Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: FlyingEagle    18/11/2011    8 recensioni
Universo alternativo in cui Santana passa quasi tutte le sue serate per locali ad ubriacarsi, in compagnia del suo gruppo di cui fanno parte Puck e Quinn. La sua vita le sembra un vicolo cieco e soffocante. Ma forse non tutto è perduto. Forse c'è ancora qualcuno da incontrare e che può cambiarle la vita. Tutto il resto è da scoprire ;)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AUOOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1




La ragazza barcollava, pericolosamente vicina a rovinare a terra, da una parte all'altra del vicolo stretto, buio e puzzolente.
Dagli angoli più nascosti della viuzza provenivano distinti lamenti, borbottii, più volentieri squittii spaventati, ma la figura continuava imperterrita e incurante di qualsiasi cosa la circondasse ad avanzare malferma sulle gambe, verso una meta non definita.
“Dove … dove diavolo mi trovo?”
Fece qualche passo e si poggiò al muro con uno sbuffo.
Mentre nella sua testa ripassava mentalmente la strada percorsa, scavando nella memoria nel tentativo di riconoscere quello strano luogo, maledì ogni singola goccia di alcol che aveva ingerito quella sera.
Si guardò intorno, le sopracciglia aggrottare e le palpebre socchiuse in un'espressione spaesata.
“Se Puck viene a sapere che mi sono persa in questa topaia mi prenderà per...” un singulto la costrinse a interrompersi “... culo a vita...”
Si raddrizzò e tentò qualche passo, ma un conato di vomito la colse e si ritrovò a svuotare il suo stomaco, precedentemente pieno di drink, tra quegli alti edifici.
Le tremavano le gambe e non si sentiva affatto nel pieno delle forze, ma almeno era più lucida adesso. Ricominciò a vagare per quei vicoli sconosciuti, in una parte della città che non aveva mai frequentato, fatiscente e trascurata.
Sentiva le gambe deboli sotto di sé e il bisogno impellente di sdraiarsi e riposare dopo una lunga doccia bollente.
Le fischiavano ancora le orecchie dopo la musica assordante del locale da dove era uscita, sentiva tutti i rumori stranamente ovattati, persino il proprio respiro le sembrava estraneo e lontano.
Vagò per altri dieci minuti buoni, prima di cominciare ad avere un'idea del posto in cui si trovava: era nella parte ovest della città, dove neanche lei e il suo gruppo passavano mai.
Era davvero strano quel posto, si ritrovò a pensare, neanche una luce accesa in nessuno di quegli appartamenti, né traccia della benché minima illuminazione pubblica, e quando cominciò a piovere la ragazza iniziò a pronunciare mentalmente tutte le imprecazioni di cui era a conoscenza.
Tutto quel barcollare e incespicare la stava innervosendo e così pure il buio impenetrabile che, indisturbato, si allungava su tutta quella zona di Lima Hights.
Ad un tratto, però, sollevando il volto contro la pioggia sferzante, incontrò il debole alone di una luce in lontananza, qualche metro più in fondo.
Avanzò di fretta verso quell'unico bagliore, come un assetato verso la fonte.
La luce proveniva da una finestra al piano terra di uno degli appartamenti monocamera che componevano gli edifici di quella zona.
Rimase imbambolata sotto il fascio che produceva, ad osservare le strane ombre che si muovevano dietro il vetro appannato.
Non riusciva a riconoscere cosa stesse succedendo all'interno, era solo un gran turbinare di sagome indefinite, eppure rimase lì a fissare quel mutevole gioco per parecchi minuti, senza preoccuparsi della pioggia che tormentava il suo viso o della stanchezza che la avvolgeva o del freddo che le intorpidiva le membra o delle goccioline di pioggia che, ghiacciate, percorrevano la sua spina dorsale insieme a mille altri brividi o della totale insensatezza del gesto.
Dopo qualche minuto di attesa il fermento si calmò parzialmente e, al centro della finestra comparve un'inconfondibile silhouette femminile, all'apparenza alta e longilinea.
La ragazza non riusciva a capire se la donna dietro il vetro stesse guardando la stradina o l'interno della stanza, non poteva dirlo, complice anche l'intontimento di cui era ancora preda, sapeva soltanto che, d'un tratto, era quanto mai curiosa di sapere chi fosse la persona che, nel mezzo di quell'oscurità, in quella città dove la notte la faceva da padrone e nel momento più buio di quest'ultima, osava accendere una luce.
Luce che, a pensarci bene, la rincuorava e la tranquillizzava.
Era curiosa di sapere cosa ,quella persona così particolare in quella città di marionette tutte uguali abbandonate ai margini della vita, potesse trovare di così interessante da doverla osservare a notte fonda, con le spalle alla finestra e nella più profonda immobilità.
Continuò a dondolarsi sui talloni, come una bambina, il naso all'insù, cercando di tenere gli occhi aperti nonostante la pioggerellina insistente.
Osservava la finestra senza staccarvi gli occhi neanche un momento.
Di tanto in tanto la vedeva spostare il peso da una gamba all'altra, ravvivarsi i capelli, stiracchiare le lunghe braccia o portare una mano davanti al viso, presumibilmente sbadigliando.
Era stranamente incantata da tutti quei semplici gesti, non sapeva se dipendeva dall'alcol ancora in circolo o se fosse impazzita completamente.
Vedeva soltanto la sagoma scura incorniciata dalla luce ballerina della finestra.
Non si accorse neanche del tempo che passava e delle tenebre che sbiadivano lentamente, della pioggia che si diradava, dei primi rumori tipici del mattino, i primi segni del risveglio mattutino del quartiere.
Nulla, fin quando la sagoma non si allontanò dalla finestra e la luce si spense.
Allora sembrò riscuotersi e il peso della nottata passata piombare improvvisamente sulle sue spalle.
Indietreggiò piano fino a toccare con la schiena il muro, si lasciò scivolare a terra, lentamente, poi, seduta sul terreno bagnato, raccolse le gambe al petto e vi nascose il viso.
Vinta dalla stanchezza chiuse gli occhi, con le immagini della nottata passata ancora nella mente.
Sentiva il sonno sopraggiungere prepotentemente.
<< Non sono sicura che questo sia il posto migliore per schiacciare un pisolino. >>
La ragazza alzò di scatto la testa, lo sguardo offuscato, distinguendo davanti a lei una figura bionda e familiare.
<< Quinn... lasciami stare, ho sonno. >>
<< Dove sei stata fin'ora? Ti abbiamo cercata... a un certo punto... >> La ignorò l'altra.
<< Mi sono persa...>> Biascicò con voce impastata
Quinn si avvicinò con le sopracciglia pericolosamente inarcate.
<< Persa? … Uff, andiamo, avanti.>> si arrese dopo aver constatato lo stato semi-catatonico della mora.
L'altra per tutta risposta mugugnò indistintamente, mentre veniva sollevata e trascinata di peso.
Camminava faticosamente mentre l'altra le borbottava: << Persa, ma roba da matti... sei una spugna>> nell'orecchio.
<< Che diavolo ci facevi qui, piuttosto? >>
<< Mi sono persa ...>> Ripeté per la seconda volta.
<< Ho capito, ma cosa ti sei fermata a fare qui? Siamo abbastanza vicini al nostro quartiere...>>
La mora non rispose e Quinn decise di lasciar perdere definitivamente.
<< Hai bevuto troppo – comunicò al corpo abbandonato tra le sue braccia – io ti avevo avvertita ieri sera... Puck l'abbiamo trascinato a casa sua verso le quattro del mattino ma a te non ti abbiamo trovata... >>
<< Lo so... >>
Arrivarono alla macchina della bionda che, tra sbuffi e borbottii, caricò di peso l'altra sul sedile del passeggero, si sistemò alla guida e accese poi il motore.
Mentre guidava guardava di sottecchi l'amica abbandonata di fianco a lei.
Le dispiaceva. Sapeva che ciò che combinava ogni sera era per colpa di quella sua situazione non troppo felice. Si sentiva inutile, non aveva saputo aiutarla quando la chiamava la sera mentre i suoi litigavano, non era stata in grado di chiederle perché avesse smesso, poi, di farlo e non aveva avuto il coraggio di comunicarle che aveva scoperto da sola il perché, nel peggiore dei modi, e non la giudicava per avere dei genitori simili.
E tutt'ora avrebbe voluto dirle che anche lei stava nei casini, ma che insieme ce l'avrebbero fatta, che avrebbero superato tutto, loro due, insieme.
Gettò un'occhiata nella sua direzione, poi tornò a guardare la strada.
Sospirò.
Mise da parte la volontà di parlarle, riservandosi quelle parole per un momento in cui la mora fosse stata più sobria. Sapeva sarebbe stato difficile trovare un momento simile.
Arrivarono finalmente alla villetta che la mora occupava.
Quinn parcheggiò malamente la jeep e aiutò la mora a scendere, accompagnandola fino alla porta. << I tuoi sono in casa?>>
All'alzata di spalle dell'altra, gettò un'occhiata alle grandi vetrate, al vialetto vuoto e alle finestre dalle persiane spalancate.
No, probabilmente no.
Frugò tra le tasche dell'amica, estrasse le chiavi, le inserì nella toppa e aprì, sempre con il peso della ragazza sulle spalle.
Attraversò l'ingresso silenzioso, arrivò in camera da letto e la adagiò sul materasso.
<< Buonanotte Santana... >> Rimase per un attimo incerta, poi posò una carezza sul capo dell'altra e se ne andò.

Santana si svegliò all'ora di pranzo, destata dagli strepiti isterici della madre che rimbombavano come colpi di cannone nella sua testa.
Era nella sua stanza e gridava riguardo il pavimento, il fango e qualcosa sulla paga stratosferica della loro donna delle pulizie.
Si rigirò tra le coperte portando il cuscino sulla testa e riprese a dormire.
Venne svegliata, poi di nuovo, dal rumore del telefono.
Alzò la testa, si stropicciò gli occhi e cercò di mettere a fuoco l'ora lampeggiante sulla sveglia digitale, posata sul comodino di fianco al letto.
Le quattro e mezzo del pomeriggio. “Niente male!” pensò “ un nuovo record”.
Cercò di raggiungere a tentoni la cornetta, mentre il suono squillante penetrava nel suo cervello come un martello pneumatico. Si districò a fatica dalle lenzuola, strettamente attorcigliate al suo corpo e rispose.
<< Santana? >>
La mora rimase alcuni secondi in silenzio cercando di rimettere insieme la serata precedente per capire perché Quinn Fabray le stesse telefonando a quell'ora e con quel tono maledettamente simile a quello che usava una volta.
<< Ehi, Fabray, non urlare, ho la testa che mi scoppia.... come mai hai chiamato? >>
<< Ci credo che ti scoppia, ieri eri in condizioni pietose... >> Rispose ignorando la domanda.
Pian piano Santana ricordò cosa era successo la notte precedente, chi era venuta a prenderla, come era stata felice di vederla e, nonostante l'intontimento o proprio grazie a quello, quanto fosse stata intimamente contenta e allo stesso tempo un po' triste quando Quinn l'aveva salutata con quella carezza.
All'improvviso si sentì una stupida, così, ferma, sul letto, la testa che le scoppiava, un peso nel petto e la cornetta premuta forte contro l'orecchio.
Ma subito dopo ricordò anche tutto il resto della serata, il locale, i vicoli stretti e bui e il quadrato di luce proveniente dalla finestra.
A quel ricordo il peso sul cuore si alleggerì un po' e uno strano calore la pervase. Per un attimo, però.
<< Sant-?>>
<< Sì, ci sono – la interruppe – lo so, ho bevuto troppo... >>
Il silenzio che venne dopo fu alquanto imbarazzante per entrambe. Fu Quinn a interromperlo:
<< Senti, che ne dici se ci vediamo tra una mezz'oretta alla vecchia tavola calda e mangiamo qualcosa? Neanche io ho ancora messo niente sotto i denti...>>
All'esitazione dell'altra, la bionda si affrettò ad aggiungere << Ma se non ti va non è mica obbligatorio! In fondo era soltanto un'idea come un'altra e non volevo dire che- >>
<< Quinn, ci vediamo lì tra mezz'ora... e grazie. >>
La interruppe e chiuse la chiamata. Una smorfia comparve sul suo viso. Si sentiva una totale deficiente, non aveva avuto il coraggio di chiedere scusa a Quinn per il suo comportamento e ora che si stava facendo avanti lei per sistemare rischiava di allontanarla.
Che razza di persona era?
“Quella che i miei genitori hanno cresciuto”, si rispose con un sorriso amaro.

Dopo venti minuti e una bella doccia era in macchina e stava recando al luogo dell'incontro con Quinn.
Non aveva voglia di andarci; nonostante ci tenesse a lei e nonostante sapesse quanto questa fosse una preziosa occasione per riallacciare i rapporti aveva troppa paura e troppa disillusione per credere veramente che qualcosa si sarebbe aggiustato così facilmente.
Parcheggiò di fronte al minuscolo locale, scese e si avviò all'entrata. Prese posto nell'angolo più tranquillo della tavola calda e attese.
Dopo poco arrivò Quinn che la individuò facilmente e si avvicinò con un mezzo sorriso. << Sempre lo stesso posto, eh? Aspetta prendo da mangiare. >>
E si allontanò senza dare alla mora la possibilità di aprire bocca.
Mangiavano in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri, da qualche minuto quando la bionda decise di tentare almeno di intavolare un qualche straccio di conversazione.
<< Come va? >>
<< Ogni volta che la porta si richiude mi sembra stia scoppiando una bomba, giudica un po' tu... >> disse arricciando lievemente le labbra.
Quinn ridacchiò, poi, facendosi seria, disse:
<< Ieri sera sei sparita... >>
<< Lo so... >>
<< Ti ho cercata dappertutto... >>
<< Me l'hai detto ieri sera, se non sbaglio...>>
<< Ho pensato di tutto...>>
<< … >>
<< Ero preoccupata e non sai quant- >>
<< Scusa >>
Quinn si bloccò, cercando di guardarla negli occhi, ma Santana non glielo permetteva, tenendoli incollati sul ripiano sporco e graffiato del tavolo in finto legno.
Passarono ancora qualche minuto così, Quinn che cercava lo sguardo di Santana e Santana che cercava di evitarlo.
Poi la mora prese il coraggio a due mani e decise di parlare, di essere coraggiosa una volta per tutte.
<< Quinn... dovremmo parlarne, ma in modo chiaro e con calma. Ed io ora non sono nelle condizioni psicofisiche più adatte a una cosa del genere. >>
L'amica la guardò intensamente, poi sorrise. Non era un sorriso felice o pieno di gioia, ma era forse il sorriso di cui Santana aveva più bisogno: un sorriso pieno di speranza.
Forse anche Quinn avrebbe voluto sistemare la situazione.
<< Certo... ora però parliamo d'altro. È troppo che non lo facciamo. >>
Incredibilmente, per la seguente mezz'ora, le due vecchie amiche parlarono tra di loro come al solito, come erano solite fare prima di tutto quel casino, e alla mora sembrò un miracolo.
Aveva bisogno di quello. Nell'ultimo anno si era allontanata da tutti, era rimasta da sola, a volte pensando anche di meritarlo, a volte pensando di volerlo.
Ma di certo non era così.
Quando l'argomento cadde sulla serata precedente Santana, con stupore di Quinn, arrossendo raccontò come, dopo aver vomitato nel vicolo, si fosse resa conto di non essere esattamente dove pensava di trovarsi e di essersi persa in uno straccio di città come Lima.
Poi la ragazza aggiunse: << Ma cosa più strana, ad un certo punto, in mezzo a tutto quel buio, ho visto una finestra con la luce accesa e sono rimasta lì sotto come una scema a guardarla! C'era qualcuno dentro e, non so, era semplicemente fermo davanti alla finestra a guardare non so cosa. >> << Accidenti se avevi bevuto... >>
<< … eccome... >> ridacchiò nervosamente. Santana sorvolò sul fatto che anche ora, da sobria, aveva una voglia matta di tornare in quel vicolo, non ricordava neanche dove si trovasse esattamente.
Affacciarsi a quella finestra al primo piano, vedere chi occupava il mini appartamento e osservare ancora quella sagoma così tranquillizzante starsene immobile contro la luce fioca e instabile.
Santana era certa che tutto ciò che era successo la notte precedente era dovuto semplicemente ai fumi dell'alcol, ma questo non sminuiva la voglia di tornare in quel vicolo scuro e verificare.
Ma come arrivarci? Ricordava soltanto vagamente la zona, figurarsi trovare il giusto vicolo. Certo avrebbe potuto chiedere a Quinn, ma come spiegarle il motivo della visita? Non le andava affatto di mentirle, ma neanche di dirle il vero motivo, l'avrebbe presa per pazza come minimo. Sospirò guardando l'orologio appeso al muro.
Mancava ormai soltanto un quarto d'ora alle 6 e per i suoi gusti avevano passato fin troppo tempo in quel posto sudicio e dal forte odore di fritto.
Si alzò e disse all'altra che la guardava: << Domani parleremo di quella cosa, ok? Ora devo proprio andare... Ci vediamo domani. >>
Quinn mise su il suo miglior sorriso sarcastico e alzandosi rispose: << Ciao ciao, Lopez! >>.
Santana alzò una mano in segno di saluto e uscì.
Era già buio e, mentre tornava a casa in macchina ripensava a tutto ciò che era successo. Qualcosa stava tornando finalmente al suo posto, c'era possibilità di sperare almeno di poter aggiustare le cose con Quinn, sempre che anche lei l'avesse voluto.
Per lo meno, comunque, poteva chiarire.
Sospirò.
Tra i mille pensieri che turbinavano nella sua mente quello che tornava più di frequente era la slanciata sagoma nera, inutile cercare di allontanarla: Santana voleva a tutti i costi tornare in quel vicolo e magari bussare sul vetro, farsi aprire, parlare con la persona al di là del vetro...
Si riscosse improvvisamente scuotendo con forza il capo. Non aveva tempo per certe cose, doveva concentrarsi soltanto sul giorno seguente e sulla “chiacchierata” che doveva fare con Quinn. Ora, un intero anno dopo, aveva finalmente capito ciò che importava davvero e, incredibilmente, aveva ricevuto una seconda possibilità, cosa che non le accadeva mai.
Lasciò l'auto nel vialetto, le luci erano, come previsto, tutte spente in casa.
Entrò e si diresse spedita in camera da letto, le coperte e le pareti scure familiari e rassicuranti come al solito, vide di sfuggita le macchie di fango e terriccio ormai secche sul pavimento, si svestì e si infilò velocemente tra le coltri pesanti.
Chiudeva gli occhi ma la testa non si svuotava, così finì per addormentarsi con la mente ancora connessa a tutti gli avvenimenti di quella strana giornata e sognare la spensieratezza che sentiva in passato stando con Quinn spezzata dalla realtà e dal mondo.
Continuò ad agitarsi per molto, fino a quando una luce molto simile a quella proveniente dalla finestra, fioca e ballerina, la avvolse e la cullò fino al mattino seguente.


Ecco il primo capitolo, spero sia di vostro gradimento. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, sarei molto felice di ricevere un feedback, anche in funzione a come continuerà la storia.
Ho messo anche OOC tra gli avvisi, perché essendo ambientato in un universo alternativo è ovvio che i personaggi possano essere leggermente diversi, ad ogni modo, comunque, non ho intenzione di stravolgerli troppo. Grazie per la lettura ;)
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: FlyingEagle