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Autore: Jenni Skeletron    04/12/2011    0 recensioni
Una ragazza che senza rendersene conto si è intrappolata in ciò che una volta era un sogno, fino al quel fatidico incontro. Un ragazzo biondo dallo sguardo triste, uno sconosciuto in grado di farla sentire nuovamente viva ed amata. Il tutto comincia con la notte di San Lorenzo...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Cloud Strife, Kadaj, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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10 Agosto

Virginia, una normalissima ragazza di circa vent’ anni, semplice senza troppe aspettative; ecco come mi descriverei, o  almeno credo sia una descrizione adatta a me.                                                                                                    
Ho sempre amato cantare, fin da quando ero piccola, non avrei mai pensato che sarei arrivata fino a questo punto, che in un paesino come il mio si potesse arrivare a certi livelli, ma ora sono qui.                                                                         
I miei genitori si considerano orgogliosi del mio successo e ne sono felice, una vera pop star, così mi definiscono.                                          Sono mesi che mia madre prepara l’ evento di questa sera: ospiti, abiti, catering, era a dir poco irritabile, ma ora sembra rilassata. Persino mia sorella è tornata.                                                                                                                                 

Una festa, ecco cos’ ha organizzato. Tutti i personaggi di grande prestigio sono venuti: il sindaco, investitori, non so se sarò all’ altezza.                                                                                                                                                                                        
La villa è ancora più grande, non sembra neanche la mia casa.
Ho appena finito di preparami, sembro uscita da una favola. I miei lunghi capelli castani sono raccolti in una crocchia che lascia qualche ciuffo cadere sul viso.  Un lungo vestito da sera color argento, come il brillare delle stelle cadenti e un paio di tacchi non troppo alti, il tanto che basta per non trascinare il fondo dell’ abito.
Mi guardo un’ ultima volta allo specchio, riguardo i miei occhi, normalissimi occhi marroni, mi faccio coraggio e vado.                                                                                                      

Ad aspettarmi vi è Alan, il mio ragazzo. Mi chiedo cosa provo per lui, se sia veramente la scelta giusta, ma non è il momento adatto per questi dubbi.                                                                                                                                                    
Arrivano anche Miriam e Martina, le mie due migliori amiche. Miriam porta un vestito verde scuro, quasi come il pino, il che fa risaltare ancora di più i suoi occhi color miele ed i capelli scuri come il mogano. Martina invece ha un vestito blu scuro, come un cielo senza luna e stelle, privo di ogni luce che la fa risplendere nella sala. Grazie a loro riesco a liberarmi dalla pressante presenza di Alan.                                                                                                                                              

Giro per le sale e tutti mi fanno dei complimenti, purtroppo mi rendo presto conto che qualcuno non si trova lì per me e il mio successo: qualcuno come mio padre.                                                                                                                              
 Insieme a lui vi sono mia sorella maggiore e personaggi del calibro del padre di Alan; grandi azionisti ed imprenditori, ma non ci vuole molte a capire che non stanno parlando di me. Stanno parlando di Karin; di come sia diventata una fantastico architetto, dei suoi studi della sua carriera … sono lì per lei. Per l’ ennesima volta nella mia vita è come se non esistessi, ma ormai ci sono abituata. Vorrei piangere e gridare, tanto non se ne accorgerebbe nessuno, ma come al solito non posso far altro, se non essere cortese e sorridere, ho sempre fatto così.                                           

Fortunatamente le mie amiche conoscono la situazione e per risollevarmi il morale mi esortano a cantare, solo così posso dimostrare il mio valore e solo così posso liberarmi da quei pensieri che mi affliggono, non mi sento completa, in pace, fino a che non prendo il microfono.                                                                                                                                                    
Esistiamo solo io e la musica, nient’ altro. Posso cantare solo qualche pezzo, ma ciò mi basta per provare un po’ di libertà…                                                                                                                                                                                                                                 
Comincio a parlare con Martina, mentre Miriam è scomparsa nella sala. A quanto pare Marti, come la chiamiamo noi, ha conosciuto un ragazzo: Kadaj.                                                                                                                                   
Ha lunghi capelli argentei che gli cadono sulle spalle. Alto ed  esile, anche se la sua fisionomia lo fa sembrare agile, forte e scattante, ma ciò che mi colpisce maggiormente è il colore dei suoi occhi; di un verde da far invidia anche al più brillante degli smeraldi . Martina sembra innamorata.                                                                                                                                                

Purtroppo Alan mi strappa da quella conversazione con una straordinaria violenza, non ne aveva il diritto. Cerco inutilmente di liberarmi dalla sua presa poichè più mi dimeno maggiore è la sua rabbia e con essa la forza che esercita sul mio polso, fino a farmi male.
Per lui non sono altro che un giocattolo,una marionetta, come se fossi di sua esclusiva proprietà. Grazie al cielo intervengono alcune ragazze e finalmente torno libera. È finita, sono queste le parole che mi ronzano nella testa, ma non hanno un suono amaro, bensì dolce, come i raggi del sole che la mattina ti scaldano il viso svegliandoti.

Sento una libertà assoluta e la devo a quell’ episodio, a quelle tre ragazze che mi hanno aiutata, ma sono consapevole della sua durata effimera, della sua imminente fine.                                                                                     
In quel momento vedo mio padre, è infuriato. Ho paura, ma le sensazioni che provo mi danno il coraggio di affrontarlo. Mi urla contro, critica il mio comportamento con Alan, ma alla fine il motivo per cui stavo con una persona del genere era renderlo orgoglioso. Le sue sono tutt’ altro che parole di comprensione, bensì di rimprovero. Mi sento male, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente e a poco valgono le parole di coloro che hanno assistito alla scena.                                                                                   
Ho paura, ma non posso continuare così e dopo tante sofferenze dalle mie labbra esplodono incontrollate tutte le mie sensazioni, sono sfinita, ma sento che ne vale la pena.                                                                                                                

Esco correndo, con le lacrime agli occhi e la il mio passo si fa sempre più veloce. Non ho una meta ben precisa, non voglio essere né vista né tantomeno fermata, tutto ciò che voglio è scappare, sparire e andare lontano da una vita di sofferenze. Improvvisamente il filo dei miei pensieri viene interrotto, come la mia corsa.

Sono inciampata, ma non ho toccato terra perché a fermare la mia caduta è un ragazzo. Credo abbia più o meno la mia stessa età, anche se sembra più maturo. È vestito di nero ed i suoi lineamenti sono delicati, ma allo stesso tempo decisi. Noto che porta un orecchino a forma di lupo e la fibbia che porta sul petto ha la stessa identica forma. I suoi capelli sono color del grano maturo, ma ciò che mi colpisce di più sono i suoi occhi color del cielo, di un blu oltremare, eppure sono afflitti da una profonda tristezza, tipica di chi ha sofferto tanto.                                                                                                                                                          
La sua presa è forte e decisa, ma allo stesso tempo delicata, come dimostra il fatto che è stato svelto quel tanto che basta per mettermi il braccio attorno alla vita.

Mi chiede se va tutto bene, ma dalle mie labbra non esce nemmeno una parola, sono ancora sconvolta. Rimango in silenzio, incapace di rispondere e quando mi solleva delicatamente il mento non riesco a fare a meno di scoppiare a piangere e di buttarmi tra le sue braccia, mi sento al sicuro. Sono sorpresa, ma infondo speravo che non mi cacciasse, che mi stringesse a se.
-Andrà tutto bene.
La sua voce è profonda, rassicurante, tanto da riuscire a farmi smettere di piangere, ma non me la sento ancora di parlare. Mi cinge dolcemente le spalle e, senza lasciarmi, mi porta in un bar. Ordina da bere e ci accomodiamo in un tavolo in disparte.                                                                                                                                                                                    

Comincia a presentarsi. Mi dice di chiamarsi Cloud e  di avere ventitre anni. Finalmente mi tranquillizzo e, come prima cosa, lo ringrazio e mi scuso per il mio comportamento.                                                                                                                               
Il suo viso accenna a un sorriso e mi esorta a rilassarmi. Mi presento, ma non sembra sorpreso nel sentire il mio nome. Nonostante lo conosca da poco sento di potermi fidare.                                                                                                                                    

Parliamo del più e del meno, fino a che non comincia a dirmi che una ragazza come me non dovrebbe mai piangere e a chiedermi cosa sia avvenuto, cosa mi avesse fatto soffrire in quel modo. Anche se amaramente gli racconto tutto e la sua espressione si incupisce e non appena finisco di parlare le sue mani prendono le mie e le sue dita cominciano a scorrere sul mio polso. Si alza dal tavolo, chiede qualcosa al proprietario del bar ed esce dal locale. Non so cosa fare, una parte di me farebbe marcia indietro, infondo se ne è andato, perché dovrebbe tornare?
Mentre sono tormentata da questi pensieri torna a sedersi al tavolo. Ha con se un rotolo di garza e comincia a fasciarmi delicatamente il polso, mentre continua a scusarsi per avermi lasciata sola.
 -Mi è sembrato che ne avessi bisogno.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
Il mio cellulare comincia a suonare e le mie mani corrono ad esso, scappando alla dolce presa di Cloud. È Martina. Dalla voce capisco che è molto preoccupata, perciò decidiamo di incontrarci alla nostra spiaggia preferita. Devo chiedere un passaggio al ragazzo che ho di fronte, ma vengo battuta sul tempo.
Aveva sentito la mia conversazione al telefono e prima che possa aprire bocca si offre spontaneamente di accompagnarmi; non posso che ringraziarlo ed accettare.


Usciamo dal locale e ci dirigiamo verso quella che credo sia la sua moto, mi fido di lui e accetto senza esitazione il casco che mi porge. Prima di partire lo vado prendere un giubbotto, sebbene sia piena estate il mio vestito è troppo leggero, perciò me lo fa indossare e mi raccomanda di tenermi forte.                                                                                         

Arriviamo al luogo dell’ appuntamento e dopo poco arriva anche Martina che, appena mi vede, mi corre incontro abbracciandomi sollevata. Lei si è fatta accompagnare da Kadaj e rimango sorpresa quando lui e Cloud si salutano.                      
 A quanto pare sono amici e condividono lo stesso appartamento, solo che il mio accompagnatore è di tre anni più grande.                                                                                                                                                                                            
Ci sediamo tutti e quattro sulla spiaggia e parliamo per più di un ora, fino a che la mia amica non è costretta ad andarsene e la vedo partire con quel ragazzo che sembra riempirla di premure ed attenzioni.                                   

Noi altri rimaniamo ancora a conversare, fino a che non veniamo interrotti da Alan, che ci ha seguite fino ad allora.
 È ancora più infuriato e mi afferra per il polso fasciato, trascinandomi come se fossi di sua proprietà: comincia a insultarmi, per lui non sono niente.
- Sei solo una puttana.
Sta per colpirmi, chiudo gli occhi, ma il colpo non arriva perché il mio accompagnatore lo ferma e mi strappa dalle sue grinfie.                                                                                                                                                                                                          

Non vuole accettare che sia finita e si avventa sul mio salvatore insultando e minacciando entrambi. Non voglio guardare, conosco troppo bene la sua furia. Sento un tonfo, ma a cadere è Alan che corre via scappando, è sempre stato un codardo.                         
Il primo pensiero di Cloud è rivolto a me: sento le bende cadere mentre fa girare lentamente fra le sue dita il polso, la dolcezza della sua presa e la pelle dei suoi guanti a contatto con la mia, fa una nuova fasciatura e mi raccomanda di tenerlo a riposo.                                                                                                                                                                      

Rimaniamo a guardare le stelle cadenti, dopo tutto è la notte di San Lorenzo e ormai sento lontano il ricordo dell’ ultima volta che mi sedetti sulla spiaggia a guardare il cielo nella speranza di poter esprimere un desiderio. Sono sfinita e presto mi addormento. Sento le sue braccia cingermi nell’ atto di prendermi in collo, come farebbero quelle di un principe azzurro attorno il corpo dell’ amata; c’è il motore della moto, ma soprattutto la sua mano sinistra che tiene le mie in una forte presa per impedire che io possa cadere.                                                                                   

Mi ha riaccompagnata a casa dove ad aprirgli è la governante che lo conduce nella mia stanza. Mi posa sul letto e dopo avermi rimboccato le coperte mi sussurra all’ orecchio parole che paiono preannunciare un suo ritorno per il giorno seguente.                                                    
Continuo a dormire, ma sento chiaramente la voce di mio padre aggredirlo, la voce di Cloud rispondergli con calma glaciale
 -Ho appena conosciuto sua figlia, ma a quanto pare forse io la conosco meglio di lei.                                               
Dopo questo cado in un sonno profondo, senza sogni.                                                                                                                       
 

Angoletto autore:
Ecco pubblicato il primo capitolo. E' la mia prima fanfiction , spero solo che vi piaccia.
Un bacione 
Jenni
                                                                                                                       
   
 
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