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Autore: Moretta_95    21/11/2011    0 recensioni
Voci su voci, ombre, tante ombre apparvero improvvisamente, quando sbattendo le palpebre mi resi conto del luogo in cui ero.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi svegliai sentii il mio copro gelido,freddo. Il mio sguardo era appannato,non riuscivo a distinguere nessun oggetto, solo una luce, solamente una luce chiara e abbagliante vedevo davanti a me. Voci su voci, ombre, tante ombre apparvero improvvisamente, quando sbattendo le palpebre mi resi conto del luogo in cui ero. Una sala piccola e con poca luce, solo una finestra in alto sopra di me riusciva ad illuminare un angolo e lì un vaso e dentro fiori secchi come appassiti dal caldo o dalla mancanza di acqua. Io ero sdraiata su di un piccolo lettino, scomodo, con due cuscini che mi sorreggevano il capo, lenzuoli bianchi, segnati dalla ruggine,invecchiati, di un tessuto che provocava prurito lungo il corpo. Intorno a me persone, tante persone, avevano addosso un camice bianco con una piccola targhetta a destra che indicava il proprio nome,parlavano,dicevano cose incomprensibili in una lingua a me sconosciuta. I loro occhi scuri erano puntati su di me alcuni avevano in mano un piccolo blocco dove annotavano informazioni,ma di preciso non so cosa. Un signorotto vestito elegante, alto e con un fazzolettino rosso nel taschino della sua giacca blu scura che lo rendeva alquanto imponente, mi si avvicino e mi disse:
-Mi senti? Va tutto bene?
Era l’unico che parlava la mia lingua, l’unico che capivo anche se a volte ricominciava a parlare con quelle persone che a questo punto posso definire medici. Finalmente riuscii a ricordare, ma come fosse possibile che io sia qui,ora e in queste condizioni? La mia mente era ancora oscurata, i ricordi andavano e venivano,piccoli flash apparivano e scomparivano come onde del mare che toccano la riva e improvvisamente ritornano al loro posto. Io non risposi all’uomo,era come se dalla bocca non riuscissi a far uscire parola alcuna, la mia voce era bloccata, né un suono né una sillaba. L’uomo non mi porse di nuovo la domanda, forse aveva capito il mio problema? Non lo so. Quando i medici uscirono, io rimasi sola, sola con la mia paura,sola in quella stanza. Sentivo il bisogno di alzarmi,ma era come se non avessi le gambe,fu allora che sgranai gli occhi e un pensiero orribile e negativo mi attraversò la mente. Se non avessi più le gambe? Avevo il timore di ammetterlo o di scoprire se la mia sensazione fosse vera. Cercavo di farmi coraggio, mi ripetevo che in qualunque modo sarebbe andata, la felicità mi avrebbe sempre accompagnata; alza il lenzuolo,alzalo,puoi farcela, dicevo tra me e me. La convinzione cresceva sempre di più, così di scatto, con un colpo secco tirai su il tessuto bianco e le vidi,erano lì al loro posto,ero felice,scendevano lacrime sul viso soffici come piccole gocce di pioggia che dolcemente senza disturbare si posano sull’erba. Quella giornata fu lunghissima, le ore non passavano mai e una continua “processione” di medici venne a farmi visita,mi guardavano le gambe,le toccavano e poi se ne andavano. Non mi degnavano di uno sguardo,entravano e uscivano come niente fosse. La luce nella stanza pian piano calò,le pareti si fecero grigie diventavano di un colore simile alla cenere,scure,opache, suscitavano quasi un po’ di paura. Fu una giornata da dimenticare. La notte cominciò a scendere, il buio incalzò poi ecco una ragazza bassa dai capelli neri raccolti in una treccia lunga e perfetta entrare in camera mia. Aveva delle piccole ciabattine marroni ai piedi ed un camice blu. Non so che fosse ma portava in mano un piccolo lume acceso che posò sul comodino accanto a me. La noia mi portò ad osservare quella fiamma che una volta cresceva,una volta sembrava spegnersi e tra i miei pensieri mi addormentai. Il giorno seguente fu un medico a svegliarmi,portava con se una sedia a rotelle mi fece alzare e mi ci posò sopra accompagnata da una morbida coperta da poggiare sulle gambe. Uscimmo dalla stanza e attraversammo il corridoio. Era una struttura moto particolare. Di piccoli mattoncini ormai in parte consumati dal tempo e dal’umidità era formato il muro e una serie di stanze si alternavano al di qua e al di là delle due pareti. Alcune erano aperte e potei così intravedere che erano simili alla mia. Arrivammo finalmente nello spazio esterno. Un ampio giardino circondava la struttura ,ma tutt’intorno il nulla. Mi girai a destra e a sinistra,gli occhi sensibili alla luce non mi permettevano di distinguere con esattezza le figure vicino a me. Il paesaggio mi si presentava estraneo da quanto ricordo e da quanto la mia mente riusciva ad elaborare. La natura era veramente poca,arbusti fioriti si alternavano lungo un passaggio formato da ciottoli bianchi. Se mi sentivo persa? Si molto, non ero a casa mia, non ero tra i miei familiari, se mai ne avessi avuti,ero qui da sola altre persone passeggiavano per il giardino,mi passavano accanto ma non mi parlavano e mai io provai a farlo. Era da pochi giorni che mi trovavo qui,ma ancora non sapevo il perché,era una questione che volentieri avrei voluto risolvere. Quando i medici nei giorni a seguire vennero a visitarmi cercai di chiedere loro una spiegazione,di fargli domande anche solo per sapere cosa avesse avuto il mio corpo,cosa avessero trovato. Mi niente,si comportavano sempre allo stesso modo. Ricordo che una notte qualcuno bussò alla porta questa si aprì,una fitta mi prese lo stomaco ma mi rilassai quando vidi arrivare la stessa persona che avevo incontrato al mio primo risveglio. Entrò e ponendo misi vicino su di una sedia scricchiolante mi parlò:
-Io sono Carlos,sono un’agente di polizia, sono qui per fare alcune domande su ciò che è successo.
La sua voce era calma e tranquilla,trasmetteva un senso di sicurezza anche se sentii subito che aveva uno strano accento quasi fosse straniero ma io risposi:
-Scusi,io non la conosco affatto non so chi sia per quale motivo lei deve pormi delle domande? Risposi.
- Lei ha tutto il tempo per riportare in superficie ogni suo ricordo.
-M a di cosa sta parlando?
-Non lo sa? Lei è stata ricoverata immediatamente quasi una settimana fa poiché ha riportato a causa di un incidente un trauma cranico. Non si preoccupi la capisco credo sia una cosa più che normale nella sua situazione.
-La mia situazione? Mi perdoni io ho avuto cosa? Per quale motivo nessuno mi parla e mi dice niente?
-Non le parlano per non farla preoccupare!
Irritata dissi:-Ma io ho tutto il diritto di sapere in quale situazione mi trovo,ho il diritto di sapere cosa ho, cosa è successo. Ogni volta che vengono a visitarmi non mi guardano nemmeno sembra abbiano paura di me o paura di parlare.
-Mi creda è una fortuna se lei è ancora viva!- Mi fece con tono rassicurante.
-Se almeno lei sa cosa è successo la prego di informarmi. La prego!
- Sono arrivato solo qualche ora dopo ma tutto era così palesemente chiaro. Lei era sulla sua auto ,quando improvvisamente ha perso il controllo della macchina ed è andata a scontrarsi in modo frontale con un camion che si trovava sulla corsia opposta. L’uomo al volante dell’altro veicolo ha riportato qualche ossa rotte ma niente di grave fra qualche giorno sarà dimesso ed uscirà, lei invece è balzata fuori dal parabrezza sbattendo sull’asfalto.
I miei occhi si riempirono di lacrime,non sapevo cosa dire,cosa pensare, avevo solo un nodo in gola,la voglia di piangere sovrastava tutte le altre cose ma la voglia di contenermi era alla pari non mi è mai piaciuto farmi vedere fragile davanti alle altre persone,soprattutto estranee.
-Carlos mi dispiace ma non ricordo nulla!- Dissi tra le lacrime.
-Si sforzi la prego ho bisogno di sapere solo così potrei informare i suoi familiari e ricostruire con esattezza l’accaduto. Ma ora si riposi non voglio affaticarla.
-Non si preoccupi giuro che proverò a ricordare. Almeno ci proverò!
-Quasi dimenticavo. Nella sua auto ho trovato questi,spero che le torneranno utili per la sua memoria.- pose la sua grande mano nella tasca interna della giacca blu e ne estrasse un borsellino con un cellulare un po’ mal ridotto.
-Grazie- gli risposi.
-Dovere- si alzò aprì la porta e la lasciò chiudere dietro di sé.


Questa è la mia prima storia quindi se avete consigli,dubbi,apprezzamenti da fare sarò lieta di leggerli... Insomma Recensite voglio davvero sapere cosa ne pensate! Grazie e al prossimo Capitolo
Moretta
  
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