Crossover
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Autore: Registe    25/11/2011    7 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 2 - Prigione di ricordi



Damiral Daala

Daala


 

La stanza al di là della porta era talmente diversa dall’anticamera che a Daala sembrò di essersi teletrasportata in un altro mondo. Pareti di lucente acciaio grigio, illuminazione al neon, porte automatiche munite di dispositivi per digitare la combinazione di apertura…sembrava in tutto e per tutto una base militare imperiale.
“Dove siamo finiti?!” chiese, non senza una nota di paura nella voce. Se si trovavano davvero in territorio imperiale allora quel ragazzino dall’aria innocente era una spia, e le aveva appena condotte dritte dritte in una trappola.
“Questo dovreste saperlo voi, o almeno una di voi” la guida rivolse a entrambe un breve inchino, come a volersi scusare. Poi notò il loro sguardo confuso e intimorito, e si affrettò a spiegare: “Le Stanze della Memoria prendono le sembianze di luoghi che si trovano nei ricordi di chi vi entra”.
Daala poggiò una mano contro la parete più vicina, liscia e fredda al tocco.
“Vuoi dire che questa è…una specie di illusione?”. Era difficile da credere. Sembrava tutto così…vero.
Mu si limitò ad annuire. “Vogliamo proseguire?” chiese poi, accennando con la testa in direzione di una porta aperta.
“Noi non andiamo da nessuna parte” disse Mara, piantandosi di fronte a lui con le braccia conserte “se non ci spieghi esattamente cosa vuoi che facciamo!”
“L’Invocatrice deve superare una prova. Una per ogni Stanza. E poi…”
“NON CI AVEVI PARLATO DI PROVE DA SUPERARE!” si vedeva che Mara stava facendo ricorso ad ogni briciola di autocontrollo che le rimaneva per non saltare alla gola del ragazzino. Cosa che, come avevano avuto già modo di constatare, non sarebbe servita assolutamente a nulla. “E fammi indovinare, magari sono anche pericolose, eh sardina in scatola?”
“Beh, questo non possiamo saperlo finché non ci arriveremo…” fece Mu con una vocina timida timida.
Mara stava per ribattere qualcosa, ma Daala la interruppe: “E dopo queste prove, cosa succederà?”
“Arriveremo alla Stanza dell’Invocazione Suprema. Mia Invocatrice, lei è l’unica che ne può sfruttare appieno il potere. E’ una prescelta. I miei padroni l’hanno portata qui per questo, perché solo lei può risvegliare lo spirito che…”
“RECLUTE, AAAA-TTENTI!!!”
Daala sobbalzò, il cuore in gola, voltandosi di scatto verso la voce che aveva mandato quell’urlo improvviso. Anni di disciplina imperiale ebbero il sopravvento, e istintivamente si mise sull’attenti, la mano destra all’altezza della fronte. Da una delle porte era entrato un soldato imperiale, un capitano a giudicare dai gradi sulla divisa. Anche lui era un’illusione??
“Che cosa state facendo qui? Perché non indossate le vostre divise?” abbaiò il nuovo arrivato. “Quali sono i vostri numeri di matricola?!”
Vedendo che non rispondevano, il capitano sbuffò e storse la bocca in un’espressione di profondo disgusto: “Come immaginavo…nuovi arrivi. Dite un po’, vi hanno spiegato che questa è un’accademia militare e non un collegio femminile?”
Mara stava per replicare (e a giudicare dal suo sguardo non doveva trattarsi di una risposta particolarmente gentile), ma Daala le poggiò una mano sul braccio, invitandola al silenzio con uno sguardo. Quel posto, le parole del capitano…anche la sua faccia, era sicura di averla già vista da qualche parte…
“Credo di aver capito dove ci troviamo” sussurrò.
“Venite con me” stava dicendo intanto il capitano. “Vi porto agli alloggi delle reclute”.
“Facciamo come dice” suggerì Mu, e tutti e tre seguirono l’ufficiale lungo un corridoio rivestito dello stesso acciaio grigio che ricopriva ogni centimetro di quel posto. Durante il tragitto superarono varie porte aperte a destra e a sinistra, e Daala si ritrovò a fissare con stupore stanze che aveva creduto di non dover più rivedere per il resto della sua vita. Le sale computer, la palestra, la sala tattica, la mensa con il suo soffitto altissimo e le tavolate che non finivano mai, i bagni comuni, il poligono di tiro…e infine le camerate dei soldati semplici, file e file di cuccette a castello impilate lungo le pareti come gli scaffali di una biblioteca. Istintivamente i suoi occhi volarono verso un punto più o meno a metà della parete di sinistra, fermandosi su una cuccetta identica a centinaia di altre, contrassegnata da una targhetta su cui erano incise delle cifre. Un numero tra tanti in una lunga, lunghissima serie.
Daala avrebbe riconosciuto quel letto e quella targhetta anche a occhi chiusi. Erano stati la cosa più vicina a una “casa” che aveva avuto per cinque lunghi, durissimi, faticosi anni.



“Forza, soldato Quattrocchi! Muovi quelle gambe! Avanti, avanti, così! Ma che avete oggi tutti quanti, sembrate degli zoppi ubriachi che cercano di camminare su un filo con una palla di ferro legata ai piedi!”
L’istruttore del corso di difesa personale era identico a come Daala se lo ricordava, compresa la sua snervante abitudine di dare soprannomi idioti alle reclute. Stentava ancora a credere che un’illusione potesse essere così realistica, eppure erano passati un bel po’ di anni da quando aveva frequentato l’Accademia Militare Imperiale di Carida, e quell’uomo ormai avrebbe dovuto essere in pensione, o se non altro molto più vecchio di come le appariva ora.
“Più larghe quelle gambe, vuoi perdere l’equilibrio e fare un bel frontale con il duracciaio del pavimento, eh soldato Cicciopanza? Non sarebbe la prima volta!”
Un’altra sfortunata recluta venne messa ko, e la fila avanzò. C’erano ancora tre allievi davanti a lei, dopodiché sarebbe arrivato il suo turno.
Daala sospirò. A quanto pareva non c’era modo di sottrarsi a quella seccatura. Mu le aveva spiegato che le Stanze della Memoria erano come dei piccoli mondi, popolati da cose e persone che prendevano vita dalle menti di chi vi entrava. Ogni volta sceglievano a caso un ricordo diverso in una persona diversa. Quel Castello dell’Oblio, o come diavolo si chiamava, doveva avere un senso dell’umorismo davvero perverso, perché era andato a pescare proprio uno dei periodi più frustranti della sua vita. Certo, riflettendo a posteriori doveva ammettere che in fondo era da lì che era iniziato tutto, ma i sette anni di accademia militare erano stati un vero travaglio per Daala. La mentalità maschilista che dominava nell’esercito imperiale non rendeva la vita facile alle pochissime donne che avevano il coraggio di intraprendere quella carriera.
Tutto era esattamente come lo ricordava, compreso il suo stesso ruolo. Consultando l’archivio olografico, il capitano che li aveva trovati aveva scoperto che Daala risultava già un’allieva iscritta dell’accademia, al quinto anno. Ovviamente si era infuriato per averla trovata senza divisa, e le aveva assegnato per punizione il turno nelle cucine.
“Certo, che se la nostra valente guida ci aiutasse…insomma, come facciamo a superare la nostra prova se dobbiamo stare tutto il giorno qui a pelare patate?” Daala ce l’aveva messa tutta a sfoderare il suo miglior sguardo da “damigella in difficoltà”, e il povero Mu aveva capitolato. L’avevano lasciato alle prese con una pila di patate più alta di lui, e sgattaiolando dal retro delle cucine erano riuscite a tornare indietro fino alla stanza d’ingresso. Avevano spalancato il portone che doveva condurre nell’atrio del Castello e…..si erano ritrovate nei bagni delle reclute.
“Non troverete l’uscita finché non supererete la prova” spiegò Mu quando tornarono da lui, confuse e infuriate. “Se posso darvi un consiglio, la cosa migliore da fare è adattarsi alle regole di questo posto, e agire come se ne faceste parte. La Prova non tarderà a manifestarsi, vedrete”.
E così Mara era tornata al suo corso di primo anno, indossando la nuova divisa che i droidi le avevano fatto trovare sulla sua cuccetta. Daala aveva seguito i suoi compagni di un tempo, e adesso eccola lì, a fare la fila in palestra e a maledire in silenzio Mu, il Castello dell’Oblio e quei fantomatici membri dell’Organizzazione che non avevano nulla di meglio da fare nella vita che rapire oneste madri di famiglia e costringerle a servire i loro oscuri e incomprensibili piani.
“Fuori Sgorbio, FUORI!! Sparisci dalla mia vista o ti mando a pulire i cessi per i prossimi vent’anni!! Avanti il prossimo…oh, ma guarda chi abbiamo qui! La nostra Bambolina!” Daala avanzò al centro dell’enorme sala, gli occhi di tutti puntati su di lei. “Prego, facci vedere cosa sai fare!”.
Il suo avversario era un ragazzo poco più alto di lei. Un ragazzo…Daala ebbe l’improvvisa sensazione di essere tremendamente fuori posto in quella palestra. Non perché era l’unica donna in mezzo a tanti uomini, no; a quello ormai era abituata. Ma tutti gli altri allievi erano molto più giovani di lei….eppure nessuno sembrava farci caso. La trattavano come se lei fosse stata ancora la Daala appena uscita dall’adolescenza che si era iscritta all’accademia di Carida piena di ingenue speranze. Incredibile…allora era davvero prigioniera dei suoi ricordi…
Troppo presa nei suoi pensieri non notò in tempo il pugno diretto contro di lei a tutta velocità. La colpì in piena faccia, facendole perdere l’equilibrio. Cadde a terra con un tonfo molto poco dignitoso. Sarà anche un’illusione, ma il dolore è terribilmente reale…
“Che stai facendo?! Questa non è una lezione di danza classica, alzati e combatti dannazione!”
Si rimise in piedi non senza fatica, cercando di ignorare le risatine intorno a lei. E’ una finzione Daala, ricordati che è una finzione…loro non esistono davvero!
L’avversario la caricò con decisione, cercando di effettuare una presa per bloccarle le mani dietro la schiena; Daala si lasciò cadere sul pavimento, sfuggì alle braccia del ragazzo e sferrò un calcio dal basso con tutte le sue forze. L’altro però schivò con facilità, portandosi fuori dal suo raggio d’azione con un salto all’indietro.
“Hai già il fiatone, Bambolina? Non ti vergogni?!”
Neanche da giovane era stata un asso nel corpo a corpo, figuriamoci adesso. Tanti anni a fare l’ammiraglio l’avevano del tutto disabituata a quegli esercizi da truppini.
“Forza Bulldog, mettila ko! Che aspetti?!”
Il suo avversario tornò all’attacco più rapido di prima, facendo piovere su Daala una grandinata di calci e pugni da tutte le direzioni. Lei riusciva a stento a parare o schivare, ma il soldato Bulldog non le lasciava neppure il minimo varco per tentare a sua volta un attacco. All’improvviso lui fece per caricare un calcio poderoso sul suo fianco destro e Daala si spostò nella direzione opposta per evitarlo, ma mise male i piedi e si sbilanciò leggermente…ma quel tanto che bastava per permettere all’avversario di superare la sua guardia e mirare dritto al viso con un pugno che, Daala si rese conto in una frazione di secondo, non sarebbe mai riuscita ad evitare…
…almeno fino a che il soldato Bulldog non incespicò, finendo quasi a terra. Daala vide che le sue braccia e le sue gambe si muovevano in modo strano, come se fossero ceppi di legno tirati da fili invisibili. Sul volto di Bulldog comparve un’espressione di stupore misto a paura, ma Daala non si fermò a chiedersene le ragioni e colpì duro, una ginocchiata in pieno petto e poi un pugno sotto la mandibola, caricandosi con un urlo da vera guerriera.
Bulldog si abbatté a terra con un tonfo e un gemito di dolore. Nella palestra piombò il silenzio.
Era questa la prova…?
Dalla folla degli allievi partì qualche timido applauso, ma la voce dell’istruttore fu come una doccia fredda sul suo entusiasmo: “Hai avuto fortuna”. Dopodiché le voltò le spalle e dichiarò che concedeva loro dieci minuti di pausa.
Fu solo allora che Daala notò gli allievi del primo anno, allineati lungo la parete per assistere alla lezione dei più grandi. In mezzo a loro Mara le faceva l’occhiolino, alzando il pollice in segno di vittoria.
“Mi hai aiutata usando i tuoi trucchi Jedi, vero?” le chiese a bassa voce quando le fu arrivata vicino.
I Jedi e i Sith come la sua amica Mara avevano poteri che... Daala non avrebbe saputo definirli con un termine migliore di “telecinesi”, ma sapeva che era estremamente riduttivo. Agivano sul mondo circostante e addirittura sulle menti di animali e persone per mezzo di quella che chiamavano la Forza, una sorta di flusso di energia mistica che collegava ogni creatura vivente. “Si è notato molto?”
“Non so se vale superare la Prova barando…”
“Io preferisco definirlo gioco di squadra”. Il sorriso di Mara era così contagioso che Daala non poté fare a meno di sorridere a sua volta. “Grazie” le disse, e aggiunse: “Certo che ormai parli proprio come una ribelle!”. Ma era una presa in giro bonaria, e Mara per tutta risposta scoppiò in una gran risata.
“Ehi, Daala, complimenti!”
Daala si voltò verso la voce e vide che due ragazzi in divisa stavano venendo verso di loro, salutandole con la mano.
“Oh cavoli…”
“Li conosci?” chiese Mara.
“Quello è…è Kratas!”
“Il tuo viceammiraglio?” Mara squadrò i due ragazzi con aria critica. “In effetti gli somiglia…cacchio come è invecchiato male! Oddio…ma l’altro non sarà mica….”
“Proprio così….Needa!" Needa era nientedimeno che l'attendente personale dell'Imperatore. "Lui e Kratas erano amicissimi ai tempi di Carida.”
“Sei stata grandiosa!” il giovane Kratas sfoggiava un sorriso a trentadue denti. Era stato uno dei suoi pochi amici a Carida, per questo quando era stata promossa ammiraglio l’aveva voluto al suo fianco come vice. Un comandante ha bisogno di sottoposti di cui potersi fidare ciecamente, e Kratas le era sempre stato leale.
“Ehm…grazie…”
“Scommetto che anche a questo esame prenderai il massimo…beata te!”
“Beh, alla fin fine l’istruttore borbotta ma poi all’esame non è troppo cattivo…” fece Needa. “Quello che mi preoccupa davvero è l’esame di Montare le Granate. Me lo sto portando dietro dal primo anno….ho una paura…”
“Lascia stare, io pure non l’ho ancora dato!”
“Bill l’ha fatto tre volte e ogni volta ci ha rimesso un dito…”
“Sempre meglio di Joe che l’hanno rispedito a casa in una scatola di fiammiferi…”
“No, no, basta, zitto Kratas, non mi ci far pensare! Ci faccio pure gli incubi la notte…il bello è che mio zio pretende che io finisca tutto entro quest’anno…ha detto che può raccomandarmi per una posizione MOLTO importante, ma se non mi diplomo…..”
“Dai Needa, tu almeno dopo hai la strada spianata…io e Daala invece…Daala? Non ti senti bene?”
Daala si rese conto che li stava fissando con gli occhi sgranati. Inutile, non si sarebbe mai abituata. I loro discorsi, le loro espressioni, persino il modo di gesticolare e le inflessioni della voce…aveva visto altre illusioni prima d’ora, ma così dettagliate mai. Nemmeno un mago come Kaspar sarebbe riuscito a produrre una cosa del genere. Quelli erano i suoi amici di un tempo, come potevano non esserlo?
E se questo Castello in realtà ci avesse fatte viaggiare nel tempo?Però in questo caso… perché qui nessuno si accorge che sono più vecchia di quanto dovrei?
Cominciava ad avere paura, veramente e seriamente paura. Oltretutto avevano superato la Prova e l’uscita ancora non si trovava.
“Ehi senti Daala..” la voce di Kratas sembrava arrivare da lontanissimo. “Che ne dici se stasera, dopo la lezione di Strategia e Tattica…ecco, potremmo cenare insieme da qualche parte…conosco un locale poco fuori l’accademia dove fanno musica della Terra I e dell’ottimo succo di juri…”
Kratas era diventato improvvisamente rosso come un peperone e non riusciva a guardarla negli occhi. Questo non c’era davvero nei suoi ricordi. Aveva sempre sospettato che Kratas avesse una cotta per lei, ma lui non si era mai fatto avanti in quel modo, né ai tempi dell'accademia né meno che mai dopo, quando lei si era sposata ed era diventata un suo superiore. Cosa diamine significava…?
“Io…”
“Recluta Daala?”.
Una voce perentoria alle sue spalle la tolse dall’impaccio di dover rispondere. Era l’istruttore.
“Hai l’ordine di presentarti immediatamente nella Sala Tattica. Qualcuno di MOLTO importante ha chiesto di te.”

 

Daala si fermò di fronte alla porta della Sala Tattica per riprendere fiato e riordinare i suoi pensieri. Si rendeva conto di essere terribilmente impresentabile con la divisa sgualcita, i capelli scompigliati e il livido sulla guancia che, lo sentiva, stava crescendo a vista d’occhio, ma non le avevano concesso nemmeno il tempo di darsi una rinfrescata. Daala sapeva perché: la persona che la stava aspettando oltre quella porta era troppo importante e troppo potente per essere lasciata ad attendere anche un solo secondo più del dovuto. Non le avevano detto chi era, ma lei lo aveva capito immediatamente. Quel giorno, quel ricordo, era forse il più importante della sua vita. Da lì in poi era cambiato tutto.
Mara non aveva accettato di buon grado l’idea di mandarla lì da sola.
“Se è una cosa così importante” le aveva detto accompagnandola “non sarebbe meglio affrontarla in due?”.
“Non c’è nulla da affrontare…credo” era stata la sua risposta. Guardò l’amica negli occhi: “Senti, non so se quello che dice il ragazzino in armatura è vero, ma se questi sono veramente i miei ricordi…se è così, allora c’è Tarkin ad aspettarmi dietro quella porta.”
“Sul serio?”
“Ci siamo conosciuti qui.”
“Non me lo avevi mai raccontato” malgrado la situazione gli occhi verdi di Mara brillavano di curiosità. Daala aveva sospirato, cercando di riassumere la storia nel modo più stringato possibile. Non avevano molto tempo.
“Lo sai che nell’esercito imperiale sono tutti maschilisti. Beh, ero stufa marcia di fare la responsabile di satelliti meteorologici o il supervisore di rifornimenti mentre ai miei coetanei dell’ultimo anno venivano affidati i primi incarichi di comando. Avevo studiato le registrazioni di centinaia di battaglie ed elaborato delle nuove tattiche, mai sperimentate prima, ma…”
“…ma gli alti ufficiali non davano ascolto a una donna, vero? Idioti.”
“Esatto. Allora ho pensato di inserire le tattiche di mia invenzione nella rete olonet della flotta, sotto un nome in codice. Hanno vinto delle battaglie contro i Ribelli grazie a me.” si concesse un sorriso. “Tarkin è sempre stato il capo dei Servizi Segreti, non ci ha messo molto a scoprire chi era il misterioso stratega.”
“E siccome ha più cervello di tutti gli altri messi insieme ti ha promossa ammiraglio. Wow…sei stata grandiosa.” Il sorriso di Mara era sincero e carico di ammirazione, ma si spense quasi subito mentre la sua fronte si corrugava sotto il peso di nuovi dubbi. “Però…capisco che è un bel ricordo e tutto, ma credi…credi davvero che riviverlo di nuovo possa aiutarci a uscire da qui?”
“Non lo so” ammise Daala. “Ma abbiamo altra scelta?”
Ovviamente non ne avevano. La cosa migliore da fare è adattarsi alle regole di questo posto, e agire come se ne faceste parte, aveva detto Mu, ed era l’unico indizio che avevano. Se lo sarebbero fatto bastare.
Daala trattenne il respiro mentre le porte della Sala Tattica si aprivano senza far rumore davanti a lei.
Tarkin era lì. Gli occhi fissi sullo schermo di un datapad portatile, stava camminando su e giù per la stanza quando la sentì arrivare e si fermò, voltandosi a guardarla. Anche lui, come tutte le altre persone in quella Stanza della Memoria, era più giovane. Daala avrebbe voluto correre ad abbracciarlo, ma si trattenne; quel Tarkin non la conosceva. Non ancora.
Saluti, convenevoli, domande: le sembrava di recitare un copione già scritto. Il copione dei suoi ricordi che riprendeva vita, animato dalla magia del Castello dell’Oblio. Tuttavia non era tutto esattamente come allora. Lei era diversa. La Daala di un tempo era intimorita ed emozionata, con il cuore che le batteva in petto così forte da farle temere di rimbalzare fuori dalla gabbia toracica. Ora invece di fronte al governatore Tarkin c’era una Daala calma e distaccata, che prevedeva tutto ciò che sarebbe accaduto mentre il suo cervello lavorava furiosamente in cerca di un’idea per uscire da quella dannata prigione di ricordi. Forse Mara aveva ragione, rivivere il passato non aveva senso. I momenti più belli di una vita sono speciali proprio perché unici e irripetibili.
“….davvero eccellente. Ho in mente di darti una promozione e un incarico più consono alle tue capacità.”
Sarà un onore, era la frase successiva nel copione. Daala aprì la bocca per pronunciarla…
“Tuttavia…”
Cosa…?
“Tuttavia voglio prima un’ulteriore dimostrazione di ciò che sai fare. Le tattiche che hai elaborato sono eccellenti, ma hai avuto tutto il tempo del mondo per pensarci. Un vero comandante deve essere in grado di prendere decisioni in un lampo nel bel mezzo di una battaglia.”
Tarkin accese un proiettore tridimensionale sulla scrivania alle sue spalle e le luci nella stanza calarono; tutto intorno a loro apparvero stelle e pianeti, la riproduzione fedelissima e in miniatura di un piccolo settore di galassia. Oltre ai corpi celesti c’erano astronavi da guerra di tutti i tipi e dimensioni, sia imperiali che ribelli, e non pochi buchi neri.
Daala osservò la proiezione. La battaglia si svolgeva intorno a una piccola luna: le astronavi imperiali erano più grandi, ma in netta minoranza, circondate da nugoli di caccia ribelli che potevano colpire a tutta velocità e poi allontanarsi prima che i grossi incrociatori avessero il tempo di manovrare contro di loro. Come se non bastasse, i ribelli erano riusciti a spingere buona parte delle navi imperiali nella zona dei buchi neri. Non era una battaglia, ma una carneficina.
“Tu sei l’ammiraglio al comando di questa flotta imperiale” disse Tarkin. “Hai esattamente cinque minuti per rovesciare le sorti della battaglia e schiacciare i ribelli. Vediamo cosa sai fare.”
La sensazione di calma era del tutto sparita. Daala credeva di avere in mano la situazione, di conoscere alla perfezione tutto quello che sarebbe successo, e invece…qualcuno aveva appena stracciato il copione, e ora si andava avanti improvvisando nella maniera più totale. Le cose non erano andate affatto così! Tarkin l’aveva promossa di grado a e portata via da Carida quello stesso giorno, non l’aveva mai voluta mettere alla prova….
La Prova!
Doveva essere quella. Doveva risolvere quel maledetto problema di strategia per trovare l’uscita dalla Stanza della Memoria.
O almeno spero.
Tornò a concentrarsi sulla simulazione. Poteva anche essere negata per le arti marziali, ma la strategia era il suo campo. Aveva guidato flotte in battaglie reali, non sarebbe certo stata una simulazione a spaventarla.
Certo, le altre volte non era prigioniera di un mondo di illusioni in un castello magico che….no, no, non doveva pensarci. Il tempo scorreva inesorabile. Doveva concentrarsi.
La proiezione le dava la possibilità di interagire con essa tramite comandi vocali, di muovere le astronavi imperiali come se fossero state pezzi degli scacchi.
“Unità Gamma e Delta, disimpegnatevi. Riparatevi dietro la luna più vicina.”
Le astronavi si spostarono obbedienti nel punto prestabilito. Daala fece arretrare la flotta per quanto possibile, spostando le navi più danneggiate (contrassegnate da puntini rossi lampeggianti) dietro la luna per dare loro la copertura necessaria a intraprendere le operazioni di riparazione.
No, così non va.
Temporeggiare spesso era una buona strategia, ma il timer le segnalava che dei cinque minuti a disposizione due e mezzo erano già scaduti. Tarkin si era ritirato in un angolo e la osservava in silenzio, e lei si impose di ignorare del tutto la sua esistenza.
Doveva esserci un trucco, una scorciatoia per affondare tutti i ribelli in un colpo solo, comprese. Le navi nemiche erano troppe per essere distrutte in cinque minuti, anche con una flotta di numero molto superiore. Poi, come in un lampo, ricordò l’Accademia, ricordò la prima lezione di Strategia e Tattica, il primissimo consiglio che ogni insegnante dava a tutti gli allievi.
“Visualizza dati e specifiche della flotta nemica.”
Alla sua destra si aprì una schermata tridimensionale, e non appena Daala lesse le informazioni che scorrevano davanti ai suoi occhi capì che poteva farcela. Conosci il tuo nemico, era la lezione numero uno. Si concesse un sorriso: ora sembrava quasi troppo facile.
“Concentrare tutto il fuoco sul bersaglio Epsilon. Ignorate i caccia, puntate solo su Epsilon, ora!”
Il bersaglio Epsilon era la nave più grande della flotta ribelle, nonché, senza alcun dubbio, il centro di controllo dei droidi. Perché i piccoli caccia ribelli che sciamavano in ogni angolo della mappa non erano guidati da piloti umani; erano droidi-caccia, e qualunque ammiraglio sapeva che unità del genere erano coordinate da un grosso cervello centrale. Per poter trasmettere gli impulsi ai droidi-caccia il computer centrale doveva per forza trovarsi a poca distanza dalla battaglia, e Epsilon, in posizione arretrata e ben difesa, era l’unica nave abbastanza grande per ospitarlo.
Il timer segnava mezzo minuto alla fine quando i suoi valorosi incrociatori forzarono il blocco di caccia e fecero saltare Epsilon in una piccola esplosione di luce colorata. Daala sorrise….e il sorriso le morì sulle labbra, perché i droidi-caccia continuavano a muoversi e ad attaccare come se nulla fosse.
Panico. Non era possibile, se non era quella nave, allora quale…? Doveva esserci, doveva, e i suoi occhi sfrecciavano da una nave all’altra alla febbrile ricerca del bersaglio giusto…ma non poteva essere nessuna di quelle, erano tutte troppo piccole, non…..
A meno che…
“La luna!” gridò. “Bombardate la luna! Levate energia agli scudi, turbolaser a piena potenza, fate saltare in aria quella maledettissima luna!”
Nel momento in cui le navi imperiali fecero fuoco all’unisono sul piccolo satellite accaddero due cose. I droidi-caccia si disattivarono e iniziarono ad andare alla deriva nello spazio, finendo preda dei turbolaser imperiali o della terribile gravità dei buchi neri. Il conteggio del timer arrivò a zero.
La battaglia era vinta, ma stavolta Daala era troppo esausta per sorridere.
“Eccellente” disse la voce di Tarkin alle sue spalle, ma sembrava…lontana. Improvvisamente la stanza intorno a lei iniziò a cambiare, il proiettore, le sedie, la scrivania, tutto venne inghiottito da una luce accecante. Per un attimo Daala fu sola in una distesa di bianco splendente, senza sotto né sopra, troppo spaventata persino per gridare. Poi il bianco collassò verso di lei e Daala credette di venirne schiacciata, ma fu il suo corpo ad assorbire la luce. Sentì un’enorme energia scorrere dentro di lei, un flusso vitale caldo e benefico che le infondeva nuova forza, scacciando la paura dal suo cuore. Era una sensazione inebriante.
Quando riaprì gli occhi si trovava di nuovo in una stanza bianca del Castello dell’Oblio, con Mara che l’aveva stretta in un abbraccio stritolante e Mu che sorrideva benevolo accanto a lei. Le divise di Carida erano sparite, tutti e tre portavano gli abiti (e nel caso di Mu l’armatura) che indossavano all’entrata.
Ancora stordita, Daala si divincolò delicatamente dall’abbraccio di Mara, che le stava dicendo in tono concitato qualcosa che non riusciva a capire, e si guardò intorno.
Fu allora che i suoi occhi incrociarono quelli sgranati e stupefatti di una persona che conosceva molto, molto bene, e che non sarebbe dovuta essere lì.

 

  
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