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Autore: ginnyx    19/11/2011    6 recensioni
Il vento soffia, il sole splende e due tombe, ingrigite dal tempo, si ergono nel fondo di un cimitero di una piccola cittadina del Sussex.
Queste due, ferme nella loro posizione, vicine, quasi attaccate, affrontano le intemperie del tempo come i loro proprietari affrontarono anni prima le intemperie della vita.
Ma, cercando di perdere quel brutto vizio tipico degli impazienti, partirò dall’inizio, da come e chi scelse quelle due tombe.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Holmes' Private Life14-L'ultimo caso. Un epilogo

11. L’ultimo caso. Un epilogo.

 

 

“Nessun rimpianto.”

Holmes fissava quelle due parole, mentre una sola pagina era rimasta tra le sue mani. L’ultima. L’ultima di quella cartella che, per ore, gli aveva tenuto il pensiero lontano dal freddo, dall’odore acre e dal silenzio presenti nella camera.

Continuò a fissare il foglio, con la mente –forse per la prima volta in vita sua- davvero vuota. Non c’era niente nella sua soffitta-cervello che ora gli servisse, nessuna nozione imparata durante gli anni pareva essere utilizzabile in quel contesto.

Aggrottò le sopracciglia e protese il capo verso foglio, combattendo il desiderio di voltare la testa e chiedere.

Da quando è diventato così apertamente sentimentale, Dottore?

Perché non mi aveva mai accennato nulla su questa cartella, amico mio? Perché l’ha nascosta, Watson? Non mi pare ci sia niente di così segreto.

Perché non mi hai detto niente ieri sera? Perché ti sei chiuso a chiave?

Perché, dopo tanti anni di lavoro di squadra, hai voluto fare tutto da solo?Perché non mi hai permesso di aiutarti?

Volevi nasconderti? Da chi? Dalla morte o da me?

Holmes deglutì piano, senza fare alcun rumore, e guardò quelle parole.

“Nessun rimpianto.”

Nessuno.

Alzò gli occhi al soffitto e un rantolo gli ruppe la gola, fondendosi in un sospiro carico.

-Io…- disse, ma si arrestò subito, la sua voce tremava.

Abbassò lo sguardo ancora una volta, e fissò il pavimento.

Le mani sempre strette, rigide, intorno a quella pagina. Unica ma tangibile, vera e talmente familiare che…

Le labbra gli tremarono e la presa aumentò.

Calma, s’impose Holmes, dopotutto non era niente di più che il ciclo della vita.

Quante volte avevano rischiato la morte in modi ben più atroci? Dove era il problema? Si nasce e si muore, sono due delle poche certezze che gli uomini possiedono, e su ciò non aveva alcun dubbio. Eppure non riusciva a sollevare gli occhi.

Non riusciva a richiudere l’otre in cui era solito relegare ogni tipo di sentimentalismo, ogni tipo di emozione pericolosa. Ora il coperchio pareva disperso, e sentiva risalire lungo lo stomaco tutte quelle sensazioni represse.

Irrigidì la mascella e di scatto puntò lo sguardo sul letto al suo fianco.

Watson aveva un sorriso sereno sul viso, come se neppure la morte avesse avuto cuore di strapparglielo, e Holmes si stupì di come, nonostante il pallore spettrale, la rigidità e l’odore sgradevole aggredissero i suoi sensi, riuscisse ad essere confortato a tale visione.

Il suo viso si addolcì appena, mentre la bocca si stendeva in una sottile linea morbida.

John Hamish Watson.

Il suo ultimo caso.

Il mistero celato in quella semplice, comune, figura che nessuno conosceva quanto lui.

Era il suo coinquilino, era il suo Boswell, era l’unico che l’aveva accettato, seguito, sostenuto.

Holmes sbuffò leggermente, divertito. Ancora non riusciva a capire come avesse fatto Watson a sopportarlo per tutto quel tempo. A volte Holmes si sarebbe soppresso da solo. L’unica volta in cui ricordava di aver visto il Dottore realmente arrabbiato era stato il giorno del suo ritorno, dopo l’accaduto di Reichenbach.

Il detective si portò istintivamente un dito sotto il mento, dove sentì la leggera increspatura della cicatrice causata dalla fede del dottore, quando questo l’aveva colpito con un pugno in quella particolare occasione.

Non poté trattenere un sorriso e allungò la propria mano a stringere quella dell’amico. Notò che non era molto più fredda della propria e sogghignò al ricordo dello sguardo di rimprovero di Watson quando si ostinava a non mettersi i guanti durante la stagione invernale.

-Mi verrebbe quasi da pensare che lo faccia per puro dispetto nei miei confronti.-

-Penserebbe bene, amico mio.-

Ora non avrebbe più potuto farlo e questo turbava Holmes. Ma perché?

Era questo che si domandava.

Perché essere tanto turbati per un processo naturale che si sa dover avvenire a breve? Avevano una certa età e certe cose succedevano.

Perché essere turbati dalla solitudine? Per molti anni erano stati separati, senza neanche sentirsi, e Holmes era ormai abituato a sopravvivere da solo.

Perché Watson?

I suoi occhi grigi cercarono risposta in quelli azzurri di Watson, ma non li trovarono, ormai chiusi ermeticamente.

Holmes sentiva quella domanda agitarsi nella sua mente, febbrilmente alla ricerca di una soluzione, ma non l’avrebbe trovata e lui lo sapeva.

Strinse la mano del suo amico più forte e schiuse le labbra in un sorrisino.

-Siamo alle solite, Watson. Sei riuscito ancora una volta a farmela sotto il naso, non sono riuscito a risolvere il tuo caso e dubito che ci riuscirò.-

Sentì il mento tremare leggermente e per una volta non combatté contro quella sensazione.

-Però devi concedermi il ritrovamento della cartella. Ah, lascia che ti faccia i complimenti per il titolo, veramente originale!, non sarei mai arrivato a intuire il contenuto di essa.-

Quasi lo sentì borbottare che, se non gli andava bene, poteva provare scriversele da solo e ridacchiò mentre la vista si faceva leggermente appannata.

-Non te la prendere così, amico mio, e togli quella espressione infastidita dal tuo volto.-

E lo vide, lo vide nella propria mente mentre faceva schioccare la lingua contro il palato e si voltava di spalle con finta indifferenza, per poi sedersi sulla poltrona.

Sentì i passi del passato incrociarsi con quelli del presente.

-Neanche con un piccolo incentivo? Nemmeno se ti suono qualcosa?-

Holmes si voltò verso il letto, con aspettativa.

A quel punto Watson avrebbe dovuto irrigidirsi leggermente, di piacere e sorpresa, e poi fare un mugolio che in teoria avrebbe dovuto essere completamente disinteressato, ma che il detective sapeva essere compiaciuto.

E invece tutto rimase statico, immobile.

Holmes deglutì sorridendo forzatamente ed aprì la porta, voltandosi verso il letto.

-Torno subito, aspetta qui.-

Come se potesse scappare, si ritrovò a pensare e abbassò lo sguardo, cercando di ignorare il bisogno impellente di accasciarsi sul pavimento.

Non alzò lo sguardo neanche una volta durante il tragitto, preso dalla irrazionale paura che, se si fosse soffermato troppo, non avrebbe più trovato Watson al suo ritorno, e deciso arrivò alla custodia dello Stradivari. La prese e nervosamente tornò indietro. Si rilassò leggermente solo dopo aver chiuso di nuovo la porta alle sue spalle. Senza pensare, la bloccò con un tavolino sul quale vergò velocemente una breve lettera.

Solo allora si voltò, agitando la custodia in aria, come a giustificarsi.

-Visto? Eccomi qui.-

Si sedette nuovamente sulla sedia al bordo del letto ed aprì il fodero, rimuovendo poi delicatamente la coperta di velluto che avvolgeva lo strumento.

Con mani tremanti sollevò il violino e lo imbracciò, appoggiandoci sopra il mento. L’archetto si mosse nell’aria adagiandosi sulle corde, immobile.

Dentro la sua mente c’era il vuoto, nessuna idea, nessuna soluzione.

Nervoso, si schiarì la voce e lanciò un occhiata veloce a Watson.

-Ti dispiace se improvviso?-

L’odore acre gli aggredì le narici e Holmes ebbe la sua risposta.

E sì, Holmes si aspettava silenzio da parte di Watson, quello che solo lui era capace di ricreare, ma quello non era silenzio.

E quello non era Watson.

Irrigidì le spalle e strinse il violino. Non vedeva altra soluzione, non c’era altra soluzione.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare, per la prima e unica volta.

 

 

 

-É tempo di volare, Watson.-

 

 

 

 

Fly
Any moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday.

 

In qualsiasi momento, tutto pu? cambiare
Senti il vento sulle tue spalle
Per un minuto, tutto il mondo pu? attendere
Lascia passare il tuo ieri

Can you hear it calling?
Can you feel it in your soul?
Can you trust this longing?
And take control

 

Puoi sentirlo chiamare?
Puoi sentirlo nella tua anima?
Puoi avere fiducia in questo momento?
E prendi il controllo

Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.

Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare
perché è il tuo tempo
tempo di volare


All your worries, leave them somewhere else,
Find a dream you can follow,
Reach for something, when there's nothing left,
And the world's feeling hollow.

 

Tutte le tue preoccupazioni, lasciano altro in qualche luogo
Cerca un sogno, lo puoi seguire
Raggiungi qualcosa quando non c'è nient'altro
E il mondo sta sentendo gridare

Can you hear it calling?
Can you feel it in your soul?
Can you trust this longing?
And take control

 

 Puoi sentirlo chiamare?
Puoi sentirlo nella tua anima?
Puoi avere fiducia in questo momento?
E prendi il controllo

Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.

Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare
perché è il tuo tempo
tempo di volare

 


And we're you're down and feel alone,
And want to run away,
Trust yourself and don't give up,
You know you better than anyone else,

 

E quando sei giù e ti senti solo
E vuoi solo scappare
Fidati di te e non cedere
Tu sai di essere migliore degli altri


Any moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday,

 

In qualsiasi momento, tutto può cambiare
Senti il vento sulle tue spalle
Per un minuto, tutto il mondo può attendere
Lascia andare il tuo ieri

Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try,
Forget about the reasons why you can't in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.

 

Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare

Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita

E inizia a provare, perchè è il tuo tempo

Tempo di volare

Any moment, everything can change

 

In qualsiasi momento, tutto può cambiare



 

 

 

Il vento soffia, il sole splende e due tombe, ingrigite dal tempo, si ergono nel fondo di un cimitero di una piccola cittadina del Sussex.

Queste due, ferme nella loro posizione, vicine, quasi attaccate, affrontano le intemperie del tempo come i loro proprietari affrontarono anni prima le intemperie della vita.

Nessuno conosce l’identità di tali persone a causa dei nomi resi illeggibili dallo scorrere delle stagioni, ma circola una leggenda tra vecchi e bambini.

Parla di due amici, che si odiavano e si amavano.

Un giorno uno dei due muore all’improvviso mentre l'altro sopravvive, ma il defunto –solitamente denominato Dead- non riesce a lasciare veramente questo mondo.

Nonostante il suo corpo sia sottoterra senza vita, sa che un pezzo del cuore del amico è pulsante nel suo petto. Intanto, ogni giorno il sopravvissuto –solitamente denominato Alive- va a far visita alla sua tomba per cercare una soluzione.

La cerca perchè sa che non potrà mai vivere veramente finché l’altro non gli restituirà il pezzo di cuore che gli manca. E accanto a lui sente la presenza di Dead scusarsi.

"Mi hai rubato un pezzo di cuore, ladro, adesso non potrò mai vivere in pace!" sbuffa.

Fa male, lui vuole solo ricominciare.

E Dead si scusa, s’intristisce per l’amico. Ma Alive mugugna "Fa niente" e vorrebbe scappare via, farlo sul serio, ma si siede fianco a fianco del suo amico sbuffando come sempre.

Dead sorride lievemente, sa cosa significano quelle parole.

"Sai che non dico sul serio, ricordati però che neanche tu non puoi riposare veramente. Se solo tu potessi tornare, se solo tu mi potessi raggiungere, riavresti il pezzo di cuore che ti ho rubato anch'io. Ovvio che te l'ho rubato. Vuoi che rimanga un passo indietro a te? Vuoi che rimanga senza te? Mai. Mai."

 

 

 

***Angolino della squinternata***

Santo Graal, l’ho scritto.

Ho scritto l’epilogo.

Ho finito Holmes’ Private Life.

(NON VOGLIOOOOOOOOOO *si attacca a koala alla sua storia*.)

E dopo questo penoso ma veritiero spettacolo, io sono senza parole, seriamente.

Ho amato con tutto il mio cuore questa raccolta. La considero quasi la mia bambina. Il mio inno personale al legame di Holmes Watson. Il manifesto dell’amore che provo per questi due personaggi. Il mio Canone personale, mi spiego?

E, niente, potrei aggiungere fiumi di parole su questo ultimo, minuscolo capitolo, ma non penso di esserne capace, non ora.

Avviso solo che la canzone che trovate infondo è di Hilary Duff (residui d’infanzia <3) e si chiama “Fly”.

E… no, seriamente, non so cosa dire, cosa fare e come farò senza tale raccolta.

Mi sembra quasi di chiudere un’era e forse è così.

Ci tengo però a ringraziare tutti voi, voi che avete letto anche solo un capitolo di questa storia, perché mi avete spronata a continuare e non abbandonare a se stessa questa raccoltina che amo con tutto l’affetto che ho nel mio cuore.

E vorrei ringraziare anche i miei Holmes e Watson, perché mi hanno fatto divertire, disperare, sognare e incontrare persone straordinarie. E forse mi hanno anche un po’ fatta crescere.

Non lo so, sono un po’ confusa in questo momento ^^’’ quindi forse è meglio chiudere qui.

*prende un respiro profondo* Sì, chiudo qui.

 

Addio, Holmes’ Private Life.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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