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Autore: Ariadne_Bigsby    24/11/2011    2 recensioni
John rimase incantato per un attimo, guardando la foto. Ripercorse ancora una volta con lo sguardo i quattro volti, lasciando il suo per ultimo. Quando alzò lo sguardo si vide riflesso nello specchio appeso al muro davanti, ed avvertì il peso degli anni gravargli sulle spalle come un macigno. Aveva quaranta anni, il giorno dopo avrebbe avuto quaranta anni e due mesi esatti...

"Prequel" della vicenda raccontata in "Here There and Everywhere", ovvero le esperienze vissute da John Lennon prima di prendere la decisione di scendere nuovamente sulla terra. Ff scritta in concomitanza con"Here There and Everywhere" (non ho resistito alla tentazione di pubblicarla adesso..." xD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon , Stuart Sutcliffe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'John in the sky with diamonds'
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Please, please me.

 

Oh please, please oh yeah

    Like I please you.”

 

 




Faceva un freddo cane nel furgoncino; i finestrini non si chiudevano e l’aria gelida penetrava all’interno, costringendo i 3 ragazzi ammucchiati nel retro a stringersi l’un l’altro.

 

Erano vestiti di tutto punto, con pesanti cappotti, cappelli e guanti; il respiro si trasformava in condensa.

 

Stavano viaggiando da ormai 4 ore senza mai fermarsi, perché erano già in ritardo e avrebbero dovuto essere a Londra già da un’ora almeno.

 

Fuori il cielo era buio, nemmeno le stelle avevano deciso di accompagnarli inn quel viaggio faticoso e scomodo.

 

“Passami la b-bottiglia” balbettò uno dei tre ragazzi infreddoliti, affondando il naso nella sciarpa.

 

Quello che aveva ricevuto l’ordine protese una mano verso il basso, afferrando il collo di una bottiglia di whiskey scadente che si erano portati dietro per combattere il freddo pungente, ma prima di passarlo all’altro ragazzo, lo stappò e diede un lungo sorso, rabbrividendo.

 

“E dai, John! Ci deve bastare!” protestò Paul, tirando di nuovo fuori il naso dalla sciarpa e protendendo la mano verso la bottiglia.

 

“Tanto fa schifo..” sentenziò John pulendosi la bocca con la mano,Paul sbuffò di impazienza r i attaccò a sua volta alla bottiglia, mentre John cercava di sistemarsi in una posizione più comoda.

 

“Fantastico..” pensò “ho le mani, il naso e i piedi gelati e lo stomaco in fiamme.”

 

“Posso averne un po’anche io?” chiese timidamente il ragazzo con gli occhi azzurri seduto accanto a Paul.

 

“Oh, certo Rich! Ecco qua!” rispose gentilmente Paul, porgendo la bottiglia al piccolo batterista.

 

Richie si tirò giù la sciarpa dalla bocca e dette anche lui due sorsi dalla bottiglia, facendo una smorfia.

“John ha ragione. Fa davvero schifo.”

 

“Non potevamo permetterci altro..” osservò John in tono inespressivo, lanciando un’occhiata fuori dal finestrino. Buio pesto.

“Dite che andrà bene? Dite che mi farà suonare? Non sopporterei di vedermi relegato in un angolino a suonare un accidenti di tamburello.”

 

John fece  un sorrisetto tirato: povero Richie! Era il loro “nuovo acquisto”, ma il loro produttore non sembrava particolarmente colpito dalle sue capacità.

 

Ad essere sinceri, Riche aveva un modo molto strano di suonare la batteria, ma secondo lui e Paul era un metodo particolare e interessante: sembrava andare fuori tempo, quando in realtà si atteneva perfettamente al ritmo della canzone.

 

“Non preoccuparti Rich..” lo rassicurò Paul mettendogli una mano sulla spalla “sono sicuro che saprai farti valere.”

 

Richard Starkey lo guardò con quei suoi occhioni azzurri dal taglio malinconico, sperando che Paul stesse dicendo la verità, perpoi concentrarsi sulle sue bacchette che giacevano in un angolo.

John si stiracchiò e fece uno sbadiglio, mentre il furgoncin sobbalzava: vedeva Alan al volante, con un’aria seria e anche un po’corrucciata e George, seduto a fianco del guidatore, che sonnecchiava.

 

“Beato lui che ce la fa..” pensò John lanciando un’occhiata alla custodia della sua chitarra “cosa non darei per poter dormire un po’. Ma con questo freddo è una parola..”

Paul sembrava aver pensato la stessa cosa e infatti, poco dopo propose:

“Dovremmo provare a dormire. Mettiamo gli strumenti sulle panche e stendiamoci per terra il più vicino possibile. Così dovremmo riuscire a riscaldarci!”

John sbatté un attimo le palpebre, immaginando la scena: ma che bel sandwich di Beatles che sarebbe venuto fuori!

 

“Va bene..” acconsentì, cominciando a spostare la chitarra “Io però sto nel mezzo perché sono il più grande!”

“Veramente il più grande sarei io…” obiettò Richard, alzando timidamente la mano.

 

“Oh, ma chi se ne frega! Mettiamoci a dormire e basta!” sbottò Paul stendendosi sul duro pavimento del furgoncino.

“E bravo Paul..” pensò John mentre si sistemava accanto al bassista e chiudeva gli occhi “ alla fine il posto al centro se l’è beccato lui.”

 

“…Lennon, togli quel braccio dal mio stomaco o ti giuro che te lo stacco…” ringhiò Paul sentendo qualcosa posarsi su di lui.

 

John ridacchiò e ritrasse il braccio “Scusa Paulie-tesoro è che aspettavo da tanto la notte in cui avremmo dormito insieme…”

“Vaffanculo.”

 

“Ti voglio bene anche io Paul.” Rispose John in tono zuccheroso, chiudendo gli occhi.

“Bah, questi due non battono pari..” pensò Richie sconcertato.

 

 

 

Pioveva a dirotto quando i Beatles varcarono le porte degli studi di Abbey Road in riardo perché erano rimasti imbottigliati nel traffico, bagnati fradici perché non avevano l’ombrello e trafelati perché si erano fatti tutto l’isolato a corsa con gli strumenti sulle spalle.

 

Geroge Martin sospirò vedendo quei quattro scapestrati che si fiondavano dentro gli studi, neanche stessero correndo per la loro vita.

 

“Oh, buongiorno “ esordì John passandosi una mano fra i capelli bagnati “beh, forse non tanto meteorologicamente parlando..”

“Salve ragazzi…”sospirò il signor Martin per poi pensare “Saranno giovani di talento, ma a me sembrano quattro impiastri” osservando George che si frugava freneticamente nelle tasche alla ricerca del suo plettro.

 

“Bene, appena siete pronti potete accomodarvi nello studio 1.” Li informò George Martin ritrovando il suo tono professionale, avviandosi verso l’interno.

 

In pochi minuti, i ragazzi avevano appeso i loro cappotti umidi ad un attaccapanni e si erano diretti nello studio.

 

Ringo si sentiva inadatto e completamente fuori luogo, mentre rigirava nervosamente le sue bacchette fra le mani: non gli era piaciuto come lo aveva guardato quel Martin in giacca e cravatta.

 

“Shh, Rich..” bisbigliò John mettendogli una mano sulla spalla “andrà tutto bene, non preoccuparti..”

 

Ringo lo osservò incredulo: aveva conosciuto John abbastanza da capire che delle parole di incoraggiamento erano assolutamente rare da parte di John. Lo aveva sempre visto come una persona cinica e fredda, ma con quelle poche parole capì che forse si era sbagliato sul suo conto.

 

Paul lo osservò, mentre aggiustava le corde del suo violin-basso: lui conosceva bene John e sapeva che era preoccupato quanto Ringo, se non di più.

 

Da quella seduta di incisione dipendeva tutto il loro avvenire, aveva detto John quando erano ancora a Liverpool: lo aveva detto, non con quel tono profetico e con gli occhi rivolti verso l’alto, come quando voleva scherzare. No, lo aveva detto con tono fermo e risoluto, guardandoli uno per uno con quel suo sguardo un po’ assente, dovuto alla miopia, quella miopia che lo mandava puntualmente a sbattere contro qualcosa almeno una volta a settimana.

 

Anche George era preoccupato ma, come Paul, cercava di dissimulare i suoi timori pensandoci poco o non pensandoci affatto.

 

Anche lui era intento a pulire  la chitarre e a sistemare le corde: aveva la fronte corrugata e le labbra serrate in una smorfia concentrata.

“Siete pronti ragazzi?” disse John estraendo l’armonica dalla tasca e soffiandoci dentro per cancellare eventuali residui di polvere o acqua.

 

I tre annuirono: Paul imbracciò il basso, George colpì le corde a vuoto e Ringo alzò le bacchette a mo’ di risposta. Anche John prese la chitarra, tenendola stretta per il manico.

“Bene, allora andiamo!”

 

 

John misurava a grandi passi la sala d’attesa degli studi, incaèace di sedersi per due secondi.

Aveva provato a fermarsi per mettersi comodo, ma quei pensieri che gli ronzavano in testa, come delle zanzare particolarmente fastidiose, erano troppi per permettergli di stare seduto.

 

Doveva aver fatto avanti e indietro almeno una cinquantina d volte, assorto nel turbinio dei suoi pensieri.

 

Gli altri si erano seduti appena erano usciti dallo studio e nessuno aveva più proferito parola.

 

Alla fine Ringo aveva suonato la sua amata batteria, mettendoci tutto il sentimento possibile, mentre Martin  li osservava dai vetri della “sala dei nastri” con aria indecifrabile.

 

Paul aveva iniziato a guardarsi le unghie, facendo le smorfie più assurde con quella boccuccia a cuore che si trovava, George fissava il soffitto e fumava una sigaretta e Ringo contemplava la porta come se potesse vederci attraverso.

 

“E se non va bene?” si chiese John facendo avanti e indietro per l’ennesima volta “ se dice che fa schifo? Se non sfondiamo?”

 

Avrebbe voluto mangiarsi le unghie dal nervosismo, ma tenne le braccia dietro la schiena.

 

“Se, se,se… ma perché tutte le nostre speranze devono per forza stare dietro a un se ?” si chiese, lanciando un’occhiata verso la porta,dalla quale non proveniva alcun rumore.

 

Tuttavia John non poteva impedirsi di immaginare cosa sarebbe successo se fosse andato tutto per il verso giusto.

 

“Ma ti immagini? La fama, il successo..Suonare con un gruppo davanti a tante eprsone, far vedere a tutti che questi quattro ragazzetti di Liverpool hanno prodotto qualcosa di buono, qualcosa che vale…”

 

Involontariamente, John sorrise, mentre la sua fantasia galoppava “Immagina che poi fate veramente il botto: diventare leggenda, quando tutto quello che volevi era solo un po’di successo. Immagina libri, trattati, documentari, film su di noi…” rabbrividì mentre la grandezza delle sue fantasie aumentava in modo vertiginoso “Immagina di diventare la band di maggior successo di tutti i tempi, con gente che fra 50 anni, fra 100 anni parlerà ancora di noi..”

 

Paul osservava John da un po’: stava per dirgli di piantarla di fare avanti e indietro come un’anima in pena e si darci un taglio con quelle e espressioni idiote quando la porta si aprì.

 

John schizzò a sedere in una frazione di secondo, facendo sobbalzare George, che per poco non fece cadere la sigaretta sulla preziosa moquette rossa degli studi.

 

“Bene ragazzi, vi comunico che avete registrato la vostra hit sa primo posto nelle classifiche…”

 

 

 

Penny Lane:

Sono tornata!!! Dopo mesi di assenza, problemi che si accatastavano l’uno sull’altro, mancanza di tempo e perdita di questo capitolo (lo avevo scritto su un quaderno che ho trovato giusto stamani) ho deciso di tornare a scrivere in questa sezione, che mi mancava tanto! Spero di ritrovare i miei “vecchi” lettori e intanto ringrazio i “nuovi” (se ce ne saranno). Come avete visto, anche questo capitolo è occupato da un flashback su un altro dei momenti "clou" della vita di John. Orami ho deciso che, nel corso della storia inserirò altri momenti clou per ricollegarmi al primo capitolo. Il prossimo momento clou dovrebbe essere l'incontro con Yoko Ono, ma ancora non sono sicura...Spero di poter aggiornare presto anche “Here there and everywhere”, così come tutte le altre storie. Non garantisco assiduità , visto che con gli orari dell’Università il tempo è veramente poco, ma spero di poter comunque aggiornare senza troppi intervalli di tempo! A presto!!

Grazie a tutti voi che avete recensito ma anche a chi ha solo letto! Al prossimo capitolo!!

 

   
 
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