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Autore: Sarasvathi    01/12/2011    1 recensioni
Basta una frase per cambiare il pensiero di una persona. Basta uno sguardo per capire le intenzioni altrui. Vita. Morte. Non hanno importanza. La principessa del pianoforte suona sempre. Le persone che incontra sono le mani e lo spartito. Ha i fili. Comanda. Ubbidisce. È la luce. È il buio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Appena sfiorava il pianoforte, trasmetteva brividi che percorrevano la schiena in tutta la sua lunghezza, distruggendoti ogni vertebra.
Era capace di materializzare ogni nota dello spartito fino a farti perdere la ragione.
Principessa del pianoforte. La chiamavano tutti così, anche i suoi amici.
Si era così data un nome nuovo: Hime, che in giapponese significa principessa.
Il suo vero nome nessuno lo sapeva, tant’è che anche in famiglia la chiamavano Hime; ma infondo un nome è solo un insieme di lettere che non ha significante comune, sembrerebbe qualcosa di unico e personale, invece è macchiato di peccato dal momento in cui ti viene affidato.
Cos’è il bene? Cos’è il male?
Hime non ricordava più quando il suo amore per il pianoforte era nato: i ricordi sono sempre qualcosa di poco affidabile, una cosa troppo soggettiva, capace di modificare la realtà stessa.
Il passato non è altro che uno specchio appannato. Si potrebbe benissimo sfiorare con le dita la superficie per rendere visibile la verità, ma l’uomo ha sempre paura di quello che potrebbe trovare. Infondo fa più comodo una menzogna che ci fa star meglio di una verità 'errata'.
 
Era il primo giorno di scuola: Hime avrebbe rivisto Luigi; era passato poco più di un mese dall’ultima volta che l’aveva visto. Quel giorno sarebbe rimasto uno dei ricordi più nitidi nella sua mente: chiaro, colorato, afoso ed estremamente imbarazzante. Eppure anche questo ricordo era pieno di buchi neri, come tutta la sua vita.
Si trovava in giro con alcune sue cugine nei pressi del centro del paese in cui abitava e una delle sue cugine venuta da lontano voleva tanto vedere la casa del ‘famoso Luigi’; essendo la sua casa poco distante dal centro della città, Hime aveva condotto le sue quattro cugine davanti a quella casa. Il sole era alto e il caldo insopportabile; inoltre il solo avvicinarsi alla casa di Luigi aveva scaturito in Hime una serie di emozioni confuse che nella sua mente non prendevano forma.
Odiava tutto ciò.
Linda, la maggiore delle sue cugine, senza pensarci due volte le aveva detto: “Suona il campanello.”
“No!”
“Coraggio, non ci vuole nulla a suonare un campanello, non dirmi che non ne hai mai suonato uno!”
“Ti prego Linda. No.”
Linda aveva quindi fatto un segno alle tre ragazze rimanenti e loro prontamente si erano nascoste dietro il muretto di una casa lì affianco.
Il cuore di Hime aveva cominciato a battere troppo forte e dentro al suo stomaco troppi bozzoli si erano schiusi contemporaneamente in farfalle .
Non andava bene.
Affatto.
Linda aveva ripreso: “Allora suoni o devo suonare io?”
Qui il ricordo di Hime è poco chiaro, un po’ opaco: non ricorda bene se abbia suonato lei il campanello o se l’abbia fatto Linda, fatto sta che le due ragazze si trovavano leggermente a lato della porta e dopo aver suonato il campanello sentirono la porta aprirsi.
In quel momento Hime aveva deciso di voler morire dalla troppa paura.
La porta, come si era aperta si era richiusa.
No, Luigi non era stato così scortese da chiudere loro la porta in faccia: semplicemente non aveva visto nessuno davanti alla porta e aveva pensato che fosse stato uno scherzo da parte di ragazzini stupidi.
Hime aveva tirato un sospiro di sollievo aggiungendo: “Bene. Ora andiamo.”
Linda l’aveva guardata con uno sguardo di rimprovero: “No. Siamo venute fin qui, sotto il sole cocente, suonato il campanello e ora tu ti tiri indietro?”
Non fosse mai. Hime aveva suonato anche con il mignolo ingessato a un concorso. Non si tirava mai indietro. Se voleva fare una cosa, semplicemente la faceva. Se qualcuno pronunciava le parole “tirarsi indietro” riferite a lei, un fuoco le avvampava dentro.
Dopo qualche secondo Hime e Linda si posizionarono davanti alla porta di casa di Luigi.
E questa volta Hime si ricordò che era stata Linda a suonare il campanello.
Quando la porta davanti a Hime si era aperta, il suo cuore aveva smesso di battere e il mondo era morto per un secondo, il tempo  aveva smesso di esistere, lo spazio erano lei e Luigi.
L’espressione di Luigi era enigmatica nel ricordo di Hime, i suoi lunghi capelli biondi e setosi smontavano ogni realtà, i suoi occhi verde-azzurri portavano sempre Hime in un Universo parallelo.
“Ciao” aveva sorriso Hime.
“Ciao”
La sua voce era stata per lei il paradiso.
“Come va?”
Il suo cuore stava battendo troppo forte e sentiva che la sua faccia era ormai rossa.
“Bene dai. Tu?”
“Bene. Passavo da queste parti e mi sono detta ‘Perché non vado a salutare Luigi? È da un po’ che non lo vedo’ ed eccomi qua. Spero di non disturbare”
Tremava, tremava tutta: anche il suo cervello vacillava.
“No, figurati.”
E qui il ricordo di Hime diventa confuso; si ricorda soltanto che a un certo punto era sceso un silenzio imbarazzante e che Linda l’aveva in qualche modo riempito, ritrovandosi a parlare in tre. Lui doveva andare in Spagna per un concerto. Motorhead? Judas Priest? Forse un’altra band.
 
Quando Hime entrò in classe non era ancora arrivato nessuno. Era sempre stato così: tutti i primi giorni di scuola Hime arrivava per prima; tutto il resto dell’anno arrivava tra gli ultimi, ma mai in ritardo.
Stava aspettando Luigi, Nina e Silvia.
Mentre aspettava si era messa a cantare a bassa voce e aveva scelto il banco che più le faceva comodo: non troppo infondo, ma nemmeno troppo avanti; un banco da tre per non far discutere le sue amiche su chi doveva sedersi vicino a Hime.
Se il vuoto potesse divorarmi...
Nina e Silvia entrarono in classe insieme, facendo a gara tra chi dovesse abbracciare Hime per prima. Poi avevano appoggiato i loro zaini nei propri banchi e avevano cominciato a chiacchierare con Hime.
Hime non aveva fatto molto caso alle loro parole, infondo se ne sarebbe dimenticata. Succedeva sempre così: dopo un giorno o qualche ora i discorsi che sentiva diventavano frasi disconnesse, fino a ridursi a parole e infine labbra che si muovono nella luce accecante del ricordo.
Vieni! Se non ti saluto ora suonerà la campanella e non avrò la possibilità di parlarti un pochino.
Ma i desideri non si avverano sempre.
Quelli di Hime quasi mai.
Luigi aveva fatto in tempo ad entrare col suono fastidioso della campanella.
Non l’aveva salutato.
Lui, non l’aveva salutata.
Lei l’aveva ignorato.
Succedeva sempre così: se lei non lo salutava, lui si limitava a fissarla.
Hime era senza speranza. Luigi non avrebbe mai provato nulla per lei. Ne era certa.
Hime non avrebbe mai provato nulla per lui. Luigi ne era certo.
  
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