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Autore: Elos    01/12/2011    12 recensioni
Nella primavera del 1997 Severus Piton non è riuscito ad impedire che si commettesse un terribile errore. Quattro anni più tardi, è giunto il momento di rimediare.
In un Mondo Magico dove Lord Voldemort è stato sconfitto, Harry Potter è il Ministro della Magia più giovane e potente che sia mai esistito e il Ministero festeggia l'epocale abolizione dello Statuto di Segretezza Internazionale, tutte le cose che sembrano non essere andate poi così bene sono sul punto di venire a galla.
C'è ancora una Profezia da compiere.
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VI libro alternativo
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"[...] Insomma, non dico che quell'incantesimo che hai usato contro Malfoy sia grandioso..."
"Nemmeno io" convenne subito Harry.
"Ma comunque è guarito, no? E' tornato in piedi in un baleno".
"Già" mormorò Harry. Era verissimo, ma la coscienza gli si contorse lo stesso. "Grazie a Piton..."

(J.K.ROWLING, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Salani Editore, Milano 2006, trad. a cura di Beatrice Masini, pg. 489)




Harry rimase come fulminato. Malfoy stava piangendo: le lacrime scorrevano sul volto pallido e dentro il lavandino sudicio. Malfoy singhiozzò e deglutì; poi, con un gran brivido, guardò lo specchio incrinato e vide Harry che lo fissava al di sopra della sua spalla.
Si voltò di scatto ed estrasse la bacchetta. D'istinto Harry fece lo stesso. La maledizione di Malfoy lo mancò di pochi centimetri, mandando in pezzi la lampada sulla parete accanto a lui; Harry si gettò di lato, pensò Levicorpus! e agitò la bacchetta, ma Malfoy bloccò la fattura e si preparò a scagliarne un'altra...
“No! No! Basta!” strillò Mirtilla Malcontenta. La sua voce echeggiò forte nella stanza foderata di piastrelle. “Basta! BASTA!”
Si udì una sonora esplosione e il bidone dietro Harry scoppiò; Harry tentò un Incantesimo delle Pastoie che rimbalzò sulla parete dietro l'orecchio di Malfoy e fracassò la cassetta sotto Mirtilla Malcontenta, che strillò ancora più forte; l'acqua si riversò dappertutto e Harry scivolò in terra, mentre Malfoy, il volto deformato dalla rabbia, urlava: “Cruci...”
SECTUMSEMPRA!” gridò Harry dal pavimento, agitando furiosamente la bacchetta.
Il sangue schizzò dal volto e dal petto di Malfoy come se fosse stato colpito da una spada invisibile. Barcollò all'indietro, lasciò cadere la bacchetta dalla mano afflosciata e piombò sul pavimento allagato sollevando un enorme spruzzo.
“No...” ansimò Harry, senza fiato.
Scivolando e barcollando, si rialzò e si lanciò verso Malfoy, che aveva il viso lucido e rosso; le sue mani bianche raspavano il petto zuppo di sangue.
“No... io non...”
Harry non sapeva cosa stava dicendo; cadde in ginocchio accanto a Malfoy, che tremava in maniera incontrollabile, in una pozza di sangue.
Mirtilla Malcontenta levò un urlo assordante: “ASSASSINIO! ASSASSINIO NEL BAGNO! ASSASSINIO!”*
La ferita sul petto di Malfoy era larga e profonda: Harry vi premette le mani sopra e le sentì affondare nello squarcio. Il respiro del ragazzo si fece più rapido e spezzato, mescolato ad un lamento soffocato; sembrava emergere fuori stranamente liquido, e i versi che Malfoy faceva erano quelli di un annegato. Harry vide con orrore una schiuma rosata affiorargli sulle labbra e cominciare a colargli sul mento.
“Aiuto... no...” gemette confusamente.
Mirtilla Malcontenta piangeva rumorosamente, appollaiata sullo scarico. Harry si girò e guardò la porta del bagno, disperatamente sperando e pregando che qualcuno arrivasse, che chiunque arrivasse, Hermione o Ron o Silente, chiunque, perché il respiro di Malfoy si stava facendo sempre più debole e lui non sapeva cosa fare.
“Malfoy!” chiamò. Gli sembrava che la sua stessa voce emergesse da un posto lontanissimo. Suonava affannata, debole e tremante. “Malfoy, ti prego... ti prego...”
Malfoy si mise a tremare. Fu un lungo tremito, che lo scosse tutto dalla testa fino alle ginocchia, mentre lui tirava un gran respiro che gli fece risucchiare un po' di quella schiuma insanguinata in bocca. Il fiotto di sangue che uscì dalla ferita arrivò a schizzare Harry fino ai gomiti, e subito dopo Malfoy smise di respirare del tutto.
“Malfoy?” annaspò Harry. Il corpo sotto di lui era orribilmente fermo, adesso. Attraverso le palpebre socchiuse gli occhi avevano quella strana qualità, vitrea, annebbiata, che Harry aveva già visto sul volto di Cedric la notte della Terza Prova, nel cimitero... “No!” boccheggiò Harry, inorridito. “No! No... No, Malfoy, ti prego... Io non...”

“NO!”

***



La neve ai confini della Foresta Proibita era uno strato compatto e scintillante: nell'alba prendeva una sfumatura azzurra che non aveva in nessun altro momento della giornata, una tinta celestiale che si rifletteva nelle aguzze stalattiti ghiacciate sospese ai rami bassi degli alberi. Un cespuglio di bucaneve con i quali qualcuno aveva magicamente pasticciato diversi anni prima si ritrasse all'avvicinarsi della strega, i fiori pallidi che si richiudevano guizzando al riparo tra i rami secchi. Una civetta grigia intenta ad una caccia tardiva le passò accanto all'altezza dei fianchi, tanto vicina da colpirle il braccio con un'ala tesa. Un paio di Horklump si tirarono indietro per non essere schiacciati: la punta della spada che la strega teneva in mano scivolò tra la neve, incontrò stridendo un sasso e li mancò per un soffio.
Qualcosa fece pop! in lontananza, un suono sordo come quello di una bottiglia stappata: ma la strega non si girò a guardare e non rallentò. Scavalcò un tronco caduto e fece per addentrarsi nella Foresta Proibita.
La voce di qualcuno, alle sue spalle, infranse il silenzio gelato tra gli alberi:
“Fermati!”
La strega si fermò lentamente e si volse. Le sue vesti variopinte ruotarono come la gonna d'una ballerina, chiazze di giallo e di marrone e di rosa a spazzare la neve bianca; gli orli erano sporchi del fango e della terra in mezzo ai quali li aveva trascinati, lacerati dove i cespugli si erano portati via brandelli di stoffa. I suoi occhi pallidissimi vagarono per un attimo nel mezzo del bosco fino a fissarsi sul ragazzo che aveva davanti.
“Harry.” chiamò la strega, dolcemente. Come quegli occhi pallidi, anche la voce era trasognata, assorta.
Il ragazzo serrò i pugni, le braccia tese al fianco. Alzò la mano sinistra – quella che non reggeva la bacchetta – e la puntò contro di lei, l'espressione ferita, dolorante.
“Perché l'hai fatto?”
La strega non rispose. “Mi fidavo di te!” insisté il ragazzo, ora furioso. “Perché l'hai fatto? Perché lo stai facendo? Io mi fidavo di te!”
Altri si stavano avvicinando: altri che, a differenza del ragazzo, Harry Potter, Distruttore di Voldemort, non erano in grado di Smaterializzarsi all'interno dei confini di Hogwarts, altri che avevano dovuto correre per raggiungere la strega in fuga. La strega li osservò avvicinarsi e gli occhi chiari e assenti si fermarono per un attimo su una testa di capelli rossi, prima di tornare su Harry. Il ragazzo sembrò esalare un respiro profondissimo, la mascella serrata per la frustrazione; poi allungò una mano verso di lei e le ordinò stancamente:
“Vieni.”
La strega inclinò il capo da una parte. L'espressione del ragazzo si fece più rigida, più rabbiosa, per un attimo: ma subito dopo s'addolcì.
“Vieni.” le disse, ancora, piano, pianissimo: nessuno dei maghi e delle streghe che si stavano avvicinando potevano sentirlo. “Non voglio farti del male. Non importa quello che hai fatto. Non mi importa se hai cercato di tradirmi. Non ti farò del male.”
La strega rimase in silenzio ancora per un istante. Sollevò lentamente la spada che aveva in mano, l'elsa rivolta verso l'alto, e la protese innanzi a sé come la stesse offrendo al ragazzo: il volto di Harry si rilassò, la fronte si distese. Gli occhi sembrarono un po' meno cupi, nella penombra buia della Foresta, un po' più verdi.
La spada di Grifondoro venne calata senza preavviso verso il basso con forza e, prima che il ragazzo potesse fare nulla, prima che potesse fermarla, la punta era affondata nella neve e nel ghiaccio che rivestivano il terreno e li aveva spaccati e attraversati. La strega si piegò sull'elsa, serrandola con entrambe le mani, tenendo la propria bacchetta incastrata tra la pelle e l'elsa. Il terreno ai suoi piedi parve sfrigolare per un attimo, rivestendosi di una nebbiolina di scintille bianchissime che guizzarono lungo l'orlo della gonna della strega: le scintille si raccolsero, addensandosi, disegnando rune e cerchi sul terreno, prima un triangolo pallido, poi una linea retta, ancora rune, un cerchio abbacinante si aprì sotto i piedi di lei come la bocca di un pozzo bianco.
Gli occhi di Harry si sgranarono a quella vista. Balzò in avanti per cercare di afferrarla, la strega o la lama, una delle due, per fermarle: ma il suolo tremò sotto di loro e lo fece barcollare, mentre una grande vampata di luce evanescente, sfavillante come il cristallo, si alzava tra la terra e il cielo. Inghiottì la strega e scintillò per un attimo tanto intensamente da costringere Harry ad arretrare e a coprirsi gli occhi. Quando poté riaprirli, quando la Foresta fu tornata buia e quieta, la vampa si era dissolta: al suo posto una stalagmite di ghiaccio si alzava tra gli alberi radi, rilucendo ogni volta che un raggio di sole riusciva ad infiltrarsi tra le fronde più basse.
Nel mezzo del blocco di ghiaccio Luna Lovegood, ventidue anni, se ne stava incastonata, piegata sulla spada di Grifondoro: l'elsa d'argento scuro spiccava contro le sue mani pallide, i rubini come gocce di sangue scuro. Aveva gli occhi chiusi.
Harry sbatté le palpebre.
“Luna?” bisbigliò incredulo.
Mosse un passo in avanti, esitando, poi un altro. Toccò il ghiaccio e sembrò che il contatto l'avesse ustionato, perché ritrasse le dita bruscamente e si portò la mano al petto.
“Luna...” chiamò ancora. Suonava incerto, esterrefatto, e c'era un fondo di dolore nella voce che la rendeva piccola e giovane, più giovane del dovuto, come quella di un bambino.
Ron Weasley gli si fermò accanto, ansimando per la lunga corsa, e fissò con eguale incredulità il blocco di ghiaccio.
“Oh, buon Merlino.” esalò. La voce gli uscì fuori rauca, colma di pietà: allungò una mano e cercò di posarla sulla spalla dell'amico. “Harry...”
Harry non dette segno d'averlo sentito. Alzò un pugno e colpì il blocco di ghiaccio con forza, come dimentico della bacchetta che teneva in mano: quando il colpo non parve sortire alcun effetto sollevò anche l'altro pugno e li abbatté entrambi, stavolta, violentemente, poi ancora, ancora, ancora. Ad ogni colpo il ghiaccio tremava e vibrava, ma la figura al suo interno non si muoveva, non apriva gli occhi. Harry mugolò, un suono che dopo un attimo divenne un grido rauco e strozzato, angosciato. Il sangue che gli colava dalle mani graffiate disegnò lunghe striature rosse sul blocco.
Ma Luna, dall'altra parte del ghiaccio, non sembrò accorgersene.





Note del capitolo:
(*) J.K.ROWLING, op.cit., pp. 474-475.
E' breve, lo so, e non è neanche tutto mio: ma giuro che si chiama Prologo per una ragione e che i capitoli che seguiranno sono ben più corposi.

Note della storia: Partiamo dai ringraziamenti. Si ringrazia dierrevi, che si sta - con autentico spirito di sacrificio - occupando di rileggere e rivedere un capitolo alla volta di questa storia. Si ringrazia poi infinitamente la Signora Autrice (Voi-Sapete-Chi), alla quale (più o meno) tutti i personaggi e le ambientazioni qui presenti appartengono.

Questa storia nasce da un caotico ammasso di idee che si sono rimescolate insieme più volte sino a dar forma a quella che avrebbe potuto essere una trama. Forse.
Ci lavoro sopra da mesi: chi dovesse aver letto La miglior parte della nostra vita o Prima di King's Cross sa che sono stata talmente assorbita dalla stesura di La strada sbagliata da decidere di pubblicare lì, in fondo all'ultimo capitolo, due piccole anteprime.
La storia è attualmente completa sino al Capitolo 8 (9, in effetti, contando questo prologo) su n capitoli, con n numero variabile compreso tra 10 e infinito. Per una volta ho infatti deciso di compiere l'esperimento di cominciare a pubblicare una storia che non ho ancora finito di scrivere: la trama è lì, bella che pronta, il finale c'è già, i nodi principali anche... ma i singoli capitoli sono ancora tutto un work in progress. Ciò significa che andando avanti potrei decidere di modificare qualcosa nei pezzi ancora da scrivere, o aggiungere qualche capitolo a quelli già in programma se dovessi vedere che ci sono delle spiegazioni che mancano, o - anche - ritrovarmi a dover interrompere la pubblicazione a metà. Guh, spero proprio di no. Non ho mai bloccato a metà una storia e spero proprio di non cominciare con questa.

Un grazie a chiunque dovesse fermarsi a leggere e doppio con panna a chi mi lascerà un'opinione. Per i pomodori c'è sempre la cassetta alla vostra sinistra.
  
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