Corri, Peeta, corri. Questo mi ripetevo da
più di cinque minuti, ma davanti a me non vedevo via
d’uscita, ancor meno alle mie spalle.
La palla di fuoco si avvicinava pericolosamente e l’unica
cosa a cui riuscivo a
pensare era che presto sarei diventato un succulento involtino arrostito davanti agli
occhi
dei miei genitori e dei telespettatori, che molto probabilmente si
stavano
divertendo ad osservare la scena attraverso lo schermo di una tv.
Avrebbero
goduto davvero poco se fossero stati al mio posto, ma questo pensiero
non
bastava a consolarmi. Le gambe mi facevano male, le mani tremavano
dalla paura
e un calore tremendo aveva penetrato le mie ossa.
Non ero neanche sicuro se ero
già in
fiamme o se fosse solo una mera sensazione.
«Peeta!
Aiutami!».
Quella voce… era di
Katniss.
Ebbi l’irresistibile
voglia di guardare
alle mie spalle. La voce proveniva da lì. Ma pensai
immediatamente che fosse una trappola, che Katniss non si trovava a nord
dell’arena, ma a Sud come avevo
immaginato sin dall’inizio dei giochi. Avevo visto le sue
lunghe gambe scattare
in quella direzione, era impossibile che si trovasse a pochi metri da
me.
Il suo percorso si stava svolgendo
da
tutt’altra parte.
E se… e se fosse stata lei? E se quello
non era uno dei tanti inganni che Capitol City mi stava facendo, ma la
realtà?
«Peeta, ti prego, non mi
abbandonare. Ti prego!» singhiozzò disperata la
voce.
Voltarmi o continuare a correre?
Fu questione di un attimo arrivare
a una
decisione.
Ed io scioccamente pensai di fare
la cosa
migliore, voltandomi e cercando di scansare quel calore immenso che mi
avrebbe certamente bruciato
vivo.
L’unica cosa che riuscii
a fare prima che
le fiamme mi avvolgessero, fu udire per l’ultima volta il suo richiamo.
«Ti amo, Peeta».
Ancora illusione o realtà? Questo non lo avrei mai scoperto, ma quelle semplici parole furono abbastanza per farmi sopportare gli ultimi istanti della mia vita dignitosamente.
Piccolo Sclero, senza senso. Eh eh eh...
Un bacio :)