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Autore: MedusaNoir    25/11/2011    3 recensioni
- Oh, mio Dio, è tutto merito di Gabriele! Ti ha indicata, ricordi? Davide ha ragione, nostro figlio è in grado di annunciare le gravidanze! -
Aurora e Marco, in una veste nuova.
[Seguito di "Sulle note di Cat Stevens", ma può essere letta anche così]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle note di Cat Stevens'
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E ti amo come se non avessi amato mai

E ti amo anche se è incomprensibile

per la gente che ancora non sa

che ti amo e doveva succedere

a questa età.

 

- Un brindisi per Gabriele!

Sollevarono tutti i calici al brindisi annunciato da Davide, i cui occhi brillavano dalla felicità; Silvia, seduta accanto a lui, si lasciò stringere dal suo braccio, mentre con una mano cullava la carrozzina scaldata da un corpicino per la seconda volta. Aurora e Marco sorrisero, unendosi al coro di congratulazioni.

- Quando sarà il battesimo? – chiese Aurora, dopo avere bevuto un sorso di spumante.

- Non abbiamo ancora deciso – rispose Silvia, rimboccando la copertina al figlio. – Davide vorrebbe… Che c’è, amore? -. Abbassò lo sguardo verso la bambina imbronciata che le tirava il vestito.

- Voio pappa – dichiarò Laura, incrociando le braccia davanti al petto, offesa.

- Questa bambina ci farà impazzire, è già gelosa del suo fratellino! – rise Davide, ma non sembrava preoccupato: prese in braccio la figlia e la portò in cucina per controllare se fosse rimasto una fetta di dolce per lei, arruffandole i capelli rossicci.

In quel momento Gabriele si svegliò e mosse le piccole braccia; Silvia lo afferrò, stringendolo a sé con delicatezza.

- Come mai avete scelto questo nome? – chiese Marco, poggiando delicatamente la punta di un dito sul nasino del neonato, che per tutta risposta alzò una manina verso Aurora.

- Davide – sbuffò Silvia, divertita. – Mi ha fatto scegliere il nome per Laura e io ho dovuto accettare questo. Non che mi dispiaccia, per niente -. Passò anche lei un dito sul nasino di Gabriele, guardandolo innamorata. – Solo che si è fissato con la storia dell’Annunciazione: “Pensa, amore, quando sarà grande potrà dirci quando Laura aspetterà un figlio, così sarà costretta a non nasconderci niente!” -. Sbuffò di nuovo, ma nelle sue parole c’era la stessa dolcezza che Davide aveva riservato poco prima alla figlia. – Che idiota.

Aurora e Marco scoppiarono a ridere.

- Ha messo la testa a posto, a quanto vedo – esclamò Marco.

- Sì, ha provato giusto a concedersi una scappatella, ma poi sono provvidenzialmente rimasta incinta di Laura ed è tornato indietro.

- Smettila di dire che è stato solo merito di Laura! – disse Aurora. – Si era sentito in colpa subito, lo sai.

Silvia sorrise, lasciando che la manina di Gabriele afferrasse il suo dito. – Già, lo so bene. E’ solo che mi piace considerare Laura il mio “piccolo miracolo”

Anche Aurora sorrise, ma forzatamente. – Capisco.

- E voi? -. Silvia alzò lo sguardo sui suoi amici, che si scambiarono un’occhiata e poi sospirarono.

- Stiamo cominciando a perdere le speranze – confessò Marco, passando una mano tra i ricci di Aurora. – Forse sono un po’ troppo vecchio.

- Ma piantala, hai trentasette anni! – esclamò Silvia, cercando di allentare la tensione. – E lei ha appena passato i trenta, non è niente di così impossibile.

- Parli te che sei rimasta incinta al primo colpo – disse Aurora, cominciando a sparecchiare.

- E la chiami fortuna? “Silvia, facciamo un bambino”. Io ho pensato: “Ma sì, dai, ci proviamo una volta sola, domani gli sarà già passata”. E invece mi ha fregata!

- Una bella fregatura – commentò Marco.

- Stupenda – concordò Silvia, accarezzando la guancia del suo bambino.

Marco e Aurora rientrarono a casa un’ora dopo, su di giri per via dello spumante che avevano bevuto: Silvia si era tenuta alla larga e Davide il giorno seguente avrebbe lavorato, così avevano lasciato ai loro amici il compito di finire la bottiglia. Aurora infilò la chiave nella serratura con qualche problema, tra le risate di Marco che la prendeva in giro.

- Smettila, non riesco ad aprire! – rise, mentre l’uomo le baciava il collo desideroso e le alzava la maglietta, facendo scivolare le dita sulla sua pelle infreddolita. – Marco, si gela…

- Un motivo in più per muoversi – sussurrò lui. – Non voglio farlo al freddo.

- E che cosa avresti intenzione di fare, precisamente?

Finalmente Aurora aprì la porta, entrando nell’appartamento; si voltò verso il marito e si lasciò baciare le labbra. Marco l’abbracciò, sollevandola da terra, e la spinse sul divano.

- Facciamo un bambino – disse. La guardava negli occhi, deciso, come se fosse sicuro che quella volta sarebbe andata bene.

- E’ inutile – sospirò Aurora. – Ci proviamo da…

- Provare ancora non costa niente – la interruppe Marco, sfilandole la maglietta. – E può essere anche piacevole! -.

- Andiamo a mangiare qualcosa al cinese? – propose Silvia, che stava passeggiando con Aurora per le vie di Roma, approfittando di un paio di ore libere.

- Ci sto! – accettò la sua amica, seguendola dentro il loro ristorante preferito e salutando con un cenno del capo e un sorriso i proprietari.

Si sedettero in fondo al locale, al tavolo che sceglievano sempre, ordinando subito ciò che preferivano, senza nemmeno consultare il menù.

- Ah, è fantastico! – esclamò Silvia, allargando le braccia come per assaporare la libertà. – Niente pannolini, niente pappe, niente calcio… E niente discussioni di lavoro, niente amici trogloditi, niente di niente!

- Mi pare che tu stia sfuggendo a Davide più che ai bambini.

- Naturalmente! Laura e Gabriele sono due angeli, mi è dispiaciuto lasciarli a sorbirsi il loro papà. Poverini, non hanno neanche me, sono spacciati.

- Sapevi a cosa andavi incontro – rise Aurora. – Davide non è una scelta di prima qualità.

- Lo è, lo è – esclamò Silvia, prendendo i ravioli al vapore che la cameriera le stava porgendo. – Non l’ho mai amato tanto come in questo momento: gli uomini cambiano totalmente carattere quando diventano papà, sembrano di nuovo bambini. Mi piace solo criticarlo un po’! -. Aggrottò la fronte, notando che il piatto di Aurora, arrivato prima del suo, era ancora pieno. – Non hai fame? -. Sollevando lo sguardo, si accorse che il volto della sua amica era pallido. – Scusa, è per il discorso sui papà? Tu e Marco ancora…?

- No, non è quello – la interruppe Aurora, alzandosi dalla sedia e mettendosi una mano davanti alla bocca. – Non mi sento bene.

Fortunatamente i bagni erano vicini al loro tavolo e riuscì a correre dentro prima di rigettare in mezzo al ristorante. Silvia l’accompagnò, preoccupata.

- Hai mangiato qualcosa andato a male ieri sera? – le chiese.

- No, sto male da un po’ – rispose Aurora, rimettendosi in piedi. – Mi gira la testa solo la mattina, vomito e poi passa tutto. Non capisco…

Silvia spalancò gli occhi. – Ma sei cretina?

Aurora la guardò, confusa. – Perché? Dici che dovrei farmi vedere da un medico? Non ci ho dato tanto peso, secondo me si tratta solo da stress per il lavoro, mi hanno appena dato una parte abbastanza importante nel nuovo film di…

- Hai la nausea! – strillò Silvia, euforica, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Aurora.

- E perché ne saresti contenta?

- Sei incinta!

Anche Aurora spalancò gli occhi, incredula. – Che stai dicendo?

- Oh, mio Dio, è tutto merito di Gabriele! Ti ha indicata, ricordi? Davide ha ragione, nostro figlio è in grado di annunciare le gravidanze!

- Silvia!

- Q uand’è stata l’ultima volta che l’avete fatto?

- Un po’ di tempo fa, dopo la cena a casa vostra – rifletté.

- E siete andati dal ginecologo? Ti ha dato altre cure?

- No… no, effettivamente non ho fatto altri controlli dopo quella volta… -. Sentì che le gambe le stavano cedendo per l’emozione e si tenne al lavandino per non cadere. - Tu dici che…?

Il volto di Silvia fu attraversato da un enorme sorriso. – Nient’altro è tanto forte da farti rifiutare il cinese! Su, corriamo a comprare un test di gravidanza!

Dieci minuti dopo Aurora si trovava nel bagno di un bar, accanto alla prima farmacia che avevano trovato aperta: si era lasciata trascinare da Silvia e ora teneva tra le mani tremanti l’oggetto che aveva il potere di cambiarle la vita.

- Muoviti! – la spronò Silvia, emozionata. Aurora non riusciva a capire perché fosse tanto eccitata, se ciò che provava lei era solo paura. – Devo sapere se la carrozzina può ancora servire a qualcuno!

Aurora prese coraggio, poi attese. Il test di gravidanza tremava nelle sue mani, ma presto riuscì a vedere chiaramente il risultato.

Aurora camminava avanti a indietro per il soggiorno, inquieta, aspettando che Marco rientrasse dal lavoro. La visita dal ginecologo aveva confermato ciò che le aveva detto il test il giorno prima, ma ancora era il terrore a regnare sovrano nel suo petto; probabilmente, non appena si sarebbe abituata all’idea, si sarebbe lasciata andare a lacrime di gioia. Per il momento, continuava a passeggiare senza trovare pace nella stanza, cercando le parole giuste per annunciare al marito ciò che avrebbe trasformato le loro vite.

- Marco, dobbiamo parlare… - provò, cercando di immedesimarsi in qualche personaggio che aveva già interpretato in passato, ma non le venne in mente nessuno che si fosse trovato nella sua situazione. Inspirò profondamente.

E’ una nuova parte, pensò. E io devo impegnarmi a fondo per ottenerla: niente risatine, niente crisi di panico, niente di niente.

Le tornarono in testa le parole di Silvia: - Niente pannolini, niente pappe…

Scacciò quel pensiero e tornò a concentrarsi sul problema attuale.

- Marco, è successo qualcosa di cui dovremmo assolutamente discutere… Marco, lo so, non ci speravamo molto, però… Marco, è una questione seria, ti chiedo di ascoltarmi un momento…

La chiave girò nella serratura e Aurora tacque all’istante, mentre il cuore rischiava di esploderle nel petto. Marco entrò in casa con calma, togliendosi il giubbotto e appoggiandolo sul divano, poi notò la presenza di Aurora.

- Ciao, non lavori oggi? – le sorrise, guardandosi intorno. – Ho dimenticato qui il cellulare, se mi hai cercato. Non riesco a capire dove… -. Cercò sulla libreria, spostando alcuni soprammobili. – Dovremmo liberarci di questa roba, ci sommergerà un giorno… Ah, trovato! No, non c’è nessuna chiamata, nessuno ha bisogno di me. Cosa c’è per pranzo? Ho una fame…

- Sono incinta.

Marco si immobilizzò e lentamente spostò lo sguardo dal cellulare a lei, notando per la prima volta quanto fosse pallida. – Co… cosa? – chiese, rischiando di strozzarsi con la propria saliva.

- Ho… ho fatto la visita oggi – spiegò Aurora, rabbrividendo. – Mi hanno confermato che… aspettiamo un bambino, ecco.

Un rumore, poi l’abbraccio. Aurora rimase ferma dov’era, stretta tra le braccia di Marco.

- No, scusa, forse non dovrei stringerti così – esclamò lui, allentando la presa. – Sei seria? Ti ha davvero… ti ha davvero detto che sei incinta?

Aurora annuì debolmente, mentre il suo viso ricominciava a prendere il suo colorito originale.

- Ma è fantastico!

Marco le afferrò il volto tra le mani e la baciò appassionatamente, felice come non era mai stato. I suoi occhi brillarono come quelli di Davide quando aveva fatto un brindisi per il figlio e, ricordando l’espressione imbronciata di Laura quella sera, finalmente anche Aurora si lasciò andare ad un sorriso.

- Devo chiamare il capo, domani non vado al lavoro! – esclamò Marco, camminando per la stanza senza trovare pace, come fino a qualche minuto prima aveva fatto sua moglie. – Ti porto a cena fuori, dobbiamo festeggiare, faremo le ore piccole… Ma non farà male al bambino? Almeno due portate dovrebbe sopportarle, no? E poi… poi scriverò una canzone per lui! Dov’è la mia chitarra? Meglio mettermi all’opera immediatamente, ho già una melodia in testa…

Per la seconda volta quel pomeriggio, Aurora ricordò le parole di Silvia: - Non l’ho mai amato tanto come in questo momento: gli uomini cambiano totalmente carattere quando diventano papà, sembrano di nuovo bambini.

- Ti amo – esclamò, guardando Marco in preda al panico.

Il marito si voltò e le rivolse il più grande sorriso che Aurora gli avesse mai visto, prima di correre verso di lei e baciarla di nuovo.

- Ti amo anch’io, ora sei quasi meglio di una Fender! -.

I primi mesi passarono tranquillamente, poi i problemi cominciarono a mostrarsi, a partire dalla telefonata dell’agente di Aurora.

- Come ti è saltato in mente di rimanere incinta? – la sgridò. – Non sai che avresti dovuto chiedere il mio consenso?

- Non pensavo di doverlo fare – rispose Aurora, sbigottita.

- Voi attori non pensate mai, dobbiamo occuparci di tutto noi. Per fortuna il regista con cui stai lavorando ora si è lamentato con me di aver dovuto cambiare il tuo personaggio a causa di questa gravidanza, altrimenti avrei fatto i salti mortali per ottenere un ingaggio a cui avresti dovuto dire addio!

- Di cosa stai parlando?

- Un ruolo da protagonista, bella. E in un film che sicuramente incasserà un sacco.

Aurora rimase a bocca aperta, sorpresa da quella notizia. – Io… non so che dire…

- Ecco, brava, non dire niente, rischi solo di peggiorare la situazione. Anzi, sai cosa dovresti fare? Chiamarmi ogni volta che ti salta in testa di fare un bambino, di rasarti a zero o di farti crescere la barba, ok? E ringrazia che questo regista non si sia arrabbiato, sennò saresti stata costretta a salutare anche questo film, e stiamo parlando di cinema, non di stupide telenovele!

L’agente attaccò senza nemmeno salutarla, troppo furioso con Aurora per ricordarsi di essere gentile.

Si era giocata un ruolo da protagonista: Aurora non riusciva a pensare ad altro e per un momento arrivò perfino a rimpiangere di avere in grembo quella creatura.

Il secondo problema si mostrò nell’aspetto fisico. Una volta passata la nausea, Aurora iniziò ad ingrassare, arrivando al punto di non potersi nemmeno guardare allo specchio; tentò di fare attenzione a ciò che mangiava, ma lo stress del lavoro e della gravidanza la spingevano a cercare conforto nel cibo. In tutto ciò, Marco era assente, lontano per qualche viaggio d’affari.

- Riccardo, il mio capo, pensa che abbiamo molte probabilità di ampliarci negli Stati Uniti – le aveva detto un giorno, di ritorno da Los Angeles. – Se riusciremo a rilevare anche un’altra ditta, potrò farvi vivere come principesse!

- Chi dice che non sarà un maschietto?

- Voglio una femminuccia, e l’avrò -. Le aveva dato un veloce bacio, poi era scappato nuovamente al lavoro. E lei era rimasta sola in quella casa, contando esclusivamente sull’aiuto che Silvia poteva darle di tanto in tanto.

I problemi raggiunsero l’apice durante il quinto mese. Mentre si gustava una delle poche sere in compagnia di Marco, sentì che qualcosa non andava. Cinque secondi dopo era distesa a terra.

Suo marito la portò immediatamente all’ospedale, sudando per il terrore e temendo il peggio, ma i dottori lo tranquillizzarono presto.

- Si è trattato di una minaccia d’aborto – spiegò il medico. – Ma non si preoccupi, il bambino sta bene. Sua moglie deve solamente riposare per un po’ di tempo ed evitare sforzi.

- D’accordo.

Marco strinse la mano di Aurora e le riferì le parole del dottore: da quel momento, la donna avrebbe dovuto passare un periodo di calma assoluta.

- Ma… io non posso – si lamentò Aurora. – Il film, le scadenze… Non posso dare altri problemi!

- Ora riposa – sussurrò Marco, accarezzandole la fronte. – Ne riparleremo domani.

Il giorno seguente, però, le parole del dottore non erano miracolosamente cambiate, così Aurora aveva dovuto chiamare il regista perché le dessero qualche giorno di riposo; l’uomo sembrò urtarsi a quella notizia, ma accettò di rimandare di qualche settimana le riprese.

Quando Aurora si presentò di nuovo sul set, però, scoprì che attori e operatori non si erano mai fermati.

- Cosa significa? – chiese al regista, e in quel momento una ragazza molto simile a lei le passò accanto: indossava gli stessi abiti che aveva messo lei tre settimane prima. – E quella?

Il regista sospirò e si voltò a guardarla. – Ci avevi già dato noie con la storia della gravidanza e noi ti siamo venuti incontro. Però poi te ne sei uscita con la minaccia d’aborto e, credimi, mi dispiace tanto, è stata una scocciatura…

- Non è una “scocciatura”! E’ il mio bambino!

- Ma per me non è altro che una scocciatura. E se dovessero esserci altre minacce? Di solito non vengono mai da sole, e io non potevo rimanere disorganizzato: non sei una grande attrice, è bastato poco per trovarne un’altra.

- Mi sta… mi sta licenziando?

- Sei già stata licenziata, Aurora, l’ho deciso nel momento in cui mi hai chiamato, ma non potevo deprimerti quando avevi appena rischiato di perdere un figlio -. Le diede le spalle, tornando a dirigere il film. – Spero che in futuro andrà meglio -.

Aurora sbatté la porta di casa violentemente, facendo tremare i muri; Marco, che stava ultimando i bagagli per una nuova partenza, corse in soggiorno per sapere cosa fosse successo.

- Aurora, non devi agitarti così, rischi di stare di nuovo male! – la mise in guardia, preoccupato. – Cos’è successo?

- Mi hanno buttato fuori dal cast – rispose la moglie, lasciandosi cadere sul divano. Non avvertiva nemmeno le lacrime salirle agli occhi, la rabbia era più forte della tristezza.

Marco si sedette accanto a lei e le passò un braccio attorno alle spalle. – Mi dispiace -. Vedendo che lei non diceva niente, tentò di tirarla su di morale. – Sai qual è la cosa bella? Fra meno di quattro mesi avremo un bambino! E’ un pensiero che mi fa sempre tornare il sorriso.

- A me fa solo stare peggio.

Aurora si alzò, incapace di stare così vicina al marito, che sprizzava gioia da tutti i pori: lei non era felice, non lo era stata neanche un momento da quando aveva scoperto di essere incinta. Marco considerò le sue parole solo come sfogo momentaneo, sicuramente se ne sarebbe pentita nel giro di un’ora.

- Lo dici solo perché sei arrabbiata – esclamò. – Domani sarai di nuovo felice per il bambino.

- Felice, Marco? – sbottò Aurora, sputando tutta l’amarezza che si teneva dentro da mesi. – Questo bambino per me è una disgrazia, non una benedizione! Non l’ho mai voluto, finché cercavano di farlo non mi rendevo conto di cosa sarebbe significato! Mi sta facendo perdere tutto, tutto! A causa sua non solo mi hanno negato un ruolo da protagonista, ma mi hanno anche tolto quello che mi avrebbe permesso di sfondare! Io detesto questo bambino, vorrei non averlo mai concepito!

Forse si aspettava che lui replicasse, Marco non era mai rimasto a guardare; perfino quando lei stava per sposare un altro, lui l’aveva trascinata via, facendo di tutto per riconquistarla. Tuttavia, Marco non reagì, non la sgridò per le parole che aveva detto. La fissò per un momento senza parlare, poi infilò il giubbotto, prese le valige e uscì dall’appartamento.

Da quel momento, i viaggi di lavoro di Marco si prolungarono, trattenendolo negli Stati Uniti anche per due settimane; tornava a casa solo per due o tre giorni, ma sembrava che lo facesse soltanto per controllare che non ci fossero state altre minacce d’aborto: rivolgeva ad Aurora una parola di saluto e qualche domanda durante i pasti, senza mai guardarla negli occhi. Anche quando chiamava non digitava il numero della moglie, ma quello di Davide, che lo teneva informato tramite Silvia.

L’assenza di Marco era più evidente per Aurora, ora che aveva perso il lavoro, e diventava insopportabile non appena lui tornava, perché mai era stato assente come quando non le parlava. Aveva imparato a passare le giornate a ricamare vestiti per il bambino in arrivo, cercando almeno in quell’attività di espiare l’insofferenza che nutriva verso di lui. Silvia le faceva spesso compagnia, invitandola a casa sua ogni volta che poteva, e nel frattempo tentava di convincerla a chiedere perdono al marito.

- Marco sto soffrendo moltissimo – le diceva appena il nome dell’uomo usciva nei loro discorsi. – Si è lamentato con Davide, so che gli manchi. Sta solo aspettando che tu faccia il primo passo, secondo me.

- Mi detesta – ribatteva Aurora. – Mi sono lasciata sfuggire delle cose tremende sul nostro bambino, non mi perdonerà facilmente.

I giorni passavano interminabili, poi, a metà dell’ottavo mese di gravidanza, mentre Marco era partito per uno dei suoi viaggi di lavoro, ricamando l’ennesimo pigiama Aurora, per la seconda volta, sentì che qualcosa non andava. Afferrò la mano di Silvia, seduta al tavolo accanto a lei, e immediatamente la sua amica capì cosa stava succedendo.

- Davide! – strillò, in preda all’ansia. – Le si sono rotte le acque!

Davide era accorso subito e aveva caricato in macchina Aurora, lasciando Silvia con i bambini.

Il viaggio era sembrato interminabile: Aurora, entrata in travaglio, urlava per il dolore e la paura che qualcosa andasse storto. Davide cercava di calmarla, canticchiando le canzoncine che sua figlia aveva appena imparato all’asilo e dicendole che con lui poteva stare tranquilla, perché lui era sempre stato accanto alla moglie nel momento del parto e sapeva esattamente cosa fare; solo il giorno seguente Aurora avrebbe scoperto che, appena erano entrati all’ospedale, Davide si era dovuto sedere perché rischiava di svenire.

La portarono in sala parto d’urgenza, preoccupati dalla nascita prematura, e mai con in quel momento Aurora provò il desiderio di avere accanto a sé suo marito. Chiudendo gli occhi e respirando secondo le istruzioni dei medici, le tornarono alla mente le immagini di quando si erano conosciuti: Marco che le chiedeva di uscire con lui; Marco che la portava al cinema; Marco che le toglieva la maglietta per la prima volta, tremando leggermente; Marco che la scopriva con Ettore; Marco che tornava a parlarle perché ne aveva bisogno; Marco che faceva l’amore con lei mentre Cat Stevens cantava Sad Lisa, a pochi giorni dalle sue nozze; Marco che la rapiva fuori dalla chiesa per impedirle di sposare un altro; Marco che aveva gioito alla notizia di un bambino; Marco che la notte trovava nella stanza insonorizzata con la chitarra in mano, intento a comporre la canzone per il loro bambino…

Spinse con più forza, mescolando lacrime di dolore a lacrime di tristezza: era stata una stupida a dirgli quelle parole, il lavoro non era importante quanto la vita che batteva nel suo ventre. La mano che ora stringeva non sarebbe dovuta essere di una sconosciuta infermiera, ma quella calda di Marco, che avrebbe sorriso in preda ad una felicità disarmante di fronte alla creatura che ora stava emettendo un flebile vagito.

Smise di spingere quando il pianto si fece più alto, poi sbirciò per vedere il bambino che aveva dato alla luce. Si rese conto in quel momento di non piangere ancora, di lacrimare e basta per motivi troppo banali, troppo insulsi rispetto a quello che era appena accaduto.

- E’ una bambina – annunciò il medico.

Aurora smise di tremare nel momento stesso in cui l’infermiera sistemò la neonata tra le sue braccia; si sentì più sicura osservando quel corpicino minuscolo, accarezzando cautamente le sue guance.

- Voglio una femminuccia, e l’avrò.

Le parole di Marco risuonarono nella sua testa, ma nonostante la tristezza lei non riuscì a reprimere un sorriso.

- Ha deciso come chiamarla?

- Giulia – rispose Aurora, pervasa da una gioia indescrivibile. – Come vuole il suo papà -. 

- Mamma, ho fame.

- Un momento, Laura, ora la mamma è impegnata.

- Tia Uoa?

- Eh, Gabriele, la zia Aurora è sdraiata perché ha bisogno di riposare.

- MAMMA!

- Ci penso io, Silvia – esclamò Davide, prendendo la mano di Laura, che correva intorno al letto di Aurora per attirare l’attenzione. – Posso lasciarti Gabriele?

- Sì, lui è un angelo -. Silvia fece l’occhiolino ad Aurora. – L’angelo dell’annunciazione.

La sua amica sorrise, mentre cullava tra le braccia la piccola Giulia.

- Te la fanno tenere?

- Sì, le sue condizioni sono stabili, nonostante sia nata prematura. Le fanno qualche controllo ogni tanto, ma mi consentono di abbracciarla quando mi manca troppo.

Silvia sorrise. – E tu che temevi di non amarla abbastanza!

- Già…

Il volto di Aurora si rabbuiò. Pensierosa, la donna gettò uno sguardo alla finestra, sperando di vedere suo marito nel giardino dell’ospedale.

- L’ho chiamato appena ti si sono rotte le acque – disse Silvia, interpretando le sue riflessioni. – Ha dovuto comunque aspettare il primo volo, e Los Angeles è lontana…

- Lo so -. Aurora sospirò. – Ma in realtà credo che non verrà.

- Sei matta? Non vede l’ora di tenere sua figlia tra le braccia!

- Lei sì, ma io sono di troppo. Non credo abbia troppa voglia di trovarsi faccia a faccia con me.

Calò il silenzio, interrotto solamente dai suoni di Gabriele, che si sforzava di parlare; poi, improvvisamente, alcuni passi risuonarono nel corridoio, più rumorosi di altri: qualcuno stava correndo.

- Ma chi…? -. Silvia si affacciò per controllare, strabuzzò gli occhi e uscì dalla stanza.

- Silvia, che cosa succede? – le chiese Aurora.

In quel momento il proprietario dei passi entrò nella camera, respirando affannosamente. Si tolse il sudore dalla fronte e si avvicinò al letto di Aurora, senza riuscire a togliere lo sguardo dalla bambina; le prese le manine tra le sue e le baciò, mentre gli occhi cominciavano ad inumidirsi.

- Marco… - mormorò Aurora.

Marco portò lo sguardo su di lei e le rivolse un sorriso ancora più bello di quello che aveva visto sul suo volto il giorno in cui gli aveva annunciato che aspettavano un figlio. Le accarezzò i capelli e li baciò, poi poggiò la fronte su quella della moglie.

- Ti amo – sussurrò, e in quelle poche sillabe Aurora poté giurare di avergli sentito tremare la voce.

E ti amo, ti amo da sempre,

anche se ti conosco da un giorno.

 

Aurora aprì gli occhi lentamente, sentendo il suono di una chitarra. Quando riuscì a guardarsi intorno, riconobbe il profilo di Marco, che sedeva accanto alla finestra, davanti alla culla in cui dormiva Giulia; tra le mani stringeva la sua chitarra acustica.

- Ti ho svegliata? – chiese Marco, senza smettere di suonare.

- Tranquillo, fra poco sarebbe passata l’infermiera, devo dare la poppata alla piccola.

- E con questa scusa puoi tenerla qui quanto ti pare!

- Già, hai scoperto il mio piano!

Marco scoppiò a ridere, contagiando anche Aurora.

- Tu perché sei qua?

- Mi hanno permesso di restare visto che mi sono perso la nascita.

Aurora aggrottò la fronte. – Strano.

- Il primario è un mio amico – rivelò Marco, nascondendo le labbra dietro una mano come se le stesse confidando un segreto.

- Oh, ora è tutto chiaro. Puoi contare su di me, non lo dirò a nessuno.

- Sei proprio l’alleata perfetta.

- Cosa stavi suonando?

Marco ricominciò la canzone dall’inizio. – E’ la mia ninnananna per Giulia.

- E’ bellissima.

- Mai quanto lei.

- Mai quanto te.

Marco rise. – Questo dovrei dirlo io! – esclamò, prendendo il braccio la bambina per portarla da Aurora. – Hai il volto di una madre, non c’è niente di più bello.

- Sì che c’è: un padre che suona la chitarra. Ed è anche mio marito, che fortuna sfacciata che ho.

- Ti ritieni fortunata ora?

- Sì – rispose Aurora, senza neanche pensarci troppo. – Di lavori ce ne sono tanti, non importa quanto ci metterò a trovarlo. Ma non c’è niente di più bello che vedere l’uomo che amo con in braccio nostra figlia.

- Hai ragione, siamo bellissimi – concordò Marco, facendo scivolare Giulia tra le braccia di Aurora.

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Dedicata a Giulia ♥
Non potevo che farla nascere dal mio personaggio preferito :)

Salto nel tempo e... troviamo Marco e Aurora alla prese con una bambina. Perché? Boh, ascoltavo "E ti amo" (ormai tutte le storie su di loro sembrano essere incorniciate da Masini!) e ho pensato di scrivere di loro due, poi sentendo alcune frasi mi è venuto in mente: - E se quel miracolo fosse una bambina? -.
Credo di non avere mai pensato che potesse essere un maschietto, c'era solo la piccola Giulia nella mia testa, doveva essere loro figlia.
Non penso che, d'ora in poi, andrò avanti da questo punto, ma scriverò sempre di loro due "giovani", nel momento in cui Aurora entra nella band di Marco. Però ho già in mente qualcosa su Silvia e Davide (idea partita dalla frase che lei dice sul "tentato tradimento" del ragazzo)!
Detto questo, ringrazio le persone che recensiranno, quelle che amano il personaggio di Marco o le storie su di lui e, soprattutto, gli unici due che le seguono tutte, e sanno che mi sto riferendo a loro :)
Grazie per la lettura ♥

Medusa
   
 
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