Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Occhi Cielo    28/11/2011    6 recensioni
Era una giornata piovosa alla Wammy's. Non che la cosa fosse strana.
I ragazzi si annoiavano. Più di tutti un bambino biondo dagl'occhi come il ghiaccio. Mello osservava la pioggia assorto nei suoi pensieri, fino a quando qualcosa di colorato lo distrasse. Una macchia Rossa.
Questa è la storia di come Mello conobbe Matt, di come i due divennero amici, delle loro avventure e del loro amore che a poco a poco sbocciò, portando nella loro vita un tocco di colore. Come il rosso dell'amore e il rosso dei capelli di Matt che Mello tanto amava. "Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra. Fuori era grigio. Tutto era avvolto da quest'alone di colore. Grigio.
Grigio come gli alberi, come l'asfalto, come l'erba, come i muri.
Grigio. [...]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Near | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Chiedo umilmente perdono per questa attesa così prolungata, ma finalmente mi hanno ristabilito la linea internet!! Sono giorni che sto senza e finalmente ho potuto pubblicare il capitolo che era pronto già due giorni dopo la pubblicazione del capitolo "Red Spot". Purtroppo non ho potuto fare altro che attendere. Spero mi possiate perdonare :)


21.Il ricordo del Verde



Non avevo mai creduto ai fantasmi, né  avevo mai avuto paura di loro. Li avevo sempre considerati frutto delle fantasie più inquiete o dei segreti più incerti, ma a volte  mi capitava di vederli, e nonostante tutto continuavo a negare la loro esistenza.
Quando ero piccolo,  inizialmente, quelli venivano a bussare alla mia porta, nelle notti di pioggia, di sereno, di  quieto silenzio…e io gli aprivo, come avevo sempre fatto fin da quando posso ricordare.
Gli davo il benvenuto, li facevo accomodare nell’angolo più confortevole del mio cuore, li servivo con i miei sentimenti più profondi, e loro se ne cibavano riempiendosi la pancia, ingordi come ogni volta che si presentavano.
Sempre affamati di lacrime, di dispiaceri e di sensi di colpa…e poi, così come erano apparsi, dal nulla più totale della mia mente, sparivano, lasciando il deserto nella mia anima. Razziavano e depredavano tutto ciò che potevano, anche i ricordi felici, quelli pieni di gioia e amore.. loro non facevano distinzioni, e li strappavano via, lasciandomi vuoto. Capitava che tornassero più giorni di seguito, e non trovando niente mi ferivano scagliandomi addosso le immagini più tristi del mio passato, mi tagliavano ricordando le parole, i gesti e tutto ciò che avrebbe potuto anche solo scalfirmi, o graffiarmi. 
Ma nonostante tutto, nonostante ormai fossi preparato al loro arrivo impetuoso, continuavo ad aprire la porta, a cibarli… solo perché ero convinto che non mi avrebbero fatto del male. Che prima o poi avrebbero cessato di tormentarmi. Che il dolore che provavo al petto dopo la loro comparsa era normale, che sentirsi così spento a soli 5 anni,  succedeva a tutti.
 
Quando si ha quell’età, non si capisce quali siano le cose belle, o le cose brutte. Si vede tutto con semplicità e occhi ingenui. Ciò che ti piace lo ritieni bello e buono, ciò che odi invece, brutto e cattivo. Ma non si ha una vera idea di cosa lo sia e cosa no.. e io a 5 anni, anche se la mia intelligenza era qualcosa di già sviluppato e prodigioso, avevo mantenuto quell’infantile modo di ragionare e di credere che tutto fosse semplice. I fantasmi erano semplici.. per quanto mi riguardava non esistevano ed erano frutto dell’immaginazione. Per questo li lasciavo fare e non li temevo.
Ciò che davvero mi terrorizzava, invece, era il senso di colpa che più volte quest’ultimi mi lasciavano. Quando sparivano, dentro di me,  c’era solo un grande spazio vuoto. Mi ricordava l’assenza, la perdita di qualcosa. Di un volto, di due occhi, di una voce…
Lei era bella, ho ancora in memoria la sua ninna nanna. La canticchiavo quando faticavo ad addormentarmi.
Ma quella volta era lei che dormiva, profondamente, in un sonno beato e privo di qualsiasi incubo.  Era a terra però, e intorno a lei c’era… del sangue credo.
La palla era dall’altra parte della strada, sul marciapiede. Era rimbalzata fino a lì e si era fermata. I bambini al campo dietro di me urlavano, imitavano le loro mamme incredule.
Io non capivo. Fissavo mia madre nell’attesa che si svegliasse.
Tutto ciò che era accaduto non contava. Sarebbe tornata da me. Non avevo nessuna esperienza reale della morte, conoscevo solo la rappresentazione che ne davano i cartoni animati la domenica mattina: il gatto che continuava a morire e resuscitare giusto in tempo per attuare i suoi piani contro il topo, prima che iniziassero a scorrere i titoli di coda. Era così che funzionava. La morte era provvisoria. Durava il tempo di una risata, quella dei bambini che attendevano la scena finale davanti alla televisioni, concentrati sul loro latte e cereali.
Avevo constatato che ciò valeva anche per gli uomini.
 Ricordo che una volta, mia madre mi portò ad uno spettacolo di magia. Tagliarono una donna in due all’interno di una cassa, e poi, come se nulla fosse accaduto, questa ne era saltata fuori intera e sorridente, tra gli applausi del pubblico. Quindi anche mia madre si sarebbe rialzata intera e sorridente.
Era solo uno scherzo. Di quelli spaventosi e orribili.  E dovevo solo attendere che tutto finisse.
Mentre la guardavo, mi scappò una risata soffocata. Il guidatore dell’auto accanto a me mi guardò con gli occhi sbarrati. Accusatori. Chissà cosa pensava.. ma in fondo che ne sapeva lui degli scherzi? Lei non mi avrebbe mai lasciato solo, mi avrebbe tenuto con lei per sempre.
Ma non fu così.
I fantasmi non mi incutevano timore… era l’abbandono a farmi soffrire.
 

“Meno 7”
 


Di tutti gli spettri della mia vita, di quelli che avevano cessato di infastidirmi, a quelli che ancora oggi mi perseguitano, lui era quello che più amavo.Lo credevo la fantasia più bella, il ricordo più flebile e incantatore, quello che più era riuscito a farmi credere alla sua esistenza. Durante il mio esilio volontario, mi era apparso tante volte. Tra la folla, nella mia stanza dalle pareti strette, in un taxi che correva svelto verso l’ignoto. Sempre. E come ogni volta ci cascavo, credevo davvero che potesse essere lui. E una volta che lo raggiungevo, mi accorgevo che era solo fumo o un passante che a mala pena gli somigliava.
Quello faceva più male di qualsiasi altra immaginazione, qualsiasi senso di colpa.
Perché invece di lasciarmi vuoto e privo di ricordi, lui riempiva il mio petto dei momenti più belli, i più dolci.. e questo non faceva altro che corrodermi, farmi crollare dentro.
Lui era uno di quei fantasmi da cui non puoi fuggire, uno di quelli che non ti danno tregua. Che ti sfiniscono bombardandoti di ricordi, che il solo pensarli ti rende la vita più difficile di quanto già non fosse. Lui era un fantasma di quelli a cui devi credere per forza, perché era così presente da non poterti far pensare diversamente. Era come se non se ne fosse mai andato, come se fosse rimasto sempre lì accanto a me, a sfottermi, a prendermi in giro.. a consolarmi quando mi rendevo conto che in realtà lui era tutto qui dentro. Nella mia mente. Era sempre lì pronto a darmi una dritta, lì a consigliarmi e dirmi quale fosse la cosa più giusta da fare. Lo sentivo nelle notti di solitudine accanto a me. Lo avvertivo come un respiro flebile sulla spalla, un abbraccio che mi avvolgeva e mi scaldava il cuore. Lui era lì e non se n’era mai andato. Le sue mani mi sfioravano e quando provavo ad afferrarle, si dissolvevano. Già. Come nebbia e  polvere.
Lui era uno di quei fantasmi che sapeva scacciare gli altri.
Si. Perché da quando c’era, da quando si era presentato… tutto il resto sembrava uno sfondo sfocato di una foto. Qualcosa di poco conto a cui io non dovevo badare. Come se le mie colpe fossero state minori rispetto a quelle che lo trattenevano nella mia vita. E forse.. non posso negare che non sia stato davvero così.
Dopotutto, a 4 anni non si è molto consapevoli delle proprie azioni.. a 15 invece, le cose cambiano.
Per questo non se ne andava.
Ed ero ormai così abituato ad averlo al mio fianco, che rivederlo per l’ennesima volta attraverso i miei occhi non mi stupiva. O sarebbe meglio dire.. non mi avrebbe stupito, se non fosse stato per la sua bellezza fin troppo reale, per quegli occhi troppo profondi e verdi per essere l’ologramma dei miei ricordi.
Matt, era così come l’avevo lasciato. Sempre troppo irreale e perfetto, sempre troppo luminoso e colorato da far contrasto con la vita stessa. Era rimasto come tempo a dietro, con le sue flebili lentiggini a pitturargli il volto, i suoi occhi grandi, i capelli rossi e arruffati quasi come un cespuglio di rose. Ma qualcosa nel suo viso stonava, come se non facesse parte di quel quadro.

Una lacrima gli rigava il volto. Solcava la sua guancia lasciandogli un segno indelebile sulla pelle.
La goccia brillava sotto la fioca luce di una lampada. Io la guardavo sperando che evaporasse, ma quella rimaneva lì.. sospesa nel bel messo della sua faccia, in un angolo lontano dalle labbra.
I suoi occhi cercarono i miei, e quasi ci riuscirono a catturarli…ma quella lacrima, quella… non faceva distogliere il mio sguardo. Ne ero come incantato.
Non lo avevo mai visto piangere, e nel profondo, speravo che non accadesse mai.
Forse perché ormai ero convinto che non lo avrei più rivisto e che non sarei stato capace di ciò, ma in quel momento, quando la scena davanti a me era diventata un insopportabile fardello, non potei fare altro che lasciarmi andare.
Nemmeno io, avevo mai pianto.


“Meno 6”


« 
Mell…Mello»
Fu un sospiro. Le sue parole uscirono come un sollievo da una pena infernale. Non stava soffrendo? Non stava soffrendo con me?
« 
Mello….Mello…Mello» Non la smetteva di ripetere il mio nome soffocando una risatina isterica.
Perché rideva?
I miei occhi sbarrati iniziarono ad appannarsi, sempre di più. Incominciai a non distinguere più la sua faccia.  I suoi lineamenti scomparvero a poco a poco in una macchia di colore.Il pizzicore accresceva all’angolo delle palpebre. Mi sforzai di trattenermi, ma credo fu inutile.
La lacrime scesero come un fiume in piena, una diga sfondata che non vedeva l’ora di poter far fluire l’acqua sulle mie gote. Le sentivo calde affondarmi nelle increspature delle mie labbra deformate in una smorfia di dolore.
Lui non era un fantasma, lui era reale! Lui era lì in quel momento e non c’era niente che potesse cambiarlo. Dopo tutto il tempo che avevo passato a sperare in suo ritorno, a sperare di scorgerlo almeno per una volta.. l’ultima volta.. era questo il modo in cui mi si era presentato? Con l’agonia stampata sulla sua faccia che avevo sempre ricordato sorridente e solare?
Dov’era in quel momento il sole che mi aveva scaldato per ben 10 anni? Si era forse spento? Era giunto anche per lui il momento di cedere il posto a qualcun altro?...
No.
Non me lo spiegavo.

Dei singhiozzi ruppero il silenzio. Non capii subito che provenivano da me.
Qualcosa di caldo mi sfiorò una guancia, delicato e leggero, come un alito di vento. Sentivo un calore familiare premere sulla mia pelle e un profumo che non ero mai riuscito a dimenticare. Mi sentii in paradiso.
Spostai lo sguardo al mio lato, verso la fonte di tutto quel benessere.
Verde. Credevo di essere abituato oramai a quel colore, ma non fu così. Il mio petto sussultò in un battito di troppo. Rividi il mio passato scorrermi veloce davanti alla faccia mentre quell’ondata di smeraldo si abbatteva su di me.
Tra smeraldo e oceano. Come un tempo.
Terra e Cielo.
Si contrastavano e si concludevano l’un l’ altro.
Inizio e fine.
Il suo verde era come un prato sconfinato che mi si apriva d’innanzi, la possibilità di trovare l’orizzonte e il futuro che avevo sempre sperato. Era come le foglie degl'alberi in estate,  o come una pietra preziosa incastonata in un anello.  Era brillante, luminoso, che riusciva a spiazzarmi.
 Mi ipnotizzava.

Un verde intenso che mi accerchiava e mi entrava nella pelle.  Mi colorava rendendo il mio mondo e ciò che mi era attorno, di questo colore così innaturale.. questo verde.
Sarei voluto vagare per sempre in quella marea che mi trasportava e mi sbatteva contro la vita,  che mi faceva venire i lividi al cuore e mi terrorizzava allo stesso tempo.  Una marea che mi trasportava...in balia del suo magnetismo.

Ma poi riaprivo gli occhi,  e intorno…

I  pensieri di un passato lontano, riaffiorarono  nell’attimo esatto in cui mi resi conto di essere ormai suo.  Quando ormai.. riaprendo gli occhi, mi resi conto che non era vero che intorno a me regnava il nulla.
No.
Intorno a me c’era Matt. C’era lui e nessun’altro.
Avrei dovuto accorgermi di questo da tempo, rendermi conto che non c’era stata persona che desiderassi più del mio Matt
. Nessuna.
Le sue labbra erano ancora premute sulla mia guancia, nell’intendo di baciare una delle tante lacrime che continuavano a solcarmi il viso.
Mi sentii avvampare.
Cercai di mettermi a sedere poggiando i gomiti sul materasso. I capelli mi ricaddero davanti nascondendomi il volto.
Speravo non lo notasse prima che io aprissi bocca.. ma un sorriso era apparso a deformarmi le labbra.
Lui era lì. Con me.



“Meno 5”
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Occhi Cielo