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Autore: Occhi Cielo    08/12/2011    4 recensioni
Era una giornata piovosa alla Wammy's. Non che la cosa fosse strana.
I ragazzi si annoiavano. Più di tutti un bambino biondo dagl'occhi come il ghiaccio. Mello osservava la pioggia assorto nei suoi pensieri, fino a quando qualcosa di colorato lo distrasse. Una macchia Rossa.
Questa è la storia di come Mello conobbe Matt, di come i due divennero amici, delle loro avventure e del loro amore che a poco a poco sbocciò, portando nella loro vita un tocco di colore. Come il rosso dell'amore e il rosso dei capelli di Matt che Mello tanto amava. "Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra. Fuori era grigio. Tutto era avvolto da quest'alone di colore. Grigio.
Grigio come gli alberi, come l'asfalto, come l'erba, come i muri.
Grigio. [...]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Near | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Avete tutto il diritto di farmi fuori dopo avervi fatto attendere tanto a lungo. Stavolta devo ammettere che ero proprio priva di ispirazione. Non ne avevo nemmeno un briciolo.. ma poi, oggi ho partorito questo capitolo. Spero vi soddisfi.
Vi ringrazio tutti, per avermi seguito fino ad ora e per aver atteso tanto.
Siete magnifici.




22. Rainbow



«
Perché te ne sei andato?»

Le sue parole ruppero il silenzio. Era una magia la cui esistenza mi divenne nota solo quando non la si avvertiva più, solo quando lui ebbe il coraggio di emettere quel poco fiato.
Era molto che andava avanti così? Che le nostre voci non si facevano sentire? Quanto tempo era passato dal momento in cui aprii gli occhi?
Non riuscivo a ricordare niente, la mia mente era ancora abbagliata dal quel verde così intenso, che anche la vista mi si annebbiò impedendomi di ammirarlo. Continuavo a chiedermi se stavo sognando, nonostante avessi la piena consapevolezza che non era così, che Matt, per chissà quale motivo, era lì accanto a me.  Sembrava che il tempo non l’avesse sfiorato, che fosse passato oltre, proprio per evitare di rovinare la sua bellezza.  La pelle era chiara, la bocca morbida incurvata in un strano sorriso aspro, le lentiggini, come piccoli spruzzi di colore, sparse qua e la sulle sue guance. Gli occhi grandi, le iridi troppo profonde, i capelli come fronde di alberi in autunno. Pensai che non era cambiato affatto dopo tutti quegl’anni, che in fondo, il ragazzino dal sorriso ingenuo che avevo lasciato, si era fatto ritrovare così, come nei ricordi cristallizzati nella mia mente. Che l’avesse fatto di proposito o no, quello non lo seppi mai, ma il solo vederlo così, come un immortale, il cui tempo per lui rappresentava solo lo scorrere lento dei giorni, fece cessare i miei tormenti.  Sembrava come se non ci fossimo mai separati, come se tutto il dolore sofferto, fosse scomparso dal momento in cui i nostri sguardi si ritrovarono. Come la prima volta. E fu bellissimo.
Il mio cuore non era mai stato così presente. Non lo avvertivo in quel modo da troppo ormai, e sentirlo battere, scalpitare come un puledro impazzito, mi fece rendere conto che non ero morto. Io ero vivo. Ero vivo e il mio cuore batteva tanto forte che di lì a poco avrebbe potuto anche sfondare il mio torace.  Ero vivo, e lo sentivo in ogni cellula del mio corpo, sentivo l’adrenalina scorrermi lungo le vene e arrivarmi su, fino alla testa. Sentivo i muscoli rinvigoriti, ogni nervo teso e ogni spostamento, anche il minimo, lo vedevo come migliaia di immagini incollate l’una all’altra, notando il particolare, il filo strappato, la mosca che ronzava, lo scintillare di una luce.
Era tutto più nitido. Le cose avevano preso forma.  Ma ciò che più non comprendevo, era perché… una parte si me, tirava e bruciava ancora, come se la brace su cui si scaldava non si fosse spenta.
La mia bocca formava una strana smorfia, una curva verso l’esterno che la faceva sembrare più larga. Sentivo la palpebra sinistra pesante e incollata, la fronte calda, e come se avessi avuto del miele sulla pelle, e avevo la sensazione che qualcosa colasse.
Era l’unico dettaglio che mi impediva di dedicare la mia più totale attenzione al ragazzo che avevo davanti. In quel momento, ogni solco sulla sua fronte era una piccola increspatura di preoccupazione, e le lacrime, che fino a quel momento avevano percorso il suo viso, erano improvvisamente cessate lasciando posto ad uno sguardo pieno di curiosità. Aveva compreso che qualcosa non andava?
Alzai un sopracciglio, scettico.  Il sinistro.
Una fitta di dolore percorse metà del mio volto. Trattenni le urla soffocandole in un gemito, annegandole in qualche sibilo, per liquidare il fatto che mi sentissi come se mi fosse stato portato via una buona parte di viso. 
Fu istintivo portarmi le mani sulla guancia, poiché quella bruciava come carboni ardenti. Ma qualcosa, una morsa tanto ferrea da fermarmi il sangue al polso, mi trattenne, vanificando il mio tentativo di capire cosa in realtà era accaduto al mio volto. Cosa avevo sulla faccia? Matt non voleva che  mi toccassi ma non ne capivo il motivo.
Alzai lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi, che in quel momento mi fissavano impedendomi di parlare o di fare qualsiasi altra cosa. Forse, non aveva mai smesso di osservarmi, di esplorarmi in lungo in largo come aveva sempre fatto. Probabilmente aveva passato notti intere al mio fianco, dimenticandosi del mondo e  forse guardandomi aveva trovato pace e angoscia, studiando il mio profilo, le spalle, la schiena. Magari, aveva ricucito le mie ferite,  e si era preso cura delle ustioni. O semplicemente mi stavo  illudendo, credendo che lui fosse lì per me e non per qualche fortuito caso.
Incatenai i miei occhi ai suoi, servendomi della mia espressione più ostile. Non volevo più far trapelare alcuna emozione, ne’ sorpresa, ne’ gioia, ne’ tristezza. Ricostruii la maschera che avevo utilizzato per così tanto tempo, quella che ormai era difficile rimettere insieme, perché mi ero esposto troppo e questi sono i rischi di chi vuole osare, di chi come me, ha preferito farsi portare via dalle correnti piuttosto che opporre resistenza.
Il mio sguardo gelido lo impietrì. Non era cambiato nemmeno da questo punto di vista. Il miei occhi su di lui, avevano avuto sempre lo stesso effetto, gli stessi brividi.



“Meno 4”
 


«
Non..Non toccarti» Fece una pausa stringendo il mio polso ancora di più. Poi sospirò, incerto su quello che avrebbe voluto dire.
«
Perché te ne sei andato?» Ripeté la stessa domanda di poco prima. La sua voce si ruppe sulla parola “andato”, come se pronunciarla gli costasse una fatica immane.
Cercai di liberarmi dalla sua morsa, ma più mi divincolavo, più lui saldava la stretta. Così cessai di dibattermi e sopirai esausto.
«
Non fare domande idiote. Lo sai benissimo il perché. Stupido.»
Le parole uscirono spontaneamente, senza che ci pensassi sopra. Non c’era disprezzo in queste, ma un pizzico di amarezza che probabilmente, anche lui aveva notato.
«
No, non sono io lo stupido! Tu lo sei! Tu mi hai lasciato il quello schifo di posto a condividere una stanza da solo, con il tuo ricordo che vagava in ogni dannato oggetto! Ogni cosa mi faceva pensare a te e al vuoto incolmabile che hai lasciato! Sei solo un egoista! Un fottuto egoista che crede di poter essere il migliore mentre in realtà non è nient’altro che…che… Cazzo guardami negl’occhi!»
Ma non ci riuscivo.
La maschera si era già rotta, per l'ennesima volta.
Le sue mani avevano afferrato le mie spalle e mi percuotevano con insistenza. Sentivo le sue dita stringersi, i pollici poggiarsi nell’incavo del mio collo. La pressione della sua stretta fece affondare i suoi palmi nella pelle e i suoi occhi, che li sentivo perforarmi la testa, tentavano inutilmente di incrociare i miei.
Ma non ci riuscivo.
Non ci riuscivo.
I capelli ricaddero davanti come una cascata. Notai le punte bruciate di un biondo spento, ormai irriconoscibile, e ne avvertivo l’odore. Sentivo il fumo che ne era rimasto incastrato, la cenere e il sapore del fuoco che andava a disperdersi. Li osservai attentamente cercando di non distrarmi, poichè se l’avessi fatto avrei ceduto alle parole di Matt. Sarei crollato dimostrandogli che aveva ragione, che lo stupido ero io, che ero solo un’ egoista il cui scopo era solo fine a se stesso! Mi sentii terribilmente in colpa, come se ogni lettera da lui pronunciata scavasse una voragine incolmabile nel mio petto.
Non avevo coraggio di alzare lo sguardo, non avrei mai più potuto guardarlo negl’occhi tanta era la mia vergogna.
Per la prima volta era arrabbiato, e questo, non fece che aumentare l’affilatezza delle sue parole. Il modo in cui le pronunciava, mi feriva, più di quanto la sua stretta mi causasse dolore. Più di quanto la mia faccia bruciasse.
«
Mello dannazione vuoi guardarmi?!»
Lui insisteva. Gridava con tutta l’aria nei polmoni. Le sue frasi rimbalzavano sulle pareti strette della stanza, ritornando indietro. Un eco insopportabile direi. Come se non fosse bastato sentirle pronunciare direttamente da lui.
Il suo respiro era irregolare, vedevo da sotto le ciocche il suo petto gonfiarsi troppo velocemente. Non l’avevo mai visto in quello stato. Chissà quanto ci era stato male…
“Un momento..” pensai “è solo colpa sua se stiamo così adesso!!”
Di scatto alzai la testa. Lo vidi indietreggiare di poco, mollando per un attimo la presa. Poi tornò ad afferrarmi, questa volta più delicatamente.
Lo guardai in cagnesco prima di togliere con uno strattone le sue mani dalle mie spalle. Non doveva toccarmi.


“Meno 3”


«
 Io Matt?» Pronunciare il suo nome ad alta voce mi procurò una fitta allo stomaco, togliendomi il fiato. Attesi qualche secondo prima di continuare. Nel frattempo lui mi guardò intontito, lasciando posto ad un espressione confusa, incapace di capire cosa stesse accadendo.
«
E’ colpa tua! Solo tua!! Se ci sei stato così male di certo io non posso farci niente! Se tu non mi avessi…se tu non avessi fatto quella cosa prima che io me ne andassi, forse non avresti sofferto tanto!» Il mio discorso faceva acqua da tutte le parti, in qualunque modo lo si rigirasse, rimaneva qualcosa di insensato. Ma continuai.
«
Idiota! Credi davvero che aver perso tempo in questo modo possa aver risolto i tuoi problemi? Non sono io lo stupido Matt, tu lo sei! E non credo che tu abbia pensato poi così tanto a me come dici.»  
Le dissi tutto d’un fiato. Le parole erano un fiume in piena.. e completamente senza senso. Volevo addossargli la colpa perché mi sentivo ferito, umiliato, messo a nudo. Il mio ego ebbe la meglio, come sempre, tirando fuori il mio orgoglio. Ma la realtà era.. che credevo non avesse pensato a me quanto io avessi pensato a lui. Quanto il suo volto mi tormentasse nelle notti più silenzione, nelle giornate di sole, di pioggia. Quanto la sua voce, il suo fantasma, vagasse per le stanze in cui vivevo. Quanto, il mio cuore si sentisse morto già un secondo dopo averlo lasciato dietro la porta della Wammy's.

Matt mi guardò per un attimo, rimanendo confuso da ciò che avevo appena urlato, e poi, rilassando il suo volto dalle increspature sulla fronte, facendo sorgere un sorriso sulle sue labbra morbide, facendo battere il mio cuore quasi fino a farlo esplodere, afferrò le mie mani dolcemente. Come fossero state gli oggetti più preziosi, come se stesse custodendo qualcosa di fragile e delicato, che da un momento all’altro sarebbe potuto andare in mille pezzi. Come se quel contatto, avesse reso indissolubile il legame che ci univa e che apparentemente sembrava dissolto.
Matt le strinse, non con foga o rabbia, come aveva fatto prima afferrandomi. No. Lui le strinse amorevolmente, per calmarmi, per confortarmi e dirmi che a lui non sarei più riuscito a mentire, e che forse in realtà, non ci ero mi riuscito.
Osservai le nostre mani strette l’un l’altra sperando che non riuscisse a percepire il sangue che pompava così velocemente nelle mie vene. Tanto forte da crearmi dolore.
Ogni battito del mio petto era un pugno al torace per sfondarlo. Ne sentivo il rumore nelle orecchie, come se avessi avuto mille cuori, così potente, da sovrastare qualsiasi altro suono.
La testa iniziò a girare, anche quella pulsava insistentemente come un martello. Il respiro faceva a gara con il sangue. Una corsa sfrenata a chi andava più veloce.
Matt iniziò a disegnare con i pollici dei cerchi sui miei palmi. Il suo tocco bruciava più del sole e con quello, scavava dei solchi arrivandomi fino alle ossa, corrodendomi la pelle, raggiungendo la carne viva.
Alzai lentamente gli occhi sul suo viso concentrato, che imitandomi, osservava  le nostre mani allacciate.
Non so bene cosa accadde dopo, so solo che tutta la mia rabbia si sciolse, evaporando dai pori della pelle. Che il mio orgoglio andò a farsi fottere da qualche parte, lasciando la mia anima libera. Che ogni voglia di combattere si frantumò come un sottile strato di vetro.
Perché? Bhe.. è semplice…lui alzò lo sguardo.
I nostri occhi si riunirono, ricostruendo i confini. Il cielo e la terra, l’oceano e la flora.
Ogni cosa a suo posto, ogni dettaglio ricostruito, ogni ricordo riportato in vita. Non temevo più di pensarci, perché era passato.. e lui invece era proprio lì con me.
«
Sei peggiorato, una volta mentivi meglio. Ma forse non hai pienamente torto.. in fondo sono stato io il più stupido dei due. E sono ancora il più stupido.» Fece una pausa per tirare un sospiro, mentre le sue dita continuavano a disegnare i piccoli cerchi
«
Guarda.. ti sto perdonando senza che tu mi chieda scusa. »
Rimasi in silenzio. Non avevo la forza di parlare.
Davanti a me avevo solo un arcobaleno di colori. Delle emozioni che schizzavano come lucciole impazzite per la stanza. Colori che ricordavo mi appartenessero, che avevano segnato la mia intera vita dal momento in cui Matt ci piombò dentro. Il suo rosso, il verde, il mio giallo, il rosa della sua pelle, l’azzurro dei miei occhi. Tutto ad offuscarmi la vista, una patina che mi avvolgeva il cuore e i polmoni. Che mi faceva mancare il respiro in gola, così come la voce.
Fu terribilmente strano rendersi conto, di quanto tutto nella mia esistenza prese colore grazie a lui. Quanto, i miei occhi abituati al grigiore della monotonia, si accesero di luce a contatto con Matt.
L’arcobaleno che mi apparve davanti, fu lo spettacolo di emozioni che più lasciò un segno indelebile nella mia anima, perché si ripeté più volte da allora, in diversi momenti e in diverse occasioni.
Non mi scordai mai di quelle sensazioni. Mai.
Lo guardai un ultima volta, incapace di fare qualsiasi cosa.
Matt sorrise, illuminando la stanza. Poi lasciò le mie mani, poggiando delicatamente i suoi palmi sul  mio viso. Esitò per qualche istante prima di sfiorare la guancia sinistra, ma poi, spostando la sua mano dietro la mia nuca, intrecciandola tra i capelli odorosi di fumo e fuoco, li strinse, avvicinandosi lentamente.
La distanza diminuiva.
Il mio cuore stava per esplodere.
Il battito accelerava ad ogni millimetro che faceva in più.
I suoi occhi magnetici mi catturarono tanto da perdermi al loro interno, ancora convinto che tanto prima o poi avrei trovato la sua anima, e che forse quella volta, sarei riuscito a toccarla e a vedere quanto questa fosse pura e brillante.
Sentivo il suo respiro sulla pelle. Un respiro caldo e dolce, che sciolse ogni tensione.


«
Già, in fondo sono io lo stupido»



“Meno 2”


“Meno 1...”
  
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