La seconda volta Naruto non ebbe nemmeno la forza di protendere una mano verso Sasuke, lui aveva già sfilato la katana pronto ad ucciderlo.

Non sarebbe mai divenuto l’uomo che aveva sempre desiderato essere, prima di avere Sasuke di nuovo al suo fianco.

Sasuke inarcò un sopracciglio, fissando diffidente il sorriso di Naruto, che si sfregava le mani imbarazzato: “Ho dimenticato a casa il portafogli. Non è che…?” La risposta di Sasuke fu chiara. “No, arrangiati.”

Sasuke ghignò, mentre Naruto pregava che gli abbassasse i pantaloni e facesse quel che voleva di lui e del suo culo - dio, era patetico.

“Orochimaru non è il mio padrone,” era la cantilena che adottava ogni notte, quando le parole di Naruto, risalenti a quel* giorno, rimbombavano nella sua testa.

Quanto avrebbe dovuto ancora attendere prima che Sasuke tornasse a dirgli che era solamente un usurantokachi, con quel mezzo sorriso e l’aria esasperata?

Definire Sasuke “migliore amico” sarebbe stato generico, stupido e riduttivo.

Immaginavano entrambi il dolore che l’altro provava la notte, quando nessuno poteva vederli e venivano assorbiti dal passato.

Naruto capì di essere impazzito nel momento in cui i suoi occhi caddero sul sedere di Sasuke, ignorando quello di Sakura.

“Senti,” iniziò Kiba guardando Naruto negli occhi, “la prossima volta che ti incontri con l’Uchiha, prova a proporgli un fidanzamento. Sicuramente tornerebbe a Konoha di corsa. Soprattutto se la proposta parte da te e non per l’ennesima volta da Sakura.”

“Vuoi davvero sprecare la tua vita a rincorrermi, Uzumaki?” E Sasuke lesse negli occhi azzurri del compagno l’ovvia risposta.

Allenarsi, da quando Sasuke se n’era andato, era diventata quasi una noia.

Prima c’era stato affetto, poi odio e ora, mentre stringeva il corpo di Sakura a sé, Naruto vide negli occhi di Sasuke solamente indifferenza.

Sentire il letto scricchiolare sotto il peso dei loro corpi, percepire Sasuke dentro di sé, l’ansito contro le orecchie, i gemiti trattenuti malamente.

Se avesse aspettato ancora qualche minuto Naruto sarebbe impazzito; quindi, l’aveva preso per il kimono bianco e sbattuto in terra, baciandolo con foga.

Per tutte le stelle cadenti che aveva visto, Naruto aveva sempre espresso di poter ritrovare presto Sasuke.

“Usuratonkachi, pensavo ci fosse un limite anche alla stupidità, ma quando Sakura mi ha detto che sei geloso di lei ho capito che la tua è e sarà sempre infinita.”

Sasuke guardò inorridito la bambina di fronte a sé - paurosamente simile all’Haruno - e si chiese con che coraggio lei avesse dichiarato che il suo cuore apparteneva al settimo Hokage di Konoha.

“Riporterò Sasuke a Konoha,” disse Naruto, mentre Kiba biascicava un roco, “Certo Naruto, abbi fede” dai suoni decisamente sarcastici.

Uzumaki era come l’estate: afoso, appiccicoso e faceva sudare, soprattutto quando rimanevano soli.

Naruto l’aveva guardato a pochi centimetri sopra di sé: sul viso di Sasuke c’era solo pioggia o erano anche lacrime?

Chissà se anche Nara e la Yamanaka, con la scusa di guardare il cielo, finivano a sfiorarsi sul prato come lui e Sasuke…

Nonostante Sasuke fosse sempre stato terribilmente scuro, terribilmente scontroso, terribilmente insopportabile, illuminava le sue giornate. Ora era tutto terribilmente nero.

“Sakura è un ninja medica, saprà sicuramente…” Ma Sasuke gli afferrò la mano, bloccandolo dov’era: “Lascia perdere, dobe. Anche tu non sei così stupido, dobbiamo salutarci qui.”

Quante volte aveva ripetuto a Sasuke che l’avrebbe riportato a Konoha? Le sue erano state solo belle parole.

“Questa è circa la quinta volta che dici di volermi uccidere: non è un po’ banale, Uchiha? Trovati qualcosa di nuovo,” Naruto sorrise, pensando che non erano poi così diversi.

Sasuke si aggrappò con forza al braccio di Naruto, tenendo saldamente la ferita in modo da bloccare parzialmente il sangue: “E adesso, Uzumaki, che farai? Porterai questo assassino in cella?”

Naruto sorrise, prendendolo di peso, “Teme, il tuo posto è qui. Accanto a me e Sakura,” e Sasuke non si premurò di fargli notare che Sakura non era con loro.

Aveva bisogno di credere che Sasuke non l’avesse davvero dimenticato, sarebbe stato troppo il contrario.

Ad ogni passo che Naruto compiva per avvicinarsi, Sasuke ne faceva due indietro, sempre più lontano.

La barca oscillava paurosamente, lui non sapeva nuotare e l’unico che avrebbe potuto soccorrerlo era l’Uchiha: Naruto si rassegnò alla sua morte.

La notte Sasuke veniva assalito dai ricordi: il ramo più alto di un albero, la risata chiassosa di Naruto, le innumerevoli sfide che quell’idiota gli proponeva, il profumo del ramen.

Naruto lo guardò negli occhi, la battaglia con Itachi non aveva portato gioia, calma, soddisfazione o esaltazione in quello sguardo, solamente morte - e le mani macchiate di sangue.

L’Haruno era una piattola, Uzumaki anche peggio: era finito in un pessimo team.

Guardando la diffidenza negli occhi di Naruto, Sasuke ghignò: che si aspettava, dopotutto, che l’accogliesse ancora a braccia aperte?

“Fronte Spaziosa, tu con loro non c’entri nulla,” sbottò Ino sollevano il naso, mentre Sakura crucciata aspettava una spiegazione. “Insomma, loro emano elettricità e sesso da tutti i pori, mentre tu aspetti ancora il bacio del principe azzurro Sasuke che, lasciamelo dire, è fottutamente - in tutti i sensi - gay.”

“Ogni singola cellula del tuo corpo sta implorando l’Uchiha di scoparti,” disse Shikamaru con noncuranza.

“Riporterò indietro Sasuke, Sakura. È una promessa!”

“Ucciderò Itachi e riporterò agli antichi fasti il mio clan, è una promessa.”

“Riempirò io il vuoto, teme.”

Era una promessa.

Vedendolo cadere nel vuoto, verso di sé, Naruto sentì il cuore vibrare ancora di speranza, che venne uccisa quando Sasuke sfoderò la katana.

Sasuke percepiva chiaramente il buco nel suo cuore, un buco che poteva essere riempito solo da schiamazzi, da una brutta tuta arancione e l’odore di ramen.

“Sono gay,” gli disse semplicemente prima di baciarlo, spingendolo contro il muro e affondando le mani oltre quell’orrida tuta arancione.

Vedendolo rialzarsi da terra per la terza volta, Sasuke apprezzò per la prima volta Naruto e la sua volontà.

Sakura rise guardando Naruto inchiodato al muro da un Sasuke coperto di lustrini e brillantini, lasciando che una lacrima le cadesse lungo le guance: non era stato facile arrivare lì, per lei, arrivare ad amare così profondamente due uomini senza desiderarli accanto a sé.

Ultimamente i vicini vedevano spesso scappare Naruto dalla finestra, inseguito dalla palla di fuoco suprema di Sasuke.

Andare a vivere con Naruto avrebbe significato: piatti sporchi, odore di ramen, sentirlo russare la notte, urla la mattina, urla la sera, cibi preocotti… “Sto aspettando una risposta, Sasuke-teme.”

“Non è chiaro? Riporterò a casa Sasuke a qualsiasi costo, che lo voglia o no. Ma sono sicuro che quel principino si stia solo facendo desiderare, ‘tebayo!”

Il pensiero di Sasuke gli occupava la mente ogni secondo.

Naruto sorrise vedendo Sasuke sdraiato a braccia aperte su quella collina soleggiata: nessuna katana, nessun copri fronte, nulla, solamente loro due ancora una volta (l’ultima?) insieme.

Naruto, sputando sangue, si domandò se gli occhi aperti di terrore dell’Uchiha fossero dovuti allo squarcio nel petto o al saluto che gli stava porgendo.