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Autore: miseichan    20/11/2011    15 recensioni
(Hart of Dixie; Zoe/Wade)
L’urlo perforò la notte.
“Cosa?! Un altro fantasma, un mostro, un alligatore?”
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Wade Kinsella, Zoe Hart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nightmare

 

 

 

 

L’urlo perforò la notte.
Acuto, raccapricciante; si diffuse rapido, vincendo il silenzio. 
Lo scarto di tempo fra l’urlo e lo schianto fu breve, così labile da sembrare assurdo: la porta venne spalancata con foga, un misto di rabbia ed esasperazione. Inconfondibile. 
“Cosa?”
Wade entrò a passo di marcia, l’espressione infastidita. “Cosa?! Un altro fantasma, un mostro, un alligatore?” sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Non dirmi un ragno!” sibilò, irritato. 
“No,” scosse il capo lei, liberandosi dalle lenzuola.  “Un… un incubo.” 
“Un incubo?” inarcò un sopracciglio Wade, passandosi ripetutamente una mano sul viso. 
“Sì, un incubo!” sbottò Zoe, saltando giù dal letto. “E se non sbaglio nessuno ti ha chiamato.” 
“Credevo fosse così, ora,” si strinse nelle spalle lui, fissandola negli occhi. 
“Così come?”
“Sai,” sorrise il ragazzo. “Tu urli e io arrivo, non funziona in questo modo?”
“No,” fece Zoe. “Certo che no.” 
“Fammi capire bene,” borbottò Wade, lasciandosi cadere sul divano. “Se gridi, allora, me ne devo  infischiare, giusto?”
“No!”
“Ci deve essere un punto che mi sfugge,” ghignò lui, lasciando perdere questa volta gli occhioni scuri della ragazza e percorrendone rapidamente il corpo non esattamente coperto. 
Zoe arretrò di qualche passo, fulminandolo contrariata. “Non puoi ignorarmi se urlo.”
“Se non lo faccio poi ti lamenti, però.”
“Non mi sto lamentando.”
“Non mi hai neanche ringraziato, mi sembra.”
“Dovrei?”
“Sono qui, no?” sospirò lui. “Se ci fosse stato un ragno, giuro che lo avrei ucciso.” 
“Grazie, Wade,” alzò gli occhi al cielo Zoe. “Ora puoi anche andare.”
“Mi dai il permesso, eh?”
“Wade,” mormorò la ragazza, a mo’ di avvertimento. 
“Cosa?” sorrise il biondino. “Volevo solo complimentarmi per il pigiama.” 
Zoe sussultò, puntando istintivamente lo sguardo su di sé: indossava solo gli slip e una canotta nera sbrindellata, non esattamente il massimo della castità. 
“Vattene,” squittì, coprendosi il petto con le braccia. “Parli tu poi!”
“Perché?” rise Wade. “Cos’avresti da dire?” 
“Possibile che tu non abbia magliette?” chiese, accennando con il capo al petto nudo del ragazzo. 
“Maglie…”
“Magliette, sì,” continuò. “Quelle cose che usualmente si indossano prima di uscire di casa.” 
“Io le indosserei,” ringhiò lui. “Se non fossi costretto da qualcuno a uscire di corsa.”
Zoe ruotò gli occhi, scettica. “Ma per favore!” sbuffò, dandogli le spalle. 
“Nessuno si è mai mostrato dispiaciuto di vedermi nudo, sai?”
“Ti sembro dispiaciuta?” 
Wade sussultò, sorpreso, assottigliando rapido lo sguardo. “Come?” 
Zoe gemette impercettibilmente, una mano che correva a coprirle la bocca. “Niente!” 
“Ero sicuro di aver sentito qualcosa.” 
“Ti sei sbagliato.”
“Eppure…” si avvicinò di un passo, il capo piegato. “…vuoi che mi vada a mettere una maglietta?” 
“Vai a casa, Wade,” mormorò Zoe, lanciandogli una rapida occhiata. 
“Torni a letto?”
“Cosa ti sembra che stia facendo?” 
“Hai sonno?” 
“Wade,” lo ammonì lei, poggiando un ginocchio sul materasso. 
“Ho fatto una semplice domanda.” 
“Sì,” sospirò, fissandolo seccata. “Ho sonno. Tu no?” 
“No,” scosse il capo lui. “Non esattamente.” 
“E hai intenzione di continuare a importunare me per ancora tanto tempo?” 
“Non mi hai detto una cosa.” 
“Cosa?”
“L’incubo,” sorrise Wade. “Cos’hai sognato?” 
Zoe puntò gli occhi sul pavimento, l’espressione concentrata.
“Non lo ricordo,” si strinse nelle spalle, tornando poi a guardarlo. “Ora vai, per favore?” 
Lui non rispose, gli occhi come incatenati a quelli della ragazza. 
Fu con uno scatto improvviso che la raggiunse, cogliendola di sorpresa. “No.” 
“Wade!” scattò lei, mugugnando basita sulle labbra del ragazzo. “Wade, cosa…?” 
Il mormorio scemò lentamente: si andò perdendo nella notte, soffuso. 
Zoe non capiva più niente. Un ginocchio ancora ben piantato sul letto, fece leva sul piede scalzo per sollevarsi di qualche centimetro e avere maggiore presa sulle labbra del ragazzo. Ci giocò, persa. 
“Wade,” mormorò, le mani che si poggiavano sulle spalle calde, trovandovi un supporto. 
“Cosa?” borbottò lui, spingendola sul letto con poca delicatezza. 
“Non mi dispiaci senza maglietta,” fece Zoe, staccandosi quel tanto che bastava a prendere aria. 
“Non mi dire,” ghignò il biondino, afferrando con due dita il bordo della canotta nera e facendo per sfilarla. 
“Che stai facendo?” spalancò gli occhi Zoe. 
“A te cosa sembra?” 
Lei si sollevò sui gomiti, guardandolo con attenzione. Mise rapidamente a confronto pro e contro. 
“Posso?” 
“Certo.”
La canotta volò lontano mentre Wade si avvicinò, raggiungendola in un battito di ciglia. 
Zoe gemette quando il ginocchio di lui si scontrò malamente contro una sua gamba.
“Scusa,” sorrise il ragazzo, affrettandosi a mordicchiarle un labbro.
Lei chiuse gli occhi, assaporando quella bocca non ancora ben conosciuta: giocò con quel gusto nuovo, le mani che percorrevano quel petto visto già tante volte e desiderato almeno la metà. 
Fu quando il ginocchio di lui rischiò nuovamente di schiacciarla che decise di prendere in mano la situazione: senza abbandonare quelle labbra voraci invertì rapidamente le posizioni, sistemandosi comodamente a cavalcioni del ragazzo. Infilò le dita fra i corti capelli biondi e sospirò, sorridendo. 
“Qualcosa non va?” sussurrò Wade, socchiudendo gli occhi. 
“Già,” annuì Zoe. “Hai ancora i pantaloni.” 
La risata di lui, soffice, le solleticò il collo mentre le dita di entrambi correvano a sbottonare i jeans.
Scivolarono via senza problemi, seguendo forse lo stesso percorso della canotta. 
“Meglio?”
Zoe annuì, piegandosi di nuovo su di lui, lo sguardo acceso. 
E fu in quel momento che l’urlo perforò la notte. 
Di nuovo.

 



 “Cosa?”
Wade entrò a passo di marcia, l’espressione infastidita. “Cosa?! Un altro fantasma, un mostro, un alligatore?” sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Non dirmi un ragno!” sibilò, irritato. 
“No,” scosse il capo lei, liberandosi dalle lenzuola. “Un… un incubo.” 
“Un incubo?” inarcò un sopracciglio Wade, passandosi ripetutamente una mano sul viso. 
“Sì, un incubo!” sbottò Zoe, saltando giù dal letto. “E se non sbaglio nessuno ti ha chiamato.” 
“Credevo…”
“Non dirlo!” strillò la ragazza, interrompendolo di colpo, terrorizzata. 
Wade la fissò, basito. “La tua follia mi spaventa sempre più, giorno dopo giorno.” 
“Porca di quella miseriaccia,” si stropicciò gli occhi Zoe, ancora scossa. 
“Si può sapere che razza di incubo era?” 
“No,” balbettò lei. “Era… era terrificante.”
“Pieno di ragni, scommetto.” 
Zoe fissò il ghigno del ragazzo, seccata, poi lo sguardo scese involontariamente sul petto nudo di lui.
“Sempre senza maglia tu, eh?” 
“Non è colpa mia se qualcuno urla sempre in piena notte.” 
“Hai ragione, scusa,” sbadigliò lei. “Vai pure a letto, Wade.”
“Non mi racconti l’incubo?”
“No,” fece lei, tornando a letto. “Sono certa che lo conosci già.”
Wade assottigliò lo sguardo, avviandosi verso l’uscita. “Non ti capisco.”
“Scommetto che è un tuo sogno ricorrente,” borbottò Zoe, serrando gli occhi e abbracciando il cuscino con forza. 
C’era solo da sperare che per quella notte le urla fossero finite. 

 

 

 

 

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