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Autore: Deauk    01/12/2011    11 recensioni
One-shot partecipante ad un concorso dedicato al Natale... Difatti anticipo un po' i tempi! Un incontro buffo tra due ragazzi sconosciuti, un incontro dolce, dettato da piccoli e divertenti incidenti... Con l'aroma del cappuccino, la melodia triste della malinconia, e la gioia del Natale... Fino ad una tenera sorpresa finale... Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seiya | Coppie: Seiya/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Ed eccomi qua con l’ennesima One-shot per concorsi… Mai partecipato fino ad oggi, poi ne ho fatti tre in un botto solo! Ahahahah!
Premessa su questa storia: Ovviamente era una One-shot in previsione delle feste Natalizie, e da lì l’ambientazione di questo incontro, troviamolo anche banale, dai, dei miei due protagonisti preferiti… Chi mi segue da sempre, chi ha letto i miei precedenti lavori, lo sa bene!
Come sempre, ringrazio chi perderà tempo a leggere questa mia allegra storiella, chi avrà voglia di perdere un minuto per recensirmi, in positivo ed in negativo, perché i consigli  e le critiche sono sempre ottimi e ben accette per migliorarmi… E per chi s’imbatterà in questa autrice un po’ scellerata per la prima volta (il raiting verde, che io non uso mai, sicuramente permetterà di leggere a molti che fino ad ora non mi hanno seguito), scusate i pasticci che potreste trovare, sono sempre un po’ svampitella di natura! Grazie a tutti!
Deauk Bau Bau
 

 
 

Aroma di Cappuccino

 
 
Camminare in mezzo alla gente, chiuso in un Mondo tutto mio, completamente distratto da quello che mi passa accanto… Le luci delle vetrine che mi affiancano, colorate, divertenti ed ad intermittenza, non mi colpiscono, non attirano la mia attenzione, rimango con le mani infilate nelle tasche del mio inseparabile giubbotto in pelle, che, nonostante tutto, mi ripara dal freddo pungente di questa serata… La Vigilia di Natale…
“Brrrrr…”, dico a voce alta, nascondendo la bocca all’interno della mia sciarpa grigia in lana merinos, strofinandoci dentro il naso rosso e per metà congelato, rannicchiando il collo più che posso e rabbrividendo ancora, per il freddo metallico dei miei piercing, appesi ai lobi delle orecchie,  brivido nato dal contatto del calore che la lana ha riscaldato contro la mia pelle, avvolto anche nel capo da una cuffietta pesante e nera, che dolcemente mi stringe i capelli in un abbraccio confortevole. Sono solo lungo questo marciapiede affollato di persone, che a tratti mi sbattono contro fianchi, contro le spalle. La folla ed il caos per le corse verso l’ultimo regalo da comperare, l’ultimo negozio aperto, è assente nei mie pensieri, non ci bado, anche se mi si presenta di fronte. Non sono triste per via dell’atmosfera Natalizia, che in molti colpisce solo attraverso la malinconia, non sono deluso dalla solitudine con cui percorro le vie della mia città, la solitudine me la sono cercata apposta stasera. Sono solo… Schifato a non finire, annoiato dalla mia vita identica giorno dopo giorno, tutto programmato, tutto deciso. Se la gente sapesse la realtà… Diciamo che sono sfuggito dalla strampalata cena Natalizia che è stata organizzata, a cui sono costretto a partecipare quest’anno, con l’aggiunta di un bel groppo di pesantezza: i miei due fratelli e tutto lo staff che accerchia il mio gruppo musicale, quello che mi ha fatto conoscere alla maggior parte delle ragazze del mio paese. Il tutto condito da una riunione per firmare quel contratto che tanto mi risulta indigesto, una scrittura da parte di uno dei maggiori finanziatori di questo paese, ma con un piccolo ricatto, ricatto a cui il vile denaro ha lusingato tutti, compreso me… Dai, in fondo si tratterà solo di qualche mese… In fondo devo solo recitare per un po’… Ma odio le farse… Pazienza… Ora basta, cerco di distrarmi….
“Certo che fa seriamente freddo…”, dico ad alta voce, un pensiero che vuole farmi capire di farmi dirigere al primo luogo caldo e lontano da questi piccoli fiocchi di neve gelida e congelata che iniziano a scendere dal cielo nero e fitto, senza stelle, guardando distratto alla mia destra l’entrata di un piccolo centro commerciale, stipato di gente che entra ed esce dalla porta automatica, a tratti carica di regali tra le mani ma con il portafoglio sicuramente più leggero. M’infilo subito all’interno, il calore che percepisco è troppo invitante. A passo svelto, ma senza togliere dal viso la sciarpa e dalla testa la cuffia, meglio non rischiare, ci mancherebbe solo che una delle fan mi riconosca e mi piantoni per un autografo od addirittura azzardare di passare la Vigilia di Natale assieme, mi basterebbe solo quello per farmi scoppiare stasera, m’infilo, dentro, in quel corridoio dalle luci che possono coccolare anche il cuore, sotto il getto di aria riscaldata, abbandonandomi al tepore che avvolge il mio corpo. Non mi muoverei da qua per nulla al Mondo, ma la ressa di persone mi spinge in avanti, e sono costretto a camminare… La folla stipa ogni angolo libero di questo ingresso, largo, spazioso e completamente addobbato da luminarie con colori talmente accesi e chiari, a tratti, da assomigliare al bianco, proprio sopra la mia testa. Mi avvio verso la scala mobile, seguo il serpentone di persone che vanno verso una meta, ora anche la mia, visto che non so bene dove andare e cosa fare, sempre con le mani in tasca ed ancora ringrinzito dal freddo, oramai penetrato fin sotto la mia pelle, dall’esterno, e senza accorgermi affianco l’immenso albero di Natale al centro del salone, che anticipa il sali e scendi dal piano superiore. Lo guardo in modo distratto, lo vedo arrivare fino al soffitto, il profumo di legno e di aghi di abete accarezza le mie narici, ennesimo richiamo alla vigilia di Natale. Ma alla fine non ci bado, gli passo semplicemente accanto, senza notare il numero assurdo ed abbondante di ragazze che lo circondano, infilzando nei piccoli rami appuntiti, dell’abete sempreverde, bigliettini candidi e ripiegati, tra sguardi speranzosi e sospiri ricchi di sottintesi. Proprio non presto attenzione, nemmeno a quel buffo cappello rosa rigonfio sulla testa di una piccoletta al mio lato destro, con la visierina color lilla, poco grande, sulla fronte, che, a fatica ed in punta di piedi, cerca di infilare il suo bigliettino ben ripiegato nel ramo libero ma ben lontana dalla sua portata. Probabilmente, forse troppo sporta in punta di piedi, o magari spintonata da una delle tante ragazze che acclamano un rametto libero, inizia a barcollare, mentre le sono proprio dietro la schiena, sfiorandole il giubbotto imbottito bianco cangiante, ma con i polsini, i bordi ed il cappuccio fucsia. Quella ragazza, infagottata dall’abbigliamento invernale, attira la mia attenzione all’improvviso, senza ombra di dubbio, perché, rovinosamente, barcolla all’indietro e pesta, con estrema imbranataggine, la punta delle mie All-Stars grigie e blu, insomma, zero riparo per i miei piedi già rigidi ed infreddoliti, ma la cosa peggiore tra tutte e che questa svampita indossa un paio di anfibi lilla con zeppa in gomma nera, pesanti almeno 200 kg a scarpa.
“Imbranata! Ahia!”, urlo ad alta voce, mentre un dolore lancinante mi percorre dall’alluce fino alla caviglia, facendomi trattenere il fiato e digrignare i denti, con tanta voglia di imprecare, nonostante sia la Vigilia di Natale. Le dita ghiacciate non aiutano di certo ad attenuare il dolore, ma, con gesto impulsivo, allungo le mani e fermo per le spalle quel fagotto imbottito, attratta dalla forza di gravità come un sacco di patate, con il suo dannato bigliettino stretto tra le dita, che fuoriescono dai fori dei guanti di lana bianchi a pois multicolore. ‘Ma che è? Un cartone animato?’, penso istintivamente, ricollegando alla mente tutti i particolari che caratterizzano questo impiastro.
“AAAAiiuuuuutoooo….”, sento quella vocina uscire da sotto il cappello e dalla copertura di una sciarpa blu cobalto, che le copre per metà il viso, mentre si volta verso di me, ed io fermo la sua caduta verso il pavimento, con le mie mani e le mie braccia che l’avvolgono come una cinta sicura. “No… Questo è Diabolik vestito a Carnevale…”, sussurro appena, trattenendo una risata da dietro la mia di sciarpa, osservando quell’assurdo abbinamento di colori che la ricoprono da testa a piedi, senza alcun senso compiuto, nascondendo un fagotto, credo una ragazza, intuito sia dalla voce sia dai biondi capelli lunghi e delicati che escono da sotto il cappello, infilati subito sotto la sciarpa.
“Oddio che spavento!”, dice questa misteriosa imbranata, rantolando a fatica, col suo corpo, per ritrovare l’equilibrio, mentre io l’aiuto ad alzarsi in piedi, guardandola tornare ritta sulle sue gambe di fronte a me, cercando di ricomporsi con qualche leggera sfregatura inutile sul suo giubbotto con le sue mani.
“Tutto bene?”, la mia domanda esce spontanea, puntando i miei occhi da qualche parte su di lei, ma… Non so dove guardare! E’ bardata come se fosse al polo-nord! Come si fa a parlare con una persona senza guardarla in nessun lato di lei!
“Oh sì! Grazie a te! Anzi! Scusami! Ti sono caduta addosso!”
‘Ok, è vero, mi hai anche fatto un male cane!’,questo è il mio pensiero, ma non te lo dico, sarebbe villano, in fondo stavi per ruzzolare a terra come una pera!
“Tranquilla! Solo un pestone di piede! Nulla di serio!”, ti rispondo sorridendo, portandomi la mano destra, aperta, dietro la nuca e toccandomi i capelli con il palmo, un gesto che faccio per abitudine da anni, provando a guardare questo funghetto colorato, puntando gli occhi sul suo naso, l’unica parte libera di lei. Mica posso parlarle guardandole le orecchie!
“Mi spiace tantissimo! Aspetta…”, dici così, iniziando a guardarti attorno, ma cosa vedi poi da lì sotto? Senza pensare inizio anche io ad imitarti, scrutando il nulla, non so cosa cerchi!
“Sìììì! Non ci credo!”, mi sorprendi con un tuo squittio di voce acuta, e, senza preavviso, mi prendi per un polso e mi trascini correndo dietro di te, facendoti spazio tra la gente, che quasi non riesce a far passare uno spiffero d’aria l’uno dall’altro per la poca distanza che li separa, fregandotene di quelli che dietro di noi imprecano per un  regalo caduto a terra o per qualche spintone troppo deciso… Ma la cosa assurda è che… Mi sto divertendo! Sì, mentre mi trascini in mezzo a questo caos sto ridendo a bassa voce, dimenticando l’amarezza che mi percorreva fino a poco fa… A dir la verità è da quando mi sei piombata addosso che mi fai ridere… Il tuo buffo abbigliamento, la tua imbranataggine… La malinconia che sentivo dentro, la noia mortale di queste feste ripetitive, il senso di oppressione… Tutto è rimasto al di fuori di questo centro commerciale. E mentre penso a  tutto questo, mentre felice e soddisfatto ragiono su che strana fortuna mi è capitata nel raccoglierti al volo, mi ritrovo di fronte ad un tavolino vuoto di un bar, ancora ingombro di stoviglie sporche, usate dai clienti che fino a qualche istante prima erano accomodate lì a gustarsi una bevanda calda e qualche patatina.
“Siediti, almeno ti offro un cappuccino per il disturbo di averti schiacciato un piede!”, il tuo è quasi un ordine deciso, mentre mi liberi il polso, ed io guardo il tavolino, un po’ attratto ed un po’ titubante. Attratto perché, anche se ti conosco praticamente da trenta secondi sto meglio in tua compagnia che con quella della gente che mi circonda, troppo attratti dalle mie doti musicali e basta, dai miei soldi e dalla mia fama, ed invece tu, carciofino colorato, a quanto pare, nemmeno mi hai riconosciuto! Ok, sono piuttosto bardato ma ci siamo parlati, la mia voce l’avrai sicuramente almeno sentita in qualche intervista! Titubante, perché se mi tolgo l’addobbo che ho attorno al viso, sicuro sicuro mi trovo una valanga  umana femminile addosso, e non mi va…
“Eh… Ti ringrazio, ma è come se avessi accettato, qui…”, sto declassando educatamente il tuo invito, quando mi si blocca la frase in gola guardandoti togliere il cappello di dosso, scuotendo un po’ la testa, liberando i tuoi biondi capelli dorati, ma raccolti in una buffa acconciatura, un paio di codini puntati sulla testa da due palline raccolte, sembrano due polpette… Ma la cosa che mi colpisce più di tutto sono gli occhi azzurro cielo estivo, pieni di gioia ed allegria, ridono loro al posto della tua bocca. Sotto quello strato colorato era nascosta una meravigliosa ragazza, ok, un po’ miniaturizzata, ma splendida. Ne ho la conferma mentre ti sfili la sciarpa, liberando il tuo volto arrossato dalla lana, ed infilandola nella tasca del giubbotto, impacciata, assieme al bigliettino che ha creato tutto questo trambusto, ancora trattenuto tra le dita. Ma quel bigliettino proprio non ne vuole sapere di essere domato, perché cade a terra, e con gesto istintivo mi sporgo in avanti per raccogliertelo, ma, caspita, parti assieme a me, e ci inzucchiamo come due imbranati! Per fortuna la mia cuffia nera attutisce la botta sulla fronte, un Tonf soffocato è la prova che, alla fine, gran male non ce ne siamo fatti, e portandoci in contemporanea la mano sulla fronte scoppiamo a ridere come due pazzi.
“Se stai ferma….”, dico deciso,  inchinandomi al volo ed anticipandoti, raccogliendo il bigliettino, rigirandomelo tra le mani, piuttosto curioso.
“Ecco… Ti prego! Dammelo!”, la tua è una preghiera ricca d’imbarazzo, il tuo viso che arrossisce come un pomodoro non mi crea dubbi. Sicuramente avrai scritto del tuo fidanzato, oppure di vivere una gioiosa storia d’amore, come tutte le ragazze della tua età, come quelle che ancora ronzano ancora come api affamate attorno all’abete… Ma io sono un piccolo infame, e me lo faccio scivolare in tasca, subdolo e felino, guardando i tuoi occhi sgranarsi di timidezza e rabbia. “NO! Dammelo!”, m’implori, mentre scuoto la testa molto divertito, ridacchiando da dietro la mia sciarpa, sapendo di punzecchiarti non poco. Lo trovo divertente e meraviglioso, spassoso e… Dolce…. Sì, splendidamente dolce…
“Ti offro due cappuccini!”, mi preghi, pestando i piedi come una bambina indifesa ed implorante, allungando le tue mani sul mio giubbotto in pelle, sul mio petto, e ti trovo di un bello da far impazzire… Assurdo provare simili sensazioni nei confronti di una ragazza proprio stasera… Che amarezza che inizio a provare ancora… Perché stasera?
“Tre?”, azzardi, e mi fai ridere da impazzire.
“Vuoi farmi saltare causa caffeina per tutto il centro commerciale?”, ti chiedo, guardandoti prima sgranare gli occhi e poi abbassare il capo, sentendoti ridere, appena, e poi in crescere, sempre più forte… Ma quanto è bello questo momento? Credo che, da Mai,non ho vissuto nemmeno un minuto più bello in nessuna Vigilia di Natale, da che ho ricordi… Ho sempre lavorato, suonato, studiato… Io ed i mie fratelli siamo condannati al Mondo dello spettacolo da sempre, credo… Nessun dolce ricordo attorno alle feste Natalizie… E tu asparago color arcobaleno sei il mio primo. Che divertente affibbiarti nomignoli ridicoli, me li ispiri con una tenerezza innaturale.
“Ecco… A dirtela tutta… Vorrei accettare l’invito, ma… Non mi va di farmi vedere in giro”, alla fine te lo confido guardingo, mentre rialzi il capo e mi punti la liquidità dei tuoi occhi azzurri nei miei, noto un filo di malizia, sbaglio?
“Ti stai nascondendo dalla tua ragazza! Ammettilo! E sei qua con me!”, questa è la tua risposta, e scoppio a ridere come un pazzo, non resisto. Sei spassosa funghetto colorato!
“No! Allora facciamo una cosa! Aspettami qua!”, e mentre ti dico questo mi scosto da te e mi dirigo al bancone del bar, raggiungendolo, ordinando due cappuccini, ma da portar via, chiusi in colorati bicchieri di plastica rigida, rossa con tante stelline sopra, ed un bel coperchio di plastica per non far uscire il liquido bollente. Pago al volo, prendo i due bicchieri tra le mani e ti raggiungo, guardandoti buffissima gonfiare le guance e stringere i pugni saltellare sul posto.
“Ma dovevo pagare io!”, quanto mi fa ridere il tono di voce in falsetto che fai nel rimproverarmi.
“Mi ridai i soldi quando ti ridò il bigliettino! Vieni, andiamo là”, ti dico questo mentre ti indico con la testa la zona che porta ai bagni, sicuramente più isolata. Torniamo indietro, mentre, ripassando tra la folla con i due cappuccini tra le mani, diventa un’impresa da titani. Almeno una decina le volte che rischio di rovesciarli rovinosamente a terra, rischiando di fare la figura dell’ebete. Ti seguo alle spalle, adoro guardare ondeggiare quei buffi codini nascosti sotto il piumino, adoro come non ho mai adorato ciocche di capelli… M’incanto e mi perdo, ma la domanda che mi blocca il fiato è: Perché tu, qua, stasera? Finalmente raggiungiamo la porta bianca, con il maniglione antipanico, e tu la spalanchi, aprendola sul corridoio frigido che porta ai bagni, ma noi ci dirigiamo verso il fondo, dove un piccolo angolo nascosto porta allo spogliatoio del personale, lontano da tutti, lontano da sguardi indiscreti e da fan pazze ed innamorate che potrebbero smascherarmi.
“Mi dispiace di averti trascinato qua, ma tieniti forte…”, questa frase la pronuncio con reale soddisfazione, sicuro di farti stramazzare al suolo, mentre ti allungo i due cappucci, presi prontamente dalle tue mani, e mi sfilo la cuffia nera, poi la sciarpa, ci manca solo il rullo dei tamburi ad accompagnare la mia entrata in scena… Ammetto che sfodero uno dei miei sorrisi migliori, voglio sorprenderti, ed in cambio tu mi sorridi ma rimani… Tranquilla… Di solito sono abituato a far mancare il fiato, generalmente mi ritrovo le ragazze a bocca aperta e sbalordite, pronte a saltarmi al collo ma.. Ma tu nulla… Anzi, mi guardi continuando a sorridere dolcemente, porgendomi il mio cappuccio, ed io infilo nella tasca del giubbotto cuffia e sciarpa, rimanendo allibito ma compiaciuto… Sei una delle poche ragazze di questo stato che non conoscono il volto di Seiya dei Three-Lights, o che addirittura non conoscono i Three-lights a questo punto… Azzardo, mentre stappo il bicchiere e mi bevo la prima sorsata di liquido bollente e fumante.
“Ti piace la musica?”, e la domanda più banale e raggirante per capire se minimamente, almeno una volta, mi hai visto od ascoltato, ma mentre tu mi imiti, bevendo il tuo cappuccino, con le labbra sporche di schiuma, scuoti la testa decisa.
“Io e la musica siamo due mondi divisi! Parlami di tutto, ma non di musica! Ti scongiuro”, è la tua risposta decisa, e giurerei di aver visto attraversare nei tuoi occhi un’ombra di amarezza. Ed ora io di cosa parlo? Io non ho fatto, vissuto ed imparato altro da anni… Idea…
“Allora parliamo dei tuoi modi assurdi di abbinare i colori! Sembri Arlecchino!”, ti punzecchio, e ti guardo ridere, dolce risata, mentre con la lingua ti pulisci i residui di schiuma sulle labbra. E così, due perfetti sconosciuti fino a qualche minuto prima, si ritrovano a ridere e scherzare in un angolo buio di un centro commerciale, agli sgoccioli di questo pomeriggio della Viglia di Natale, la più dolce che io abbia mai trascorso… Ed è inevitabile tra il cappuccino e le tue chiacchierate logorroiche, che mi raccontano di dove vai a sbucare a metà prezzo maglioni assurdi ed iper-colorati, la tua passione più sfrenata… Che m’incanto nelle piccole smorfie del tuo naso, mi perdo nelle espressioni di gioia dei tuoi occhi, nelle tue labbra che anticipano un sorriso…
I bicchieri ora sono a terra, vuoti da un po’, e noi da minuti, od ore, chissà, stiamo parlando del tutto e del niente… E ci piace da impazzire… Io, a braccia incrociate, con la schiena appoggiata al muro, ti guardo dondolarti nei tuoi discorsi, occhi al cielo, alla ricerca di pensieri e ricordi che mi vuoi raccontare, e che io voglio ascoltare. Melodia, la prima vera musica nelle mie orecchie… Pazza ragazza colorata… Bello e meraviglioso arcobaleno… Forse non ti ascolto più, perché la mia mente naviga, voglio smettere di ascoltare la tua voce, ma per un solo motivo logico….
Il mio corpo reagisce senza frenare il neurone di quel pensiero sconnesso, allungo una mano e ti stringo la vita, ti attiro contro il mio corpo e ti prendo le labbra… Ti bacio… Bacio al sapore di caffè, il più buono che abbia mai dato… Tu ti lasci sciogliere nella mia bocca, respiro il tuo respiro, ed il bacio diventa profondo, intimo, perché ci troviamo in un intreccio di sapori e calore… Improvvisamente e bruscamente interrotto dal mio cellulare e da tu che mi sfuggi dalle labbra… Cretino che sono…
“Oh mio Dio! Devo… Devo scappare…”, quasi me lo urli, saltellando su te stessa e con gli occhi fissi sull’orologio da polso che hai indosso, mentre torni ad infilarti tutto il guscio protettivo di lana, ad una velocità che quasi mi confonde e non riesco a seguire. Sfilo il telefono con una gran voglia di imprecare, dalla tasca dei jeans… Yaten, è il nome che mi lampeggia inesorabile sullo schermo, e il mio saluto in risposta è uno sbuffo…
“Posso sapere dove sei? Ti ricordi che la cena…”
“Arrivo…”, lo interrompo e riattacco, mentre mi riallaccio il giubbotto.
“Dammi il tuo numero…”, te lo chiedo ragazza colorata e gioiosa, anche se sei altamente ridicola e di nuovo nascosta…
“No… Scusami… Dimenticami…”, la tua risposta, mentre ti volti e mi scappi. Ma che diavolo sta succedendo? Tre secondi fa ci stavamo baciando, ridendo, parlando… Ed ora mi scappi, dimenticami? Come un pesce lesso e con il cellulare in mano ti guardo scappare da me…
Non riesco nemmeno a reagire!
“Eh No!”, e la frase che mi esce forte e decisa, mentre finalmente prendo a seguirti, correndo nel corridoio bianco e freddo, sbucando poi nella folla, nel calore delle luci Natalizie, cercandoti, volendoti… Ma ti sei confusa tra la gente… Non so nemmeno il tuo nome ragazza colorata!
“Ma quello è Seiya…”, un sussurro e sufficiente ad attirare altri mille sguardi che sento già pesanti come macigni sulle spalle.
“Ca…!”, ora impreco sul serio, mentre sgomito in mezzo alla gente, facendomi strada tra la folla che inizia a gridare…Mi hanno riconosciuto.

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Apro la porta dell’appartamento dove vivo con i miei fratelli, ed il profumo della cena che, Guendalina, la nostra cuoca, ha preparato, m’invade le narici, io ancora con la bocca per metà spalancata, ancora alla ricerca dell’ossigeno per il fiato corto, che mi attanaglia i polmoni senza resa. Ho caldo, mi sento le guance prendere fuoco, ho corso come un pazzo fino a casa, nascondendomi dai fan che mi avevano riconosciuto, mentre gridavano ‘un autografo come regalo di Natale!’, ma alla fine l’ho scampata. Se mi fossi fermato, per liberarmi, avrei dovuto chiamare la Polizia… Esperienza già provata e da non ripetere!
“Vatti a preparare! Tra poco quel finanziatore sarà qua! Devi fare colpo! Anche se è già tutto organizzato! Ma lo sai bene che il nostro manager ti uccide se fai qualche stupidaggine!”, scampato dalla pazzia dei fan ma non dall’ira di mio fratello Yaten.
“Ora vado…”, rispondo sbuffando, mentre l’aroma del cappuccino mi torna alla mente, stringendomi la gola nel ripensare a quella ragazza, che tra qualche giorno, se leggerà qualche giornale, mi prenderà come uno sciagurato sciupafemmine, anche se io non ne ho colpa! Maledetti soldi e maledetto il mio successo! Ed il ricordo di quel bacio leggero, che ci siamo scambiati, interrotto da me e dal tuo scappare… Un dolce dono di Natale lo avevo trovato per me, dono rubato all’istante, forse in quest’anno non sono poi stato così buono, o forse il destino voleva solo evitarci dolori per quello che tra poco prenderà esistenza... Sfilo dalla tasca del giubbotto la sciarpa e la cuffia, ancora infilate dentro, ed il bigliettino del misfatto cade inesorabile a terra. Mi fiondo a raccoglierlo senza pensare a nulla, potrebbe essere una traccia, una qualsiasi cosa che mi riconduca a lei, e me lo era dimenticato! Il solito sbadato ed idiota. Ancora in ginocchio, nemmeno mi rialzo, lo spiego, ed inizio a leggerlo con voracità, pieno di buone speranze:
‘Caro Babbo Natale
Io quest’anno non ti chiedo un regalo materiale, ti chiedo solo di far rinsanire il mio papà, deciso a svendermi come un buon pezzo di carne, affiancandomi per sei mesi ad uno dei personaggi che riguardano il suo lavoro, alla ricerca di pubblicità per lui, per questo ragazzo, e per aprire le porte di quel Mondo anche a me. Ma tanto, Babbo Natale, sai che io quel Mondo l’ho sempre evitato come la peste, pensa che io questo ragazzo non so nemmeno che faccia abbia! Ma che idee sono? Siamo nell’800, che si obbliga la figlia a frequentare una persona che nemmeno conosce? Penso che farò la carina e lo declasserò con gentilezza, anche se alla fine litigherò come una pazza con papà… Ma…Ci sono dei contratti già firmati… Ci sono tanti soldi che parlano al posto mio… Ti prego, ti chiedo solo che mi veda come uno sgorbio, che sia lui a non volermi!
Bunny’
“Eh?”, questa espressione mi esce spontanea, credo accompagnata dalla mia faccia più sorpresa e confusa che il mio viso abbia mai avuto, mentre Guendalina corre ad aprire la porta, ed io con la faccia ancora da ebete rimango a terra, imbambolato. Nemmeno ho sentito il campanello suonare!
“Signorino si alzi!”, mi dice la cameriera, spalancando la porta, salutando in modo elegante i nostri ospiti: Il nuovo finanziatore, del nostro disco e della nuova tournée all’estero, e la figlia, con cui dovrei farmi vedere in giro per un po’, per pubblicità e tornaconto per entrambi. Che tristezza questa storia, che cosa inutile e futile, accordi per volere superiore al mio. Tanto sono già stati prenotati servizi fotografici a bizzeffe, pubblicità per nomi famosi di stilisti, ed io non posso nulla…  Ancora in ginocchio guardo la schiena coperta da un copri-spalle elegante in pelliccia di ermellino, sopra un lungo abito nero a sirena, che scivola su un corpo longilineo e magro, uno chignon raccoglie copiosi capelli biondi… Mi manca da impazzire quella ragazza colorata ed impacciata che ho incontrato qualche ora prima, mi manca anche se non avrò mai occasione di ritrovarla, anzi, d’ora in avanti mi vedrà fotografato con questa sventola da urlo su tutte le copertine, sventola ma che di sicuro non avrà il suo splendido ed allegro sorriso, e quegli occhi azzurri da far fermare il fiato in gola.
“Ma che fai ancora a terra!”, mi urla mio fratello Yaten, venendomi incontro dalla cucina, ed io sghignazzo per averlo fatto irritare, ma questo mio ridacchiare soffocato attira l’attenzione dei due ospiti, che si voltano a guardarmi. Un secondo… E ritrovo quegli occhi azzurri, quel viso corrucciato ed a tratti sorridente… Mi guarda come se fossi sbucato da un pacco regalo, la vedo rimanere senza parole e di stucco, mi osserva il bigliettino che stringo tra le mani e…. E mi sorride, il sorriso più chiaro e dolce che potesse farmi, assieme alle sue guance che si colorano sotto uno strato di fondotinta che non le di addice per nulla.  Sei più bella al naturale, vestita da abiti buffi e ridicoli, questa eleganza la si vede che ti è stata imposta.
Capisco tutto in un istante, capiamo tutto all’istante, capisco che cosa significa la lettera, la frase al centro commerciale. Scuoto la testa, felice, soddisfatto, ti guardo sorridendo con lo stesso sorriso che ti avevo presentato qualche ora prima, sicuro di me, fregandomene di chi ci sta attorno, ti dico:
“E se invece tu fossi lo sgorbio più bello che io avessi mai visto?” 

  
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