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Autore: _CodA_    08/12/2011    7 recensioni
E per rendere omaggio allo spirito natalizio, pubblico una long-fic BRITTANA in tema (il fatto di averla iniziata il 6 giugno sono dettagli...)
Vedrete che ci sarà quasi sempre uno schema fisso di intro + personaggio in prima persona. Spero vi piaccia! :)
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Brittany aprì gli occhi.

Era proprio una bella giornata; l'inverno nei suoi primi giorni della stagione, la neve in procinto di cadere, eppure un sole smagliante ad illuminare la giornata:
la vigilia di Natale.

Il Natale per Brittany era una giornata sacra, ma in senso rituale; da passare principalmente in famiglia, ma anche con gli amici, per festeggiare insieme. Non ne aveva mai capito il sacro significato, ma sapeva che ogni anno, precisamente in quel giorno, la famiglia si riuniva, tutta, anche i parenti che abitavano ad ore ed ore di auto, solo per poter cenare insieme, scambiarsi regali e divertirsi, senza poi pretendere molto. La scuola chiudeva, la mente era libera di vagare senza essere richiamata da professori, compagni, genitori.. e poteva godersi queste vacanze, pacificamente, con l'ingenuità e la gioia di un bambino, nonostante questo fosse ormai il suo diciassettesimo Natale.
Sembrava gioirne più lei che i suoi piccoli cuginetti i quali, stanchi e amareggiati, dovevano resistere fino a notte per poter scartare i regali, nel migliore dei casi. Se proprio gli andava male si cenava soltanto e poi tutti a casa, e dei regali se ne parlava la mattina dopo, ognuno a casa propria.

Ma a Brittany non importava l'attesa. Non più oramai.
Per molti anni aveva odiato quelle ore interminabili tra la pseudo cena, che quasi nessun bambino toccava, e lo scarto dei regali; questo fin quando Santana, la sua migliore amica, non le aveva mostrato come poter passare festosamente il tempo, senza annoiarsi.

Regolarmente, da tre anni a questa parte, Santana bussava alla porta di casa Pierce alle dieci in punto, non un minuto in più, non un minuto in meno.
Alle dieci il campanello suonava e non c'era niente e nessuno che potesse bloccare Brittany dall'imboccare le scale precipitosamente per aprire la porta, come se fosse ogni volta una magica sorpresa.
Urlava, spalancava gli occhi, si buttava tra le sue braccia e accoglieva Santana come una di famiglia, regalando anche a lei un po' di gioia genuina e necessaria, per sopravvivere al fastidioso Natale che la bruna era costretta a subire.

Si, perché mentre la dolce Brittany coglieva tutto con un sorriso, lasciava che le imperfezioni arricchissero la sua vita e straordinariamente tutto andava per il meglio, Santana, che era restia a fiducia, amore e sentimenti di questo tipo, si ritrovava perennemente sola alla vigilia di Natale; e anche il mattino dopo, abbandonata alla casa desolata e buia. I genitori, in due parti differenti del paese per corrispettivi affari e lei, lei seduta sul divano, a guardare l'albero di Natale illuminarsi a intermittenza, quasi per farsi beffa di lei.


 

Quando, per la prima volta, Brittany l'aveva convinta ad andare a casa sua, nonostante i dubbi iniziali, si era dovuta ricredere sul Natale; poteva essere anche una giornata positiva tutto sommato, anche senza la propria famiglia ma con una acquisita.
Ancora meglio se passata con Brittany, di cui oramai non poteva più fare a meno.


Brittany's POV

Erano tutti in cerchio, seduti sul tappeto; i bambini al centro, incapaci di star fermi anche solo un secondo e Santana in disparte che sorrideva tentando di non essere vista da nessuno. Ma io la vedevo, io la vedevo sempre, ogni volta.

Non potevo non notarla dietro la poltrona, con le gambe incrociate, il mento sul palmo della sua mano e un sorriso nascosto, un occhiata fugace a quelle pestifere creaturine che non facevano altre che urlare, correre, distruggere e divertire, tutti, anche un cuore difficile come il suo.
Non era insensibile e questo lo sapevo. Aveva solo paura, era solo tremendamente spaventata di chiunque le fosse attorno, di chi cercava un minimo contatto con il suo mondo. Perché lei era fatta così: era un'aquila, spaventata dei più piccoli movimenti, spaventata di essere preda oltre che predatore.

Non capiva che in ambienti amici poteva stare tranquilla; poteva sciogliere quei nervi tesi, rilassare il suo segreto sorriso e amare.

Quanto adoravo il fatto che fosse lì, con me, con la mia famiglia, come se ne avessimo costruita una nuova insieme, come se fossimo state io e lei un'altra famiglia!

Amavo il suo sguardo duro e il suo sguardo dolce, il suo portamento fiero ed esserne io l'unica debolezza; amavo il suo corpo esposto, coperto dal mio, segretamente, nelle nostre stanze.

Io, incaricata di distribuire i regali leggendo sotto l'albero i nomi dei riceventi, sentivo i suoi occhi su di me.
Quando mi vedeva così presa, così parte della famiglia anche nelle più insignificanti sciocchezze mi invidiava e mi amava allo stesso tempo; non l'avrebbe mai ammesso, né l'una né l'altra cosa, ma io lo sapevo e mi stava bene.
Perché la sentivo osservarmi, mentre chiamavo ad alta voce i miei familiari, giocando con loro; la sentivo sorridere quando arrossivo per un regalo per me, qualunque esso fosse; e la sentivo ammaliarmi, come la più antica sirena, quando gli altri scartavano i propri regali e io potevo tornare a guardarla, fissare i suoi occhi e adorare i suoi capelli sciolti da lontano, mentre lei faceva lo stesso con me.

Avvertivo il suo richiamo e inesorabilmente mi voltavo a guardarla.

Eccola. Piccola, nascosta, fragile e forte, meravigliosa.

Le sorridevo, lei mi guardava e io ero travolta da una marea di voci e manine che volevano altri regali.

E lei allora rideva, vedendo quanto buffa apparivo catapultata a terra da qualche bimbo di quattro anni.

Non mi salvava, non correva da me, preferiva godere del mio divertimento, godere la mia felicità, seppure in quel momento non ne faceva parte, almeno apparentemente.

Poi arrivava la fine dei regali e i bimbi improvvisamente sentivano il sonno e la stanchezza tutta su di loro, per la gioia dei genitori che li avrebbero dovuti portare in auto di peso!
Io aiutavo per quanto mi era possibile.

Incappottavo i piccoli: -cappotto, sciarpa, cappello, guantini- un promemoria che ripetevo da anni, tutto il necessario perché non si ammalassero uscendo di notte all'aria aperta.
La porta si apriva ed iniziava ad uscire l'intera famiglia, tristemente.
Ed io facevo un paio di viaggi per portare in auto quelli che erano già crollati e non avevano resistito poi molto.
Attraversavo il cortile, sentendo il freddo toccare i miei abiti e lentamente anche la mia pelle, la luna toccare la neve e illuminarla, facendola risplendere di una luce nascosta.

Tornavo faticosamente al portico e appena davanti alla porta c'era lei ad aspettarmi, schiena poggiata alla parete e braccia incrociate sul petto.

Sapeva che era il momento più triste di tutta la giornata, il momento dei -ciao-, del lasciarsi andare e rimanere soli.

"Sei brava con loro.."
-con loro- intendeva i bambini, le piccole pesti di cui mi ero presa cura l'intera serata.

"Faccio il possibile.." risposi sorridendo, guardando come il suo viso, leggermente illuminato dalla luna, fosse tremendamente affascinante.

Le curve strette nei jeans grigi e la maglia nera che la nascondeva.

Mi sorrise di rimando. Io la raggiunsi, mi misi al suo fianco e guardai la luna come lei stava facendo.

"Sono stata bene.." sussurrò, quasi per non farsi sentire, sperando che io non lo sentissi, sperando che io non capissi quanto fosse vera la sua frase, quanta insicurezza e dolore nascondesse.

"Perché sei venuta dopo cena! Fortunatamente non hai assaggiato il pasticcio che aveva fatto zia Ruth! Era davvero un pasticcio!" esclamai, alleggerendo la sua frase, facendola sorridere per dimenticarsi della paura che aveva avuto poco prima.

La guardai incapace di trattenere la risata, muovendo il suo corpo così vicino al mio.

Sciolse un braccio da quell'incrocio e lo lasciò cadere lungo il suo corpo, un chiaro invito. E la mia mano, di fronte alla sua, la toccò, solleticai le mie dita nel suo palmo e lei sorridendo stuzzicò a sua volta le mie dita, silenziosamente, giocando con me, sfuggendo e tornando ancora, nell'intreccio delle nostre dita.
Abbassò lo sguardo per guardare le nostre mani ora intrecciate. Sorrise e poi tornò seria.

"Forse adesso è meglio che vada.."

E io mi sentì cogliere dalla tristezza e dall'angoscia. Non volevo lasciarla andare, non sarebbe andata via anche lei, lasciandomi sola, la notte di Natale.

Non volevo che si portasse via la mia gioia, la mia serenità.

"Puoi restare, se ti va.." la supplicai. Alzò il capo e guardò i miei occhi.

Sembrava pensarci, valutando la proposta, stringendo la mia mano, stringendo i miei occhi coi suoi.

Ruotò su se stessa e rientrò in casa, allacciata a me, trascinandomi in camera mia senza dire una parola.

Mi aiutò a stendermi sul letto e si accoccolò su di me. Alzai la coperta di lana sui nostri corpi e lei ascoltò il battito nel mio petto, senza chiudere gli occhi.

"Grazie per stasera.."

"Non ho fatto nulla" risposi all'istante.

"Ti sei presa cura di me, è tanto.."

"Quando vuoi.."

"Lo so.."

Quella notte di Natale, la prima insieme, senza pensarci, aprendo la mia bocca e il mio cuore, non riuscì a frenare le parole.

"Ehi San..?"

"Mm..?" mugugnò lei, che oramai si avviava verso il sonno.

"Ti amo.."

Silenzio. E il mio respiro, il mio ventre che aumentava e diminuiva, che si allargava e si restringeva senza sosta, che continuava a pompare sangue al cuore che sentivo strizzato improvvisamente, sembrava essere l'unico rumore stridente in quella stanza buia e silenziosa.

Avvertì il suo lieve irrigidimento e portai una mano sulla sua testa. Le carezzai i capelli lisci, neri, lunghi e setosi.
Come li amavo...

Si tranquillizzò.

"Volevo solo fartelo sapere.." comunicai, avendo lei reso evidente di non essere pronta per una risposta.

Mi strinse forte, sentì le sue mani sui miei fianchi, lungo le mie braccia.

E mi inebriai del suo profumo.

Fu la notte di Natale più bella che potessi chiedere, almeno fino ad allora.

Da quando Santana iniziò a condividere con me il Natale, ce n'era uno sempre più bello dell'anno precedente. E tutto questo lo dovevo a lei, alla sua magica presenza, alla sua essenziale capacità di farmi sentire regina del suo regno, alla sua bocca che mi regalava i doni più belli.


 


Piccola nota:
Non siamo ancora nel vivo della vicenda, ma che ne pensate? >_________< fatemi sapere :)
_CodA_  <3


 

  
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