Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
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Autore: Something Rotten    29/11/2011    4 recensioni
Zack si era parzialmente ripreso dalla telefonata, vuoi per la quantità d'alcol ingerita o vuoi per la musica che gli ronzava prepotente nelle orecchie. Matt non aveva detto nulla sull'accaduto, era rimasto in silenzio lasciandolo parlare e lasciando che si sfogasse nel migliore dei modi, eppure quel silenzio era strano. Solitamente aveva sempre una buona parola di conforto, magari soltanto un "andrà tutto bene" e se non parlava significava soltanto che non sarebbe andato tutto bene. La gelosia, lui lo sapeva bene, era una brutta bestia, era un fantasma che, rantolante, si insinuava in tutti i rapporti, uccidendo anche l'amore più sincero. Era un fantasma duro da esorcizzare, un qualcosa che avrebbe lasciato l'alone per sempre, come quando si scrive sui vetri appannati della macchina, quell'alone non andrà mai del tutto via.
Lo fissava dal divanetto, guardava l'amico agire pronto a fermarlo al momento giusto consapevole che dall'altra parte del mondo non c'era nessuno pronto a fermare Brian dal commettere atti stupidi e privi di senso.
« Sei il suo angelo custode? » aveva chiesto Jim sedendosi al suo fianco e guardando Zack ballare con una ragazza dai capelli corvini.
« Voglio solo che non commetta qualche stupidaggine. »
« Ti potrà sembrare una bugia, ma neanche io voglio che faccia qualcosa di stupido. » aveva sbuffato sorridendogli e continuando a fissare Zack « Brian non mi va a genio, ma non voglio che lui perda anche quest'opportunità di essere felice. Sai, a volte penso a cosa abbia fatto di male. »
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«It's a terrible love and i'm walking with spiders.»

You're just a sad song with nothing to say
Non c'era stato poi molto fra quei due, qualche contatto accennato, qualche fremito, qualche strusciamento, tanti baci, ma era finita lì. Si era guardati negli occhi leggendovi dentro insicurezza mista a quella sana dose di voglia che non guastava mai, neanche nei momenti meno opportuni come quelli. Con i loro migliori amici nella stanza affianco ed un telefonino che non la smetteva di suonare quella canzone perfetta, ma che dopo un po stancava. Come quelle canzoni delle quali ti innamori, quelle canzoni nelle quali leggi un pezzo di te che le ascolti fino a farti sanguinare le orecchie, quelle canzoni che non smetteresti mai di ascoltare perché, cazzo, quelle canzoni fanno parte di te e della tua vita. Quelle canzoni che passano i mesi e rimangono il tuo chiodo fisso, rimangono le prime che ascolti appena alzato e le ultime che ascolti prima di andare a dormire. E poi? Poi diventano accordi privi d'armonia, diventano un mucchio di parole messe a caso, diventano canzoni da cancellare dalla libreria di I-tunes. Perché? Perché a consumarle le cose ci si stufa. Vanno prese con il contagocce le cose belle che ci capitano, sennò si rischia di sfruttarle fino a renderle cenere. Un po come lui e Brian, l'altro aveva ascoltato così tante volte il suo respiro affannoso, la sua voce che bramosa urlava il suo nome, aveva assaporato così tante volte le sue labbra ed il suo sapore, aveva sentito troppe volte le sue unghie conficcarsi nella sua schiena quando, inarcando la schiena veniva dentro di lui, che avevano perso valore. Le aveva avute in fretta, le aveva avute tutte e le avrebbe avute ancora a lungo se non ci fosse stata quella foto, così aveva semplicemente cancellato Zack dalla sua persona Libreria multimediale rimpiazzandolo con Patrick. Che poi che aveva quello che lui non aveva?
Ah, si! Il fascino del mistero, il fascino dell'ignoto, il fascino dell'assaporare e sentire nuovi accordi.
Si ricordava di quella canzone uscita qualche anno prima, quella canzone che apparteneva ad una band che non era proprio una delle sue preferite, ma l'aveva amata ed ascoltata fino allo sfinimento.
« You're just a sad song with nothing to say

Asseriva il cantante, rivolto a chissà quale ex. Ora era lui ad asserirlo, con la leggera differenza che se lo stava dedicando.
Ed era forse per questa serie di vaneggiamenti inconcludenti che non aveva approfondito. Ed era forse per non diventare, nuovamente, una canzone triste e monotona che non si era concesso, lasciando il più alto a bocca 'asciutta, lasciando il più alto con quell'erezione che gli premeva sulla schiena, lasciando l'altro, infine, nel più completo torpore.
Si era fatto ancora più vicino, cercando di annullare quella poca distanza che c'era fra i loro corpi, solo per sentire quel cuore battere e chissà se quel battito martellante non avesse ridestato il suo?

{....}
«»
Il telefono era libero, lo era da parecchi minuti. Era comprensibile che l'altro non rispondesse, era troppo presto e quello che aveva appena scoperto era decisamente un qualcosa che doveva essere detto a voce, non attraverso l'auricolare di uno stupido telefonino. Ed era, forse, per questo che si trovava in quell'aeroporto cercando di trovare un biglietto per la Spagna, un biglietto che rientrasse nel suo budget piuttosto esiguo.
Camminava per l'aeroporto, o meglio correva, da uno sportello all'altro. Conosceva bene quel posto, conosceva bene la burocrazia e, soprattutto, conosceva l'unico modo per trovare un dannato biglietto nel minor tempo possibile.
Erano passati anni dalla loro ultima telefonata, dall'ultima volta che aveva composto quel numero, eppure se lo ricordava ancora, le sue dita spingevano i tasti, creando una coreografia perfetta, come se non avessero fatto altro in quegli anni.
La voce non era cambiata molto, forse lasciava trapelare a sbalzi il fatto che il tempo fosse passato anche per lui, che non era esente al trascorrere inesorabile degli anni, ma, in linea di massima, era rimasta simile.
« Brian? » quella sembrava essere una domanda. Una domanda-affermazione pronunciata con una perfetta intonazione stupita.
« Si, sono io. » avrebbe evitato, seriamente, di usare quel tono laconico se non fosse scritto geneticamente nel suo DNA. In fin dei conti lo aveva chiamato per chiedergli un favore ed erano anni che non si faceva vivo, doveva usare un tono più cordiale, ma non ci era riuscito. Non era bravo in quelle cose.
« Oh... come... che? »
Aveva sbuffato, non era il tempo di fare domande.
« Mi serve un biglietto. »
« Ah. » sembrava rassegnato, il suo tono sembrava rassegnato. « Quanto ti serve? »
« Non si tratta di soldi, quelli li ho! Si tratta di trovare un volo che non sia pieno. è urgente, non ho il tempo di aspettare, davvero. Aiutami. »
Non era il tipo che si metteva a frignare, sbraitare e soprattutto pregare. Ma era urgente, forse anche troppo tardi.
« è per la tua ragazza? » aveva chiesto quello dall'altro capo del telefono.
Ed era come riaprire vecchie ferite, riaprire tagli emotivi agiti e mai elaborati. Aprire voragini nelle quali veniva risucchiato. Aveva riattaccato all'istante, ignorando che forse era l'ultima occasione utile per parlare e chiarire con quello che, fino a qualche giorno prima, era stato il suo ragazzo. Ma neanche per lui si sarebbe abbassato a tanto.
Si era diretto verso l'ennesimo sportello dell'aeroporto, sperando in un miracolo.


Ed eccomi qui. La brevità assoluta, ma compatitemi, non voglio lasciare nuovamentei ncompleta questa storia e, come ho già ampiamente detto, sono nel periodo d'esame. Questo è il massimo ç.ç
Non chiedetemi nulla di come sia uscito questo capitolo sto nella fase depressiva!
Vi ringrazio, al solito, per i commenti e scappo nuovamente ç.ç
Non odiatemi, perché io vi adoro <3




   
 
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