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Autore: MajoEly    20/11/2011    1 recensioni
"...Quel giorno l’emozioni mi avevano giocato un brutto scherzo e la mia maschera di finta freddezza e indifferenza, si era infranta per dar sfogo al dolore soffocante che mi opprimeva da quando avevo appreso la notizia. Lei non c’era più. Era morta."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Okita Mitsuba, Toushiro Hijikata
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve bella gente :DD
Uhm.....che strano °^° è la prima volta che scrivo una ff e postarla mi rende... un pò agitata °^° xD
Comunque questa storia è la riflessione, dal mio punto di vista ovviamente, che fa Hijikata  alla morte di Mitsuba =)
Spero vi piaccia >.< e se avete consigli,critiche ecct ditemi pure =D

Buona Lettura ;D


~Il Mio Sole~

Pioggia.
Di quel giorno maledetto ricordo perfettamente la pioggia.Le gocce di pioggia che cadevano sul mio viso e si mescolavano con le mie lacrime salate, mi hanno lasciato un segno indelebile che, a distanza di tempo, non se ne va.
Probabilmente se qualcuno mi avesse visto mi avrebbe preso per un idiota.
Insomma, vedere il Demoniaco Vicecomandante della Shinsengumi Hijikata Toushiro che piange, sarebbe stato davvero uno spettacolo ridicolo e quasi penoso.
Però quel giorno l’emozioni mi avevano giocato un brutto scherzo e la mia maschera di finta freddezza e indifferenza, si era infranta per dar sfogo al dolore soffocante che mi opprimeva da quando avevo appreso la notizia. Lei non c’era più. Era morta.
E io, da vero bastardo e codardo quale sono, non ero riuscito nemmeno a salutarla.
Lei era il mio desiderio segreto…colei che amavo più della mia stessa vita e che avrei tanto voluto rendere felice. Ma non potevo. No. Perché il mio stupido orgoglio e la mia testardaggine me l’hanno sempre impedito.
Io avevo scelto la via del Samurai, colui che è pronto a rischiare la vita seguendo il proprio Bushido e mai niente e nessuno l’avrebbe fermato. Ero cosciente del pericolo, ma non avevo paura. Sentivo che questa era la mia strada e l’avrei seguita deciso, senza rimorsi. Ho rinunciato pure a lei, che mi aveva confessato il suo amore e che io rifiutai per paura di ferirla. Quando la salutai prima di partire per Edo, le dissi un semplice “addio”, ma in fondo quel freddo saluto, era per entrambi uno sperato arrivederci. Sì, perché anche se mi ero comportato come uno stronzo, l’amavo. L’amavo davvero.
I suoi modi gentili e affidabili mi avevano colpito fin da subito e anche la sua positività nell’affrontare tutte le cose mi era piaciuta; quando ci conoscemmo lei era già malata, però non lo dimostrò. Era determinata e aveva una strana mania per la paprika, come io avevo quella della maionese. Era felice e si prendeva cura di suo fratello Sogo e di noi tempisti della Prima Shinsengumi come fossimo la sua famiglia. E poi sorrideva sempre. Anche nelle difficoltà.
Dannazione…il suo dolce sorriso è una delle cose più difficili da dimenticare.
L’ho impresso nella mia mente e anche a distanza di tempo non se ne va, né si affievolisce il ricordo. Anzi aumenta la tristezza che la sua morte, mi ha lasciato nel cuore e nell’anima.
Anche se eravamo lontani, il solo sapere che lei c’era, mi rendeva sereno e mi dava la forza di andare avanti fiero.
Il destino però è crudele e in quel freddo giorno di novembre me la portò via per sempre.
Quando mi avvisarono della sua morte, è stato come se la terra si sgretolasse sotto i miei piedi e mi inghiottisse in un luogo nero e indefinito, dove il tempo si era fermato e non percepivo più il mio corpo. La mia mente e il mio cuore si rifiutavano di accettare il fatto.
Con sguardo vacuo e in silenzio, mi allontanai dall’ospedale e mi diressi in un parco desolato dove mi sedetti su una panchina e guardai il cielo che da arancione tramonto era ormai diventato grigio e minaccioso. Cadde una goccia. Due gocce. E poi iniziò a piovere.
Io però me ne accorsi appena…mi sentivo sospeso, come se fossi su un filo troppo sottile per reggere il mio peso, pronto a cadere nel nulla sottostante e opprimente.
Il carico emotivo che portavo in quel momento era indescrivibile, quasi mi soffocava.
Mi chinai in avanti, appoggiando i gomiti sulle gambe e mi presi la testa tra le mani.
Credo di non aver mai provato, in tutta la mia vita, emozioni vive come quelle di quel giorno.
Sconforto,incredulità,tristezza,paura,rabbia,vergogna e solitudine si alternavano in me come un vortice e mi scavavano dentro fino a frantumarmi l’anima.
Era un dolore fortissimo, peggio di ricevere dieci kantane nel petto tutte insieme. Mi sentivo impotente e inutile…io, io che ero un combattente formidabile e volevo proteggere Mitsuba ad ogni costo, non potevo fare niente contro la Morte.
Lei è l’unico nemico che nessun uomo potrà mai sconfiggere e mai come in quel istante capii quanto vera fosse questa frase.
E, per la prima volta da quando fui nato, piansi. Un pianto disperato, che fece uscire parte dei miei tormentati sentimenti e che mi fece sentire vuoto una volta terminato.
Osservai di nuovo il cielo cupo.
La mia amata non era più lì con me e mai sarebbe tornata.
Non le avrei mai più potuto confessare il mio amore e scusarmi per come mi ero sempre comportato.
Non ci sarebbe stata più una vaga possibilità di vivere insieme e magari in un futuro avere anche dei bambini.
Le lacrime stavano per uscire di nuovo e rimescolarsi con la pioggia quando avvenne una specie di miracolo. Un raggio di sole.
Un raggio di sole in quel cielo tempestoso, era comparso e sembrava illuminasse me. Era come un caldo abbraccio familiare che da troppo tempo non ricevevo.
Sulla mia faccia provata affiorò un debole sorriso. Era lei. Ne ero sicuro.
Il mio amato sole aveva sconfitto i nuvoloni per consolarmi e infondermi coraggio.Chiusi gli occhi e sorridendo triste pronunciai, per una volta, quelle due semplici parole che non ero mai riuscito a dire apertamente.
«Ti Amo, Mitsuba.»
  
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