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Autore: Kaho    15/07/2006    10 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla scrittrice J

Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla scrittrice J.K. Rowling, all’editore inglese Bloomsbury, alla Warner Bros…

 

Note di scrittura:

 

aaaaa à narrazione (3^ persona, narratore onnisciente)

“…” à discorso diretto

aaaaa à pensieri (incantesimi,  parole straniere, parole enfatizzate)
*^*^*^ à cambio di luogo

*** à salto di tempo, stesso luogo

≈≈≈ nome ≈≈≈ à inizio del P.O.V. (Point Of View); narrazione in 1^ persona; riflessioni

≈*≈*≈ à fine del P.O.V.

[quanto tempo fa] à inizio del Flash Back

[+*+*+] à fine del Flash Back

=*=*=*= à fine del capitolo

 

 

Progetto “Past Legacy” di Samy_chan&Kaho_chan

 

In fervida attesa di “Harry Potter 7 by J.K. Rowling” vi proponiamo questa allettante alternativa, che speriamo possa riscuotere successo.

Il Progetto “Past Legacy” consiste nello sviluppare una Trilogia di cui la prima parte

(P a s t  L e g a c y :  H P 7) è un ipotetico settimo libro con un’avvincente se non intricatissima trama, che però ha un senso (come tutte le trame di Harry Potter), nessun personaggio verrà trascurato nella complessità psicologica, in particolar modo alcuni beniamini delle scrittrici.

La seconda parte (P a s t  L e g a c y :  Post War) è più un intermezzo che spiega l’evolversi della società magica e babbana dopo la Seconda Guerra Magica dedicata in gran parte agli ingaboli romantici di alcune famigerate coppie di maghi e streghe; non possono mancare i matrimoni dei nostri vecchi eroi e le nascite dei nostri nuovi eroi: i Talenti. In sostanza è un lungo epilogo di P a s t  L e g a c y :  H P 7  e un lungo prologo di P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine.

Dopo aver guardato tutte le stagioni di X-Files mi è venuto il pallino del complotto e ho invitato Kaho, costretta in realtà, a dedicare una parte della Trilogia alle associazioni segrete e ai complotti governativi… ne segue la prima parte di P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine (L’epoca dei Talenti). In breve è il racconto dei Talenti, giovani maghi particolarmente dotati tra cui vi sono i figli di nostre vecchie conoscenze, che intraprendono una missione pacifica a spasso nel tempo per ristabilire le drammatiche ripercussioni che ha avuto la magia oscura in quegli anni. I viaggi nel tempo non vincolati al futuro, possibili solo grazie ad un Master of Tempus, porteranno il gruppo di ragazzi a faccia a faccia coi loro genitori da giovani in imbarazzanti incontri che culmineranno con emozionanti rivelazioni e altro ancora… poi ancora indietro fino al tempo in cui Hogwarts era governata dalla mano despota dei Malandrini… poi ancora indietro sino all’adolescenza mal vissuta dell’irriverente e ambizioso Tom Riddle… poi sempre più indietro fino a giungere all’epoca dei Fondatori di Hogwarts, in un’Inghilterra stile “I Pilastri della Terra” di Ken Follett, dove maghi e streghe sono considerati il demonio sceso in terra… e poi un brusco balzo in avanti, alla fine della prima parte della Trilogia  P a s t  L e g a c y :  H P 7 : i Talenti rivivranno il dramma della Seconda Guerra Magica aiutati da un alleato inimmaginabile.

 

Avvertenze: le scrittrici si dimostreranno un tantino imparziali nella stesura dei capitoli; noterete infatti che Samy e Kaho (parliamo di noi in terza persona, siamo pazze ^__^) prediligono alcuni personaggi (e chi non lo fa?) e ne odiano altri (ex.: Severus Piton… abbiamo tentato di scavare a fondo nella testa di Piton concludendo che la sua è stata una vita travagliata con un passato oscuro e deprecabile, ma resta comunque una vittima colpevole, molto colpevole).

 

 

P a s t  L e g a c y :  H P 7

 

Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.

 

Personaggi: un po’ tutti, Harry/Ginny, Hermione/Ron, Draco Malfoy, Nuovo Personaggio

Genere: Avventura, Azione, Romantico

Raiting: NC-13

Avvertenze: Spoiler del 6° libro

 

 

P a s t  L e g a c y :  Post War

 

 

P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine

 

Parte I: L’epoca dei Talenti

Parte II: Reborn

Parte III: Marauder’s Time

Parte IV: Quite a Dark Lord

Parte V: L’epoca dei Fondatori

Parte VI: Two Times Second War

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

 

Prologo

 

Quando Draco riprese i sensi, stava ancora stringendo freneticamente la bacchetta che una settimana prima si era rifiutata di assassinare il suo preside... ex preside. Era disteso accanto al fuoco che brillava intensamente scaldandogli la tunica intrisa di sudore freddo; la cravatta, una volta impeccabile e pulita, ora era incrostata di terra e fango. Sopra il suo corpo ancora tremante e sconvolto era lievemente poggiato il mantello con lo stemma dei Serpeverde.

 

A qualche passo da lui, sull’imboccatura della caverna, stava ritta una figura oscura: era un uomo magro e ossuto con un prominente naso adunco che spiccava in profilo; la pelle giallastra e smunta rifletteva la luce della luna piena che brillava in un cielo notturno particolarmente tetro. La figura si voltò come al rallentatore agitando nel vento i capelli pece e puntando i suoi occhi nero inchiostro in un’accoppiata grigia chiara, piena di timore “Non preoccuparti” mormorò l’uomo “Ho perlustrato la zona e non ci sono tracce di Auror. Questa notte partiremo per raggiungere il covo del Signore Oscuro, sempre che nessuno ci stia pedinando…” e riprese a fissare con intensità il buio impenetrabile della notte.

 

“Finalmente” esultò Draco tuttavia rimanendo cupo “Non ne potevo più di girovagare per l’Inghilterra ridotto in queste condizioni. Questo aspetto scialbo non si addice ad un Malfoy.”

 

Severus Piton restò ritto e immobile “Farai meglio a non curarti di queste cose. Non ti voglio scoraggiare ma dubito che in mezzo ai Mangiamorte riceverai tributi da re.”

 

Draco si agitò sul pavimento della caverna “Per quale motivo?” domandò con euforia “Non è forse merito mio se ora Silente è morto?”

 

“Errato o almeno parzialmente sbagliato” disse Piton flebile “Io ho ucciso Silente tu ti sei limitato ad intrappolarlo.”

 

Il viso del ragazzo si contorse indignato “Limitato ad intrappolarlo? Ma si rende conto di ciò che sta dicendo? Non ha idea di quanti e quali salti mortali abbia dovuto fare per intrappolarlo!” si alzò in piedi strepitando contro l’uomo, poi le sue labbra si abbandonarono ad una smorfia ironica “Ma perché mi sorprendo. Lo sapevo che TU alla fine avresti vinto… falso e infido, per questo sei il suo Mangiamorte preferito.”

 

“Gradirei che mi prestassi un po’ più di rispetto, Draco” lo ammonì Piton con voce incolore.

 

Draco si concesse una risata impertinente “Perché dovrei farlo? Tu non sei più il mio professore.”

 

Piton rimase impassibile a contemplare l’oscurità notturna “Non parlo in nome di professore, ma in qualità del Mangiamorte più potente di tutti o il favorito del Signore Oscuro, come preferisci…”

 

“Se mia madre non l’avesse costretta a fare il Voto Infrangibile scommetto che in questo momento sarei sul fondo di un fosso” lo accusò il ragazzo digrignando i denti.

 

Severus fece un sospiro scocciato “Non parlare a vanvera, sei stanco e affaticato, non è il caso che ti agiti con tutte queste ciance.”

 

“Certo che lei è davvero incredibile!” esclamò Draco “E non le permetto di darmi degli ordini, io sono l’ultimo dei Malfoy e ho avuto successo in una missione che neanche il Signore Oscuro è risuscito a compiere, quindi anche lei mi deve rispetto.”

 

“Frena la lingua, Draco” mugugnò Piton “Ti ho già spiegato: non hai portato a termine la missione, tu non hai ucciso Silente.”

 

“La prossima volta ce la farò, ad uccidere una persona” tentò di giustificarsi Draco, tuttavia incerto delle parole che pronunciava “Ma ho comunque svolto un lavoro impeccabile che ha contribuito alla sua morte, ci sarà una ricompensa per me.”

 

“Certo che c’è” ghignò Piton, poi i lineamenti del suo volto si allentarono “No. Scusami, Draco. Avrei dovuto dirtelo da un po’, ma non ne ho avuto il cuore visto come eri ridotto dopo la fuga da Hogwarts” il ragazzo lo fissò con occhi impazienti “Io conosco bene  il Signore Oscuro” continuò Piton “E’ probabile che decida di punirti perché non gli hai ubbidito.”

 

Il ragazzo soffocò a stento un urlo “Che cosa!?”

 

Piton permise ad un vago sentore di compassione di intaccare il suo volto austero “Gli hai disobbedito, non hai ucciso Silente anche se ne avevi l’occasione. Per lui non conta il resto, ciò che importa al Signore Oscuro e che non hai eseguito i suoi ordini alla lettera.”

 

Draco aprì la bocca come per protestare ma, rassegnato dal volere del Signore Oscuro, nascose il viso tra le mani “Non è possibile, dopo tutto quello che ho fatto e che ho rischiato…”

 

“Vuoi tirarti indietro?” disse Piton impassibile “Fallo e lui non esiterà ad ucciderti, ma sei un pesce piccolo quindi si limiterà a commissionare il tuo assassinio a qualche Mangiamorte.”

 

“E i Mangiamorte lo faranno? Anche se sono il figlio del loro compagno” chiese Draco con voce tremante.

 

“Senza esitazione” rispose secco Piton “Da quando tuo padre si è fatto catturare dall’Ordine della Fenice e ha perso la profezia la stima che i Mangiamorte avevano nei suoi confronti è crollata vertiginosamente; direi che ora quasi lo disprezzano, disprezzano lui e tutta la sua progenie, tutta la famiglia. Il Signore Oscuro si è infuriato molto saputa la perdita della profezia e siccome tuo padre era già stato portato ad Azkaban con altri si è dovuto sfogare sui Mangiamorte presenti e, credimi, non è stato per niente magnanimo, pur sapendo che non avevano alcuna colpa per il fallimento del piano affidato a tuo padre.”

 

“Quindi non posso aspettarmi pietà da loro, né rispetto” mormorò Draco desolato.

 

“Esatto, e stai bene attento” lo avvertì Piton “da quando sono stati torturati in vece di tuo padre non vedono l’ora di avere sotto le mani un Malfoy per rendergli il favore.”

 

Il volto del ragazzo si incupì e si lasciò sfuggire dalle labbra una risata straordinariamente triste “Quindi, dopo una settimana di vagabondaggio, mi aspetta tortura e tirannia nel covo del Signore Oscuro? E’ così?”

 

“Sì” assentì Piton, sinceramente dispiaciuto per il ragazzo “Mi dispiace molto Draco, ma non devi pensare di abbandonare il Signore Oscuro o verrai sicuramente ucciso, mi hai capito bene?”

 

Il ragazzo fece un sospiro amareggiato “Anche lei mi ucciderebbe se glielo ordinasse il Signore Oscuro?”

 

“Ho giurato a tua madre di proteggerti…” disse Piton esitante.

 

“Lasci perdere il Voto Infrangibile, e se non fosse sotto l’influsso di quell’incantesimo, mi ucciderebbe?” domandò con insistenza Draco.

 

Le labbra di Piton non si mossero e l’uomo riprese a fissare la notte “Questo è il momento più buio della notte” mormorò “è arrivato il momento di raggiungere il covo oscuro; alzati in piedi e seguimi, bacchetta alla mano.”

 

Draco si alzò a fatica con le gambe che gli tremavano per l’assopimento “Non hai finto in tutto per questi ultimi sette anni, almeno non come mio padrino… lo spero” biascicò lui seguendo fiduciosamente il suo ex-professore di Pozioni.


Piton avanzava veloce, con testa e collo protesi in avanti, servendosi sovente della bacchetta per vagliare con più attenzione la strada davanti a lui. Era molto difficile per Draco seguirlo a passo spedito dato che tutte le articolazione gli dolevano, ma Piton sembrava non avere intenzione di abbandonarlo e, se vedeva che era rimasto indietro, si fermava pazientemente per aspettarlo.

 

“Manca poco, non ti preoccupare” esordì Piton all’improvviso “Si può giungere al covo del Signore Oscuro solo smaterializzandosi da un punto ben preciso: si chiama canale di fuga; c’è n’è uno anche a Hogwarts, sai? Ma non ho mai capito dove fosse il punto esterno, Silente non me l’ha mai voluto dire. Almeno in questo è stato provvidente” ghignò infine Piton.

 

Draco aveva notato una cosa: il carattere solitamente freddo e distaccato di Piton mutava in adirato e quasi rabbioso quando parlava di Silente; per quale motivo? Lo aveva ucciso tradendo la sua fiducia, caso mai avrebbe dovuto essere minimamente dispiaciuto, e non provare rancore verso quell’uomo che lo aveva protetto fidandosi ciecamente di lui.

 

“Ecco” disse Piton “C’è un sentiero che scende fino ad una piccola grotta scavata sotto terra; è là in fondo che dobbiamo andare. Seguimi, Draco.”

 

Un terribile fetore giungeva dall’apertura nella roccia che additava Piton; c’era odore di morto.

 

“Laggiù ci sono degli Inferi, ma non devi temere Draco; non attaccano coloro che portano il marchio oscuro.”

 

L’uomo fece strada e Draco lo seguì tuffandosi nel buio. L’apertura era stretta e oscura ed entrambi dovettero ricorrere al Lumos per capire dove mettere i piedi. Scesero di qualche metro e toccarono il fondo della caverna, dove scorreva dell’acqua salmastra.

 

Piton si girò brevemente verso il ragazzo che sguazzava nell’acqua del torrente poco profondo “Se senti qualcosa che ti batte contro le gambe non avere paura; sono gli Inferi. Ma come ho detto prima non ti attaccheranno. Ora vieni e stammi vicino, questo posto è un labirinto.”

 

Draco riuscì ad accennare col capo e proseguì tenendosi a lievissima distanza da Piton. Avanzarono a lungo a tentoni nella lunga gola sinuosa, e alle gambe stanche di Draco sembrò durare un’eternità. Piton intraprese complicate svolte a destra e a sinistra, mentre, dietro di lui, Draco tentava di schivare qualsiasi cosa vedesse nell’acqua, sperando di non essere nemmeno lontanamente sfiorato da un Inferus. Man mano che procedevano il canale si faceva più ampio e meno profondo e il livello dell’acqua si abbassava gradualmente..

 

“Ci siamo quasi, qualche deviazione e ci siamo” ansimò Piton mentre arrancava nell’acqua

 

D’un tratto una figura biancastra si delineò sul fondo poco profondo del fiume: era un Inferus e puntava inesorabile verso di loro.

 

Il ragazzo si fece prendere dal panico agitando la bacchetta contro l’Inferus “Aveva detto che non ci avrebbero attaccati!” sbraitò contro Piton.

“Infatti” fece freddamente l’uomo “Probabilmente non siamo soli.”

 

E, confermando le aspettative di Piton, l’Inferus li oltrepassò sfiorandoli appena con enorme disgusto di Draco e puntò verso qualcosa di indefinito che sostava dietro di loro. Ci furono delle urla d’uomo, delle scintille di bacchetta e una voce che gridava: “Ritirata! Torneremo con dei rinforzi!”

“No che non lo farete” sibilò Piton spingendo Draco a retrocedere verso gli urli “Muoviti, Draco! Non possiamo permettere che quelli rivelino l’ubicazione dell’accesso al covo oscuro. Dobbiamo eliminarli e finalmente mi proverai se quello che hai detto corrisponde a verità: sarai in grado di ucciderli.”

 

Draco avanzò esitante spintonato dall’uomo dietro di lui. Dopo interminabili attimi riuscirono a raggiungere l’apertura nella roccia e ad uscire. In lontananza spiccava solo la figura pallida della luna piena, non c’era traccia di uomini.

 

“Perfetto!” esordì Piron ironico “Sono fuggiti. Ora come faremo a riprenderli, me lo vuoi dire Draco?”

 

Il ragazzo distolse lo sguardo da quello di Piton; detestava ricevere dei rimproveri. Ma non poteva negare la soddisfazione che aveva provato nel vedere la piana attorno a loro completamente deserta; non si sentiva ancora pronto per uccidere qualcuno.

 

Ma quando Piton stava ancora fissando con aria di rimprovero il ragazzo, la stessa voce che poco prima aveva gridato nella caverna, strillò: “Attaccateli! Sono dei Mangiamorte!” E, comparsi dal nulla, cinque Auror si materializzarono attorno a loro, imprigionandoli in un cerchio. I raggi scaturiti dalle bacchette viaggiarono verso di loro e Piton fece appena in tempo a scansare Draco evitando che uno Stupeficium lo colpisse in pieno.

 

Severus Piton si guardò attorno valutando le probabilità di fuga da quell’imboscata “Dobbiamo combattere!” strepitò “Non sono dell’Ordine della Fenice, sono dei tirapiedi del Ministero, ma sarà comunque difficile sconfiggerli: siamo due contro cinque.”

 

Draco estrasse prontamente la bacchetta; era determinato a non farsi catturare: non potevano mettere un altro Malfoy dietro le sbarre! A quel pensiero l’immagine di suo padre immerso nella desolazione di Azkaban, reso vile e miserabile dalla prigionia gli fece stringere il cuore in una morsa di dolore e allentare la presa sulla bacchetta.

 

“Coraggio Draco!” lo esortò Piton “Devi ucciderli! Uccidili! Uccidili!”

 

Quelle parole gli rimbombavano nella testa; fastidiose. Avada Kedavra; doveva solo pronunciare quelle due, misere parole, sillabarle, ma, niente… non ci riuscì. La pietà e quel briciolo d’innocenza che gli restavano gli ostruivano la gola e gli facevano tremare il braccio, incontrollabile.

 

L’Auror di fronte a lui colse l’opportunità e “Stupeficium!” gridò.

 

Draco venne sollevato da terra con una forza immane e scaraventato contro le asperità della viva roccia. Un dolore allucinante gli avviluppò la schiena mentre vide l’Auror avvicinarsi sorridendo. Piton era impegnato nella battaglia contro gli alti quattro; la sua superiorità di combattente presa singolarmente era indiscutibile, ma ora che ne doveva affrontare quattro, per quanto incapaci fossero, lo scontro lo teneva ben occupato; non aveva tempo per salvarlo. Doveva salvarsi da solo.

 

Puntò la bacchetta contro l’Auror e riuscì a biascicare sommessamente un “Avad…” ma l’esitazione lo vinse e l’Auror diede un calcio alla bacchetta che volò lontano.

 

Un altro Auror riuscì a liberarsi dallo scontro contro Piton e fu al fianco dell’altro in un batter d’occhio “Cha facciamo?” chiese questo “Quanti anni pensi che abbia? Non ti sembra un po’ troppo giovane per essere un Mangiamorte?” L’altro rispose: “E’ sicuramente un Mangiamorte. Guarda, ha la divisa di Hogwarts, scommetto che è quel Serpeverde che ha complottato l’assassinio di Albus Silente: è Draco Malfoy.”

 

Il ragazzo sussultò: dunque tutti conoscevano le sue colpe, sapevano che era stato lui a ordire il piano per uccidere Silente. La minima intenzione che aveva avuto prima di abbandonare i Mangiamorte e le schiere del Signore Oscuro scomparve all’istante. Ora era marchiato a vita come un Mangiamorte assassino, nessuno mai l’avrebbe voluto dall’altra parte; ora poteva augurarsi solo la vittoria del Signore Oscuro.

 

“Uccidiamolo” disse crudele un degli Auror “Non possiamo permettere che un criminale del genere marci a piede libero; questi sono gli ordini del Ministro: tutti coloro che si scoprono in combutta col Signore Oscuro vanno uccisi” ed estrasse dalla tunica un lungo pugnale affilato “E visto che non possiamo usare una Maledizione Senza Perdona saremo costretti a far ricorso a mezzi più babbani.”

 

Draco indietreggiò inutilmente; era bloccato contro la parete della caverna, l’apertura era molto distante da loro, non poteva usarla come rifugio.

 

Vide l’Auror sollevare il braccio stringendo convulsamente il pugnale; un ghigno gli contorceva il viso. Allora i mostri non sono solo dalla nostra parte. Pensò Draco mentre fissava distrattamente e malinconico il marchio oscuro impresso a fuoco sul suo braccio. Che ridicolo per me, l’ultimo dei Malfoy, morire in questo modo, così miseramente; ma perché sto per morire? Non lo so più nemmeno io… forse per qualcosa che mi hanno inculcato nella testa da piccolo, ma è stato mio padre a farlo, e così suo padre… speravo di poterlo fare anch’io con mio figlio, ma quella stessa idea ora mi condanna alla più deplorevoli della morti, assassinato da un’arma babbana. Ma che mi importa ormai? Avrò la fortuna di non vedere questa schifosa guerra distruggere tutto. Pace all’ultimo dei Malfoy.

 

Il ragazzo chiuse gli occhi e con un’indicibile rassegnazione, abbandonò il suo corpo contro la roccia; trattenne il respiro per sentire la lama sferzare in aria e affondare nella sua carne. Pace.

 

Ma quel silenzio di attesa dolorosamente straziante venne frantumato dall’urlo dell’Auror. Un ringhio atroce che costrinse Draco a riprendersi da quel trance emotivo.

 

La mano stringeva ancora il pugnale, ma il braccio non era più attaccato al corpo… l’Auror si contorceva in terribili convulsioni tentando di arrestare il fiotto di sangue nero che gli zampillava dalla spalla squarciata. Chi era stato? Draco voltò di scatto il capo verso Piton, giusto per distogliere lo sguardo da quello strazio: l’uomo aveva appena colpito uno degli Auror con un raggio verde, l’Avada Kedavra, l’anatema che uccide, irraggiungibile incantesimo per Draco.

 

Piton si volse verso il corpo straziante attirato dalle sue urla e scrutò torvo una figura dietro questo “Greyback” mugugnò sordido Piton.

 

Draco istintivamente si portò una mano alla gola rimasta scoperta, strisciando contro la parete di roccia in direzione di Piton. La luna, bella, tonda e piena, splendeva in cielo, pacifica; grazie a questo stesso astro candido ora un mostro sanguinolento come Fenrir Greyback poteva dare sfogo a tutta la sua furia animale, primordiale, incontrollabile e selvaggia.

 

“Draco! Vieni via!” strillò Piton col viso livido dalla preoccupazione.

 

L’ansia che gli attanagliava lo stomaco lo fece quasi vomitare, tentò di voltarsi spinto da quella curiosità che ti invoglia a scoprire le cosa più atroci. Alla fine si decise quando udì un altro terribile rantolo. Un mastodontico Lupo Mannaro aveva azzannato alla gola l’altro Auror; questi cacciò uno strillo terrificante e d’un tratto si fece grigio e immobile. La bestia lo sballottolò tra le zampe come a volerci giocare e, quando il corpo divenne troppo rigido e freddo, lo lasciò scivolare a terra emettendo un ululato terribilmente simile ad una risata sadica.

 

L’altro Auror con il braccio staccato aveva il colore cereo del marmo; il corpo scosso dai brividi, la fronte imperlata di sudore, gli occhi imploranti che gridavano all’immonda bestiaccia di concedergli la liberazione della morte. Ma Greyback, degenerato e perverso, lo abbandonò accanto al corpo senza vita del compagno e si dedicò ad uno dei due Auror che stavano affrontando Piton. Lo colse alle spalle e, spalancando le enormi fauci, inghiottì la testa dell’uomo nella sua bocca famelica e strinse finché non sentì il cranio dell’uomo frantumarsi. Aprì il muso passandosi la lingua sui denti acuminati per gustare il sapore di cervello umano.

 

Draco, anche lui scosso da violenti brividi, ammirò quasi ipnotizzato il capo deforme dell’uomo; poi la sua attenzione si concentrò sull’altro Auror, il monco, che implorava con preghiere folli e confuse l’arrivo della morte; non ne poteva più… Si girò verso Draco e lo supplicò di ucciderlo. Quella richiesta poteva essere l’opportunità che aspettava per dimostrare la sua caparbietà, per dimostrare a tutti che era in grado di uccidere… ma la bacchetta era troppo lontana come il desiderio del ragazzo di togliere la vita a un essere vivente. Rannicchiato contro la parete lasciò che l’uomo soffrisse senza pietà.

 

Poi Draco scorse un lampo verde: Piton aveva ucciso l’altro Auror. Con quale facilità riescono a uccidere? Sembra così semplice. Perché io non ce la faccio? Che cos’ho che non va?

 

Greyback accortosi, pareva solo ora, della presenza del ragazzo, iniziò una lenta marcia al trotto verso Draco.

 

“Greyback…” ansimò Piton come per bloccarlo.

 

Nonostante l’oscurità Draco si accorse che il lupo era molto grosso, col pelo grigio tutto arruffato; gli occhi gialli parevano ardere come due candele mentre la bestia gli veniva incontro barcollando vistosamente. Draco rimase immobile. Solo quando fu abbastanza vicino da – non sia mai - poter sfiorare la sua sudicia pelliccia, vide la bava che gli colava dal muso e quegli occhi febbricitanti, ma ancora umani. Occhi di uomo malvagio e cinico.

 

Il ragazzo restò sempre statico, facilitato dalla paralisi causatagli dal terrore, mentre il lupo gli annusava il viso e si avvicinava pericolosamente alla giugulare scoperta.

 

“Greyback!” strepitò deciso Piton, marciando verso la bestiaccia e strattonandogli il pelo del collo.

 

Il lupo non sembrò accorgersene e, piuttosto, si concentrò sul tatuaggio a forma di teschio che restava scoperto sul braccio di Draco. Lo annusò un paio di volte, poi, sollevando l’enorme testolone poggiò il muso lungo e sporco di sangue contro la spalla di Draco, e spalancò le fauci.

 

Accadde tutto in un lampo. Il ragazzo già immaginava il suo corpo straziato che giaceva in una bara tre metri sotto terra, mentre Piton, più ottimista, augurava a Draco felici anni da Lupo Mannaro. Ma nessuna delle due ipotesi si avverò giacché la bestiaccia preferì afferrare il lembo di stoffa della divisa scolastica che copriva la spalla del ragazzo, evitando di azzannare la carne. Sollevò il corpo di Draco senza troppa fatica trascinandolo dal colletto della camicia e, sempre a fauci strette, lo fece ruotare brevemente in aria e lo scaraventò nella pozza di sangue vicina, troppo vicina, all’Auror monco, ancora vivo ma ormai con un piede nella fossa.

 

Draco si riprese sdraiato in una pozza di liquido vermiglio dall’inconfondibile odore. Prima che si potesse rizzare in piedi l’Auror superstite si precipitò su di lui e con una terrificante espressione sconvolta implorò il ragazzo: “Uccidimi! Ti prego! Abbi pietà…”

 

Draco tentò di scrollarsi di dosso il corpo insanguinato dell’Auror e di schivare con lo sguardo la sua spalla lacerata. Ma il peso morto dell’Auror lo opprimeva troppo.

 

Greyback zampettò, quasi allegramente, nel mezzo del lago di sangue e con una violenta zampata lanciò l’Auror lontano. Si fermò ad osservare il viso di Draco, indicibilmente pallido e, in alcuni punti, chiazzato di rosso; schizzi di sangue. Il lupo si chinò sul ragazzo e levò il sangue raggrumato sulla guancia sinistra di Draco con una larga leccata; poi balzò oltre il corpo frastornato del giovane e andò a finire l’Auror.

 

Draco tremava ancora, incontrollabile, quando commise l’imprudenza di voltare il capo verso Greyback e l’Auror. Quest’ultimo rimase quasi commosso nel vedere le fauci del lupo aprirsi; finalmente avrebbe avuto la pace tanto agoniata; ma la bestia non gli concesse questo privilegio e, invece, strappò un’abbondante porzione di carne e nervi dal braccio ancora intatto. Il dolore fu tanto lancinante che l’Auror riuscì solo ad emettere un rantolo soffocato dal fiotto di sangue nero che gli uscì dalla bocca. Draco, ancora sconvolto, rimase a guardare il Lupo Mannaro che masticava e inghiottiva la carne dell’uomo. Poi il lupo affondò di nuovo il muso nello stomaco dell’uomo strappando assieme alla carne e a un pezzo di intestino anche parte della divisa dell’Auror; Greyback mangiò il tutto con disinvoltura.

 

Se lo stava mangiando vivo! Draco distolse lo sguardo e quando non avvertì più i rantoli disperati dell’uomo seppe che finalmente era morto.

 

Piton allungò un braccio e afferrò la mano di Draco, che ancora annaspava nel lago vermiglio, e riuscì a rimettere in piedi il ragazzo. Una situazione analoga gli era capitata quando Potter lo aveva colpito con il Sectusempra.

 

Greyback sollevò il muso, ormai completamente rosso, e ululò alla luna. Il verso che gli uscì dalla gola non era melodioso come il richiamo che di solito emettono i lupi in tributo alla luna, ma era più simile a un canto giulivo e sfrontato; troppo soddisfatto e gaio, mentre, alle sue zampe, stava abbandonato il corpo dell’Auror, mozzato e irriconoscibile.

 

Draco era così follemente convinto che da un momento all’altro un Elfo Domestico lo avrebbe cautamente risvegliato dal sonno a Malfoy Manor. Sarebbe sceso per l’abituale colazione delle 8 e avrebbe raccontato alla madre del suo agghiacciante incubo: “Non ti puoi immaginare, Madre, un essere tanto immondo può esistere solo nei miei incubi.”

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

Dopo la morte di Sirius Black Grimuald Place numero 12 era diventato un luogo irrequieto come base dell’Ordine della Fenice, ma scoperto il doppiogioco di Severus Piton, assassino di Albus Silente, i membri dell’Ordine avevano ritenuto più che opportuno abbandonare l’antica dimora della famiglia Black per cercare una nuova sede dove porre la loro base. Ora l’avevano trovata: era un luogo insospettabile e persino i membri dell’Ordine stentavano a credere di trovarsi tra quelle mura.

 

Quasi tutti i membri dell’Ordine avevano scelto la nuova base come dimora dato che le loro abitazioni erano a rischio di attacco. Tra gli inquilini si era subito creata un’atmosfera di pacifica convivenza, c’era chi, però, protestava rispetto alla presenza di un membro dell’Ordine che durante particolari notti, come questa ad esempio, diventava un coinquilino non particolarmente pacifico…

 

La nottata sarebbe stata scura non fosse per la luna splendente che fluttuava nel cielo nero. Questa era il paesaggio che si poteva ammirare dalle vetrate della finestra magicamente protetta.

 

“Sei certo di non voler trasferirti qui con la tua famiglia, c’è posto per tutti” propose Ninfadora Tonks osservando con un pizzico di angoscia la luna piena che era appena sorta in cielo.

 

Un uomo grosso, dai capelli rossi e dal viso cordiale le rispose con un gran sorriso: “No, non ti preoccupare. Non credo che i Mangiamorte si abbasserebbero ad attaccare la Tana e poi ho riempito casa mia di magie di difesa all’avanguardia; non c’è alcun problema.”

 

“Come preferisci; salutami Molly e gli altri” disse Tonks guardando con ansia l’orologio al polso per controllare che fossero passati i fatidici cinque minuti dal sorgere della luna.

 

“Tonks, dove vai?” chiese il signor Weasley seguendo con lo sguardo la donna dai capelli rosa tenue che si accingeva a scendere le scale.

 

“Da Remus” fece lei brevemente.

 

Arthur parve sorpreso da quella risposta “Perché?”

 

“Voglio fargli compagnia. Sarei andata prima, ma… niente” Ti ho detto che non mi importa se sei un Lupo Mannaro, ebbene è così, ma non riesco a reggere lo sguardo quando ti trasformi.

 

Tonks scese con lentezza le scale, pur essendo impaziente di vederlo; poggiò una mano alla parete per cercare sostegno. Poi avvertì il tintinnio delle catene che scorrevano contro la pietra dei sotterranei. Davanti a lei c’era un’inferriata di metallo pesante, l’entrata di una delle gabbie usate una volta per rinchiudere le belve; usata ancora per rinchiudere le belve… Tonks varcò la soglia della prigione col cuore in gola e fissò senza esitazione la figura incatenata che poco si agitava nella parte più oscura dei sotterranei.

 

Il lupo si mosse appena e tornò poi nel suo angolo buio, lontano dalla luce della luna. Le catene strette alle zampe gli limitavano i movimenti; quella non erano l’unica accortezza usata per imbrigliare l’animale. Per terra, nell’angolo opposto, un miscuglio di erbe e liquidi parzialmente consumato era raccolto in una ciotola di legno; si trattava chiaramente della pozione anti-lupo.

 

“Vieni più avanti” lo incoraggiò lei facendogli un cenno con la mano.

 

Il lupo, quasi avesse capito le parole di Tonks o reagendo in risposta al suo gesto, avanzò lentamente finché la luce della luna gli inondò il corpo. Era una creatura maestosa col pelo fulgido e argentato. Il lupo brillava di una luce propria, imperlato dai riflessi candidi dell’astro che gli conferivano un’aria spettrale, astratta, quasi soprannaturale; sembrava fatto di un inconsistente fumo brillante… o almeno questo era ciò che vedeva Tonks…

 

≈≈≈ Ninfadora Tonks ≈≈≈

 

Da quanto tempo ti sto fissando? Forse dovrei essere intimorita dalla tua vicinanza, ma non è così, e non è solo perché hai preso una pozione che blocca il tuo istinto. Sento che non avrei timore neanche se fossi libero dalle catene, se non avessi bevuto la pozione… Sono una pazza, forse. Sono convinta che tu non mi attaccheresti mai… so che non è così, ma ne sono convinta: tu non mi faresti mai del male; forse il lupo sì, ma chi è il lupo? Ti sto parlando o sto parlando al lupo? Il lupo… quella creatura che ora osservo, ammaliata…

 

Vedendolo così posso cogliere il fascino selvaggio che non ostenti mai quando sei uomo. E’ bello e maestoso, il pelo argentato sembra così morbido, mi prega di accarezzarlo e anche il mugolio che gli esce dal muso chino invoca un po’ di tenerezza; non posso resistere…

 

Sono una pazza, forse. Sto per accarezzare un Lupo Mannaro. Ecco la mia mano che si allunga; e se la dovesse mordere? No, non devo dimenticare chi c’è nascosto dietro a quel muso minaccioso: tu. E infatti lo vedo esitare, indietreggia… è timido. Avanzo piano per non innervosirlo troppo ed ecco che strizza gli occhioni color nocciola, sono i tuoi. Fanno giusto un po’ d’impressione incastonati in una creatura così possente, creata dalla natura per uccidere… ma i suoi, i tuoi occhi smentiscono tutto, in fondo sono lo specchio dell’anima: tu sei ancora umano.

 

Lo comprendo solo ora. Questo lupo sei tu e sei umano… Incredibile che proprio io sia riuscita a capirlo, io che forse sono eccentrica e troppo egoista – l’unico pizzico di eredità della famiglia Black - ho sempre preteso il massimo da me e dagli altri, ho sempre preferito il perfetto, senza difetti, senza problemi. E mi sono innamorata di te; piano, piano… credevo al colpo di fulmine, ma con te è stato diverso…

 

E’ a causa della mia incredibile arroganza se la prima volta che ti vidi scappai a piangere in camera mia: “Mamma!” strillai come una povera pazza “C’è il lupo!” Quanto mi odio. Ma il tuo cuore era e resta troppo dolce; ti limitasti a sorridermi candidamente: “Non ti preoccupare piccola Ninfadora, ora il lupo se ne va.” Se ne va…

 

La luna piena splende ostinata per tutta la notte ma poi la mattina se ne va.

 

≈*≈*≈*≈ù

 

Le ombre proiettate sul pavimento di pietra persero la lucentezza argentata che donava loro la luna scomparendo per un breve istante, per poi ricomparire più oscure di prima, ben delineate dal candore dei raggi del sole. Le pietre del pavimento divennero arancione tenue, acquistando sempre più un colore caldo e acceso. Dei timidi cinguettii si diffusero nell’aria esterna che cominciava a profumare di mattina e infatti, dopo pochi attimi, l’alba si mostrò in tutta la sua magnificenza rischiarando il cielo d’azzurro e, finalmente, il sole che brillava prepotente riuscì a rubare ai raggi di luna tutto il loro magico e mostruoso potere.

 

Mentre Tonks si aggrappava disperatamente alle immagini, ai suoni, ai profumi di quella mattinata per allontanare lo sguardo dalla trasformazione di Remus, quest’ultimo, inondato come sempre dal conforto della luce del sole, trovò ad attenderlo un'altra gradita sorpresa. Indugiando qualche istante nella gioia di vederla, si riscosse con la sua intransigente apprensione.

 

“Cosa… cosa ci fai qui; sei pazza?”

 

Tonks mostrò appena un sorriso ironico e insieme deluso “Figurati, è stato un piacere restarti accanto tutta la notte. Dai, non ti preoccupare, tanto c’era la pozione che ti calmava.”

 

“Tutta la notte!? E se la pozione non avesse funzionato?” chiese Lupin stizzito.

 

“Ci sono le catene” rispose lei noncurante.

 

“E se il lupo avesse spezzato le catene?”

 

“C’eri tu” disse lei allo stesso modo di prima.

 

Lupin rimase scosso da quelle parole, anche perché non riusciva a comprenderle “Che significa? C’era il lupo, non io; non posso controllarlo, lo sai.

 

“Perché parli di te in terza persona?”

 

“Cosa?” fece Lupin incerto.

 

“Ascolta, questa notte ho imparato qualcosa, solo guardandoti, solo guardando i tuoi occhi. Non ti potrò mai aiutare desiderandoti unicamente come essere umano. Devo imparare ad amare il tuo lupo.”

 

Remus era sempre più incredulo e confuso “Il mio lupo?”

 

“Sì, ti accetterò per tutto quello che sei, anche la tua parte peggiore. L’ho guardato negli occhi, sei sempre tu.”

 

“No, quella bestia porta solo dolore e morte a chi gli sta intorno; non sono io, è colpa del morso di Greyback, il più infido dei Lupi Mannari!” gridò Remus tentando quasi di trovare una scappatoia da quella situazione, di addossare la colpa a qualcun altro, di non ammettere quello che Tonks cercava di fargli capire…

 

“Non sei perfetto, Remus.”

 

“Non l’ho mai creduto” le rispose lui deciso.

 

“Allora perché ti ostini a non accettare la tua parte oscura. Sei convinto di essere completamente buono?”

 

“Il Lupo Mannaro che viene quando c’è la luna piena è una creatura ributtante: è un assassino” disse Remus stringendosi forte le mani come a voler bloccare il suo impeto nascosto.

 

“Tu sei il Lupo Mannaro!” esclamò all’improvviso Tonks facendo sussultare Remus.

 

“No! Io non ucciderei mai nessuno!” strillò Remus a pieni polmoni.

 

Tonks abbassò il capo tetro, nascondendo un sorriso triste “Neanche per salvare la vita di una persona che ami?”

 

Lupin ammutolì e prese a fissare il pavimento; voleva scansare quella domanda e la sua risposta, che temeva tanto.

 

“Vedi Remus, sei umano anche tu, hai dei difetti.”

 

“Ma il Lupo Mannaro non è umano” mugugnò Remus, restando col capo chino, quasi in segno di pentimento.

 

“Il Lupo Mannaro è umano ma non è un uomo. Riesci a capire la differenza?” gli domandò lei, ma Remus non sembrò comprendere quelle parole e quella sottile differenza che invece era la chiave per esorcizzare Remus dalla frustrazione, dal pentimento e dall’incubo del lupo.

 

Non ricevendo alcuna risposta da Lupin la donna proseguì: “Secondo te tutti i Lupi Mannari sono dei mostri, tutti uguali?” gli chiese Tonks con un filo di scetticismo nella voce.

 

“Beh… sì, lo penso” le rispose Lupin.

 

“Quindi sei uguale a Greyback.”

 

Remus alzò violentemente il capo: “No, io non sono come Greyback, io non farei mai quello che fa lui! Lui sfrutta la sua maledizione.”

 

“Almeno Greyback lo ha accettato. Ascolta Remus, io non ti chiedo di sfruttare il tuo piccolo problema – Lupin non poté fare a meno di pensare a James e di quanto gli assomigliasse Tonks in quel momento – ma ti chiedo di accettarlo. Sei in grado di farlo? Riesci a capire che il lupo sei tu e che il lupo è te, che siete lo stesso umano, lui animale e tu uomo?”

 

“Lui cattivo e io buono, dici?”

 

“Non è così semplice, ma in sostanza è così. Non devi avere paura di lui: è solo un animale e le bestie, per quanto selvatiche siano, si possono dominare, addomesticare.”

 

Remus accennò lievemente col capo “Potrei tenere sotto controllo la mia parte oscura.”

 

Tonks sorrise teneramente “Vedo che cominci a capire.”

 

“Ma tu la fai troppo facile.”

 

“Perché è facile, Remus! Sei tu che ti ostini a farla troppo difficile.”

 

“Non lo so, non sono del tutto convinto” disse Lupin scuotendo la testa “Il Lupo Mannaro è più che una semplice parte oscura, è qualcosa che sento venire dal fuori, che non mi appartiene.”

 

Mancò poco che Tonks levasse occhi e braccia al cielo “Beh, lascio perdere!” sbuffò lei, tuttavia un dolce sorriso le restava sulle labbra “Sei irremovibile, per non dire cocciuto. Ma se non ci sono riusciti James e Sirius a convincerti, io non credo di poter fare di meglio.”

 

Alla nomina di quei due nomi e ai ricordi che questi rievocavano, Lupin si perse nel vortice delle memorie passate, ricordando con un sorriso amaro le scorribande notturne sotto la luna piena.

 

Tonks gli si avvicinò e gli batté debolmente una mano sulla spalla “Tranquillo, a tempo debito capirai.”

 

“Quando?”

 

Il sorriso sul viso di Tonks si espanse e divenne più acceso come il colore rosa dei suoi capelli “Sei impaziente come i bambini, Remus.”

 

Lupin, resosi conto solo di recente dell’atmosfera intima che si era venuta a creare con Tonks, divenne tutto rosso “Grazie per essermi stata accanto” le sussurrò piano poggiando la sua mano sulla sua.

 

Ninfadora osservò la tonalità rosea che tingeva le guance pallide di Remus e non poté fare a meno di arrossire a sua volta “Prego.”

 

Lupin, ancora più rosso in viso, la accolse gentilmente tra le braccia e altrettanto lievemente suggellò le loro labbra con un bacio.

 

Tonks avvertì chiaramente la scossa che preannunciava il mutamento del colore dei suoi capelli, solo che ora la scossa era più intensa e prolungata; si domandò cosa avrebbe pensato il signor Weasley vedendola salire dai sotterranei mano nella mano con Remus e coi capelli di un rosso troppo focoso.

 

Il bacio di Remus era sicuramente inesperto, goffo e impacciato ma, esclusivamente per Ninfadora, era stato anche straordinariamente tenero e dolce.

 

Per un folle attimo le passò per la testa l’idea che lei potesse essere la prima a baciarlo, ma qualunque pensiero venne cancellato subito, surclassato dall’ondata di sentimenti che investì entrambi.

 

Tonks non sapeva che la sua supposizione era giusta. Era stata la prima donna a penetrare nell’intimità di Remus, a far parzialmente crollare il muro che secondo lui lo doveva separare dalla gente normale; era stata la prima donna che lui amasse veramente e la prima ad amarlo per tutto quello che era… forse dopo Lily Evans.

 

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Nel bel mezzo della campagna inglese, Severus Piton e Fenrir Greyback sedevano su degli scomodi speroni di roccia, davanti all’antro di una caverna. Il mattino dopo la sanguinosa battaglia contro gli Auror era luminosa e calma; in quella parte della regione i Dissennatori non si erano ancora diffusi.

 

“Quindi non possiamo ritornare al covo oscuro, ora come ora” disse Piton scuotendo la testa.

 

Greyback uomo non era molto diverso dalla versione animale: enorme, peloso e sudicio, fatta eccezione per il sangue che gli colava dal muso di Lupo Mannaro e che dopo la trasformazione aveva avuto la decenza di pulire via, leccando. Il Mangiamorte digrignò i denti giallastri verso Piton, parlando con voce rauca “Precisamente, Piton. Il Signore Oscuro non vuole rischiare e mi ha incaricato di cambiare il canale di fuga. Deluso, ragazzino?” Greyback guardò il ragazzo con quei suoi occhi infidi, gli stessi che Draco aveva scorto di sfuggita quand’era un Lupo Mannaro.

 

“Un po’” esalò Draco.

 

“Quando ti parlo gradirei che mi guardassi in faccia” ringhiò Greyback.

 

Il ragazzo alzò lo sguardo titubante ed incontrò quello famelico del Mangiamorte che bisbigliò malefico: “Quanto si vede che sei un novellino. Non capisco perché il Signore Oscuro abbia voluto accollarsi un deboluccio come te, non riesci neanche ad uccidere… ridicolo… uccidere è la cosa più fantastica e facile del mondo.”

 

Draco tentò di mantenere il suo solito cipiglio altezzoso anche se gli riusciva piuttosto difficile in presenza di quell’essere: le immagini del massacro che Greyback aveva fatto la notte prima non volevano sgombrare la sua testa ed ogni volta che incrociava lo sguardo del licantropo non poteva fare altro che identificarlo come il macellaio cannibale di Auror.

 

“Spiegami una cosa: come sei riuscito a trattenerti la notte scorsa?” domandò Piton al licantropo “Ti sei limitato ad annusare Draco e non gli hai torto un capello; questo è molto estraneo al tuo personale modus operandi.”

 

Il licantropo rispose: “Ho sentito l’odore del marchio oscuro” Piton mostrò un’aria scettica; Greyback sogghignò “non mi dire che tu che sei sempre informato non sai qual è l’odore del marchio oscuro?”

 

“E se anche fosse? Non capisco come tu sia riuscito a frenare l’istinto di Mannaro durante la trasformazione. La tua mente umana dovrebbe essere del tutto estranea a ciò che fai una volta diventato Lupo Mannaro.”

 

“Dovrebbe” sghignazzò Greyback “Ma vedi, io, a differenza di tutti gli altri Mannari, riesco a mantenere la mente lucida di uomo anche sottoforma di lupo. Mi sembri sorpreso, Piton. Ebbene sì, sono il primo che ci sia riuscito nella storia della magia. Lo sai perché? Perché è da anni che alleno il mio corpo e la mia mente d’uomo come se fossi costantemente trasformato in Lupo Mannaro, a tal punto che ho bisogno di attaccare anche quando non c’è la luna piena, e questi sono i risultati: la mia coscienza umana si è plasmata fino a diventare uguale a quella del Lupo Mannaro che c’è in me, posso controllare le mie azioni anche durante le notti di luna piena, quindi… sono l’arma più micidiale che il Signore Oscuro ha a sua disposizione” e concluse con un profondo inchino.

 

Piton si concesse un vago interesse compiaciuto, Draco era completamente sdegnato.

 

“Forse è il caso che ti vai a lavare la faccia, Draco” intervenne Piton osservando l’espressione sconcertata del ragazzo “Sei piuttosto sporco; là dietro ci dovrebbe essere un fiumiciattolo.”

 

Draco, senza farselo ripetere due volte, si allontanò da Piton, ma soprattutto da Greyback; la vicinanza di quell’essere non gli era per niente gradita.

 

Si sciacquò la faccia con l’acqua fresca del torrentello e così facendo riuscì anche a svegliarsi dallo stato di requiem in cui si trovava; aveva passato la notte in bianco, com’era prevedibile dopo l’immondo spettacolo a cui aveva assistito, e la notte prima aveva dormito malissimo. Si specchiò nell’acqua e controllò che fosse tutto a posto. Prima si riconoscevano a stento i lineamenti raffinati e il colore diafano della pelle, ora si sentiva pulito e fresco; si spostò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e riconobbe nel riflesso sull’acqua la figura aristocratica e ponderata che gli era sempre appartenuta.

 

Rientrò nella caverna e si andò a sedere su una delle rocce più distanti da Greyback, premurandosi di non sfiorarlo neanche con lo sguardo.

 

Il licantropo esaminò il viso pulito del ragazzo che fissava ostinato il terreno. Il volto di Greyback si contrasse in quello che avrebbe potuto essere un sorriso “Dimmi” cominciò il licantropo con un tono meno ringhioso del solito “Quanti anni hai, ragazzo?”

 

Con qualsiasi mago, ad eccezione dei suoi genitori e del Signore Oscuro, Draco avrebbe fatto scena muta o risposto di rimpetto infastidito dall’impertinenza, ma quell’essere gli incuteva una paura nuova e sconcertante “Quasi diciassette anni” mugugnò infine Draco.

 

“Sei giovane, allora. Adoro i giovani. Vieni più vicino” Greyback allungò un dito peloso e dotato di un’unghia contundente e giallognola, e fece segno a Draco di venire verso di lui.

 

Dentro la testa di Draco l’orgoglio dei Malfoy si dimenava in direzioni differenti: se Draco rifiutava, dimostrando così di essergli del tutto indifferente e superiore, il suo atteggiamento poteva essere frainteso e scambiato per paura nei confronti di Greyback; se invece accoglieva la sua proposta accettando la sfida e facendogli intendere che non provava timore, la sua immediata disponibilità poteva apparire come eccessiva accondiscendenza ai desideri di Greyback, spinta magari dalla paura.

 

Ma anche l’orgoglio dei Malfoy non poteva impedire a Draco di avere paura, paura e disgusto per Greyback. Così il ragazzo esitò.

 

“Non vuoi venire, eh?” fece il licantropo con un ghigno “Allora verrò io da te.”

 

Il ragazzo si vide arrivare contro un colosso peloso armato di una stazza fuori misura e di unghie e denti acuminati, ma la cosa più sconvolgente era il ghigno perverso che continuava a fissarlo caparbio.

 

“Fenrir, per favore” sbuffò Piton quando ormai il licantropo era a pochi, fatali passi da Draco “E’ già abbastanza scosso senza le tue crude perversioni.”

 

Greyback si voltò di scatto verso Piton “Scusami, Severus, non volevo spaventarlo, la mia era solo cortesia, volevo solo fargli dei complimenti” poi tornò a puntare il suo muso contro il ragazzo, leccandosi le labbra “Giuro sulla luna piena, non sfiorerò mai con un dito il tuo protetto.”

 

“Sarà meglio così” disse Piton, lasciando intendere una minaccia.

 

“Sai, Piton…” fece Greyback con un risolino, evidentemente divertito dall’apprensione di Severus “… credo che non potrai proteggerlo più a lungo. Lo sai quello che gli aspetta una volta arrivati al covo oscuro?”

 

“Sì lo so e lo sa anche lui. Non intendiamo sottrarci al volere del Signore Oscuro” rispose Piton risoluto.

 

“Meglio per voi” ringhiò sordido il licantropo, come se una lama gli raschiasse contro la gola “Il marchio che portate sul braccio vi onorerà per sempre: servirete fedelmente il Signore Oscuro per tutta la vita.”

 

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Minerva McGranitt fu ridestata dal suono di voci. Aveva passato tutta la giornata al Ministero della Magia per compilare moduli di certificazione di cattedra scolastica, in qualità di nuovo Preside di Hogwarts. Gli Auror non aveva mancato di farle subire un lungo interrogatorio sulla notte dell’attacco dei Mangiamorte, soffermandosi con particolare enfasi sulla morte di Albus Silente che, a quanto sembrava, non aveva creato particolare scompiglio tra i funzionari del Ministero; questi ritenevano infatti che il ruolo di Silente nella nuova guerra oscura fosse da tempo finito e che venisse il turno del Ministero della Magia di riportare la pace e debellare le forze oscure, con o senza l’aiuto del Prescelto.

Molti uomini alti e possenti girovagavano lungo i confini della scuola. Portavano una lunga tunica bianca e una cintura argentata a cui era agganciato un fodero con una spada affilata, sulla tunica, proprio sopra il cuore, era ricamato lo stemma del casato di Rufus Scrimgeour. Questi individui dall’aria circoscritta e dal viso non molto cordiale facevano parte dello squadrone speciale di Auror del Ministero, gli “Eclipti”, selezionati e addestrati dallo stesso Ministro; per questo tra i sostenitori dell’Ordine e di Silente, che dopo la morte dell’uomo erano aumentati considerevolmente, gli Eclipti erano noti come “i cani di Rufus”.

 

In quei tempi oscuri era tristemente evidente il vantaggio schiacciante che aveva la parte oscura: i Mangiamorte erano una setta compatta e anche se mancavano i gesti di cameratismo tra i membri della congrega, erano tutti uniti sotto un solo comandante, Lord Voldemort, a cui prestavano la più assoluta devozione; mentre dall’altra parte del campo i sostenitori del bene erano divisi in molte fazioni perché ognuno voleva fare giustizia a modo proprio.

 

Minerva rivolse un cenno di saluto agli Eclipti che però non ricambiarono e continuarono la loro imperturbabile ronda intorno al castello. La donna entrò dal portone di Hogwarts e quasi meccanicamente arrivò in presidenza scortata da alcuni Auror. Congedò i funzionari del Ministero con poche parole di ringraziamento che questi si limitarono ad accogliere e non a ricambiare. Era lei la nuova direttrice della scuola eppure quegli Auror la trattavano come una semplice strega da quattro soldi. Minerva si sentiva accerchiata da un gruppo di sciacalli, era noto a tutti, infatti, che dopo la morte di Silente la scuola sarebbe passata ufficialmente nelle mani della vice preside, ma in concreto sarebbe stato il Ministero a dettare legge e lei da sola non poteva impedirlo.

 

Salì fino all’ufficio di Silente, ora il suo, e lo osservò con un sospiro; la sua attenzione si spostò dal trespolo della fenice Fanny, vuoto e desolante, al soffitto dove stavano affissi tutti i ritratti dei presidi che l’avevano preceduta: Silente era in mezzo a loro. Minerva scostò immediatamente lo sguardo dalla cornice dorata quando vide gli occhi azzurro chiaro di Silente indugiare su di lei; quel ritratto era una tortura e un illusione: Silente era morto, che senso aveva dialogare col suo ritratto.

Minerva si accomodò sulla sedia che di solito vedeva occupata con fierezza da Albus Silente; ora lei era dall’altra parte del tavolo e non si sentiva degna di essere lì…

 

≈≈≈ Minerva McGranitt ≈≈≈

 

Non dovrei essere qui. Questo è l’ufficio di Silente; è sempre stato così e così sarebbe dovuto rimanere, se solo lui non fosse… Proprio lui che io credevo essere il mago più forte di tutti… ora che hanno ucciso lui come riusciremo a cavarcela? Io non potrei mai eguagliare la sua bravura, la sua fierezza, la sua straordinaria dote innata di ammagliare tutti col suo fascino, la sua ironia… Io cosa posso dare a questa scuola? Cosa posso offrire ai miei studenti? Neanche la sicurezza… Neanche la certezza che il giorno dopo si sveglieranno nel loro letto sani e salvi. Sono sempre stata responsabile, ma qui ci vuole troppa responsabilità, è un momento troppo delicato e io non mi sento assolutamente pronta per diventare la direttrice proprio ora… ma tanto la scuola è nelle mani del Ministero, quindi… e io non posso impedire che Hogwarts diventi un’affiliata al Ministero, che finisca sotto la tirannia di Rufus Scrimgeour. Silente ce l’avrebbe fatta, lui riusciva in tutto, è sempre stato così, fin da quando ho memoria…

Quando è diventato preside dopo Dippett si è notato subito il salto di qualità, quanto è migliorato il rapporto con gli studenti, quanto loro amavano il preside, quanto il preside amasse tutti loro, compresi i soggetti più irrequieti. Silente ha sempre amato tutti, anche Colui-che-non-deve-essere-nominato, anche Piton… il mio ex-ccollega, l’uomo di cui si fidava Silente e perché? L’unico difetto di Silente è che si fida troppo, ha troppa fiducia nel buon cuore degli uomini. Non dimenticherò mai quando qualche giorno prima di morire mi disse: “Professoressa McGranitt, ora so come ha fatto Voldemort a sopravvivere per tutti questi anni: si è lacerato l’anima, capisce? Povero Tom, ho sempre sperato che cambiasse, che riuscisse ad uscire dal circolo di orrori in cui si era avviluppata la sua vita e invece è arrivato al punto di lacerarsi l’anima. Povero Tom, non sono riuscito ad aiutarlo. Non potrò mai accettare che ora sia diventato così, quello stesso orfano che ho tirato fuori dalla desolazione di una vita piatta e inconsistente, ma sono arrivato troppo tardi, ormai a quel tempo, a soli undici anni, tutte le disgrazie della sua vita gli erano piombate addosso e lo avevano trasformato, irrimediabilmente… se solo fossi arrivato prima… Povero Tom, ogni notte piango ripensando a quanto sia triste la sua storia, la sua vita, e quanto crudele e necessaria dovrà esser la sua morte per poter mettere fine a questo periodo oscuro. Povero Tom… spererò sempre che qualcuno riuscirà a salvargli l’anima.”

Ma il suo buon cuore è sempre stato anche il suo punto di forza, di nobiltà. Come potrò mai eguagliare tanta sconfinata bontà? E’ così sconvolgente il suo buon cuore… ama persino il suo peggior nemico… Ma soprattutto, come potrò sostituirlo nel ruolo di mentore che ha sempre avuto per Harry Potter. Quel povero ragazzo che sta perdendo tutti in questa guerra, che proprio ora ha più bisogno di una guida ed è costretto a farne a meno perché Silente è morto e ci sono io. Chi sono io per rimpiazzarlo? Non esisterà mai un altro mago al pari di Albus Silente…

 

 ≈*≈*≈*≈

 

Minerva si passò le dita tra i capelli bianchi, scompigliandoli in ciuffi disordinati che le ricadevano sul viso :“Albus Silente era un miracolo” singhiozzò la donna a voce alta, ormai presa dalla disperazione “Ora che lui non c’è più, chi ci manderà un altro miracolo per sconfiggere le forze oscure?!”

 

La donna ricevette il silenzio come risposta e ne fu sconsolata. Poggiò il capo sulla cattedra e lo nascose tra le braccia incrociate “Ora mi sfogo, ma poi mi riprendo e… la vita continua, così come dovrà andare. Quanto mi sento impotente, non sono mai stata così debole in vita mia.”

 

Immersa in riflessioni sulle bieche aspettative che sarebbero toccate alla scuola, Minerva fu presa di sorpresa quando udì la voce di Silente che proveniva dal ritratto appeso al soffitto. La donna sussultò e fu quasi terrorizzata, osservando il quadro che le sorrideva incoraggiante. Era solo un il suo dipinto, non era l’originale, ma era pur sempre il dipinto di Silente, il suo ricordo…

 

“Non è necessario che invochi un altro miracolo” le disse il dipinto, imitando alla perfezione la voce e l’espressione del viso allegro e rilassato, ma solenne, che aveva sempre contraddistinto Silente “Il miracolo c’è già, devi solo capire chi è.”

In principio Minerva riuscì solo a pensare quanto fosse simile quel ritratto all’originale, quanto persino le sue parole sagge potessero appartenere esclusivamente a Silente; poi si concentrò sull’affermazione del dipinto “Harry Potter?!” propose la donna con enfasi “Allora avevano ragione: è lui il Prescelto?”

Il colore azzurro utilizzato per dipingere gli occhi di Silente sembrava brillare al pari della cornice d’oro massiccio “Harry Potter e non solo.”

Gli occhi di Minerva si ingrandirono mentre continuava a fissare ammaliata e insieme intimorita il ritratto “C’è qualcun altro dotato dei poteri magici necessari per sconfiggere il Lord Oscuro?”

Le labbra dipinte si piegarono con dolcezza in un sorriso calmo e rilassato “Ti sorprenderai nell’apprendere che in periodi come questi, dov’è a repentaglio l’esistenza stessa, la libertà, la giustizia… molti uomini possiedono l’animo che li rende dei miracoli, anche se non sono dotati di poteri magici.”

“Babbani?!”

Silente accennò col capo, raggiante “Babbani, Maghi e non solo. Nelle disgrazie tutti gli esseri che amano la pace sono disposti a rischiare e ad unirsi sotto la stessa bandiera. Lo vedrai.”

E, sfoderando un gesto che l’uomo non le aveva mai rivolto con tanta complicità, Silente strizzò un occhio all’indirizzo di Minerva che arrossì vistosamente e sorrise, alquanto impacciata.

Il cuore della donna si strinse in contemporanea con le viscere nel suo stomaco, rievocando un sentimento che aveva accantonato per tanti anni d’insegnamento. Ripensò un po’ amaramente agli anni trascorsi al fianco di quell’uomo, opprimendo il suo affetto e sostituendolo da un’intransigenza sofferta, che l’aveva fatta odiare da molti suoi studenti. Ma alla fine si abbandonò ad un sorriso; i ricordi di Silente erano comunque i più preziosi che avesse e, specialmente in quel momento, era inutile e dannoso ripensare con nostalgia a quello che avrebbe potuto fare scegliendo le diverse alternative che le aveva offerto la vita… Doveva pensare al presente: hic et nunc.

Rincuorata da quelle poche ma energiche parole di Silente si sollevò dalla cattedra e prese carta e piuma con la ferma intenzione di mettere un freno alla mano despota del Ministro.

Mentre Minerva osservava il volo del gufo che portava la lettera appena scritta a Rufus Scrimgeour, sentì il suo animo rasserenato dalla riscoperta tenacia e da una nuova speranza: Verso delle lacrime ora per prepararmi a quello che verrà dopo. Adesso so che abbiamo le persone giuste per uscire da questa guerra vincitori, ma non senza sacrifici. Non scorderò mai il tuo prezioso consiglio; porterò sempre con me il tuo ricordo e la speranza che mi hai donato.

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

Greyback si fermò e fiutò l’aria. “Per di qui.” Sentenziò e si lanciò in avanti, seguito immediatamente da Piton e, alcuni passi più indietro, dal giovane Malfoy.

“Quanto manca?” avrebbe voluto chiedere Draco, ma non lo fece immaginando i commenti sardonici di Greyback e il silenzio imbarazzante di Piton; così piegò il busto in avanti e riprese a correre lungo il tunnel semibuio e stretto che avevano imboccato da alcune ore, o almeno aveva questa impressione. Aveva la schiena indolenzita poiché era stato costretto a correre chinato per tutto il percorso, data la sua altezza, e anche il resto del corpo era provato, teso, stanco.

Gli sarebbe piaciuto raggiungere la fine del tunnel al più presto per uscire da quel luogo sporco e nauseabondo (quasi non respirava; Draco si era chiesto più volte se il naso di Greyback fosse insensibile all’odore dell’acqua stagnante), tuttavia la strada più breve era andare in quella direzione e, conscio della sua posizione e della sua prossima punizione, l’idea di giungere al covo del Signore Oscuro non lo rallegrava affatto.

Inciampò in un tubo sottile e cadde in avanti, ma riuscì ad appoggiare le mani a terra e a evitare di cadere interamente nella fanghiglia melmosa.

 

“Muoviti, Draco, il Signore Oscuro non ama i ritardatari e non vorrei aggravare la tua situazione” lo bacchettò Piton mentre si voltava per vedere se era rimasto indietro, come più volte aveva fatto nel tragitto.

 

Draco si puntellò sulle pareti del tunnel, trattenendo tra le labbra una risposta secca al suo ‘protettore’, e si alzò riprendendo quell’assurda corsa, pulendosi le mani sporche in un candido fazzoletto che teneva sempre nella tasca interna del suo mantello.

 

“Siamo arrivati” annunciò il capofila e Draco sentì quel gelo, quel brivido che l’aveva scosso quando aveva visto Greyback all’opera e quegli infidi, perversi occhi gialli posarsi su di lui. Deglutì automaticamente e passò di fianco a Piton, uscendo prima del suo professore.

 

I suoi occhi grigi non fecero nemmeno lo sforzo di abituarsi alla luce: fiaccole appese al corridoio che avevano imboccato illuminavano a tratti le pareti di pietra e calce; al tatto il muro era umido, viscoso e gli ricordò i corridoi delle cantine di Malfoy Manor, ma l’odore del Covo Oscuro era ben diverso dagli aromi fruttati dei vini e delle leccornie stagionate: difatti vi regnava un lezzo invisibile, non l’odore della fanghiglia, ma afoso, soffocante, impossibile da definire.

 

“Queste sono le prigioni” Greyback trovò forse opportuno riferirglielo, ma Draco non gli rispose, intimidito, aspettando il suo maestro che spuntava dal buco vicino alla parete.

 

Il Lupo Mannaro non sembrò interessarsi del silenzio del giovane Malfoy, li precedette e li condusse lungo la strada. “L’Oscuro Signore è nella Sala Regia, tra poco ci sarà una riunione e tutti i Mangiamorte devono essere presenti.” Sogghignò crudelmente. “E poi ci sarà un colloquio privato per te, caro il mio giovane Malfoy. Pensa che onore!”

Draco rimase gelido, ma aveva voglia di svegliarsi e mangiare una fetta di torta al limone con sua madre bevendo caffè e discutendo sulla scuola, sul Ministero, sui raccolti di mele; razionalmente Draco era consapevole di ciò che gli sarebbe accaduto, meglio lo immaginava. Mentre camminava per il tunnel buio aveva pensato a tutte le possibili scappatoie, ma non aveva vie di scampo e sapeva che sarebbe stato punito, torturato, ma non ucciso. Oh no, questo Piton non l’avrebbe permesso legato com’era dal Voto Infrangibile con sua madre.

 

Batté le ciglia, giusto per allontanare da sè lo sguardo pressante e disgustoso di Greyback, che si voltò, deluso dalla sua assenza apparente di paura.

 

Il licantropo iniziò allora a vantarsi delle sue ultime battaglie e informò Piton degli esiti positivi; sarebbe stata una passeggiata, secondo lui, abbattere ogni difesa del Ministero e cominciare a dominare l’Inghilterra.

 

“Perché diamine devo starmene qui ad aspettare? Se attaccassimo adesso potremo raderli tutti al suolo!”

 

“La tua intelligenza di lupo non può sanare la tua mancanza di intelletto umano”

 

“Che intendi, doppiogiochista?!”

 

“Che sarebbe da sciocchi un attacco diretto, meglio dissanguarli a poco a poco, fino a sfinire ogni risorsa del nemico e attaccarlo in seguito, costringendolo alla resa.” Aveva replicato pacato Piton.

 

Draco capì da un vociare soffuso che al di là della vicina arcata si trovava la Sala Regia: poteva già vederla, debolmente illuminata e spoglia se non per il colonnato semicircolare ai bordi della Sala e la scalinata alta che portava al trono di Lord Voldemort, un trono scuro e grande, come la sua sete di dominio e la sua malvagità.

 

Vide Piton muovere la bacchetta e tornare lindo in un attimo e lo imitò sussurrando “Gratta e netta” all’indirizzo dei vestiti che si ripulirono, dandogli un aspetto dignitoso e un certo conforto (abituato com’era ad essere sempre elegante e pulito, come insegnatogli dalla madre e come voleva suo padre), si eresse nel suo metro e ottantadue, si passò una mano tra i capelli sperando di rimetterli in qualche modo a posto.

 

“Mantieni il sangue freddo, Draco”

 

Malfoy arricciò il naso in una smorfia beffarda “Non ho bisogno di suggerimenti, professore” sibilò, mimando una sicurezza che non possedeva.

 

Piton non sembrò scocciato nè impressionato dal suo tono altezzoso e insieme indossarono il cappuccio e varcarono la soglia, unendosi alla macchia nera che circondava il trono. Alcuni Mangiamorte erano nascosti nell’ombra dello stretto colonnato, altri entravano da due altre uscite – una di fronte al trono, l’altra infondo a destra -, ma la maggior parte era già sotto il trono.

 

“Tu devi essere Severus Piton, eh?”

 

Sia Draco che Piton si voltarono trovandosi in faccia un omone non molto alto (Draco lo superava di alcuni centimetri) ma possente e, cosa che disgustò molto il giovane Malfoy, peloso tanto che gli parve di trovarsi davanti un orso.

 

Piton rimase freddo e imperscrutabile, per niente impressionato nè sorpreso “Lei deve essere il nuovo Mangiamorte, non è così?”

 

“Gravius Cortess. Sono certo che ha sentito parlare di me, sono spagnolo e nell’ultima battaglia ho praticamente distrutto un intero squadrone di Auror solo con la mia mazza corazzata.” Si pavoneggiò gonfiando il torace.

 

Draco trattenne una smorfia nel vedere i lunghi peli della barba nera.

 

“Certamente” rispose Piton e Draco ebbe la certezza che il suo insegnante sapesse chi fosse, ma non lo stimasse affatto e non si interessasse delle sue imprese, anzi lo stavano annoiando.

 

Greyback sputò per terra. “Bleah! Solo uno squadrone? Io come minimo ne sbrano due.”

 

“Tu sei…”

 

“Fenrin Greyback, il Lupo Mannaro.” Si presentò questi, e Cortess allungò la mano e entrambi la strinsero forte, come a fare a gara di forza, mentre Draco paragonava le sporche unghie di sangue e i peli: sembravano identici. E Cortess guadagnò un nuovo nomignolo: uomo delle caverne.

 

“E il bamboccio chi è? Il tuo novellino Piton?”

 

Draco si rese conto con orrore che il Cavernicolo si stava riferendo a lui e, prima che Piton potesse parlare in sua vece, ribatté con voce ponderata: “Per sua informazione sono già Mangiamorte” e mostrò il tatuaggio, “E sono il più giovane che il Signore Oscuro abbia mai avuto nel suo gruppo di fidati” questa frase avrebbe fatto meglio a cancellarla, pensò poi Draco, ma la competizione tra Greyback e Cortess aveva accesso la sua vanità e il suo amore per la pulizia e la buona educazione.

 

Greyback sogghignò leggermente, forse pensando alla prossima punizione del ragazzo, e si allontanò dicendo di avere fame; Cortess assottigliò gli occhi piccoli e lo squadrò meticolosamente con astio, come con ostilità disse: “Draco Malfoy.” Non era un saluto. Ma una provocazione. Ghignò malignamente. “Il più giovane Mangiamorte ma anche quello che ha meno palle. Sì, ho già sentito parlare di te, o meglio… sparlare di te e la tua famiglia di codardi.”

 

Draco sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per la rabbia e, nonostante il timore per il futuro e il tumulto che aveva in corpo, un po’ del Draco sprezzante e sardonico che se la prendeva con i più piccoli e i Grifondoro risorse dalle ceneri: “Non ti permetto di insultare nè me nè la mia famiglia con le tue parole, specie se pronunciate da un omuncolo insignificante con un cognome tanto immondo…” sogghignò “Mezzosangue, non dico forse la verità Cortess?”

 

Cortess ci vide rosso. Lo afferrò per il bavero del mantello, alzandolo da terra con una forza portentosa e scoprendogli la faccia, e alzò un pugno furente. “IO TI AMMAZZO!”

 

Draco si riprese del tutto e d’un tratto si rese conto di aver insultato un omone che possedeva la forza di un orso e la bruttezza di un cavernicolo, un brutto incrocio tra Hagrid e un cinghiale.

 

Pietrificus totalus!” il bestione si fermò e Piton fu svelto a appoggiare a terra Draco, il quale, ansimante, si affrettò a ricoprirsi il volto con il cappuccio.

 

“Non ti permetto di fare a botte Cortess. Devi stare attento a ciò che fai qui, non siamo in un circo nè in una stalla. Perciò, dato che sei appena arrivato e che Draco è sempre più anziano di te come Mangiamorte, ti consiglio di tenere la testa bassa per il momento.”

 

Detto ciò Piton liberò Cortess che sbuffò, lanciando un’occhiata d’odio al giovane Malfoy. Draco si accorse troppo tardi del suo fazzoletto macchiato di fango che era a terra e, quando si chinò a raccoglierlo e lo rifilò nel fodero nascosto, Cortess aveva già trovato un nuovo modo per insultare la sua famiglia.

 

 “Infangato come il tuo nome” sogghignò storcendo le labbra molli e coperte da abbondante barba, stempiata in alcuni punti.

 

“Almeno io ho un nome” replicò tagliente Draco; Cortess tentò nuovamente di aggredirlo ululante di rabbia ma tra lui e il giovane Mangiamorte si posizionò Piton a braccia aperte riuscendo così a impedire a Cortess di avventarsi sul ragazzo.

 

“Sta iniziando la riunione, Lord Voldemort è qui, Cortess, e credo che non sarà contento di vedere le tue sceneggiate!”

 

Ancora una volta Severus Piton era riuscito a salvarlo da una situazione spiacevole: Gravius Cortess ingoiò bile e sbuffò come un toro infuriato al centro di un’arena, ma si voltò allontanandosi tra la folla nera, spingendo i Mangiamorte che si mettevano sulla sua strada. Tuttavia Draco aveva inteso benissimo la minaccia sussurrata prima che l’Uomo delle Caverne se ne andasse: “Me la pagherai, mocciosetto. Gravius Cortess non dimentica.” Il giovane Malfoy non sapeva ancora quanto presto sarebbe arrivata la vendetta di Cortess.

 

Non ebbe però il tempo di capire che si era fatto un nuovo, pericoloso nemico perché ad attirare l’attenzione di Draco fu il sibilo forte di un serpente. Il suo sguardo si fissò sul trono, dove ora sedeva il Signore Oscuro, Lord Voldemort, gli occhi iniettati di sangue percorrevano la Sala, socchiusi e sospettosi come sempre, e una mano accarezzava pigramente l’enorme serpente accovacciato ai suoi piedi, con la testa posta sulle sue gambe e la lingua che scivolava fuori dalle enormi fauci. Al di sotto di qualche gradino c’era un incappucciato silenzioso che attendeva. Era molto strano che a lui fosse concesso di stare vicino al Signore Oscuro, osservò Draco, e la risposta arrivò subito.

 

“Miei Mangiamorte” sibilò Lord Voldemort “oggi accogliamo tra noi un nuovo membro della nostra” il Signore Oscuro si concesse un pigro sorriso sardonico “famiglia. Samantha togliti il cappuccio.”

 

È dunque la cerimonia dell’Investitura.

 

L’incappucciata si mostrò alla congrega di Mangiamorte; era bella e giovane, di qualche anno più vecchia di Draco, con una pelle diafana e capelli di un singolare color oro scuro che coloravano quel luogo con i loro riflessi color rame; i lineamenti erano dolci e delicati e le labbra piene erano stirate in un sorriso appena accennato. Draco pensò subito che Samantha era un nome che le si addiceva: aveva un non so che di nobile ma non presuntuoso, come il suo modo di chinarsi davanti a Lord Voldemort.

 

Nagini sibilò e alzò piano la testa, inclinandola, come a giudicare la nuova Mangiamorte, la quarta donna in quel luogo oltre a lei. Sibilò nuovamente, un sibilo strisciato che Draco non poteva comprendere, ma che aveva già sentito una volta quando a lui era toccato il giuramento e… la marchiatura.

 

“Samantha, giuri di essere fedele al tuo Signore e alla causa che noi perpetuiamo? Di non esitare a mettere a disposizione i tuoi poteri, il tuo corpo, la tua vita per il volere del tuo Signore?”

 

Quelle che poneva il Signore Oscuro non erano richieste. Semmai, domande retoriche perché c’era solo una risposta che si doveva dare.

 

“Lo giuro.”

 

La voce femminile risuonò alta in confronto con il sibilo basso e gutturale di Lord Voldemort.

 

“Allunga il braccio.” La ragazza obbedì, scostandosi il mantello.

 

Draco era entrato solo una volta prima di allora nella Sala Regia, proprio a causa della sua Investitura; era stato da quel momento che la sua vita aveva preso una nuova, terribile piega. Ricordava ogni istante di quel cerimoniale e lo rivide mentre assisteva a quello della nuova Mangiamorte: il giuramento e poi il fuoco doloroso della marchiatura, la bacchetta che sfiorava la carne dell’avambraccio e una punta di sangue che zampillava, strisciando sulla pelle e disegnando il teschio e il serpente, e poi, il suo stesso sangue, era diventato nero e indelebile, si era fissato sulla sua pelle, vivo, pulsante, richiamando a sè altro sangue a colorare il simbolo della sua appartenenza, più che fedeltà, a Lord Voldemort.

 

Il Marchio era uguale al suo Padrone: esigeva sangue, voleva sangue, amava il sangue.

 

Draco aveva dovuto stringere i denti per non mettersi a piangere tanto era stato il dolore. Durava un attimo, ma gli era parso non passare mai.

 

Vide Samantha toccarsi l’avambraccio, sicuramente infiammato e ora marchiato, ansimando piano e battendo le palpebre per non cedere. Si rialzò in fretta, mostrò il braccio e il mare nero di incappucciati sotto di lei gridò soddisfatto; poi si voltò e chinò nuovamente il busto davanti al suo Signore.

 

“Puoi rialzarti.” La ragazza fece come richiesto e si incappucciò in fretta.

 

“Mangiamorte, permettetemi di presentarvi la vostra nuova compagna, Samantha Drake. Viene dall’altra parte dell’oceano, dagli Stati Uniti precisamente, e da un’illustre e antichissima famiglia Purosangue. Ella è la curatrice del progetto D.I.O, ovvero Diffusione Internazionale Oscura; questo progetto ci permetterà di creare filiali in tutto il mondo, di espatriare la nostra causa e il nostro potere: siamo destinati a dominare tutto il mondo!”

 

Un boato d’assenso ed eccitazione riempì la Sala Regia. Voldemort alzò una mano e il silenzio si impadronì nuovamente del luogo. Draco non aveva esultato, come gli altri, ma aveva osservato il nuovo acquisto: era stata sempre silenziosa, tranne quando era indispensabile parlare, e precisa in tutte le azioni del cerimoniale.

 

Un perfetto automa, pensò malignamente mentre le veniva consegnata la maschera d’argento con cui celavano la loro identità i Mangiamorte.

 

“Puoi andare insieme ai tuoi confratelli, Samantha” sibilò Lord Voldemort e la Mangiamorte si inchinò nuovamente per poi scendere i pochi gradini.

 

La cerimonia era finita, intensa e breve e il Signore Oscuro aveva un nuovo giocattolo nelle sue mani.

 

Draco storse il naso: come si poteva decidere volontariamente di fare il Mangiamorte? Se lo era chiesto molte volte. E si era anche chiesto il perché lui fosse tra quella marmaglia di assassini.

 

Si sentiva diverso da tutti loro. Era diverso.

 

Anzitutto era stato costretto a diventare Mangiamorte per salvare la sua famiglia, e non per risollevare l’onore dei Malfoy agli occhi di Lord Voldemort, come credevano in molti. Non aveva mai voluto essere schiavo del volere di un uomo perché amava la sua libertà e la sua naturale attitudine al comando e non all’obbedienza; inoltre restava scettico e svogliato di fronte alle imprese dei Mangiamorte (ma naturalmente ammirava suo padre con tutto sé stesso) e la promessa di potere, che per un certo periodo gli aveva fatto sfiorare l’idea di seguire il suo destino oscuro (così lo chiamava Voldemort), non era bastata ad indurlo all’Investitura di sua spontanea volontà.

 

Era una vittima di una malaugurata decisione di suo padre… no, meglio, era vittima di un destino che, crudele, lo aveva messo nella mai di quell’abile giocattolaio che era Lord Voldemort, un uomo superbamente capace nel manipolare le menti.

 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un nuovo sibilo.

 

“Lestrange! Alecto! Amycus!”

I tre Mangiamorte si fecero avanti e chinarono all’unisono il capo rispettosamente. “Agli ordini, mio Signore.”

“Prendete gli uomini che ho scelto l’altra mattina e partite per le missioni che vi ho assegnato.”

 

I tre Mangiamorte si inchinarono nuovamente e fecero cenno ai loro uomini di seguirli; i tre presero ognuno una diversa uscita e nella Sala rimase poco meno di un terzo dell’iniziale folla.

 

“Bene. Ora Severus e Draco venite qui davanti a me.”

 

Draco strinse un pugno forte e ispirò una lunga boccata d’aria e salì un paio di gradini insieme al suo ex-professore, poi chinò la testa, cercando di non dar peso al tremolio che sentiva nelle viscere.

 

Lord Voldemort accarezzò languidamente Nagini che gli strofinò la testa squamosa sotto il palmo, come un docile micetto.

 

“Bentornato Severus,” esordì con voce placida, “e anche a te Draco.”

 

Draco percepì la sottile e per questo più crudele ironia che nascondeva quel saluto.

 

Voldemort mosse la mano destra, guantata e provvista di diversi anelli preziosi e antichi, e i cappucci delle loro tuniche nere caddero, lasciando il viso scoperto.

 

“Draco, Draco, Draco… ho saputo che Silente è morto. Me lo confermi?” C’era un lieve sghignazzare nella voce del Signore Oscuro.

 

“Sì, mio Signore.” Rispose rigidamente Draco.

 

Voldemort osservò pigramente le dita della mano anelata, muovendole leggermente. “Il piano per entrare nella fortezza è andato a buon fine.” Un certo orgoglio, e una fioca speranza, inondarono il petto del giovane Malfoy, ma ebbero vita breve “Tuttavia hai disubbidito ai miei ordini e questo è inaccettabile. Se Severus non fosse intervenuto a quest’ora Silente mi intralcerebbe ancora con quel suo dannato club di smidollati.” Tuonò Voldemort, serrando le dita a pugno.

 

Il silenzio regnò nella stanza e Draco sentì mille e più sguardi addosso, mentre i muscoli raggelavano. Non osò fiatare senza il permesso del Signore Oscuro. Come una marionetta, attendeva che il giocattolaio muovesse i fili e gli aprisse la cavità della bocca. Draco si impedì di abbassare lo sguardo (anche se sarebbe stato felice di poterlo fare) e osservò le vene azzurre di quel capo bianco rasato pulsare di rabbia; solo l’intervento mitigatore di Nagini, che sfiorò con la lingua sottile il braccio del suo padrone, sembrò in grado di tranquillizzarlo e di far calare sul volto e il corpo di Lord Voldemort la sua calma glaciale di assassino.

 

“Sono molto deluso e perciò meriti di essere punito.” Concluse. “Hai qualcosa da dire, Draco? Pensi di non meritarti tutto questo?”

 

, pensò, ma sapendo bene che la punizione sarebbe stato ancor più spietata di quel che già lo attendesse, quindi rispose umilmente: “Sono consapevole di essere peccatore nei vostri confronti, mio Signore, e sconterò la pena che mi darà.” Esitò un attimo. “Se a questo piccolo impertinente servitore è concesso, vorrei porre umilmente una domanda a vostra Signoria, sperando che Voi siate così magnanimo da rispondermi.”

 

Draco aveva calcolato tutte le sue parole, aveva ripensato a questo discorso per tutto il suo viaggio, accantonando il suo naturale orgoglio e imponendosi di strisciare come il più umile dei vermi, ma con il cuore gonfio di angoscia e preoccupazione per lei. Voldemort, come aveva sperato, acconsentì.

“Vorrei avere notizia di mia madre, Narcissa Malfoy, che so essere nelle vostre mani.”

Voldemort sembrò divertito da questa richiesta e si concesse il lusso di dire al Mangiamorte: “Sta bene, Draco, molto più di come sarai tu tra poco.” Ghignando, chiamò: “Cortess!” e il bisonte si chinò accanto a lui, sogghignando già.

 

“Sì, mio Signore?”

 

“Porta Draco nei sotterranei e dagli la camera più bella che abbiamo.”

 

Cortess ghignò: “Come lei desidera.” E con voce dura lo prese per le spalle spingendolo in avanti lungo le scale “Muoviti moccioso!”

 

“Severus devo discorrere con te. Tutti i Mangiamorte posso andare, la riunione è sciolta.” Annunciò il Lord Oscuro prima di scomparire nell’ombra con il suo grande serpente e il suo più grande servitore.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

…cribbio, finalmente abbiamo messo on-line la nostra storia! Che emozione!

 

Allora… noi siamo Samy e Kaho, due fans scatenate del magico mondo di Harry Potter da una vita e ora probabili stelle di EFP grazie a questa serie (eh… Modestia l’abbiamo accantonata in un angolino della mente… povera, sta anche piangendo, Superbia la pestata per benino!). Almeno ci proveremo a diventare delle brave scrittrici dato che questa è la prima storia… (Modestia prende la sua rivincita).

A parte questo scontro tra Superbia e Modestia, ringraziamo calorosamente chi ha avuto la pazienza di leggere il progetto e il prologo, piuttosto lunghetto… insomma, dato che l’inizio con tutta l’introduzione è un po’ noiosetto abbiamo pensato di darvi un assaggio della storia! -____^

Ora… dato che avete letto… e che avete buon cuore… e che recensire belle storie è la cosa più spassosa del mondo… clickate qui sotto e ci lasciate un’opinione? ^______^ Dai, vogliamo pareri, complimenti, critiche… insomma, accettiamo di tutto, ma fateci sapere!

 

Complimenti a voi che vi siete imbarcati a leggere questa ficcina (beh, non tanto “ina”), vi divertirete un pacco tra misteri, ricerche e battaglie in cui si troveranno tutti i personaggi principali di HP!!

P.S = Il caro protagonista arriverà nel prossimo capitolo, per chi se lo chiedesse… e non vi preoccupate, Harry ci sarà sempre nei prossimi capitoli… e anche Herm, Ron, Draco (che appare un po’ troppo spesso… ndKaho ZITTA!! È lui che dà quel non so che alla storia…NdSamy Secondo me non dà un fico secco… ndKaho*subito dopo aggredita da un martello di gomma*)  …^^

 

…recensite? ^_________^

 

  
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