*In matematica dicesi minorante un elemento che è minore o uguale di tutti gli elementi di un dato insieme
«No, no e poi no!» esclamò
l’uomo, affermato ingegnere specializzato in nanoelettronica. Gettò la
penna
sul tavolo, si alzò dalla scomoda sedia e cominciò a passeggiare per la
stanza,
cercando una soluzione alternativa allo spinoso problema postogli dal
“cliente”: sua moglie. Sapeva che quello era un quesito che non poteva
aggredire con armi tradizionali quali l’analisi infinitesimale, la
meccanica
quantistica o la teoria dei segnali. Era qualcosa di molto più
complesso a cui
né i suoi innumerevoli masters né i suoi anni passati sulle
sudate carte l’avevano preparato. Stava perdendo la calma e la
sua concentrazione stava andando a farsi benedire, danno e beffa per un
ateo
come lui, per cui visualizzò mentalmente l’equazione di
Schrödinger per riprendersi. Era il caso
di arrendersi e dare
ragione alla sua dolce metà? Il problema era al di sopra delle sue
abilità?
Impossibile! Non poteva bloccarsi di fronte a un ostacolo che persino i
maestri
elementari sapevano risolvere!
Il
“problema” lo fulminò con uno sguardo carico di innocenza e
gioia, come solo i bambini sanno fare.
«Allora,
papà, mi spieghi o no come funziona l’operazione del
più?» gli chiese quella dolce bimba che era sua figlia.
Storia di una bambina e
dell’ingegnere
che le insegnò a contare
O almeno ci provò
«Siano
a e b due numeri reali, ma possono
anche essere complessi però immagino che in prima elementare non li
usiate, si
definisce addizione a più b. È un’operazione per cui valgono le
proprietà
commutativa e associativa e zero è il suo elemento neutro.» Ecco, aveva
pensato
l’ingegnere, facile come risolvere un’equazione differenziale lineare.
«Cos’è
un’addizione, papino? E perché parli
di lettere? Non dobbiamo fare matematica?» chiese la bambina, mentre
apriva il
suo quadernino rosa a quadretti. «La maestra oggi ci ha parlato
dell’operazione
del più». Gli mostrò la prima pagina, dov’erano scritti ordinatamente i
numeri
dall’uno al dieci. «Guarda! Oggi abbiamo scritto tutti i numeri!»
«Ma
quelli non sono tutti i numeri!»
replicò il padre preoccupandosi. «Cosa vi insegnano a scuola?»
«Sì
che sono tutti i numeri» esclamò la
bimba. Alzo le mani e iniziò a contare con le dita. «… otto, nove e
dieci!»
disse crogiolandosi nella soddisfazione.
L’ingegnere
scosse la testa ma preferì
lasciar cadere l’argomento facendosi un appunto mentale riguardo
all’andare al
parlare con l’insegnante di matematica di sua figlia. «Addizione è il
nome
corretto di quella che tu chiami operazione del più» disse. «Chiamarla
così non
è tanto corretto. Ma, ora che ci penso, tu conosci solo i numeri
naturali!»
«Numeri
naturali?» ripeté curiosa la bimba.
«Cosa sono i numeri naturali?»
«I
numeri interi e positivi» rispose
quello. «Ma ora non è importante. Soffermiamoci sull’addizione! È
giusto che tu
sappia che è un’operazione chiusa rispetto all’insieme dei numeri
naturali.»
Ancora
una volta i grandi occhini castani
della bambina lo fissarono con quell’espressione che precedevano una
domanda,
ma stavolta l’ingegnere fu pronto ad anticiparla. «Vuol dire che presi
qualsiasi
due o più numeri che ti possano venire in mente puoi sempre trovare il
risultato.»
«Tutti
tutti?»
«Tutti
tutti!»
«Non
ci credo.»
L’ingegnere
rimase a bocca aperta. «E
perché non ci credi?»
«Se
io prendo nove» mostrò le mani al padre
tenendo, appunto, nove dita alzate «e voglio aggiungere due il
risultato è
troppo grande per essere contato.»
«Chiudi
le dita e riprendi a contarle»
rispose mentre le mostrava con le mani come fare. «Vedi: nove dita,
dieci dita»
chiuse il pugno e alzò l’indice «undici dita.»
La
bimba rifletté un attimo e poi disse:
«Vero. Nessuno mi vieta di usare più volte le stesse dita!»
«Devi
imparare a fare le somme senza usare
le dita! Altrimenti come farai quando dovrai usare numeri razionali o
reali? O
peggio…» un brivido gli percorse la schiena «… i complessi!»
«Ma
cosa dici, papà?» replicò la bimba
mettendosi a ridere. «Non prendermi in giro! Mi racconti queste cose
per farmi
paura? Come quando da piccola mi dicevi che se non mi fossi comportata
bene sarebbe
venuto il Matematico Nero a moltiplicarmi per zero!» Scosse la testa
facendo
ondeggiare i capelli castani. «Non ho più tre anni, non ci casco.»
«È
vero» rispose concitato quello.
«Esistono i numeri reali!»
«Tutti
i numeri sono reali, altrimenti non
esisterebbero, no?»
«Sono
solo un particolare tipo di numeri. È
solo un nome.»
«Quindi
esistono numeri che non esistono?».
«Certo!
No, aspetta! Cosa mi fai dire!
Anche i numeri che non sono reali esistono!»
«Hai
una gran confusione in testa, papà!»
rispose dolcemente la bambina. «Dovresti parlare un po’ con la mia
maestra. Lei
è tanto brava a spiegare le cose!» Prese la matita e scrisse alcuni
numeri su
una pagina del quaderno. «Proviamo a fare qualche esercizio.»
L’ingegnere
era rimasto interdetto davanti
alla scioltezza dialettica della loquace oratrice il cui spirito aveva
posseduto sua figlia. Si passò una mano fra i capelli e disse: «Vediamo
questi
esercizi.»
Per
qualche minuto aiutò la bimba nel
risolvere semplici operazioni poi, nella improbabile seppur non
impossibile
speranza di aver generato una Carl Friedrich Gauss le chiese: «Prova a
sommare
tutti i numeri da uno a dieci.»
«Facile
come risolvere un’equazione
differenziale lineare» replicò la bambina, usando una delle frasi
preferite del
padre, nonostante non avesse idea di cosa fosse un’equazione, per di
più
differenziale e lineare. Scrisse ordinatamente i numeri in colonna e
cominciò a
sommare. «Uno più due fa tre. Tre più tre fa sei. Sei più quattro fa
dieci… ».
«Perché
invece non
provi a fare così» la interruppe il padre prendendole la
matita. Scrisse i numeri dall’uno al dieci in riga e poi li riscrisse
sotto in
ordine inverso, partendo dal dieci. «Vedi» disse «se fai così e sommi
ogni
colonna ottieni undici. Undici per dieci fa centodieci, poi dividi per
due e
ottieni cinquantacinque, la soluzione. Così è semplice ed è un metodo
generale.»
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
11
11
11
11
11
11
11
11
11
11
«Hai
imbrogliato!» rispose con veemenza
sbattendo la dolce manina sul tavolo. «Avevi chiesto la somma dei
numeri da uno
a dieci, non tutte queste operazioni! E poi sei anche disordinato e hai
rovinato la mia paginetta di esercizi!»
Ma
il padre non la stava ascoltando e
continuava a scrivere, estasiato dalla genialità del suo matematico
preferito.
«Vedi, questo metodo vale sempre, se infatti consideriamo la somma dei
primi n
numeri possiamo scrivere così:
1
2
3
… n-2 n-1
n
n
n-1 n-2 …
3
2
1
n+1
n+1 n+1 … n+1
n+1 n+1
da cui si ottiene
n*(n+1)/2
semplice
eppur geniale, non è vero?» L’ingegnere
aveva lo stesso sorriso di sua figlia quando giocava con le bambole.
«Ma
cosa stai combinando!» gridò la bimba.
«n non è un numero!». Prese la gomma e cominciò a cancellare le formule
scritte
dal padre.
«Ferma!»
esclamò l’altro. «Non è numero ma
si usa per indicare che al suo posto puoi mettere qualsiasi numero».
«E
allora perché non si mette direttamente
un numero? Così è una perdita di tempo.»
Doveva
chiamare un esorcista per eliminare
lo spirito dell’oratrice che la possedeva, pensò l’ingegnere.
«Basta!»
urlò. «Ha ragione tua madre! Mi
arrendo! È impossibile per me!». Si alzò in piedi esasperato.
«Non
essere così pessimista» rispose la
figlia, alzandosi a sua volta e facendosi prendere in braccio. «Sei
bravo a
fare le somme però fai tanti errori quando usi lettere al posto di
numeri o
parli di numeri che non esistono. Secondo me se ti fai aiutare dalla
mia
maestra in un paio di giorni puoi diventare veramente bravo. Poi
l’operazione
del più non è difficile!». Gli diede un bacio sulla guancia.
«Facile
come risolvere un’equazione
differenziale lineare» disse l’ingegnere, scompigliandole i capelli.
«Facile
come risolvere un’equazione
differenziale lineare» ripeté la bambina.