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Autore: AlexDavis    21/11/2011    19 recensioni
Rosalie si sta per sposare, ma ha qualche dubbio e quindi scappa lasciando sua sorella gemella, Bella, a fingersi lei con il fidsanzato Edward.
Bella ha sempre considerato Edward uno strafigo, cosa succederà adesso che dovrà passare con lui moooolto tempo?
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Si, lo so dovrei aggiornare 'Innamorato di mia madre' e invece vengo qui con un'altra storia. Sono scema, lo so.
Chi già mi conosce saprà di cosa sto parlando, ma a chi non mi ha mai letto dico 'Benvenute'.
Sono Mary, anche se tutti mi conosceranno come Alex, non sono nuovadi qui posso considerarmi una veterana. Ho scritto molte storie in questo contest, ne ho due in corso 'Lo stagista sexy' e appunto 'Innamorato di mia madre', ne stavo scrivendo un'altra 'The Show Must Go On' ma l'ho eliminata perchè non mi piace, ma ritornerò con lei rivisionata. Ne sto scrivendo un altra tra le originali 'Due magnetici occhi azzurri'.
Questa storia mi è venuta in mente mentre stavo lavando i pieatti ieri, le mie idee mi vengono sempre quando sono sommersa dall'acqua, anche in doccia  o sotto la pioggia. L'acqua mi apre la mente, direi.
Cmq ritornando alla storia...Bella è una giornalista per un importante giornale newyorkese e si ritroverà in un situazione alquanto strana e pericolosa. Sua sorella gemella scappa qualche settimana prima del matrimonio e a lei toccherà recitare la sua parte con il fidanzato Edward. Il problema non è chissà quanto grave, ma BElla ha sempre avuto un debole per Edward, quindi sarà davvero difficile.
Spero vi piaccia.
Buonalettura.
xoxo Alex



Capitolo 1


 

Quella mattina tutto era cominciato come al solito. Sveglia alle sei e mezza, corsetta a Central Park alle sette, colazione alle otto, metropolitana alle otto e trenta e in ufficio alle nove. Sempre in perfetto orario e in perfette condizioni.
La mia segretaria appena entrata mi aveva sorriso e porto dei foglietti con dei messaggi. Quelli della sera prima che non avevo preso perché ero uscita un’ora prima e quelli di quella mattina, di persone che non aspettavano neanche che io entrassi e già mi martellavano.
Sono caporedattrice della sezione narrativa del New Yorker. Il mio lavoro consiste nel selezionare i racconti o i saggi che i miei collaboratori selezionano tra quelli che ci arrivano. La mia sezione va abbastanza bene anche perché New York è piena di persone con qualcosa da dire.
Appena entrai nel mio enorme ufficio con un altrettanta enorme vetrata che dava direttamente su New York, feci un grosso respiro e poi mi spuntò il solito sorriso soddisfatto. Quando avevo scelto la facoltà di giornalismo nessuno credeva in me, perché sono sempre stata una dalle mille idee e dai mille fallimenti o abbandoni. Quando avevo deciso di andare all’università e lo avevo comunicato ai miei mi avevano riso in faccia pensando che stessi dicendo un’altra delle mie stronzate, ma quando si erano resi conto della mia faccia seria e della determinazione che ospitava i miei occhi avevano tentato in tutti i modi di farmi cambiare idea, ma non ci erano riusciti. Mio padre mi aveva posto una condizione, lui avrebbe pagato la prima retta, ma appena avrebbe visto che le cose andavano male sarei dovuta andare a lavorare con lui in azienda. Mio padre ha un azienda di import ed export ed io avrei dovuto fargli da segretaria. Un pacchia, praticamente. Ma non era stato così, avevo portato a termine i cinque anni di università e ne ero uscita con il massimo dei voti rendendo orgogliosi tutti in specialmodo mia sorella.
Io e mia sorella siamo gemelle, abbiamo pochi minuti di differenza. Si chiama Rosalie ed è un vero angelo. Nonostante nessuno mi considerasse, lei è sempre stata l’unica che ha creduto in me fin dall’inizio anche quando facendo di tutto per deludere le persone. Lei era sempre lì con un sorriso o una carezza. Abbiamo frequentato la stessa università, solo che lei è diventata un avvocato un ottimo avvocato.
Siamo sempre stato l’una l’opposto dell’altra, ma nessuno si ama come ci amiamo noi. Lei è quella calma, ed io la casinista; lei è l’orgoglio di tutti ed io lo scarto; lei è l’angelo ed io la pecora nera; lei ha un fidanzato ed io passo da un letto all’altra con la stessa facilità con cui mia sorella cambiare le sue caste mutande. Ma questa nostra differenza e la differenza nel modo in cui ci vedevano gli altri, non ci ha mai toccate più di tanto. Non mi sono mai sentita ingannata o presa in giro da lei, né ho provato gelosia o invidia nei suoi confronti. Sapevo che era così, conoscevo i miei limiti e i miei difetti e conoscevo i pregi e le meraviglie di mia sorella.
La cosa che penso tutte le gemelle abbiano è che si è in grado di capire lo stato d’animo dell’altra senza neanche guardarla, è una sensazione a pelle. Come se l’anima fosse legata all’altra.
E in quelle due settimane nonostante Rose facesse di tutto per negarlo, qualcosa la turbava, ma se non me ne parlava lei non potevo costringerla. Conoscevo abbastanza bene mia sorella da sapere che aveva bisogno del tempo per aprirsi.
Quindi quella mattina in ufficio mi parve strano trovare quattro messaggi tutti suoi. Non feci neanche in tempo ad appoggiare il leggero cardigan sull’attaccapanni che il cellulare mi squillò, pescai nella borsa e quando lo trovai risposi senza neanche vedere chi fosse.
<< Bella, sono io. >> mi rispose mia sorella con voce strana.
<< Che succede, Rose? >> chiesi preoccupata.
Rimase in silenzio. << Sei in ufficio? Ho bisogno di parlarti da vicino. >>
<< Sono qui, ti aspetto. >> e riattaccai.
Calcolai che le servisse almeno un quarto d’ora per arrivare da casa sua al mio ufficio, quindi firmai alcune carte che mi aveva rimasto Jenna sulla scrivania, feci una telefonata e posai alcuni racconti sulla scrivania dei miei ragazzi che poi avrebbero mandato il tutto in stampa. Quando mia sorella uscì dall’ascensore io la stavo aspettando vicino alla porta del mio ufficio, mi indirizzò un sorriso che era la pessima imitazione del suo solito.
<< Vuoi un caffè? >> le chiesi avvicinandomi alla macchinetta.
Scosse la testa. << Un tè, grazie. >>
Ecco un’altra differenza. Lei aveva la fissa per il tè e le cose genuine, io amavo il caffè e facevo indigestione di cheeseburger e patatine.
Preparai il caffè e il tè alle erbe e mi accomodai di fianco a lei. La vedevo strana e sciupata, con profende occhiaie sotto agli occhi segno che era da molto che non dormiva bene.
<< Rose, cosa ti succede? >> le chiesi dolcemente appoggiandole la mano sulla gamba
Lei scosse la testa e si alzò sospirando. << Ti sei mai trovata in una situazione senza sapere come ci sei entrata? >>
Annuii. << Quasi sempre, ma questo è alla Bella Swan. >> le dissi facendola sorridere.
Ma ritornò subito seria. << Ho sempre avuto sotto controllo tutto. La mia vita, il mio lavoro, tutto, ma adesso non….mi sento compressa, Bella, mi sento sottovuoto. >> disse guardandomi.
Mi alzai e mi avvicinai a lei. << Cos’è che ti comprime? >>
Lei scosse la testa. << Non lo so… davvero, non riesco a capire cosa… >>
Le afferrai le mani tra le mie. << Rose, c’è bisogno che ti ricordi chi hai davanti? Tu sai qual è il problema, perché non me lo dici? Ti sentirai meglio. >>
Lei sospirò e sorrise amaramente. << Già. >> poi si appoggiò alla scrivania. << Edward… >> sospirò.
Edward era il suo fidanzato strafigo con cui molte volte avevo sognato di farci sesso, ma era off-limits per me. Non voglio dire di essere una santa, perché avevo avuto relazioni anche con uomini sposati o fidanzati e non mi ero mai fatta nessuno scrupolo, ma il fidanzato di tua sorella per di più gemella è proprio un campo minato impossibile da battere.  Ma nessuno mi aveva mai vietato di masturbarmi pensando a lui ed era stato davvero appagante devo dire. Edward era uno dei soci dello studio legale dove lavorava mia sorella e si era conosciuti proprio lì, si erano messi insieme e poi avevano deciso di fidanzarsi e da li ad un mese circa ci sarebbe stato il matrimonio. Quando me lo aveva presentato mi era sembrato di presentarmi ad un cubetto di ghiaccio, tanto fosse freddo e distaccato e non lo era solo con me. Trattava nella stessa maniera mia sorella che non era da meno. La loro storia per me non aveva mai avuto senso, perché non erano innamorati l’uno dell’altra, ma stavano insieme perché era comodo ad entrambi. Edward e mia sorella erano i tipi che dedicavano la loro intera vita al lavoro e a nient’altro e quando avevano trovato nell’altro un appiglio, si erano messi insieme. Si piacevano certo, perché era davvero il colmo se non si piacessero, ma non c’era passione ne desiderio a quanto ne sapevo io, non erano andati neanche a letto insieme una volta. Cosa che per me era inconcepibile, se io fossi fidanzata con uno come Edward a prescindere dal motivo ci avrei fatto sesso e non una sola volta.
<< Cosa succede con Edward? >> chiese imitando la sua posizione.
Lei fece spallucce. << Questa cosa del matrimonio e tutto il resto… mi rende nervosa. >>
<< Ti sei resa conto finalmente che il motivo non stava in piedi? >> le chiesi più acida del solito.
Lei mi lanciò un’occhiataccia. << Non è questo è che io avevo immaginato qualcosa di piccolo e intimo. Io, tu, Edward e suo fratello. Gli sposi e i testimoni. >>
Finalmente capii. Rosalie fin dall’inizio aveva detto che voleva qualcosa di intimo, ma appena nostra madre aveva saputo del fidanzamento si era messa all’opera dicendo di voler organizzare il matrimonio del secolo, un matrimonio che sarebbe rimasto sulla bocca di tutti per anni. Nessuno era riuscito a farla calmare e quindi Rosalie aveva accettato tutto, ma adesso la cosa non le stava più bene e di certo io non la potevo biasimare. Mia madre era un tipetto davvero esasperante.
<< E fallo, no? Andate fuori per il week-end, trovate un chiesetta e sposatevi. >> le dissi non capendo cosa glielo stesse impedendo.
<< E dopo? Chi lo dirà alla mamma, chi arginerà il fiume di lacrime e di lamentele? Lei ha speso tutti i suoi sogni su di me e il matrimonio. >>
Forse mia madre aveva ragione ad essere così presa ed entusiasma per questo matrimonio, perché glielo avevo detto chiaro e tondo che non mi sarei sposata e se mai l’avessi fatto sarei andata a Las Vegas in un di quelle carinissime chiesette dove dopo ti davano le tazze e quant’altro con i vostri nomi e le vostre facce sorridenti. Non sapevo se davvero fosse così, l’avevo visto in un film, ma ero curiosa di scoprirlo.
Quando le avevo detto questo mia madre era andata su tutte le furie, aveva cominciato a sbraitare. << Hai trent’anni non puoi continuare a fare la ragazzina per sempre. >> aveva urlato.
Io con calma le avevo sorriso. << Continuerò a fare sesso libero per sempre, mamma, cosa c’è di meglio? >>
Mia madre a quella risposta era quasi svenuta e mia sorella, con un sorriso divertito sul viso, le aveva sventolato una mano davanti la faccia per calmarla. Fortuna che mio padre non c’era o mi avrebbe segregata a vita.
Feci spallucce. << Cosa vuoi che sia, si rassegnerà. >> le dissi tranquillamente quasi con indifferenza.
Lei sbuffò. << Prenderai mai qualcosa con la giusta preoccupazione? >>
Scossi la testa. << Dovresti saperlo, no? >> dissi alzandomi avvicinandomi alla tazza di caffè che avevo rimasto sul tavolino.
La riempii un altro po’ e la bevvi sotto lo sguardo rassegnato di mia sorella. Ormai si limitava solo a quelli perché sapeva che con le parole non mi sarei convinta, perché la mia vita mi piaceva troppo così com’era.
Avevo un lavoro che mi piaceva e che permetteva di mantenermi un modesto attico e fare una vita agita; avevo un comitiva di amici molto unita e in continua espansione; avevo uno scopamico fisso e altri con cui mi divertivo ogni tanto. Cosa potevo chiedere di più?
Sospirò. << Che devo fare? >> chiese più a se stessa che a me.
Feci spallucce. << Intanto potresti prenderti un giorno a lavoro e passare la giornata con me al centro estetico, hai un aspetto orribile. >>
Lei s’imbronciò avvicinandosi allo specchio che avevo appeso sulla parete di fianco alla scrivania. << Faccio tanto schifo? >> chiese toccandosi le guance.
Annuii. << Tanto. Andiamo? >> le chiesi facendole segno verso la porta.
Lei sospirò. << Vorrei tanto, ma ho un’udienza tra meno di due ore e mi conviene anche andare. >> disse poi dirigendosi verso la porta oscillando sui suoi tacchi.
Infatti la mise era quella da udienze, un tailleur giacca e gonna a vita alta nero ed una camicetta grigio perla. Uno stretto chignon professionale e del trucco leggero per non apparire una stupida.
<< Vai, tigre. >> la incitai.
Lei ridacchiò e mi mandò un bacio. << Ci sentiamo stasera, okey? Fai la brava. >> si raccomandò poi prima di uscire.
Se, fai la brava, come se per me fosse facile.
 
Poche spinte e arrivai con un urlo strozzato mentre Jacob mi dava un morso sulla spalla. Quando i respiri si regolarizzarono, ci alzammo dalla mia scrivania e cominciammo a vestirci.
<< Come stai, Bells? >> mi chiese.
Io e Jacob eravamo migliori amici da una vita e ogni tanto ci divertivamo in quel modo, ma tra me e lui non era mai cambiato nulla. Lui era innamorato di una ragazza che neanche lo calcolava ed io er ben lieta di fargli dimenticare i problemi, anche perché Jacob era davvero bravo a letto.
<< Sto bene, tu? Leah? >>
Jacob fece spallucce abbottonandosi gli ultimi bottoni della giacca. Jacob era il contabile di un’azienda che aveva la sede di fianco al palazzo del mio giornale, quindi passavamo tutte le pause pranzo insieme o io da lui o lui da me come quel giorno.
<< Sta con un tatuato cocainomane del cazzo! >> disse sbuffando.
Sorrisi intenerita e mi avvicinai a lui accarezzandogli un braccio. << Ma perché non la lasci perdere, Jake? Ti sta solo facendo soffrire, non merita altro. >>
Lui mi guardò e annuì sconfitto. << Posso lasciarla perdere, ma posso smettere di amarla? >> mi chiese poi.
Scossi la testa. << Non può spegnere un interruttore, ci vuole del tempo, ma tu comincia a pensare ad altro. >>
Lui annuì poi mi guardò in modo malizioso ed io ridacchiai. << No, è tardi, devo lavorare. >>
Lui sbuffò e mi strinse da dietro. << Sarà una cosa veloce. >> mi disse all’orecchio mordendomi poi il lobo.
Scossi la testa, ma non lo fermai quando mi alzò la gonna, mi abbassò gli sleep e mi fece stendere con il petto sulla scrivania. Mi piaceva farlo in quella posizione, potevo sentirlo meglio e più in fondo. Non capivo perché le ragazze odiassero il sesso anale, perché pensassero che fosse una cosa da film porno. Anche il sesso orale può sembrare da porno, ma intanto lo facevano. Io facevo entrambe le cose, non mi ero mai negata nulla e ne avevo negato nulla a qualcuno. Era una ragazza parecchio disponibile.
Certo qualcuno potrebbe pensare che sono una puttana e che dovrei vergognarmi, ma a me piace il sesso perché dovrei frenarmi solo pensando a cosa potrebbe dire di me la gente.
Jacob entrò dentro di me lentamente e dopo avermi fatto abituare alla sua presenza cominciò a muoversi lentamente, ma con un ritmo cadenzato, come piaceva a me.
<< Vuoi ancora che me ne vada? >> mi chiese ansimando
Scossi la testa e ad una prima scossa di piacere afferrai la scrivania e mi tenni per evitare di crollare visto che le gambe mi erano diventate molli. Dopo qualche spinta venni e Jacob subito mi seguì accasciandosi sulla mia schiena.
<< Ah bhe Isabella Swan, in quanto a dimenticare le cose, sei bravissima. >> mi disse ed io ridacchiai.
Jacob se ne andò dieci minuti dopo lasciandomi da sola con i miei innumerevoli racconti da leggere. Dovevo essere brava a sceglierne perché poteva essere che qualcun potesse far fortuna scrivendo poi un libro e in un certo senso il futuro di quelle persone era nelle mie mani.
Erano le sei quando il mio telefono squillò. Era mia madre.
Feci un grosso respiro e risposi. << Ciao mamma. >>
La sentii sbuffare. << Perché mi sembra sempre che tu non abbia voglia di parlare con me? >>
<< Perché forse è davvero così? >> chiesi sicura di farla irritare.
<< Bhe oggi mi trovi male perché non ho voglia di stare alle tue provocazioni. Hai sentito tua sorella? >> mi chiese poi assumendo un tono preoccupato.
Anche lei aveva notato che qualcosa in Rose era cambiata in quel periodo. Era una madre assillate e insopportabile, ma ci amava e soffriva vedendoci preoccupate o strane.  Era un’ottima madre, dopotutto.
<< E’ venuta da me in ufficio questa mattina poi non l’ho sentita più. Perché, è successo qualcosa? >> chiesi poi preoccupandomi anche io.
<< Ha chiamato Edward dicendo che non riusciva a trovarla ne a rintracciarla e adesso mi sto preoccupando anche io. >>
Sospirai. << Adesso ci provo io e ti faccio sapere così chiami Edward. >> e riattaccai senza neanche darle il tempo di rispondere.
Rose, ma che stai facendo? chiesi al nulla.
Andai sulla rubrica per trovare il suo numero quando la casella postale mi informò che c’era un e-mail per me proprio da parte di Rosalie. L’aprii trepidante e quando la lessi per poco non mi cadde la mascella a terra. Ma si era bevuta il cervello?
 
Ciao sorellina, lo so che ci siamo viste stamattina e so anche che avevi ragione, ma non ce la faccio. Vado qualche giorno fuori città a cercare di capire che cosa voglio, sta tranquilla mi farò sentire io.
Non dire nulla alla mamma e ne a papà e neanche ad Edward, inventati qualcosa.  
Ti ricordi quando da piccole giocavamo a scambiarci i ruoli?  Bhe dovresti farlo anche adesso. Fingiti me con Edward, lui non se ne accorgerà mai.
Ti devo un favore.
Rose.  


 

   
 
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