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Autore: Nike93    21/11/2011    0 recensioni
– Lo intitolerò… Ritratto di giovane tenente. A tanti artisti piaceva questo genere di titolo.
- Uhm… Un po’ anonimo.
- Perché? Ambisci alla celebrità?
E giù a ridere come sciocchi, o forse solo come innamorati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se ho provato momenti di entusiasmo, li devo all'arte;

eppure, quanta vanità in essa!

Voler raffigurare l'uomo in un blocco di pietra o l'anima attraverso le parole,

i sentimenti con dei suoni e la natura su una tela verniciata.

Gustave Flaubert

 

 

Art © me

 

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Qualcosa che non si poteva dire di Luca era che non si dimostrasse entusiasta anche solo verso le più assolute futilità. Era difficile elencare tutte le fonti di un suo sguardo interessato o di un sorriso piacevolmente sorpreso. Tanto il volo di una farfalla quanto una canzone sentita per caso, tanto una certa luce che filtrava tra le foglie di un albero quanto un particolare sguardo sul volto di una persona erano capaci di emozionarlo, di scuoterlo quel tanto che bastava a fargli desiderare di imprimere su carta quel momento.

Tant’è vero che Luca sembrava vivere circondato da fogli di carta, gessetti, carboncini e qualunque cosa potesse servire a “fermare un momento”. Era buffissima, quella figuretta letteralmente sommersa di tutta quella roba, e dolcissima la sua espressione mentre disegnava, con la dedizione di bambino e, insieme, di artista maturo. Luca non avrebbe mai preteso di essere un artista, non pensava che la capacità di ricreare su carta forme vive e realistiche fosse un dono. Considerava tale, piuttosto, quel suo particolare senso del bello, secondo il quale tutto era bello, semplicemente perché era stato creato e doveva trovare una propria ragion d’essere. In fondo, cosa se ne sarebbe fatto di un occhio allenato e una buona mano, senza il desiderio – il bisogno – di appropriarsi di quella sconfinata oasi di bellezza?

Walter aveva smesso da tempo di rimbrottarlo per quella sua fissazione, come l’aveva chiamata all’inizio, quando era ancora ben lontano dall’immaginare cosa significasse davvero. In seguito si era dato più volte dell’idiota, come se avesse indirettamente preteso che il ragazzo sbandierasse ai quattro venti ciò che gli piaceva fare, per capirlo. Era vero, quando si conoscevano ancora poco, non era con timidezza che Luca gli aveva mostrato i suoi disegni, ma certo non si poteva dire che glieli avesse messi in mano di sua spontanea volontà. Era che quello strano sentimento provato dal tenente fin dall’inizio – la curiosità – lo aveva spinto fin lì, in terre che in passato non si sarebbe scomodato ad esplorare, ma che adesso lo affascinavano come un’oasi nel deserto.

Ad ogni modo, ora, lungi dall’infastidirlo, la visione di Luca concentrato nel suo piccolo mondo di carta e grafite era diventata un’abitudine, forse la più rassicurante. Il ragazzo si trascinava dietro tutta quella gran quantità di materiale anche quando andavano a rifugiarsi per qualche ora al lago, come ormai solevano fare ogni domenica. Passavano del tempo – che mai sarebbero riusciti a quantificare – semplicemente abbracciati, a restituirsi vicendevolmente tutto quello che una settimana di vita in caserma aveva rubato al loro naturale bisogno di sentirsi, di stare insieme nel modo più naturale e, a dispetto di tutto, innocente possibile. Anche solo un’ora passata a chiacchierare degli argomenti più inutili era impagabile.

E impagabile era anche quell’oretta che Luca passava a disegnare, steso a pancia in giù sull’erba o accoccolato tra le braccia dell’amante, ma comunque sotto il suo sguardo rilassato e attento. Walter lo osservava in ogni dettaglio, adorava il leggero aggrottarsi delle sopracciglia scure e la lingua stretta tra i denti quando Luca si avventurava in immagini complesse, lo faceva impazzire il modo in cui il moro guardava la figura fiorire sotto le sue stesse mani: era il modo in cui lui stesso avrebbe voluto imparare a guardare il mondo, molto tempo prima – con amore, con speranza. Walter non era geloso di quel po’ di tempo che Luca sottraeva ai baci e alle carezze, perché nulla gli impediva comunque di sfiorargli i capelli o posare baci leggeri sul suo collo. Luca sorrideva, sussultava appena, gli si avvicinava di più, e intanto continuava a disegnare.

Era quanto di più vicino al Paradiso potessero immaginare.

E faceva venire voglia di scherzare come ragazzini.

- Metti che un giorno divento famoso,  – disse una volta Luca, – tu che fai?

Era impossibile non capire che voleva solo giocare, come sempre. – Famoso? Mh, non credo… Se dipingessi qualche bel quadro monumentale, forse…

- Sei ingiusto! Organizzano un sacco di mostre per esporre gli schizzi degli artisti famosi!

- Sì, ma non è per quelli che gli artisti diventano famosi!

Luca borbottò qualcosa d’incomprensibile, sforzandosi oltre ogni dire per non scoppiare a ridere e continuare a fingersi serio. – Sei solo geloso, – ridacchiò, mentre Walter già rinunciava alla recita per attirarlo tra le proprie braccia e premergli un bacio sulla fronte. – No, è inutile che mi baci! Vedrai… quando diventerò un pittore di fama mondiale esporrò per primo il ritratto di un soldato italiano… alto, imponente, con gli occhi chiari… – Sorrisero simultaneamente, non ancora stanchi di giocare. – Tutte le donne che lo vedranno non riusciranno più ad innamorarsi di un altro uomo, e tutti gli uomini desidereranno assomigliargli.

- Davvero? E come lo intitolerai?

Luca ci pensò su per un po’ mentre Walter, divertito, lo cullava in un abbraccio caldo. – Lo intitolerò… Ritratto di giovane tenente. A tanti artisti piaceva questo genere di titolo.

- Uhm… Un po’ anonimo.

- Perché? Ambisci alla celebrità?

E giù a ridere come sciocchi, o forse solo come innamorati.

A Luca non sarebbe importato nulla di diventare famoso, lo sapevano entrambi. Con i suoi disegni voleva solo regalare qualcosa di piacevole a chiunque lo desiderasse. Non era importante che le persone ricordassero chi aveva disegnato quelle figure: era solo questione di nomi, la sensazione regalata rimaneva la stessa. Il più delle volte non firmava nemmeno i suoi schizzi.

- E poi non ti riconoscerebbe nessuno…

Walter ridacchiò. – Non buttarti giù. I tuoi ritratti sono sempre abbastanza somiglianti agli originali.

- Può darsi. Ma io ti vedo in modo diverso da come ti vedono gli altri.

Il biondo non ribatté, perché sapeva perfettamente cosa intendesse il suo amante. Non era una questione di fisionomia. Luca non era un disegnatore così esperto da riuscire a rendere subito riconoscibili tutti i soggetti dei suoi ritratti. Era solo che quelle linee pulsavano di vita, respiravano. Per riconoscere i suoi soggetti bastava semplicemente interpretare quale sentimento, quale indole si celasse dietro i loro occhi, nelle rughe d’espressione, nella piega delle labbra. Allora, ogni volto diventava inconfondibile, unico.

- Questo non ha importanza, – disse infine il biondo, dopo qualche secondo di silenzio. – Mi piace il modo in cui mi vedi.

Era vero. Bastava dare solo un’occhiata ai numerosi ritratti di Walter per intuire quanta forza e, insieme, quanta tenerezza Luca vedesse in lui. Era un’immagine che aveva trovato quasi irreale, all’inizio. Adesso era semplicemente l’immagine che Luca aveva di lui, e tanto gli bastava.

- Mmh… – Il moro parve farsi pensieroso. – Non penso che tu sappia davvero come ti vedo.

- Perché?

- Perché non sono ancora riuscito a disegnarlo. – Walter lo guardò confuso. Luca lo aveva ritratto così tante volte da perdere il conto. Vedendo la sua espressione, il ragazzo rise. – Lo so cosa stai pensando! Comunque è la verità, non ci sono ancora riuscito. – Lo guardò inclinando la testa e, con un sorrisetto giocoso, portò un dito sulle sue labbra, segnandone delicatamente il contorno. – Lei è una complicata fonte d’ispirazione, giovane tenente. Potrei ritrarla mille volte, ma sento di non essere mai in grado di catturare la sua essenza.

Walter sospirò sorridendo. Avrebbe voluto dirgli che lui, la sua essenza, l’aveva catturata già da molto tempo, senza bisogno di riprodurla su un foglio. Sentiva di esistere solo in funzione della sua presenza, senza la quale sarebbe sprofondato nel baratro della nullità che era stato per anni, prima di incontrarlo. Non era abbastanza?

- O forse tu sei un artista troppo pretenzioso, che ne dici? – mormorò Walter con un sorriso leggero, scostandogli un ciuffo di capelli dal viso. Luca sorrise a sua volta, godendosi quella breve carezza e il bacio che seguì. Avrebbe potuto ripetergli mille volte che lo amava, ma non sarebbe mai riuscito a spiegargli l’entità di quella cosa che avrebbe voluto rappresentare, il suo sentirsi piccolo di fronte a quella grandezza d’animo che lo faceva innamorare ogni giorno di più. Forse Walter non avrebbe capito. Il suo meraviglioso, dolcissimo giovane tenente era la persona più straordinaria che avesse mai incontrato, ma sapeva quanto, inconsapevolmente, lui si svilisse. Era sicuro che  non immaginasse nemmeno la potenza di quel sentimento, che non sospettasse quanto lo sconquassava quel suo essere grande. Di una grandezza che non poteva essere espressa tratteggiando un volto, uno sguardo. Una grandezza che avrebbe dovuto farli esplodere, quei lineamenti di carta, perché un qualunque generico osservatore immaginasse. Una grandezza che non poteva essere rappresentata se non nelle linee e nelle macchie di un’opera astratta, o forse nel candore perfetto di un foglio intoccato, ma pregno di emozione, di aspettativa, di sguardi. Ecco, sì, forse…

Erano rimasti in silenzio per svariati minuti, le dita intrecciate e gli sguardi persi. Walter aveva visto Luca allontanarsi pian piano con la mente, rincorrendo chissà quali pensieri. Se lo conosceva bene, quella sera stessa sarebbe arrivato di corsa nella sua stanza, portandosi dietro fogli e foglietti e cominciando subito a lavorare, in cerca di quell’”essenza”. Si sarebbe divertito come sempre, sarebbe stato a guardarlo come sempre. E magari gli avrebbe detto che era inutile faticare, che ce l’aveva fatta già molto tempo prima.

Trattenne una risata come se la scena si stesse già svolgendo davanti ai suoi occhi e carezzò il volto del suo piccolo, facendolo voltare verso di sé.

- Potrà essere anche una tela completamente bianca, – sussurrò, – tutta bianca e senza titolo. Ma la riconoscerò tra tutte le altre, e per me rimarrà sempre il “ritratto di giovane tenente”.

Luca stentò quasi a credere a ciò che aveva appena sentito. Sorrise di un sorriso pieno, felice, e gli circondò la vita con le braccia, premendo il viso contro il suo petto largo. Forse, in realtà, quell’essenza l’aveva già catturata. Se la persona che amava era capace di riconoscersi in essa, quando la sua mano troppo incerta l’aveva appena tratteggiata, allora sì, l’aveva fatta propria già da molto tempo.

 

 

 

 

Note: Piccolo frutto di un’ispirazione estemporanea.

I personaggi sono di fantasia, proprietà mia e di egittofona.

  
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