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Autore: Blackie_    20/11/2011    0 recensioni
Bill si sente vuoto. Un orfano tossicodipendente e disoccupato, condannato ad una vita solitaria ed infelice, unica compagna: l'Eroina.
Ma forse il destino ha voluto finalmente dargli una mano, forse l'incontro con Alexia, un angelo in gonnella dagli occhi blu, potrà davvero cambiargli la vita ed aiutarlo a ritrovare la speranza che ha perduto. Ma questo soltanto se anche lui lo desidererà davvero...
"Corro. Le scale sono ancora umide dal recente temporale, ma non scivolo. Corro. Non posso, non devo fermarmi. Corro. Ormai ho deciso, Se devo lasciare questo mondo andrò io stesso incontro alla morte, non le lascerò la soddisfazione di prendermi alla sprovvista. Corro. Corro e piango. Mi fermo, tutta la mia sicurezza va a puttane quando guardo giù dal tetto del palazzo… ma è troppo tardi per tornare indietro."
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: An Alien

Un'infermiera aiutò Bill a staccarsi di dosso i vari tubicini mentre cercava di rialzarsi. All'inizio gli girava un po' la testa, ma, contrariamente alle sue aspettative, le gambe riuscirono a reggerlo, anche se zoppicava un po'.
Si infilò la giacca di pelle, profumava ancora di lei nonostante fosse passata tutta la notte, sospirò, in quella giacca aveva anche nascosto la droga qualche minuto prima, e adesso gli sembrava che il lato sinistro del suo corpo pesasse molto di più del solito, cercò di ignorare la suggestione e di concentrarsi, piuttosto, su come mettere un piede davanti all'altro.
Prese l'autobus per tornare a casa, non aveva il biglietto, ma fortunatamente, quel giorno mancava il controllore.
Si perse ad ammirare la città fuori dal finestrino, la vedeva scorrere veloce, così estranea a lui, a dir la verità lui si era sempre sentito estraneo al mondo e alla vita.
La grigia città gli scorreva accanto imperterrita, la gente correva, rideva, piangeva…e lui si sentiva l'ignaro spettatore di un vivace film in bianco e nero sul quale non poteva avere alcun controllo , un film in lingua straniera, senza i sottotitoli, e lui non poteva comprenderlo. Come un alieno si muoveva per le strade di quella fredda mattinata di marzo che sembrava non voler fare arrivare la primavera.
La porta cigolò alla sua apertura, Bill entrò nella sua dimora, non gli era certo mancata nei suoi pochi giorni di convalescenza. Si sedette sul letto e chiuse gli occhi.
Silenzio. Solo un fottutissimo silenzio. Sembrava che in quella casa il tempo si fosse fermato, creando una dimensione alternativa che cominciava e finiva con quelle quattro mura scrostate. Bill annusò l'aria, sentendo il triste odore della solitudine e del silenzio…o forse era solo la muffa.
Scuotendo la testa, si tolse la giacca e andò a prendere in bagno il suo "set" da cucito, prima di morire, sua madre, che di mestiere faceva la sarta, era riuscita ad insegnargli qualcosa su come rammendare e ricamare. Col passare degli anni, parte di questi insegnamenti era svanita dalla mente di Bill, però si ricordava ancora come cucire un paio di tasche interne, cosa piuttosto utile. Data la vita che faceva, doveva avere sempre a portata di mano un coltellino o qualche altra arma, e inoltre, gli serviva un posto dove nascondere la droga. Guardò la sua "opera" ultimata, non nascondendo un po' di soddisfazione personale.
Poco dopo, però, l'occhio gli cadde sulla bustina posata a terra, la raccolse e lentamente l'aprì.
Diluì la droga liofilizzata con un po' d'acqua, poi , con gesti meccanici, ripetuti fin troppe volte, cominciò la preparazione. Prese la siringa e ne sterilizzò la punta, bruciandola leggermente con un accendino, poi chiuse la mano a pugno, per mettere meglio in evidenza le vene e cominciò a tastare il polso in cerca del punto giusto. Una volta trovato raccolse un po' del liquido con la siringa e poi, dopo un paio di respiri profondi, fece penetrare l'ago nella sua pelle, iniettando, con movimenti ritmici, la droga nelle sue vene.
Non fece effetto subito, ci volle un po' perché cominciasse a viaggiare fuori dal mondo, ogni cosa si faceva strana, strana e bella, e finalmente, lasciò perdere il dolore di ogni giorno con un sorriso folle sulle labbra

Non appartengo a questo mondo, è inutile che provi a conviverci… Quando viaggio sto bene, quando viaggio non soffro più, lasciatemi qui, lasciatemi andare alla deriva nell'infinito mare dell'oscuro universo, lasciatemi bruciare tra le stelle, non sono umano e non lo sarò mai più…
Ora sono un Alieno.


Non pensava alle conseguenze di quel gesto, o almeno, non voleva pensarci. Certo, sapeva che probabilmente non sarebbe andato avanti a lungo così facendo, ma non gli importava, era inutile provare a cambiarsi, ormai si era totalmente abbandonato al suo destino, la vita aveva vinto su di lui e non poteva farci più niente.
Rimase lì per tutta la notte, steso sul pavimento, respirando affannosamente e svegliandosi ripetutamente, finché, alle sei di mattina, dopo il vano tentativo di addormentarsi un'altra volta decise di alzarsi.
Le ossa gli dolevano a causa della nottata passata sulle dure assi di legno, in qualche modo finiva sempre per terra ogni volta che si faceva una dose, ma la cosa non lo toccava più di tanto. Dato che quel giorno sarebbe stata la sua unica possibilità di trovare lavoro, decise di sistemarsi un minimo, la prima impressione è quella che conta di più.
Si spogliò, notando con orrore, i lividi violacei lungo tutto il corpo, sospirò.
Con le dita arrivò fino al suo collo, dove erano appese due piccole catenine, con i piccoli ciondoli dorati, uno a forma di "B" e l'altro di "T", glieli avevano regalati al a nascita, a lui e a suo fratello, ma adesso Bill li portava entrambi.
Nonostante non fossero molto grandi, erano comunque d'oro, Probabilmente poteva ricavarci qualcosa, ma avrebbe preferito vendersi l'anima, piuttosto che separarsi da quegli ultimi ricordi.

Jorg allacciò le catenine attorno all'esile collo dei due neonati
-Ecco fatto- Disse con un sorriso soddisfatto -Così non avremo problemi a distinguerli-
-Parla per te!- Esclamò Simone -Io riesco a riconoscerli perfettamente, li ho partoriti io-
Incrociò le braccia, fingendosi offesa, Jorg rise:
-Ti amo anche se sei permalosa, Cara!-
La donna inarcò il sopracciglio -Non cercare di ammorbidirmi-
Non riuscì, però, a mantenere il broncio, quando le labbra di lui si dischiusero per un dolce bacio da innamorati.



-Merda!- Esclamò colpendo lo specchio con il palmo della mano, non sopportava quando quei ricordi gli tornavano alla mente, colpendolo come una lama affilata, che gli ricordava quanto andasse bene la sua vita prima. Forse era proprio per questo, forse la sua vita era andata fin troppo bene e ad un certo punto il mondo ha voluto indietro tutto ciò che gli aveva dato
-Che merda!- Esclamò scuotendo la testa rassegnato.
Cominciò a lavarsi sotto alla doccia, dalla quale usciva soltanto acqua fredda, ma tanto, ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Dopo essersi asciugato si pettinò i capelli all'indietro e indossò una maglietta nera e un paio di vecchi jeans sopra alle sue solite scarpe. Studiò il suo riflesso allo specchio e si giudicò abbastanza passabile, indugiò soprattutto sul viso e si maledisse di non avere del fondotinta per mascherare le due cicatrici, quei due segni sul viso gli ricordavano la sua condanna, così come i buchi della siringa sui polsi e qualche altro segno che aveva sparso lungo il corpo.
Oltre al fondotinta lui era solito truccarsi gli occhi di nero, ma da un po' non aveva più matita e ombretto, la cosa non gli importava più di tanto, quel giorno, però, avrebbe davvero voluto truccarsi.
Scrollò le spalle con noncuranza, poi guardò l'orologio. Erano appena le sette, avrebbe dovuto aspettare un'ora prima di partire, guardò la siringa che si trovava ancora a terra ed ebbe quasi la tentazione di farsi un altro viaggio, ma poi constatò che avrebbe potuto non svegliarsi in tempo, e di quel lavoro ne aveva bisogno.
Le lancette dell'orologio scorsero lente, ma finalmente Bill si alzò dal letto, dove era rimasto a guardare il soffitto. Prima di uscire fasciò entrambe le braccia con due polsini di spugna neri, in modo da coprire perfettamente i segni sui polsi, poi indossò la giacca che gli aveva regalato Alexia ed uscì.

 
  
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