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Autore: lilly81    17/07/2006    19 recensioni
In una serata apparentemente normale, giunge alla Capsule Corp. un visitatore inatteso.
Per Bulma, Trunks ed una Bra ancora in fasce, sarà l’inizio di un incubo dai risvolti inquietanti, perché Vegeta sceglierà la decisione più empia… quella di rinnegare il presente per rivivere il passato…
La storia risale al lontano 2002, lo stile è sicuramente più acerbo di quello attuale, in alcun punti Vegeta risulta anche OOC, ma se a distanza di anni questa storia -alla quale molte autrici si sono ispirate- non è stata dimenticata sarà per l'intreccio incalzante e per i colpi di scena che di certo non mancano.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                       Sul pianeta Vegeta   Parte III                             

 

Come un animale in gabbia si aggirava nella sua cella, come una madre disperata si domandava cosa ne fosse stato di suo figlio…il suo povero figlio…che non era più un bambino ma ancora troppo giovane per essere definito uomo.

“Se gli è accaduto qualcosa, non te lo perdonerò mai Vegeta…” mormorò a denti stretti, gettando un’occhiata alla piccola che dormiva nel suo giaciglio di vimini.

Si voltò, sentendo dei passi sopraggiungere dal corridoio esterno. La cadenza mordente era quella inconfondibile di un guerriero. Ne aveva sentiti tanti nel suo periodo di prigionia, ma questa volta i passi si fermarono proprio dietro la sua porta e attesero qualche istante prima di…spalancarla.

La donna restò pietrificata all’apparizione dell’uomo, poi un ampio sorriso dopo tanto tempo sulle sue labbra rifiorì:

“Oh…Goku!” gridò gettandosi contro di lui, lasciando l’uomo allibito per una manciata di secondi.

“Contento dell’accoglimento…” fece l’altro staccandola da sé e chiudendo con un calcio la porta “…ma il mio nome non è Goku…mi chiamo Kaarot…”.

Ma Bulma non aveva intenzione di stare al suo gioco, perciò:

“Smettila di prendermi in giro, ne ho avuti fin troppi di colpi simili!” e continuava a sorridergli entusiasta e radiosa.

Nonostante ciò non tardò ad accorgersi che non c’erano nei suoi occhi la cordialità, la lealtà, e l’ingenuità che sempre vi aveva letto.

Non capiva perché lui la stesse fissando con tanto distacco ed avesse preso a scrutarla dalla testa ai piedi come se mai l’avesse vista prima d’ora.

Possibile che fosse solo un…

Il sorriso scomparve comprendendo che questa volta alcun aiuto da lui avrebbe ricevuto:

“Sei…sei…un…clone…” gli disse indietreggiando, quando fu arrivata alla sconcertante verità.

“Clone o no…che effetto ti fa rivedere il tuo maritino?” domandò beffardo.

Bulma non afferrò subito ciò che di terribile era insito nella sua domanda, come amaramente avrebbe rimpianto di aver alterato la verità detta alla vecchia.

“Fava mi ha raccontato tutto…di ciò che tu hai accennato alla vita che tu ed un altro me stesso conducevate sulla Terra”.

Non era ancora in grado di capire come la menzogna le stesse tornando ironicamente contro e perché lui fosse giunto lì, prima di vederlo sedersi sul ciglio del letto e prendere con comodo a togliersi gli stivali e l’armatura:

“Ma cosa…cosa…stai facendo?”.

“Mi sto preparando a scoparti…”.

“E’… meglio che tu vada via. Non sai…come veramente sono andate le cose…” pronunciò tremante nel tentativo di riparare il suo fallo e fermare le intenzioni ormai intuite dell’uomo.

“Ma so come vanno altre…non sei meno puttana di tutte le altre solo perché non hai la coda. Non mi dire che per tutto questo tempo di prigionia non hai avuto voglia di un po’ di compagnia…”.

Bulma inghiottì l’offesa come un medicinale amaro che doverosamente va preso, badando di più a trovare una via di scampo: la porta era vicina, ma non poteva fuggire senza aver preso la bambina.

“Allora? Non ti fa piacere che proprio una persona conosciuta ti sia venuta a far visita?” domandò mostrandosi irriverentemente in tutta la sua nudità.

Lei distolse lo sguardo, infastidita ed importunata:

“Sei…disgustoso! Vattene o incomincerò a gridare!”.

“Ormai questo piano del Palazzo è vuoto…sarebbe fiato sprecato”.

“Lasciami andare!” gli intimò quando si sentì afferrare il polso.

“Non sono mai stato con una femmina senza la coda, sono curioso di sapere cosa nascondi sotto quei vestiti…” e tentò ancora di fuggire dallo sguardo maniaco con cui già la spogliava.

“Io non voglio! Vattene, maiale!” si divincolò.

Un ceffone violento, assestatole sulla guancia e feritole parte del labbro superiore, le oscurò la vista alcuni istanti. Non vide neanche la mano di lui propendersi verso il suo collo e strapparle la tunica preparatale da Fava.

Quando aprì gli occhi vide solo quelli di lui che fissavano inebriati la nudità dei suoi seni:

“La cosa si fa più interessante di quanto mi fosse parso all’inizio…” commentò l’uomo “sarei dovuto venire qui quando Fava mi parlò di te. Non ho mai visto tanta bellezza in una femmina, peccato che tu sia l’unico esemplare ancora esistente…”.

Ma Bulma aveva preso a versare lacrime e la sonorità dello schiaffo che ancora sentiva sulla pelle le impedì di comprendere le ultime parole.

Con le mani sul viso, tentava di nascondere i seni tra le sue stesse braccia, mentre ancora le mutandine preservavano l’intimità racchiusa:

“Perché?…” domandava solamente.

“Perché agli ordini non si viene mai meno, soprattutto quando sono così graditi…”.

“Ordini?” chiese sconvolta “…da chi?”.

Ma Kaarot era già troppo eccitato per perdersi in prolisse spiegazioni.

“Non fare tante storie, sgualdrina…le tue lacrime non mi impietosiscono, possono accrescere sola la mia rabbia se non la fai finita”.

Bulma lo supplicò ancora di lasciarla stare, ma:

“Cosa ti fa paura? Avendomi già conosciuto, dovresti aver sperimentato a lungo quali fantasie un saiyan può avere a letto…” le disse, insinuandole terrore puro all’idea di cosa l’avrebbe attesa.

Urlò più forte quando fu gettata sul letto e lui le fu sopra.

Inutile fu tentare di graffiarlo giacché aveva limato tutte le unghie quando Bra era venuta alla luce, perché non lacerasse la sua tenera pelle al momento del cambio.

La coda di lui le si attorcigliò intorno ai fianchi: fu la sensazione di un animale repellente e peloso che le strisciava addosso. L’afferrò convinta di averlo colpito nel suo punto debole quando lui si arrestò:

“Cosa pensi di fare?” rise lui malvagio “toccandomela mi ecciti solo di più…” e la baciò sul collo con rinnovato vigore, mentre con una mano indugiava con pesanti carezze sul suo seno.

Bulma piangeva convulsamente e alle sue grida anche la piccola Bra fu destata dal sonno nella sua culletta di vimini.

Le percorse il solco dei seni con la punta della lingua, lì dove per strapparle la tunica le aveva lasciato l’impronta vivida di cinque dita.

Lei non riusciva ancora a credere che tutto questo stesse capitando proprio a lei, che quell’oltraggio le venisse compiuto da quelle mani che sempre le avevano dato aiuto e con quegli occhi che solo sguardi di ingenuità e lealtà le avevano offerto.

Avrebbe voluto morire…svenire per non ricordare più nulla al risveglio…le forze le venivano poco a poco meno…e lui intanto continuava a leccarle il petto…

“Vegeta…” mormorò solamente, come se il suo nome fosse uno scoglio cui aggrapparsi, un porto sicuro dove trovare l’ultimo istante di pace.

“Vegeta, hai detto?” si fermò lui “ti scopavi anche il principe, puttana?” le accarezzò la tempia “mi piaci ancora di più…è giusto che i saiyan dividano le loro donne…”.

Ormai la sua mano aveva afferrato l’elastico delle mutandine, un piccolo strappo ed anche l’ultimo baluardo sarebbe stato diroccato.

Qualcuno avanzò furtivo nei corridoi del Primo Ordine. Si era gettato sul capo un mantello scuro e si muoveva con circospezione per non essere veduto. Trovò via libera fino ai corridoi del Terzo, dove fu costretto a nascondersi da uno degli ultimi gruppi di uomini rimasti ancora su Aval.

La tensione del volto si smorzò quando raggiunse l’ultimo livello del Palazzo. Fu quasi attraversato da un sorriso, prima di sentire un urlo provenire da dietro la porta dinanzi alla quale si era arrestato.

Sfondata la porta senza difficoltà, fatta irruzione nella stanza, incontrò lo sguardo di un sorpreso ed imbarazzato Kaarot:

“Principe…” riuscì solo a tartagliare, liberando la donna dal peso che le gravava addosso.

Ugualmente sorpresa, nelle condizioni in cui era ridotta le sue labbra sanguinanti tremarono senza emettere suono.

Vegeta osservò l’eccitazione dell’uomo, automaticamente spostò gli occhi sulle mutandine ancora integre di lei: non era ancora stata violata.

“Togliti subito da quel letto” intimò all’uomo “non dovevi osare entrare qui…”.

Il guerriero cercò qualcosa di opportuno da dire, non capiva perché il principe fosse alterato dando per scontato che fosse a conoscenza di quanto Napa gli avesse proposto. Forse voleva semplicemente che quella donna venisse trattata con più riguardo:

“Non facevo nulla di male…” sorrise per scaricare la tensione “l’ho dovuta battere perché lei si rifiutava…volevo solo divertirmi un po’…infondo è una puttana qualunque…”.

Bulma scoppiò in lacrime, non potendo sopportare altre offese e vergognandosi che proprio Vegeta la vedesse ridotta in condizioni tanto umilianti. Afferrò un lembo del lenzuolo per coprire la nudità oltraggiata dei suoi seni, portando le ginocchia verso di essi e piangendovi contro.

“Tu aggiungi pure dell’altro…” scandì con lentezza Vegeta “…e non avrai più un angolo dell’universo dove nasconderti…”.

“Ma io non capisco…” frignò l’altro coprendosi e mettendosi in piedi.

“Ho sempre detto che la sua vera potenza nasceva dall’essere cresciuto sulla Terra, ma tu, di Kaarot non sei altro che un inutile clone!”.

Un balenio esplose dalla sua mano, sibilò nell’aria, sconquassò il torace del guerriero, sospingendolo contro il muro e lasciandolo cadere oltre.

Bulma sussultò, urlando e stringendosi più stretta alle gambe. Il silenzio che seguì, enfatizzò il tremore di cui era in preda il suo essere.

Vegeta si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno:

“Dov’è Trunks?” le chiese senza avvicinarsi.

Lei gli spiegò tra i singhiozzi che era stato portato via da Napa e alla fine lo sentì precipitarsi fuori.

 

* * *

 

Non era certa quanti minuti fossero trascorsi dacché Vegeta aveva lasciato la stanza. Aleggiava ancora un odore di bruciato e dalla breccia nel muro continuava a sollevarsi una coltre di fumo e polvere.

Era riuscita a trascinarsi giù dal letto, ad indossare una vestaglia e a riaddormentare Bra, agitando piano la cesta. Si era gettata dell’acqua fredda sullo zigomo sinistro nel tentativo di attenuare il gonfiore ed aveva tamponato con un fazzoletto inumidito il coagulo di sangue che si era formato sul labbro.

Quando Vegeta ritornò la trovò seduta sul letto, con lo sguardo basso ed il viso stancamente esangue. Gli parve una bambina indifesa che non alzò gli occhi a guardarlo, che non riuscì ad aprire neanche la bocca quando lui le disse che Trunks stava bene e che la vasca di rianimazione in cui lo aveva posto lo avrebbe fatto riprendere entro breve.

Un miscuglio di sentimenti annebbiati e confusi era il cuore di lei: Vegeta l’aveva salvata…aveva soccorso suo figlio ed ora era lì…ad aspettare che lei dicesse qualcosa a cui non era ancora con la mente arrivata, incerta da cosa fosse attraversato il cuore di lui, e quali spiegazioni dare al suo recente comportamento.

Non vide l’espressione intimidita dei suoi occhi neri, quella che si dipingeva tutte le volte che stava per dirle qualcosa che tremendamente lo imbarazzava:

“Mi sei mancata da morire…” pronunciò quasi in un soffio, che per lei si tradusse in un vento impetuoso e gagliardo da far sradicare alberi e gonfiare torrenti “…non so fino a quando riuscirò a  recitare questa parte…a fingere che di voi nulla mi importi…”.

Bulma alzò il capo e corse a nasconderlo tra le sue braccia, piangendo per un tempo interminabile e singhiozzando solamente:

“Ho sempre saputo che tu non potevi averci abbandonato…”.

Più arduo era capire quanto per lui fosse stato doveroso recitare la parte di compagno e padre cattivo, che mostrarsi disinteressato ed indifferente del loro futuro era l’unico modo per poterli salvare, che sconfinarli nella parte ultima del Palazzo era il solo mezzo perché nessuno scoprisse la forza latente nel figlio e la bellezza evidente della sua donna.

Proteggere Trunks, Bra e Bulma dalla violenza e dalla perversione di quel corrotto pianeta era divenuto un obiettivo prioritario ed irrinunciabile, da quando aveva ritenuto preferibile condurli con sé piuttosto che lasciarli sulla Terra.

Ed aveva visto bene, considerato che sul pianeta era rimasto solo polvere e fango.

Goku, Gohan, Junior e tutti gli altri avrebbero pensato a proteggere la Terra, mentre lui, lasciando credere che il tempo non avesse mutato la sua tempra malvagia e spietata, sarebbe penetrato fin nel covo dei serpenti, alla ricerca di una soluzione che sterminasse definitivamente la sua stirpe rediviva.

Aveva vegliato sulla sua famiglia giorno dopo giorno, fiducioso che avrebbero resistito alla precarietà a cui li aveva costretti, mille volte preferibile alla morte che non li avrebbe risparmiati sulla Terra.

Non molto aveva potuto fare per il pianeta, consapevole che se anche Goku fosse riuscito a sconfiggere suo padre e suo fratello, altri saiyan sarebbero sopraggiunti a completare un disegno ormai stabilito.

Ed invece Kaarot aveva perso…di lui forse più nulla era rimasto…eppure avrebbe potuto competere contro Burdack e Radish…non era possibile che avesse rinunciato a fronteggiarsi col suo stesso sangue…

E quando ormai aveva incominciato a credere che neanche per sé stesso e la sua famiglia ci fosse più nulla da fare, che non avrebbe potuto continuare in eterno ad essere il regista di quella farsa, un meteorite, materializzatosi dal nulla, viaggiava alla volta di Neo-Vegeta.

Un meteorite avrebbe annientato il suo popolo…non le mani di Freezer come fu un tempo.

E in quell’epico giorno, lui avrebbe fatto in modo che tutti i saiyan fossero presenti sul pianeta, che nessuno sfuggisse all’inglorioso destino.

Bulma lo sentì muoversi, staccarsi da lei ed avvicinarsi alla cesta.

La piccola dormiva, continuando a succhiare il ciuccio:

“E’ cresciuta tantissimo…” notò con incanto “…ed è incredibile quanto ti somigli…”.

Si guardò intorno, provando un incredibile compassione per le pene da loro patite. A casa loro, Bra avrebbe dormito in una culla morbida e confortevole, una coperta linda e calda avrebbe avvolto il suo corpicino e Bulma non avrebbe tremato in quella logora vestaglia, ma si sarebbe scaldata al fuoco del camino e poi sotto le coperte…insieme a lui…

“Non è più necessario che voi stiate qui, seguitemi” e si mosse versò l’uscita da lui abbattuta “…vi porto nelle mie stanze, lì starete al caldo”.

Bulma lo seguì lungo i corridoi, recando tra le braccia la cesta. Lui si accertava che gli stesse dietro, fino a quando:

“Perché ti sei fermata?”.

“”Hai…hai…la coda…” indicò fissando i suoi posteriori.

“Mio padre ha voluto che mi ricrescesse…” spiegò con noncuranza.

Dei drappi di porpora coprivano le finestre di quella stanza, il cui centro era ingombrato da un grande letto all’apparenza confortevole.

“Lì c’è un bagno” le indicò “fa pure con comodo, baderò io alla bambina” che intanto si era destata.

La prese in braccio, offrendo uno dei suoi rari sorrisi quando Bra alzò il suo sguardo azzurro verso di lui e lo fissò a lungo con la boccuccia interrogativa. Assaporando ogni attimo di quel momento, le accarezzò la guancia paffuta, scivolando col dito sul suo nasino e facendoselo acchiappare dalla sua piccola mano che si strinse vigorosa intorno ad esso.

La bambina sgambettava gioiosa, emettendo incomprensibili borboglii.

Restarono per un pezzo di tempo lunghissimo così…padre e figlia…fino a quando Bra non si riaddormentò.

Quando Bulma riaffiorò dal bagno, lui l’aveva già adagiata nella cesta.

“Va meglio?” le domandò.

Si era trattenuta a lungo nella vasca, godendo dopo tanto tempo della sensazione di pulito che  lasciava il sapone sulla pelle. Aveva strofinato, energicamente e con rabbia, la spugna lì dove Kaarot aveva passato la lingua. Più difficile era eliminare la sensazione delle sue mani che ancora le afferravano i seni e della sua coda che si attorcigliava intorno alle gambe. La conseguenza fu che quando uscì dal bagno, avvolta in una vestaglia di Vegeta, era pulita e in ordine, ma ancora visibilmente sconvolta.

Al saiyan non sfuggì di certo lo sguardo basso da lei tenuto e l’aspetto insolitamente silenzioso e cupo.

Si sedette sul letto accanto a lui:

“Piangi, se vuoi…” le disse.

Alla fine lei si coprì il volto e scoppiò in lacrime:

“E’ stato orribile…oh…se non fossi giunto tu…” si gettò contro il suo petto.

Al pensiero di quanto sarebbe potuto accadere, anche Vegeta rabbrividì, e al ricordo di quell’essere nudo che toccava la sua donna e godeva di lei, gli fece sorgere il dubbio di non essere stato abbastanza spietato contro di lui: una pena più lenta e tormentata sarebbe stata di certo più appagante.

“Non voglio che nessuno mi tocchi…nessuno…che non sia tu…” singhiozzò ancora.

Al contatto brusco con lui, i graffi, che Kaarot le aveva fatto lungo il collo ed il seno, si infiammarono sotto la vestaglia.

Altrettanto imprevedibilmente si staccò per il dolore dal saiyan, che si chiese se il tentativo di stringerla le avesse procurato fastidio.

Non tardò a notare l’impronta strisciante di cinque dita lasciatole sul collo.

Allungò piano la mano per scoprire fin dove arrivassero. Lei, irrigiditasi, non si mosse, ma rabbrividì impercettibilmente quando lui le scostò con lentezza la vestaglia ed appurò che i segni proseguivano fino al solco dei suoi seni:

“Maledetto…” imprecò “avrei dovuto torturarlo solo per quello che ha osato farti…questi graffi devono essere disinfettati al più presto…”.

Scomparì nel bagno, venendone fuori con un kit di pronto soccorso. La trovò così come l’aveva lasciata…immobile…col volto rigato dalle lacrime…impaurita e… con il petto scoperto, che si sollevò più affannosamente quando lui ritornò a sedersi accanto, non senza aver sentito una fitta al basso ventre dinanzi a quell’innocente esposizione.

Lo fissò mentre lui prendeva una garza e la imbeveva di liquido.

Il silenzio di lei, cui poco era abituato, e lo smarrimento nei suoi occhi lo misero a disagio, facendogli tremare la mano nel momento in cui si apprestò a toccarla.

“Brucerà un po’…” l’avvertì, incominciando a tamponare delicatamente i segni infuocati impressi sul collo.

Bulma gemette, chiudendo gli occhi ed addentandosi il labbro inferiore.

Lui sentì un fuoco divampargli dentro, essendo abituato a sentirla gemere in momenti molto diversi. Eppure l’aria intorno non era dissimile, fremente di quell’incontenibile passione che di lì a poco sarebbe inevitabilmente esplosa, per quanto si sforzasse di eseguire la medicazione con la medesima compostezza di un medico.

Riuscì a proseguire lungo la scia infuocata dei graffi, arrestandosi sul solco dei seni. Senza neanche averli sfiorati, vide che i suoi capezzoli erano già induriti.

Lei intanto non distoglieva lo sguardo da lui; nonostante le fiamme incominciassero a lambire tutto il suo corpo, lo fissava come se ancora non riuscisse a rendersi conto di essere di nuovo accanto a lui.

Ormai i lembi della vestaglia si erano completamente aperti, lui si ritrovò ad avere la voce roca quando le domandò:

“Ti…fa male…da qualche altra parte?” ed ispezionando personalmente, trattenne lo sguardo sul suo corpo oltre quanto fosse necessario.

Lei scosse il capo, come una bambina piccola ancora incapace di parlare, semplicemente come una donna provata a lungo dalla sofferenza e non ancora ripresasi del tutto.

Lui notò che il coagulo di sangue sul labbro inferiore aveva preso a sanguinare. Avvicinò la mano con l’intento di tamponarlo, ma la fermò incrociando il suo sguardo, così silenzioso, così assorto a contemplarlo, così significativo…

Non riuscì a resistere da avvicinare il suo volto a quello di lei, premere le labbra contro le sue, facendole sanguinare di più nell’impeto che adoperò.

“Scusami…” mormorò quando ebbe finito, succhiando con piccoli baci l’ultimo sangue che vi si era raccolto.

Lei sgranò gli occhi quando alla fine Vegeta, staccatosi da lei, soggiunse:

“Adesso devo andare…”.

“Perché?” si aggrappò alla sua mano.

“Voglio accertarmi che tutti siano partiti ed ho una questione urgente da risolvere con Napa…ormai sapranno già tutti la forza che possiede nostro figlio… dovete trascorrere un altro mese qui in attesa che Neo-Vegeta subisca l’impatto col meteorite…e voglio che nessuno vi infastidisca…solo un altro mese e poi…” avrebbe voluto dire che sarebbero poi partiti tutti insieme verso la Terra, ma il coraggio di rivelargli che più nulla esisteva venne meno.

Bulma non era interessata per il momento ai progetti da lui accuratamente predisposti:

“Ti prego…non te ne andare…resta un po’ con me…io…io…voglio fare l’amore con te…” gli disse lasciandolo di stucco.

“E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta…” rimpianse ancora.

Come riuscire ad essere indifferenti ad una preghiera tanto supplichevole ed implorante…

Dove trovare la forza di resistere a quel corpo che lo reclamava con urgenza…negargli quel piacere di cui per tanti mesi si erano privati…

Vegeta si sedette sul ciglio del letto, prendendo a togliersi velocemente gli stivali.

Lei gemette, incapace di resistere a quell’attesa. Aveva la necessità impellente di sentire le loro pelli a contatto, sentire la sua bocca, la sua lingua sul suo corpo, per dimenticare quella sensazione di viscido che le aveva lasciato l’altro.

Vegeta affrettò l’operazione di svestimento quando la sentì fremere per il bisogno e vide che lei aveva lasciato scivolare definitivamente la vestaglia.

Alla fine, strettisi quasi convulsamente, si lasciarono cadere sul letto.

E per la prima volta le pareti del Palazzo videro consumare la fiamma di un amore vero, che ardeva negli sguardi vicendevolmente persi di entrambi.

Persero la cognizione di quanto fosse loro intorno. Sembrava di essere ritornati alla Capsule Corp.,quando facevano l’amore nella loro camera da letto, allo stridio dei grilli nelle notti d’estate, o al sibilo del vento nelle gelide sere invernali.

Delle lacrime calde percorsero il viso di Bulma quando l’uomo si rilassò tra le sue braccia. Gli baciò la fronte al pensiero che altro tempo senza di lui l’avrebbe condotta alla follia.

“Va meglio ora?…” le domandò con una punta di irriverenza.

“Mmmm…mi sei mancato da morire…” gli sussurrò, irrigidendosi ad un tratto, quando sentì qualcosa di peloso lisciarle la gamba.

L’aveva sentita per tutto il tempo del loro lungo amplesso, ma non aveva avuto la lucidità di capire bene cosa fosse.

“Ti dà fastidio?” le chiese Vegeta, in riferimento alla sua coda.

No, non le dava fastidio, sebbene fosse insolito vedere quell’attributo ondeggiare dietro la schiena di lui. Solo adesso rifletteva a riguardo e volle prenderla cautamente in una mano, accarezzando la morbida pelliccia e suscitando in lui una reazione che lo portò a poggiare la testa contro il suo seno e a gemere come un gatto che fa le fusa, mentre strofinava la guancia contro un capezzolo indurito.

“Scusami…” fece lei mollando la presa “…dimenticavo che la coda di un saiyan non può essere toccata…”.

“In passato era un punto debole…ma ora è semplicemente molto sensibile…” spiegò con la voce roca “…toccamela ancora…” le sussurrò risalendo con la coda lungo la gamba.

Lei tentò di farlo, ma smise di proseguire quando intuì ciò che ormai era nelle intenzioni del principe.

La punta di quel nuovo strumento di piacere prese ad accarezzarle le tenere pareti della sua entrata suscitandole dei gemiti morbidi che aumentarono quando si divertì a varcarla un po’ oltre:

“Vegeta…” sorrise lei, godendo al pensiero che si stesse materializzando una delle sue fantasie più nascoste.

“Per troppo tempo non ti ho avuta…”.

Solo i loro gemiti infransero il silenzio surreale che avvolgeva il pianeta. Le ultime navicelle avevano lasciato il suolo ed un vento sinistro ricopriva di coltre rossastra gli edifici ormai abbandonati:

“Questo silenzio mi mette i brividi…” tremò Bulma tra le braccia dell’uomo.

Eppure con lui accanto avrebbe potuto trascorrere una vita intera su quella landa deserta.

Vegeta le stava accennando alle difficoltà incontrate nell’essere tornato  a conformarsi alla vita dei saiyan:

“Avevo dimenticato quanto fosse dura…non mi sono potuto sottrarre a compiere massacri e stermini…”.

“Potremo magari far tornare tutto alla normalità con le sfere del drago…” lo rincuorò fiduciosa.

Ma lui distolse lo sguardo, consapevole che erano divenute solo dei comuni sassi sul suolo ormai arido della Terra.

“Dov’è finita la vestaglia?” si mosse lei “vorrei indossarla…incomincio ad avere freddo”.

Vegeta la costrinse a distendersi di nuovo, attirandola rudemente con la coda contro di sé:

“Lo sai che mi piace averti nuda a letto…” la strinse più forte.

Lei rise sommessamente:

“Nato in un clima tanto rigido…ora capisco perché tu non hai mai freddo…”.

“Forse sei tu a non avere abbastanza sangue nelle vene” replicò.

Bulma lo guardò diritto in faccia, quasi divertita a quell’insinuazione:

“Ah, sì?” avvicinò la bocca alle sue labbra “pensi davvero che non abbia calore nel mio corpo?” ed avvolse la lingua di lui con la propria.

“Dimmi un po’…nessuna donna saiyan ha tentato di sedurti?” gli domandò con aria sorniona al termine del bacio.

L’uomo si rivoltò, facendola ritornare sotto di lui:

“Come puoi pensare che mi possano anche solo  piacere…”.

“E perché?” gli sorrise, interessata ad indagare oltre “sono donne anche loro…”.

“Sì…” asserì lui spostandole una ciocca di capelli ed abbandonandosi ad un raro momento di romanticismo puro “ma le donne saiyan non hanno i tuoi capelli setosi, né la tua pelle profumata, preferiscono cospargersi di grasso per preservare il calore del corpo” l’annusò estasiato “…non hanno i tuoi lineamenti delicati…” le percorse con un dito le braccia, concentrando infine gli occhi sul suo petto “e non hanno…non hanno …tanta…” qualsiasi aggettivo stesse per adoperare si spense a contatto con uno dei suoi capezzoli che afferrò avidamente tra le labbra.

“Cosa c’è? Non vuoi addormentarti?” le domandò dopo, quando ebbero ulteriormente soddisfatta l’insaziabilità dei loro ventri.

“Non voglio che tu te ne vada mentre io sto dormendo…resta con me tutta la notte…”.

“Qui è sempre notte…” disse cupo.

“Ma tu resta ancora…ti scongiuro…” e alla fine chiuse gli occhi contro ogni sua volontà.

Vegeta decise di restare lì, percependo l’inquietudine del sonno di lei, che a tratti sobbalzava alla ricerca di trovare protezione accanto a lui.

Fu proprio lei a svegliarlo alle prime ore di quel mattino scandito dall’immutabile colore carminio, quando anche il saiyan si fu arreso al sonno.

Gli domandò quando Trunks sarebbe ritornato.

“Suppongo che si sia ripreso…andrò in ogni caso a verificare prima di partire per Neo-Vegeta” ed incominciò a rivestirsi.

“Mi raccomando…non dovete assolutamente muovervi da qui…”.

“Quando ti rivedrò?”.

“Mi auguro presto…comunque continuerò a comunicare con te tramite Fava come abbiamo fatto fino ad ora…”.

Vegeta si bloccò al cipiglio che si disegnò sulla fronte di lei:

“…fino ad ora?”.

“Sì…tutte le lettere che ti ho scritto in questo periodo…”.

Ma Bulma scosse il capo:

“Fava non mi ha mai dato nulla…”.

Vegeta indietreggiò. Spasmodicamente aveva preso a pulsargli la vena che gli solcava la tempia. Com’era possibile che lei non avesse mai ricevuto nulla? Cosa ne era stato di quelle lettere?

I piani dunque non stavano andando come da lui previsti, a questo punto c’era il rischio che non fossero mai proceduti nella direzione giusta fin dall’inizio, che il contenuto di quelle lettere, nelle quali nulla aveva tenuto nascosto, fosse irrimediabilmente trapelato:

“Fin dal primo giorno che vi ho condotti qui, ti scrissi svariate lettere per spiegare la mia situazione…le consegnavo a Fava, fidandomi ciecamente di lei e del fatto che non sapesse leggere…come è possibile che non ti siano mai state consegnate…che cosa hai allora pensato per tutto questo tempo?!”.

“Io ho provato solo a fidarmi di te…”.

“Maledizione! Devo trovare immediatamente quella dannata vecchia!” urlò scaraventandosi nei corridoi.

 

* * *

 

Era in ginocchio, ai piedi del letto, ad attendere che la porta si aprisse da un momento all’altro.

Non c’era pentimento dietro le orbite scavate dei suoi occhi impenetrabili, né rassegnazione per l’inevitabile destino di morte  cui l’avrebbe condotta la mano di quell’uomo che aveva tenuto in fasce. Credeva solo nella giustezza del suo agire, nella consapevolezza di aver tradito il suo principe solo per il bene di lui.

Così la trovò Vegeta, dopo aver bestemmiato come un indemoniato il suo nome mentre percorreva i corridoi che conducevano al Quarto Ordine. Fava era l’unica saiyan presente sul pianeta, avendo Vegeta decretato che per il servilismo dimostratogli si fosse guadagnata la vita.

“Io non so leggere…non conoscevo il contenuto di quelle lettere, ma fin dal primo giorno che arrivaste, bastò vedere l’interesse che dimostravate, principe, per quei terrestri, per capire che non eravate più la stessa persona che vidi per l’ultima volta anni or sono.

Serbai le lettere qui, accettando comunque di seguire gli ordini che mi impartivate, convinta che sulla Terra fosse stato vittima di sortilegi e che prima o poi vi rinsaniste.

A nessuno dissi delle lettere, né del vostro comportamento…mai avrei osato tradirvi fino a quando…”.

“Fino a quando…cosa?!” urlò l’uomo.

“Fino a quando non vi ho visto con quel ragazzino ferito…” spiegò lei tenendo lo sguardo basso ancora in segno di sottomissione “…ero nascosta dietro un muro quando vi ho visto percorrere la sala dove il terrestre era rimasto a terra moribondo…” e raccontando incominciò a piangere “vi siete piegato verso di lui…gli avete accarezzato il capo…ed addirittura sorriso quando lui ha mormorato papà…”.

“Adesso basta! Che ne hai fatto di quelle lettere?!”.

“Sono nelle mani di vostro padre…ha detto che le avrebbe lette con calma quando sarebbe giunto su Neo-Vegeta…”.

“Noo!” assestò un pugno contro un muro facendolo crollare.

Era ormai giunta la fine…

“Nonostante la saggezza della decisione…ugualmente vi ho tradito ed ora sto aspettando la morte per mano vostra. Uccidetemi, principe, perché possa capire di essermi sbagliata sul vostro conto…” si gettò ai suoi piedi “…che voi siete ancora il saiyan crudele ed impietoso che vidi crescere…concedetemi almeno questo…”.

Vegeta la fissò con la stessa glacialità di un tempo:

“Ti lascerò invece in vita…vecchia…se questa è l’unica sofferenza che posso infliggerti…” e la lasciò, ritornando a percorrere con disperazione i corridoi del Primo Ordine.

Era la fine…ma solo per lui…

Doveva mettere al più presto in salvo Bulma, Trunks e la bambina, spedirli verso qualche pianeta lontano, sicuro che Trunks avrebbe saputo prendersi cura di loro. Non importava se lui non fosse mai riuscito a raggiungerli:

“Bulma!”.

La sua camere da letto era vuota, neanche più la cesta di Bra era stata lasciata:

“Noo! Bulma!” continuò a gridare il suo nome districandosi nell’interminabile labirinto di corridoi.

Fu solo il pianto di una neonata ad attenuare i suoi funesti presentimenti.

La trovò nella sala dei computer, insieme alla madre:

“Stupida che non sei altro!” l’apostrofò “avevi intenzione di farmi venire un infarto?!”.

Aveva intenzione di proseguire con tutta la lista di epiteti che conosceva, se non fu che si accorse che la donna fissava la schermata del computer allo stesso modo se questo fosse stato un essere dalle sembianze mostruose.

“Cosa…cosa c’è…cosa hai scoperto?” le chiese in un confuso borbottio.

“E’ terribile…Ve-vegeta…” tartagliò lei senza distogliere lo sguardo dallo schermo “il meteorite…qualcosa deve averlo diviso in due…forse l’impatto con un asteroide più piccolo…”.

“Questo vuol dire che non sarà più sufficiente a disintegrare Neo-Vegeta?”.

“No, sarà ancora sufficiente a disintegrare Neo-Vegeta, ma l’altra parte viene diritto verso di noi…”.

Visibilmente impallidito, trovò la voce per chiederle entro quanto prevedeva l’impatto.

“Entrambe hanno incrementato la propria velocità…una si scaglierà contro il pianeta grande tra circa 58 minuti…e l’altra giungerà qui standole dietro solo di qualche minuto…” concluse con un rapido calcolo mentale.

Vegeta osservò il puntino lampeggiante sullo schermo. Era inaccettabile pensare di aver miseramente fallito e che la vita sua e della sua famiglia fosse legata alla volubilità di una roccia incandescente.

Ma un’ora sarebbe stata più che sufficiente per raggiungere la navicella che aveva lasciato proprio dietro la Torre di controllo. Per quanto piccola, avrebbe consentito di mettersi in salvo e di raggiungere il pianeta più vicino:

“Sono riuscita a prendere una navicella dall’edificio A32, Trunks possiede la capsula…” volle informarlo Bulma.

“A32 hai detto? Mi dispiace per la fatica…ma lì erano depositate le navicelle senza carburante…”.

“Vegeta…” gli prese lei la mano dopo alcuni istanti, guardandolo con occhi pieni di gratitudine.

“Non abbiamo tempo per simili smancerie…” si liberò lui, non senza essersi perso per un istante nell’azzurro dei suoi occhi “…dobbiamo raggiungere Trunks ed andarcene via da qui immediatamente!”.

Bulma aveva già afferrato la cesta di Bra:

“Quanta fretta, Vegeta, non è da saiyan darsela a gambe come è nelle tue intenzioni…” lo rimproverò suo padre, col tono che avrebbe rivolto ad un bambino cattivo.

Le figure energumene di Napa e del sovrano occuparono l’entrata.

Bulma si rifugiò dietro Vegeta, mentre la bambina, ignara della drammaticità della situazione, piangeva reclamando solo la sua pappa.

“Un bel piano quello che hai organizzato…devo ammetterlo…ma sei stato uno sciocco se hai pensato che io mi fidassi di te…”.

Ostile e torvo era lo sguardo del sovrano, quasi divertito quello di Napa.

“Fu sufficiente vedere una stupida fotografia, lì dove abitavi, per capire che ti era stato fatto il lavaggio del cervello…Ad ogni modo…” incrociò le braccia “volli credere di essermi sbagliato e confesso che per un momento ho creduto che nulla avesse scalfito la tua tempra malvagia…”.

Si mosse con lentezza prendendo a girargli intorno:

“Patetica la tua premura di salvare questi terrestri…sei la vergogna della nostra stirpe…” disse come se gli avesse sputato contro.

“Io non ho mai dimenticato di essere un saiyan!”.

“Allora uccidi quella puttana che si nasconde dietro di te e la mocciosa che le hai fatto concepire!”

fu quanto di più blasfemo gli si potesse ordinare.

Bulma si strinse al suo braccio, inorridita da cotanta malvagità.

Vegeta restò immobile, una goccia di sudore percorse lentamente la sua fronte, scivolando lungo la piega tesa del collo.

“Cosa c’è?” lo derise il padre “…ti manca il coraggio…forse?”.

“Di certo, non mi manca il coraggio di uccidere un cane come te…” disse per poi lanciarsi contro in un’esplosione di impeto e rabbia.

Impossibile anche solo sfiorarlo: Vegeta fu scaraventato all’indietro, riducendo in una miriade di frantumi e scosse elettriche la schermata del computer centrale.

“Bulma…” sibilò Vegeta ricadendo pesantemente sul pavimento “…cerca Trunks ed andatevene subito via da qui…”.

“Lei non va da nessuna parte!” le avvolse il braccio la mano rude e massiccia di Napa.

“Maledetto…” riuscì a rialzarsi a tentoni il principe, incredulo che fosse bastato poco per fargli perdere quasi completamente i sensi “…lasciala andare…”.

La donna tentò di divincolarsi, accrescendo solo il dolore procuratole dalle dita che affondavano nella carne.

“Faresti bene ad ascoltare ciò che ti ha ordinato mio padre!”.

Bulma e Vegeta riconobbero all’istante la voce del figlio giunto in tempo in loro soccorso.

“Ancora tu, moccioso?” lo riconobbe Napa, mollando la presa.

“Ho voglia di scontrarmi contro di te, testa pelata…” lo sfidò il ragazzo.

Vegeta si era ormai riassestato e la grinta del figlio aveva contagiato anche lui:

“Vai via” si rivolse alla moglie col tono di un ordine che non ammette dinieghi “io e Trunks vi raggiungeremo presto”.

Senza batter ciglio, il sovrano osservò Bulma allontanarsi di corsa, alla volta della navicella lasciata da Vegeta dietro la Torre di controllo:

“Se fossi in te non sarei molto convinto di riuscire a raggiungerla”  e con quell’ultima provocazione ebbe inizio lo scontro finale.

Il Palazzo fu la prima cosa che Bulma vide crollare da uno degli oblò della navicella che aveva già azionato.

Due dovevano essere i campi di battaglia, Napa e Trunks da una parte, Vegeta e suo padre da un’altra. Esplosioni e crolli di magazzini si susseguivano su due ampi fronti, anticipando la distruzione che di lì a poco avrebbe coinvolto l’intero pianeta.

Tra 34 minuti il primo frammento di asteroide avrebbe raggiunto Neo-Vegeta, l’altro lo seguiva a distanza di pochi minuti.

Bulma osservava impaziente l’orologio, mentre la piccola Bra era in preda ad una delle peggiori crisi di pianto di tutta la sua breve vita.

Aveva fame ed il pannolino sporco acuiva la sua insofferenza. Non poteva immaginare che suo padre era intento ad affrontare una delle peggiori battaglie mai affrontate prima e che per il momento l’esito di essa lo vedeva in sfavore.

Vegeta si risollevò dal cumulo di macerie che lo aveva seppellito. Sputò a terra e si asciugò col dorso della mano il rivolo di sangue che fuoriusciva dal labbro.

Non si meravigliava dell’incredibile forza di suo padre e sapeva che era ancora poco quello che gli stava mostrando. Eppure non si sentiva affatto sconfitto, da tempo i suoi muscoli non conoscevano simili contrazioni e per il momento l’esaltazione dello scontro gli trasmettevano l’energia sufficiente a respingere i suoi assalti e a rialzarsi da quelli sotto cui soccombeva.

Tornò a rigettarsi contro il clone, contro quell’uomo che nulla mai aveva rappresentato per lui, neanche quando era certo che fosse sangue del suo sangue.

Era ormai nel pieno di quel confronto corpo a corpo quando si sentì afferrare la coda:

“Non sei degno di portare quest’attributo, sei divenuto un terrestre ed i terrestri non hanno la coda!” disse strappandogliela con un colpo secco.

Vegeta emise un urlo simile ad un latrato, mentre la sua coda si ritorceva a terra nell’ultimo spasmo. Riuscì di nuovo a risollevarsi e a guardarlo con quel ghigno provocatorio che aveva assunto fin dall’inizio della battaglia:

“Cosa hai da ridere?”.

Il figlio scoppiò in una risata più fragorosa.

“Smettila! Adesso ti faccio vedere io se hai ancora tanta voglia di ridere!”.

Il sovrano raccolse tutta la sua potenza nell’energica ringhiata che eruttò dalla sua bocca. Di luce ulteriore avvampò la sua chioma e si irradiò il suo corpo teso.

“Finalmente…” sibilò a danti stretti Vegeta, osservando la trasformazione in super-saiyan ti terzo livello di suo padre.

“Non mi sembri molto sorpreso…” commentò il sovrano sfoggiando la sua nuova potenza.

Era ciò che Vegeta attendeva, il raggiungimento di quello stadio che già aveva avuto modo di osservare e studiare in Goku anni prima nell’indimenticabile scontro contro Majin-Bu.

Sapeva che quello stadio richiedeva un immane dispendio di energia e che riuscire a prolungare il combattimento sarebbe stato l’unico mezzo per ridurlo alla spossatezza e condurre l’esito della battaglia a suo favore. Il problema adesso era solo riuscire a resistere ai suoi attacchi, che inevitabilmente sarebbero divenuti micidiali.

“Trunks…Vegeta…muovetevi…vi scongiuro…” supplicò Bulma a voce alta. Ed era piena di disperazione la sua voce: sette minuti mancavano ormai all’impatto del primo meteorite su Neo-Vegeta.

Ma impegnati com’erano a combattere, nessuno dei quattro guerrieri si accorse del vento che sibilava sinistro, come preludio di un imminente catastrofe, né la terra che prendeva a tremare.

Solo un enorme boato interruppe il sovrano dall’assestare l’ennesimo colpo contro il figlio, forse quello di grazia.

Qualcosa esplose nel cielo purpureo, tempestandolo di una miriade si scintille che caddero al suolo come pioggia infuocata.

Dell’enorme pianeta che dall’origine dei tempi signoreggiava nella galassia restarono solo polvere e detriti roventi, spazzati via dal vento stellare insieme alla stirpe rediviva del glorioso popolo dei saiyan. Il sovrano assistette impotente alla distruzione del suo sommo impero e al naufragio dei suoi sogni di gloria.

Afferrò con violenza Vegeta per il collo:

“In quelle dannate lettere dicevi che sarebbe esploso tra un mese!”.

Lui rise ancora, con gli ultimi respiri che gli restavano:

“E lo spettacolo non è ancora finito, tra pochi minuti salterà in aria anche questo…”.

“Maledetto!” bestemmiò il padre lanciandolo contro un cumulo di macerie e correndo via, alla ricerca della sua navicella.

Vegeta tentò di risollevarsi, invano ricadde ancora a terra:

“Papà!” la voce di suo figlio lo raggiunse quando era sul punto di credere che mai più l’avrebbe ascoltata.

Il ragazzo tentò di soccorrerlo, ma:

“Lasciami stare!” gli intimò Vegeta rialzandosi a tentoni e sputando ancora sangue a terra.

“Dov’è Napa?”.

Trunks gli annunciò orgoglioso di averlo battuto.

“Allora…ascoltami…devi raggiungere subito tua madre e tua sorella e partire via da qui…non c’è tempo da perdere…”.

“Ma tu? Come farai a raggiungerci?” sembrava irremovibile ad andarsene senza di lui.

“Obbedisci Trunks!”.

“Aspetta…” si frugò tra le tasche, prendendo una capsula “…questa è la navicella che la mamma è riuscita a recuperare da un deposito…”.

Vegeta la prese in mano e se la nascose sotto l’armatura.

“Adesso muoviti…” gli disse infine.

Trunks corse via a mettere in salvo sé stesso e le donne della sua famiglia.

Vegeta intanto riuscì a scorgere il padre nell’affannata corsa verso l’unico mezzo di salvezza rimasto su tutto il pianeta.

Raccolse in una mano l’energia che era riuscito ancora a preservare:

“Non ti salverai…questo pianeta sarà la tomba per entrambi…” decise, lanciando la sfera e disintegrando l’astronave.

Questo avvenne a meno di tre minuti dall’impatto del secondo meteorite. Vegeta si apprestò a riprendere il round finale, rinvigorito dal vedere suo padre ormai affaticato dall’eccessivo dispendio di energia.

“Bastardo! Non dovevi distruggerla!”.

Quando gli urlò contro questo, la fluente chioma del super-saiyan di terzo livello aveva lasciato posto alla consueta capigliatura ed i suoi occhi erano divenuti neri come la morte più che imminente.

Vegeta lo raggiunse ad assestargli una serie rapida di pugni violenti nello stomaco ed il sangue che ne sgorgò gli andò diritto in faccia. Non sapeva a cosa sarebbe valso ucciderlo, consapevole che ormai la morte avrebbe preso anche lui. Eppure aveva ancora la speranza di riuscire a raggiungere Bulma ed i suoi figli prima che partissero. E fu con quell’intenzione che si mosse, quando il padre cadde al suolo privo dei sensi.

Forse non era ancora tutto perduto…

Distrutto nel fisico, con una gamba claudicante, una spalla sanguinante, rotolò giù per il pendio scosceso, trascinandosi verso la Torre di controllo, dove sperava si trovasse ancora la navicella.

Di nuovo il vento sollevò la coltre rossastra di polvere che gli accecò la vista e lo fece avanzare cieco per alcuni metri.

“Vi prego…aspettatemi…non mi abbandonate…” cadde ancora e si risollevò “…io…non voglio morire qui…”.

Ma la navicella si era già issata in volo, Trunks era partito come gli era stato perentoriamente ordinato.

Cadde in ginocchio, piegato dall’ingiusto destino di morte. Per la prima volta aveva paura. Non era pronto a morire, non era impavido come lo era sempre stato. Afferrò la polvere dell’arido suolo, dove una lacrima scivolò solitaria.

La terra sussultò sotto di lui, il vento divenne sferzante, il cielo si oscurò.

L’apocalisse era giunta, ma qualcosa di invisibile, come un fantasma, lo sottrasse ad essa…

 

* * *

 

La navicella era pronta. Sarebbe bastato premere un pulsante per lasciare l’atmosfera di quel pianeta condannato alla distruzione e salvarsi la pelle. Ma Vegeta e Trunks erano ancora lì e Bulma aveva già deciso cha sarebbe stata anche la sua tomba quel suolo arido, se loro due non l’avessero raggiunta. Non era la prima volta che combatteva contro lo scorrere inesorabile dei minuti su un pianeta sul punto di collassare, ma era la prima volta di certo che preferiva la morte ad una vita vissuta senza di loro.

“Mamma!”  la voce di Trunks la raggiunse in lontananza.

Vide il ragazzino entrare nella navicella, chiudere lo sportello e sedersi come un forsennato ai comandi.

Vegeta non era con lui. Bulma tentò per un istante di capire cosa questo significasse, ma Trunks aveva dato carburante ai motori e l’astronave decollò lasciandole a stento il tempo di urlare:

“Trunks! Cosa stai facendo?!”.

La navicella abbandonò l’atmosfera imporporata del pianeta, per incontrare quella buia e silenziosa dello spazio:

“Trunks…” lo chiamò piano la madre riprendendosi dal micidiale decollo “…perché…perché sei partito?” domandò tremula, come se fosse sul punto di piangere “…perché tuo padre non è con te?”.

“Tranquilla, mamma, vedrai che papà ci raggiungerà presto, gli ho dato la capsula della navicella che tu sei riuscita a recuperare…” le comunicò fiducioso che tutto sarebbe andato al meglio.

Ma Bulma non condivise quel suo ottimismo, quelle parole ebbero il sibilo di un dardo esploso all’altezza del cuore:

“No…” scoppiò a piangere “…quella navicella…” singhiozzò senza fiato “…mi ha detto che non aveva il carburante…”.

Trunks sentì un groppo formarsi nella gola.

E così suo padre gli aveva mentito solo per lasciarlo andare…

“Dobbiamo tornare indietro Trunks…” si aggrappò al figlio “ti supplico…dobbiamo salvare tuo padre…”.

“E’ tardi ormai…”.

Bulma vide dall’oblò la roccia incandescente dirigersi verso il pianeta:

“No…”.

Il figlio la strinse a sé, costringendola a nascondere il viso contro la spalla per non vedere:

“Non guardare mamma…papà ha fatto tutto questo solo per salvarci…”.

“Nooo!” urlò lei, straziante, quando un boato esplose nell’immensità dello spazio e fece sussultare la navicella ormai lontana.

“No, Vegeta!” si dibatté tra le braccia del figlio, crollando infine ai suoi piedi.

 

* * *

 

Sentiva ancora sulla pelle i baci che lui le aveva dispensato quella notte…l’ultima notte d’amore…l’ultimo ricordo che le aveva lasciato…ed ora di lui più nulla era rimasto…quel corpo che aveva amato era divenuto polvere spaziale…

Era stato così gentile quando le aveva medicato le ferite…non avrebbe dimenticato quel momento condiviso per il resto della vita…

Ma quale vita l’attendeva ora che la Terra era solo una landa deserta…

Apprendere quella sconcertante verità le aveva arso la gola in un urlo straziante.

Come esuli vagavano nello spazio, senza meta e senza più patria.

Trunks fissava il vuoto davanti a sé, non una lacrima aveva percorso il suo volto ancora glabro: suo padre non avrebbe tollerato che frignasse come una femminuccia.

Solo il pianto silenzioso di Bulma e quello più concitato di Bra interrompevano il silenzio che avvolgeva l’abitacolo.

Poi un pianeta azzurro all’orizzonte…

La Terra era ancora lì e dallo spazio sembrava che nulla di tremendo si fosse consumato sul suo suolo.

Bulma si alzò a guardare anche lei:

“Fermiamoci” disse “è il caso di vedere cos’è accaduto…”.

La navicella fu inghiottita nell’atmosfera celeste del pianeta, atterrando bruscamente in una zona deserta.

Era un pascolo erboso e a valle un gregge di pecore brucava l’erba all’ombra di solide querce.

In lontananza erano visibili i grattacieli delle metropoli ed un aereo percorse il cielo terso sopra di loro.

“Sembra che non sia mutato nulla…” esclamò la donna a bocca aperta.

Risalirono sulla navicella dirigendosi alla volta della Città dell’Ovest, decisi a scoprire fino in fondo se quello fosse solo un sogno meraviglioso.

Eppure nel sorvolare la città, era difficile non accorgersi del brulichio sottostante e della vita frenetica che non sembrava mai essersi arrestata.

Non potevano ancora sapere che il vecchio Burdack ed il figlio Radish erano stati clamorosamente sconfitti da Goku al termine di un’ avvincente battaglia e che, magnanimo come sempre, li aveva risparmiati lasciandoli partire.

Padre e figlio avevano fatto sosta su un pianeta per curare le ferite dello scontro, e ripresisi, avevano guadagnato un sostanzioso bottino conquistando altri pianeti e mentendo sulla provenienza del ricavato.

“Non posso crederci…” esclamò Trunks vedendo Goku, Gohan e Goten salutarli dal giardino della Capsule Corp.

“Finalmente siete arrivati!” li accolse Goku, quando scesero dall’astronave “…sapete…non è stato facile prendersi cura di Vegeta in queste lunghe ore. Quando sta poco bene…” si rivolse loro come se stesse facendo una confidenza “…è anche più insopportabile del solito…” ammiccò.

“Vegeta?…” si accigliò Bulma, portandosi una mano al petto.

“Ah, già…” cascò il saiyan dalle nuvole “sono riuscito a prenderlo all’ultimo momento e a teletrasportarlo qui…” spiegò, indicando un uomo fermo all’ingresso della casa, sorretto ad una stampella, con la fronte fasciata ed un braccio immobile.

“Papà!” Trunks e Bulma, con la piccola Bra tra le braccia, corsero verso di lui.

Vegeta restò indeciso sul da farsi, visibilmente imbarazzato dalla calorosa manifestazione d’affetto, riuscì solamente a dar loro le spalle…come sempre.

 

Fine

 

Lilly81

 

 

 

 

 

 

   
 
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