Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Vivien L    22/11/2011    3 recensioni
Missing moment de " I giorni dell'abbandono"
Devo reimparare il passo tranquillo di chi crede di sapere dove sta andando e perchè. Un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è nient'altro di vero da raccontare.
-I giorni dell'abbandono-
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Rosalie Hale
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'I GIORNI DELL'ABBANDONO'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






I giorni dell'abbandono

Special





Devo reimparare il passo tranquillo di chi crede di sapere dove sta andando e perché. Un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è nient'altro di vero da raccontare.

Sento Edward accigliarsi.
"Che libro stupido" dice, facendo un sospiro e rigirandosi pigramente, trascinandomi con sé. Mi scosta una ciocca di capelli dal viso, sdraiandomi sul materasso e portandosi sopra di me. Le mie proteste lo fanno sorridere. Mi stampa un bacio sulla fronte, uno di quei baci appiccicosi che io odio. Non sono una persona particolarmente espansiva, le effusioni non rientrano nella mia natura schiva e introversa.
Mi passo una mano sulla striscia di pelle in cui le sue labbra si sono posate, schifata.
Edward ride.
"Vipera" borbotta a mezza voce. Arriccio il naso, rigirandomi il libro fra le mani e sventolandoglielo davanti agli occhi, che si socchiudono in un'espressione enigmatica.
"Perché non mi leggi qualcosa?" la mia sembra più una minaccia che una richiesta. Sghignazza, i miei ordini lo fanno sempre ridere. La mia piccola dispotica, mi chiama, e io m'infurio perché non è affatto vero che sono dispotica. Solo, l'esperienza mi ha insegnato che gli uomini vanno tenuti al guinzaglio, un po' come i cani.
Fa una smorfia "Non mi piace leggere, lo sai"
"Non è vero" lo accuso imbronciata "Non ti piace leggere i miei libri. Quando si tratta dei tuoi amati saggi di economia ti entusiasmi come un bambino il giorno di Natale"
"Sono un commercialista" sottolinea l'ovvio, e poi: "A proposito di Natale, mancano pochi giorni"
"Lo so"
"Beh" alza le spalle, imbarazzato. Dolce, meraviglioso Edward, con le sue insicurezze e i suoi dubbi, col suo desiderio di farmi felice...
...vorrei tanto poterlo essere, davvero. Vorrei essere felice e dimenticare. Dimenticare Jacob, il mio amore per lui, il suo abbandono, la rabbia, il rancore, la disperazione. Vorrei dimenticare anche il fatto che Edward ha una moglie che lo aspetta e che non tollererà a lungo questa situazione. Quale moglie lo farebbe?
Se fossi la moglie di Edward... mi sorprendo a pensare. Arrossisco, e i suoi occhi lampeggiano. Adora quando le mie guance si colorano di rosso. Dice che sembro una bambina. In effetti, in confronto a lui lo sono.
"Sei vecchio" lo prendo in giro, tentando di cambiare argomento. Ma Edward non cede. Si acciglia, mi conosce troppo bene, sa che non voglio fare progetti.  La mia vita era piena di progetti, prima che Jacob se ne andasse. Avremmo dovuto sposarci, e io sarei stata una compagna perfetta. Gli avrei dato dei figli e avrei lasciato il lavoro, come lui voleva.
Renèe ha sempre criticato il mio modo di vedere il matrimonio: sostiene che le donne dovrebbero essere più fiere, più indipendenti. Io sono troppo docile, troppo arrendevole...
"Bella. Isabella"
Edward mi prende il viso fra le mani. Lo bacia, le sue labbra sono calde, morbide e profumate, sanno di vaniglia e tabacco e gelsomino, odorano del fruscio di lenzuola di seta, di pane appena sfornato, di vita di tutti i giorni.
"Sai che dovresti smettere di fumare, vero?"
"E tu dovresti smetterla di distrarmi con i tuoi commenti velenosi" esclama irritato, ma poi si calma. Il lampo d'inquietudine che mi ha attraversato lo sguardo dev'essere stato abbastanza eloquente. D'altronde Edward mi ha sempre fatto un po' paura, con quel suo atteggiamento dispotico e irritante, con l'aura di potere che sembra circondarlo, la mascella volitiva che si tende quando è contrariato.
"Scusa" dice prendendo un respiro profondo "Non volevo..."
"Non preoccuparti" lo tranquillizzo, ma lui scuote il capo.
"Sai che stiamo tergiversando, vero?"
"Sì" rido "Perché avevi promesso che mi avresti letto questo libro" gli sventolo sotto il naso una copia de I giorni dell'abbandono, un romanzo che ho pescato in una bancarella di Rotterdam Square. L'ho pagato quattro dollari, il massimo che mi possa permettere con i pochi spiccioli che mi sono avanzati. Sono sei mesi che non lavoro. Ora come ora, non sento il bisogno di tornare in ufficio. Il solo pensiero mi fa rabbrividire. Ho bisogno di ritrovare me stessa, di costruirmi una dimensione mentale in cui Jacob non sia un tassello fondamentale del puzzle. Il problema è che la presenza di Edward m' impedisce di essere indipendente come vorrei. Non perché non apprezzi il suo sostegno, ma perché presto anche lui dovrà tornare alla sua vita, ai suoi affetti, alla sua troppo tollerante moglie, al suo lavoro, e io non potrò essere tanto egoista da chiedergli di restare.
Scuoto il capo, Edward ride.
"E' un'ora che ti parlo, Bella. Hai ascoltato almeno una parola di ciò che ho detto?"
Avvampo.
Sospira, un guizzo ironico gli attraversa gli occhi.
"A quanto pare no" sbuffa "Bene, allora. Stavo dicendo che mancano pochi giorni a Natale e non sei ancora voluta scendere a fare un po' di spese. Le donne amano lo shopping. La mia migliore amica -non la conosci, te la presenterò presto- è una specie di maniaca compulsiva: compra tutto ciò che le capita a tiro, preferirebbe farsi impiccare piuttosto che rinunciare a un paio di Jimmy Choo. Allora, che ne dici?"
Il suo sguardo è così speranzoso, le labbra atteggiate in un sorriso d'intesa. Sbianco, e lui s'incupisce.
"Edward..."
"Devi uscire, Bella. Stare chiusa in casa non ti fa bene. Credimi, lo so"
"Lo sai?"
Volta il viso "Mia moglie..." pronunciare quelle parole sembra costargli una fatica incredibile "Mia moglie soffre di depressione. Alterna momenti di calma ad altri in cui si chiude in se stessa e..."
"Tua moglie" ribatto amaramente "Sono queste le paroline magiche, Edward. Tua. Moglie" mi scosto. Quando lo vedo protendere le braccia verso di me, cercando di riacciuffarmi, mi lascio rotolare sul materasso e atterro agilmente sulla polverosa moquette del pavimento. Beh, più o meno agilmente. Mugugno, massaggiandomi il ginocchio dolorante, guardandolo con atteggiamento di sfida.
"Vai da Rosalie, io starò bene"
"Bella..."
"Bella di qua, Bella di là" lo prendo in giro sghignazzando compiaciuta "Edward, ho dieci anni in meno di te eppure capisco che non è questo il tuo posto. Devi fare il tuo dovere di uomo, di marito e di capo. Il tuo dovere di uomo consiste nell'essere leale nei confronti di una promessa che hai stretto davanti agli occhi di Dio. Il tuo dovere di marito lo farai tornando dalla tua Rosalie e prendendoti cura di lei, invece che di una scapestrata segretaria che soffre di attacchi isterici" sento l'amarezza riempirmi il petto, ma faccio finta di nulla. Non è questo il momento di crollare. Mancano tre giorni a Natale, e per allora Edward se ne sarà andato. Mi sentirò soffocare dalla solitudine, ma almeno potrò sfogare tutte le mie lacrime. Con un sospiro tremulo continuo: "Il tuo dovere di capo consiste nel non intrattenere alcun tipo di relazione con una dipendente"
"Stai scherzando, vero?" la sua voce diventa ansiosa; poi, arrabbiata. Trabocca d'ira, e ha assunto quella nota autoritaria che, quando lavoravo per lui, mi faceva quasi scoppiare a piangere ogni volta che m'impartiva un ordine. "Se pensi che ti lascerò sola proprio a Natale..."
"Odio il Natale, lo sai. Mia nonna è morta il giorno di Natale, e io..."
"Queste stronzate rifilale a C'è posta per te, Isabella Swan" tuona infuriato "Sai bene che..."
"Devi tornare da Rosalie. Lei ha bisogno di te, Edward. Lo sai tu, lo so io, lo sanno tutti"
"Perché ti ostini a non vedere?" stringe i pugni "L'unica cosa che voglio è stare con te"
Le sue parole mi fanno barcollare. Ha commesso un grave errore dicendomi quelle cose. Quando se ne accorge, si affretta ad aggiungere, concitato:
"Come amico, naturalmente. Starò con te in qualsiasi modo tu voglia"
Un velo d'imbarazzo scende su di noi. La luce nuda e cruda dei suoi occhi, quel disperato bisogno che sembra nutrire nei miei confronti, una malsana dipendenza che non sono capace di guarire. Non ne sono mai stata capace, perché ne sono vittima anch'io.
"Tutto questo mi spaventa, Edward. Tu mi spaventi" dico, e lui sussulta. Le sue labbra si piegano in una smorfia indecifrabile.
Siamo sempre allo stesso punto, Edward e io. Lui mi rincorre, io cerco di sfuggirgli. Quando crede di avermi acciuffata mi divincolo e lo respingo, lo ferisco con i miei rifiuti, lo umilio con la mia indifferenza.

"Tu hai bisogno di me" ribatte "Te lo farò capire, Bella. Arriverà il giorno in cui non farai altro che pregare per avermi al tuo fianco"
Quella minaccia si sarebbe rivelata concreta, ma io ancora non lo sapevo.






Una minaccia seguita da un lungo, interminabile silenzio. Da parte di entrambi. Lui se n'è andato, è tornato da sua moglie. Io sono tornata a dormire da sola, senza il torpore dei nostri corpi abbracciati. Lui avrà baciato la sua bella Rosalie, le avrà sussurrato che l'ama, avranno riso,  avranno fatto shopping natalizio e magari  organizzato una festa di Natale. Io ho passato il tempo guardando C'è posta per te, ricordando con rimpianto le sue prese in giro, il lampo d'ironia che gli attraversava gli occhi quando accendevo il televisore. Ho mangiato carne in scatola comprata nel discount sulla tredicesima strada, ho versato fiumi di lacrime amare, mi sono rosicchiata le unghie, ho telefonato a mia madre, ho sfogliato le foto di me e Jacob in vacanza. La vigilia di Natale è arrivata, non ho cucinato, non mi sono truccata, ho affittato Lo schiaccianoci e mi sono preparata una tazza di cioccolata calda.

Penso a Edward, lo immagino davanti al camino della sua grande casa di campagna. Posso quasi vederlo raccogliere le mani di sua moglie fra le sue, e sorrido. Un sorriso acquoso, inondato di lacrime. Prendo la mia copia spiegazzata de I giorni dell'abbandono,  torno al punto in cui io
e Edward
eravamo arrivati .

Devo reimparare il passo tranquillo di chi crede di sapere dove sta andando e perché. Un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è nient'altro di vero da raccontare.


Sospiro. Sono così diversa da Olga, la protagonista del libro. Lei non accetta compromessi, non più, non dopo tutto quello che ha passato. Io sono il suo esatto opposto. Vendo i miei sentimenti, li camuffo, a volte fingo di non provarne. Impersono un ruolo che non mi appartiene. Non amo Edward, ma non riesco a lasciarlo andare. Lo illudo, facendogli immaginare che un giorno ricambierò il suo affetto. Accetto i suoi baci, le sue carezze, le sue promesse. Le accolgo con gioia, perché la consapevolezza di non essere sola mi conforta, m'impedisce di lasciarmi inghiottire dal nulla, di confondermi fra le ombre. Ho fatto lo stesso con Jacob: quante volte, pur di averlo al mio fianco, ho finto di essere qualcuno che non ero? Ero disposta a tutto pur di tenerlo con me, ma lui si è stancato delle mie bugie. E adesso non c'è più.

Le mani iniziano a tremarmi. Sento un attacco di panico incombere su di me. I pensieri vorticano furiosi nella mia mente. Sto per implodere. Inizio a strisciare sul pavimento, mi sento un verme, una creatura meschina, indegna di esistere, di respirare. E' forse questo il motivo per cui l'aria inizia a mancarmi? Non riesco a incamerare ossigeno. Il tempo passa; ore, giorni o minuti, chi può davvero saperlo?
Non io, ma Edward sì.
Sono le sue mani che incontro quando cerco di sollevarmi. E' il suo sorriso che vedo quando il velo di lacrime si asciuga. Sono i suoi occhi preoccupati che lampeggiano nei miei quando alzo lo sguardo.
E' mezzanotte, dicono i suoi occhi, la mezzanotte di un Natale fantastico che sono venuto a passare con te. Ho tante cose da dirti, amore mio. Tante cose da dimostrarti.  Dammi la mano e seguimi, non te ne pentirai.
Ammucchiati sul pavimento, un piccolo cumulo di regali che prima non c'erano. E' stato Edward a portarli. Immergo lo sguardo nel suo, ancora una volta.
Vieni con me, continuano a urlare i suoi occhi. Caldi. Luminosi. Imploranti. Vieni con me, ti farò scoprire la gioia di essere amata, amata davvero. In questa meravigliosa notte di Natale.
Per una volta ascolto il mio istinto. Prendo un respiro profondo, appoggio le mani sulle sue e mi lascio trascinare. Venti minuti dopo, camminiamo per le strade innevate di Seattle. Le dita intrecciate, i visi sorridenti, insieme. 










Avevo promesso che sarei tornata anche con questa raccolta, ed eccomi qui. Il prossimo missing moment sarà il penultimo, credo, e poi ne posterò un altro che concluderà definitivamente la serie "I giorni dell'abbandono". Avrei dovuto pubblicare questo m.m a Natale, ma le lettrici che mi seguono su facebook mi hanno convinta a postarlo adesso. Consideratelo un regalo anticipato. Chissà, magari ne scriverò un altro a sfondo natalizio, ma non ne sono sicura. In ogni caso, spero che vi sia piaciuto :):) Ringrazio, ovviamente, le sei persone che hanno commentato lo scorso aggiornamento,  e vi saluto sperando di risentirci presto. Un bacio, Elisa.


Note: 1) Il libro "I giorni dell'abbandono" come di certo saprete esiste davvero. L'autrice è Elena Ferrante, ed è grazie a lei se questa serie esiste, nonostante nel corso dei mesi mi sia discostata molto dal progetto iniziale, che in principio coincideva con la trama del suo libro.
2) La frase scritta in grassetto è anch'essa, come il titolo, presa in prestito dall'omonimo libro. 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Vivien L