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Autore: onlydirectioner_    22/11/2011    2 recensioni
mi trovate dentro questa storia, non voglio anticipare nulla, scopritemi!
- I'm a dreamer? Yes, but with down to earth, perhaps, and head in the clouds.
- Sono una sognatrice? Sì, però con i piedi per terra, forse, e la testa tra le nuvole.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO
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Tre ottobre duemilaundici – Shu café restaurant, Milano.
 
La folla impaziente urlava. Grida, spinte. Le mani sudate, gli occhi lucidi abbagliati dai raggi penetranti e caldi di un sole meraviglioso. Un formicolare di dolore intorpidiva i miei piedi che da ormai cinque ore mi sorreggevano. Cinque ore senza mangiare, senza riposare o sedere qualche secondo. Stringevo il bigliettino azzurro tra le mani appiccicaticce, ormai stropicciato.
Alcune ragazze cantavano senza sosta il ritornello del loro primo singolo, altre formavano gruppi e discutevano sul loro membro preferito interrompendo i classici pettegolezzi femminili con qualche domanda personale per conoscersi, infine qualcuna, come me, attaccava i ‘buttafuori’ pelati che con ghigni malefici ci guardavano beffardi come fossero divertiti dal ‘nostro’ dolore, dalla ‘nostra’ follia. Carote giganti, magliette con i loro volti ritratti, scritte sul viso e sulle braccia di diversi colori, enormi cartelloni e libri, tutti riguardanti loro, gli 'One direction'.
Sì, mi piacevano, ma non ero una loro fan sfegatata.
 
Erano le quattro e un quarto, il ritardo si faceva sempre più grave.
Io, fortunata nell’avere incontrato una mia carissima ‘amica virtuale’, scambiavo qualche parola con lei e una sua amica. Ad un tratto una voce iniziò a circolare tra la folla, quella del possibile arrivo dei ragazzi; in meno di un minuto le persone si spostarono sul lato nord dell’enorme edificio per vederli mentre con aria disinvolta e affascinante sarebbero scesi dalle loro auto.
Ci scambiammo un’occhiata, decidemmo di seguire la massa e aspettare la loro comparsa.
Un furgone grigio, dai vetri neri, oscurati arrivò in lontananza scortato da varie moto della polizia.
Erano loro, erano qui.
Urla, pianti, risate isteriche d’agitazione, potenti flash, giornalisti, telecamere, altri poliziotti, qualche passante incuriosito. Il caos più totale si generò al semplice arrivo di una vettura.
Questa giunse davanti allo Shu, si fermò e un omone colossale di colore scese per primo.
Poco dopo, eccoli. Smontarono velocemente correndo, veloci e, in meno di un minuto, erano già scomparsi dietro una forte e resistente porta ermetica.
 
Ero ferma, immobile. Davanti alla porta che mi separava da quelli che là, la folla, chiamava 'idoli', sorrisi ad una bambina felicissima e saltellante dall’emozione.
Un ragazzo, al mio fianco, si sporse contro il vetro speranzoso. 'Oh mio Dio, Harry!' esclamò entusiasta, la piccola scoppiò a piangere e la madre cercava di consolarla ricordandole che tra poco avrebbe visto il suo amato Niall, due amiche si abbracciarono eccitate e sprizzanti di gioia e le persone che, attendevano ancora in fila il loro turno, urlarono esaltate cercando di intravedere la figura slanciata di Styles, inutilmente.
Ecco, finalmente sarei entrata.
Consegnai il foglietto azzurro numero 17 alla guardia vestita di scuro.
Lo gettò in uno scatolone e mi fece passare.
Luci soffuse, getti di colore puntati sui loro visi come scie variopinte, decine di macchine fotografiche scattavano foto su foto illuminando con abbaglianti flash quegli inglesi che avevano fatto perdere la testa a migliaia e migliaia di ragazze.
Harry salutò. Solo io lo notai, gli altri erano troppo occupati a cercare videocamere e cellulari per immortalare ogni singolo momento di quel giorno per loro speciale, alzai la mano e salutai sorridendo. Qualche passo e il loro 'bodyguard' cominciò a parlarmi veloce, in inglese, porgendomi la sua mano enorme. La strinsi, ingenua.
Okay, figura di merda.
Cominciarono a ridere, le loro risate sembravano sibillii di angeli caduti dal cielo.
Erano qui, di fronte a me. Il mio cuore cominciò a palpitare forte, mi mancava l'aria eppure quella volta non era per il caldo e le gambe tremavano come foglie non più capaci di reggermi, cosa mi stava succedendo? Cosa aveva il mio cuore?
Il primo era Harry, 'ciao piccola'. Una scossa inspiegabile mi attraversò la schiena, un brivido scosse la mia anima. Eccolo, Niall, mi sorrise porgendomi la mano, la strinsi sorridendo. Poi Liam e Zayn che mi scoccò un occhiolino. 'sei bellissima, ti amo', eccolo, era Louis.
Uscii, il loro profumo incastonato tra le dita della mia mano destra, un loro foto portata al petto. La guardai, una lacrima calda attraversò la mia guancia.
 
Composi il numero di mio fratello che, assieme a mio zio, stavano visitando Milano.
Lo informai di esser pronta per ripartire e tornare a casa, mi diede un luogo preciso dove incontrarci e mi disse di aspettare qualche minuto lì, senza muovermi.
Non capii dove si trovasse il posto, decisi così di girare attorno allo Shu, magari avrei trovato il bar ‘Vogue’ indicatomi da mio fratello nelle vicinanze, niente non c’era traccia di quel maledetto caffè.
Gironzolavo in tondo, come una stupida.
 
Io: ‘guarda dove cammini!’ – esclamai arrabbiata, mi chinai a terra per raccogliere il mio cellulare, nuovo, caduto a terra. Una mano calda e morbida si scontrò con la mia –
Xx: ‘scusa’ – alzai il viso all’udire quella parola pronunciata scorrettamente, i miei occhi si incrociarono con quelli di un bellissimo ragazzo –
Io : ‘no, scusa tu. Sono agitata e in ritardo, non trovo un posto e me la sono presa con te senza motivo! Mi spiace! Mah, cosa parlo a fare, tanto non mi capisci! Oh, grazie’ – ripresi il telefono e abbozzai un sorriso per finire quella conversazione –
Xx: ‘ti capisco e sai, sei divertente!’ – sorrise. Cavolo, era davvero perfetto! – ‘e dovresti stare più calma!’ – rise appena mentre io continuavo a fissarlo, invasa da un pianto silenzioso, un pianto d’amore, un pianto mai provato. Loro, gli One Direction non erano niente per me, eppure qualcosa era cambiato, qualcosa di impercettibilmente e strano aveva solleticato la mia anima come la mano di un bambino e un sentimento sconosciuto prima d’ora aveva bussato alla porta ermetica del mio piccolo cuore. Ma, cosa stavo dicendo? Ero forse impazzita? –
Xx2: ‘Harry, vieni! Stiamo aspettando solo te. Non mi stai tradendo, vero?’ – urlò qualcuno. Louis scherzoso spuntò da un vicolo stretto incappucciato e gli scoccò un occhiolino -
Io: ‘Si, certo! Beh, ora vado, grazie ancora per avermi rotto il telefono e poi raccolto gentilmente!’ – sorrisi appena, sinceramente un po’ irritata e sarcastica, una punta di acidità si udiva nella mia voce. Se al mio posto ci fosse stata un’altra ragazza l’avrebbe sicuramente abbracciato, avrebbe pianto o chiesto un autografo. Io non ero loro fans, io non feci nulla di tutto ciò –
Harry: ‘Hai una penna?’
Io: ‘Si, perché?’ – chiesi dubbiosa porgendogliene una –
Harry: ‘Non vuoi un autografo?’ – domandò gentile, premuroso –
Io: ‘Io non sono una tua, vostra fan…’ – dissi, sinceramente imbarazzata per quella confessione. Uno dei ragazzi più amati del momento voleva farmi un autografo e io non conoscevo neanche il suo cognome; qualche ragazza avrebbe fatto follie per una sua firma, io sfacciata non feci nulla –
Harry:  - sorpreso, deluso mi guardò – ‘Perché sei qui allora?’
Io: - cazzo! Come potevo dirgli che erano dei gran bei ragazzi, come dirgli che non sapevo niente di loro e li trovavo semplicemente fighi? –  ‘Ho accompagnato una mia amica!’ – idea fantastica, sicuramente ci avrebbe creduto. Gli mostrai il mio sorriso entusiasta come volerlo convincere –
Harry: ‘Capito, quindi niente autografo?’ – chiese malizioso guardandomi dolcemente col un viso pulito e fanciullesco incorniciato da vaporosi riccioli -
Io: - ci pensai un po’, poi esclamai– ‘Eh perdere l’occasione di vantarmi per l’autografo di  uno degli One Direction? Nah!’ – iniziò a ridere. Lo scrutai stranita, non era un battuta! Beh, forse aveva capito male o era semplicemente pazzo. Risi anche io, trasportata da lui e dalla sua voce -
Harry: ‘Giusto!’ –gli sorrisi di nuovo – ‘dammi il tuo braccio’ – lo afferrò e io, senza capire, continuavo ad osservarlo intontita, inebriata dal suo sorriso, dal suo sguardo e dai suoi occhi chiari tremendamente dolci mentre le sue sottili dita si movevano sulla mia pelle – ‘come ti chiami?’ –
Io: ‘Ehm, Cecilia’
Harry: ‘Cecilia’ – ripeté – ‘mi piace! Ecco, ora vado!’ – sorrise allontanandosi –
Io: ‘Se, anziché imbrattare la mia pelle, me lo avessi fatto su un foglio di carta l’avrei potuto vendere su Ebay’ – urlai per farmi sentire – ‘sai quanti soldi ci avrei guadagnato? Sei l’idolo di tutte le ragazzine!’
Harry: ‘Ma così non ti saresti ricordata di me’ – ricambiò ormai lontano -  ‘Ci sentiamo!’
 
Scoppiai a ridere mentre alcune lacrime fluivano sul mio viso.
‘ci sentiamo’, come avremmo potuto mai risentirci? È proprio pazzo e strambo!
Tamponai gli occhi lucidi, un segno confuso sull’avambraccio destro mi ipnotizzò.
L’aria mancava, il cuore non batteva, l’anima non era più dentro di me, era fuggita, volata via con loro su un qualche aereo e la mia mente era davvero confusa da mille domande. Tantissime piccole lacrime mi invadevano il viso ancora una volta e un altro brivido percorse la mia schiena. Posai una mano al petto, il cuore palpitava troppo veloce e non sapevo come calmarlo, era come una tigre: indomabile, selvaggia, mortale.
‘0044793176’
Un numero.
‘ci sentiamo’, quella frase continuava a rimbombarmi nella testa, nelle orecchie.
Il suo sorriso rimaneva impresso nei miei ricordi ad irradiare il mio volto, mentre il mio non smetteva di stare lì, nel mezzo della mia faccia meravigliata, stupita. Sicuramente era uno scherzo, uno scherzo di cattivo questo giocatomi da un cantante famoso con la voglia di rider un poco, un numero inventato tanto per scherzare, per ridere di una semplice e sciocca ragazzina.
Lì, sotto alla sua firma quella serie di numeri mi tentava.
Abbassai la manica della maglia e le tapparelle del mio cuore. Loro non erano  niente, non potevano farmi questo, non potevano farmi perdere la testa.

  
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