove si sedevano sempre mentre aspettavano il suono della campanella. Quel muretto vecchio e decadente era il punto preferito di Daniel e Luce, era quel posto, in una moltitudine di altri muretti e giacigli, che era soltanto loro. Un posto che anche tra un milione di anni Viola avrebbe ricordato con il sorriso sulle labbra, con gioiosa malinconia. Si sedette sul muretto, si poggiò la cartella sulle ginocchia e rimase in silenzio a guardare i suoi amici che ridevano e scherzavano mentre giocava distrattamente con i suoi braccialetti.

Stava passando in rassegna a tutti i ragazzi che si trovavano davanti a lei quando d’improvviso i suoi occhi si fermarono sull’angolo più lontano dello spiazzo, su un muretto tanto simile al suo. In lontananza, tra un groviglio di persone, c’era un ragazzo, uno che non aveva mai visto. Viola alzò leggermente la testa.

Era proprio in mezzo a quel groviglio, eppure sembrava distante.

Era come la nota che si aggiunge ad un accordo per renderlo dissonante.

Aveva un cappotto blu e le scarpe bianche con i lacci neri, i capelli biondi...lunghi, un po’, forse, sugli occhi, le mani in tasca e la cartella sulla spalla. Smettila di guardarlo, pensò Viola.

Ad un tratto lui si voltò verso di lei, si guardarono per un attimo negli occhi. Aveva gli occhi azzurri come il cielo d’estate, lucenti come il sole che illumina le gocce di rugiada sulle foglie degli alberi.

Smetti di guardare la nota dissonante, si impose.

Ma non ci riusciva.

Lui d’un tratto sbiancò, fu come se fosse preso da uno spasmo violento. Si voltò di scatto, Viola roteò gli occhi per lo spiazzo per poi tornare un secondo a guardarlo.

Era sparito.

Suonò la campanella.

-         Diamine...già la campanella!-

-         Avanti, entriamo...-

-         Già...Viola?-

-         Viola?-

-         Ma che ha? Viola, ci sei?-

-         Come é buffa!-

Viola si risvegliò di scatto. Fu come se il mondo riprendesse a girare.

-         Eh? Che succede?-

-         Ci hanno attaccato gli alieni!- scherzò Daniel.

-         Ma che spiritoso! E’ suonata la campanella, non l’ hai sentita?

-         Io veramente non...

-         Andiamo!-

Luce tirò Viola per un braccio, lei si alzò malvolentieri dal muretto e perse lo sguardo tra la marea di studenti che stavano per entrare a scuola.

Una musica così liscia, lineare, come una sequenza perfetta di note.

I ragazzi che entrano a scuola non hanno quasi niente di imperfetto.

Smetti di cercare la nota dissonante, si impose.

 

 

Note:

Nuovo adattamento per la storia più lunga che io abbia mai scritto. Ho ridotto in questo capitolo le dieci pagine previste dalla versione “originale”, sperando di riuscire ad editare questo racconto che significa tanto per me. Mi scuso per eventuali errori ed incoerenze, farò del mio meglio e mi auguro che possiate seguire in tanti e commentare. Questo primo capitolo è forse “floscio”, ma le cose prenderanno velocità e consistenza con il tempo. Intanto, vi ringrazio per l’attenzione e vi invito a seguirmi anche in “Calibri”, “Tutte le bugie di Lena” e “Bosikom Lyubov’- Il beneficio del buio”

Grazie a tutti,

 

Lara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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