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Autore: Luine    08/12/2011    0 recensioni
Aveva sognato N.
Era la prima volta.

Partecipa all'iniziativa Gift Boxes Challenge di Fanworld.it, col prompt: Pranzo di Natale, "Perché il pollo scorrazza nella sala da pranzo?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Eccomi in un fandom abbastanza inflazionato ultimamente. Credevo di essere l'unica malata a vedere la N/Iolanda (Iolanda è il nome che ho dato alla bimba, nome da cui, ormai, non riesco a staccarmi), e non vedevo l'ora di scriverci una fic, quando mi fosse venuta in mente una trama. Prima di scoprire che moltissimi giocatori, prima di me, aveva visto le stesse cose. XD
Insomma, questo è ciò che è venuto fuori. Non sono sicura del finale, se è un vero finale o se poteva essere approfondito. Forse sì. Ma poi avrebbe avuto talmente tanti risvolti che... insomma, potrebbe venire fuori una longfic. Spero che, alla luce di queste rivelazioni, vi risulti almeno un po' gradevole.
Edit: mentre la scrivevo dovevo essere drogata perché l'ho scritta mezza in terza e mezza in prima... dovrei aver sistemato. Scusate tanto.

Il sogno

Aveva sognato N.
Era la prima volta.
Si era ritrovata a riflettere su di lui, sotto le coperte, nel buio della sua cameretta, allora. Le mancavano quei suoi «assalti» improvvisi una volta arrivata in una città nuova, le mancava il fatto di essere fermata da questo giovane allenatore dai capelli verdi che, immancabilmente, la sfidava in una lotta di Pokemon. E la cosa più strana era stata che non avesse mai gli stessi, era come se li avesse catturati lì per lì e poi liberati. In fondo, col senno di poi, non era un'ipotesi così ridicola come aveva creduto all'inizio. Sulle prime, aveva in verità pensato che li tenesse tutti nel Box del Pc di Mico, e che, una volta che fossero stati sconfitti, semplicemente li cambiava, perché l'avevano deluso.
Ammetteva di averlo giudicato male, soprattutto quando le aveva rivelato di essere il Re del Team Plasma. Ma poi le aveva detto qualcosa a proposito dell'essere fermato e non aveva capito. Le aveva lanciato una sfida, aveva pensato che l'avesse fatto con l'intenzione di prenderla in giro, di indurla a confrontarsi con lui ancora una volta per umiliarla e poi sottrarle tutti i suoi adorati Pokemon. Per tutto il tempo in cui aveva combattuto contro di lui e affrontato tutte le prove che le aveva sottoposto, solo il pensiero di poter perdere i suoi Pokemon l'avevano indotta a dare il meglio di se stessa.
Il solo pensiero di potersi separare da Emboar, Unfezant, Sawk, Leavanny, Stoutland e Emolga le dava la forza di battere quei patetici ragazzini che pendevano dalle labbra di quei Sette Saggi e di quel vigliacco di Ghecis.
C'era, però, sempre qualcosa che non tornava, in quella idea che aveva di lui. La sua dolcezza e quel suo sorriso sempre presente, quello con cui conversava con i Pokemon. Aveva sempre una luce particolare nei suoi occhi, quando lo faceva. E il bello era che capiva anche il loro linguaggio meglio di chiunque altro. Come poteva una persona così dolce potesse essere così crudele nei confronti del legame che univa uomini e Pokemon? I Pokemon, tra l'altro, lo seguivano lo stesso, anche se erano stati liberati. Erano stati liberi di decidere che cosa fare.
Lei si chiedeva che cosa avrebbero fatto i suoi, di Pokemon, se avesse deciso di mandarli via. L'avrebbero seguita? La verità era che era troppo egoista per provare ad ottenere una risposta. Se l'avessero abbandonata, lei avrebbe provato un dolore immenso.
E poi aveva capito. Ci aveva messo molto, le era servito un sogno per farle capire cosa era successo quel giorno, alla base della ruota panoramica: lui, che era convinto a voler rinsaldare il legame tra Pokemon e umani era lo stesso che voleva far avverare il sogno di quegli invasati del Team Plasma. Voleva che lei lo aiutasse ad uscire da quel baratro in cui era caduto, voleva essere libero, cosa che Ghecis e gli insegnamenti che gli erano stati impartiti non gli permettevano. Benché avesse appreso la verità nel palazzo del Team Plasma, solo quella notte, con quel sogno, era riuscita ad arrivare alla verità. Non ci avrebbe mai pensato, se non avesse avuto quel sogno.
Era stata così piena di pensieri che aveva detto alla mamma di voler uscire a fare quattro passi. Non era andata lontano, si era fermata al mare a nord di Soffiolieve per ascoltare il rumore delle onde e riflettere. Aveva fatto uscire i suoi sei Pokemon dalle Pokèball e li aveva lasciati liberi di fare ciò che volevano, le sembrava giusto, dopotutto. Sawk era andato a sgranchirsi un po' i muscoli, Stoutland e lei avevano giocato al riporto, dato che lui le aveva portato dei legnetti, segno inequivocabile del suo desiderio. Emboar le è rimasto vicino per farle un po' di calore, dato che lì, di fronte al mare, c'era un certo freddo. Emolga e Unfezant se ne sono andati insieme a farsi un giro; c'è un'affinità particolare tra loro, lei credeva che, se fossero stati umani, si sarebbero potuti dire grandi amici. Fu un bel momento, mentre Stoutland correva per la spiaggia, abbaiando come un forsennato. Avevano giocato a lungo, e lei era riuscita a ridere. Anche Emboar emetteva uno strano suono tonante, forse anche lui si riteneva contento. E quando avevano smesso e lei si era gettata a terra, il sogno che aveva fatto, invece di essersi dissolto nel mare di pensieri diurni sembrava essersi fatto più doloroso.
Sai, Iolanda, le diceva, ogni tanto vorrei poter passare un vero Natale, proprio come fanno tutti gli altri. Un Natale con la famiglia, pranzare insieme intorno ad un tavolo, a ridere felice insieme alle persone e ai Pokemon a cui tengo di più. Vorrei che foste con me, tu, insieme a Zekrom e Reshiram. Questo è il mio sogno, Iolanda. Questo è un sogno.
Sorrideva come gli aveva sempre visto fare. Iolanda chiuse gli occhi, sospirando. Si chiedeva se lui avesse mai passato un Natale con suo padre, o se questi si fosse semplicemente limitato ad avvelenargli la mente con le sue sciocchezze sulla libertà dei Pokemon. Il vero pazzo era Ghecis, che gli aveva impedito di vivere la propria vita come voleva. Ma lui se l'era guadagnato, il giorno in cui era scappato con Zekrom. E poi che ne sapeva, lei? Magari il Natale l'aveva sempre passato con qualcuno. Che diritto aveva di giudicare?
«Ehi, Iolanda!»
La voce di Komor la riscosse. Stava gridando da sopra il Percorso 1, e stava tentando di attirare la sua attenzione. Emboar produsse un rombo di saluto, Stoutland cominciò a scodinzolare, mentre Sawk fermò i propri esercizi. I miei due Pokemon volanti atterrarono accanto a lei. Nessuno dei due aveva una particolare simpatia per Komor. Oddio, qualche volta sapeva essere un po' antipatico, ma nel complesso era un bravo ragazzo.
Quando Iolanda lo salutò a sua volta, lui corse giù con la sua aria più severa. Forse Iolanda aveva capito come mai non era nelle top ten delle persone gradite a Emolga e Unfezant.
«Avevamo detto che ci saremmo visti a casa tua per preparare il pranzo al sacco.» disse, con una nota di rimprovero. «E Belle è già lì...» nel suo tono c'era una certa fretta. «Senti, non per fare il guastafeste, qualunque cosa tu stia facendo, è meglio che vieni. Tua madre è una persona comprensiva, ma, anche se nessuna mamma che io conosca non si sarebbe arrabbiata dopo aver distrutto una intera camera da letto, non credo che potrebbe resistere a Belle. Lo sai com'è in cucina.»
«Che problema c'è?»
«Forse è il caso che vieni a vederlo coi tuoi occhi.»
Iolanda non volle sentire altro. «Muoviamoci.» lo esortò, allora. I suoi Pokemon, ubbidienti, tornarono nelle Pokeball e lei e Komor corsero verso Soffiolieve.
Iolanda era conscia che avrebbe trovato qualcosa di strano, la sua casa distrutta, forse. Di certo non un Serperior che strisciava intorno al tavolo, mentre un pollo gigante stridente era impegnato in una corsa forsennata per salvarsi dal Pokemon. Non sarebbe stato niente di che – fatti di ordinaria amministrazione, se si trattava di Belle – se non fosse stato per sua madre che era arrampicata sulle scale che gridava, con un dito puntato: «Prendilo, per l'amor del cielo, prendilo!»
Iolanda, accanto a Komor, sulla porta, sbatteva le palpebre, incredula. «Perché il nostro pollo scorrazza nella sala da pranzo?»
«Te l'avevo detto che non dovevamo lasciare a Belle i fornelli, ieri, oppure no?»
«Veramente, quando avevamo parlato di pollo, pensavo che sarebbe stato... insomma, credevo che Belle sarebbe andata dal macellaio.»
Komor si grattò la nuca.
Iolanda scosse il capo, poi chiamò Emboar. Il pollo smise di correre e in un batter d'occhio fu fatto alla diavola. Belle, aggrappata al piano della cucina come sua madre alla scala, aveva le lacrime agli occhi. «Oh, Iolanda, sei sempre così drastica!» soffiò. «Ehm... sei stata molto efficace. Grazie. Ho rischiato di fare un disastro, come al solito!»
Iolanda, non appena Komor aveva finito di prendere il pollo cotto e di posarlo sul vassoio della frutta, vuoto, al centro del tavolo scoppiò a ridere e contagiò anche i suoi amici. Solo la mamma non sembrava ancora essersi ripresa dallo shock, forse stavolta li avrebbe cacciati fuori tutti e tre, come avrebbero fatto i genitori di Komor e Belle.
Mentre rideva, le tornò in mente N; non aveva mai sentito il bisogno di un amico umano, di un suo simile. Non l'aveva mai visto con nessuno che non fossero i Pokemon e i membri del Team Plasma lo consideravano un sovrano, qualcuno da venerare, non un amico. E di certo i Sette Saggi non erano suoi amici. Forse quelle due persone che le avevano raccontato la sua triste storia.
Nessun pranzo di Natale, per lui, aveva paura. E se fosse stato vero, quel sogno? E se fosse stato lui a contattarla tramite l'Intramondo? Ma se fosse stato solo un sogno? Si chiedeva cosa sarebbe successo se fosse andata a dare un'occhiata. Non c'era niente di male, nel farlo. Avrebbe potuto semplicemente constatare che quello che aveva sognato era solo un desiderio del suo subconscio.
«Ragazzi, che ne pensate di andare nell'Intramondo per il picnic?»
«Nell'Intramondo?» Belle sgranò gli occhi. «Perché?»
Iolanda arrossì appena. «Beh, qui fa un freddo cane e... nell'Intramondo è sempre primavera. La primavera è il momento ideale per un picnic!»
Komor ci ragionò su. «Ma avevamo pensato di andare sul Percorso 18 per catturare un Throh.» poi alzò le spalle. «Poco male. In effetti, un picnic in inverno non ha molto senso.»
Belle arrossì. «Ehi!» lo richiamò. Era stata lei a proporlo e Iolanda sapeva che, con Komor, avevano accettato perché Belle sapeva essere molto persuasiva (lil suo risentimento, per un rifiuto, li avrebbe costretti ad accettare in qualunque caso). Arrossendo, però, anche lei pensò che potesse essere un'ottima idea. «In effetti, stavo per proporlo io.»
«Sì, come no.» replicò Komor. «Vi aspetto lì.»
Iolanda guardò la mamma, il pollo sul tavolo e poi il Serperior che era ancora intorno al tavolo, in attesa che Belle lo richiamasse o gli desse un ordine. Belle, invece, stava correndo fuori col cestino del picnic dimenticandosi di lui e del pollo.
Ci misero un po', diverse discussioni e diverse cadute, però alla fine riuscirono a raggiungere l'Intramondo senza ulteriori intoppi. Lì, proprio di fronte al boschetto dei sogni, c'era una persona, ma non era la solita Lady che, la prima volta, aveva fatto loro da guida; aveva altre fattezze ed era sicuramente più giovane, i capelli erano lunghi e venivano mossi dalla brezza primaverile di quel luogo misterioso.
«Ehi, ma quello è...»
Anche Komor lo aveva riconosciuto.
«Chi?»
Belle ovviamente no.
Iolanda sospirò e fece un passo avanti, il cuore le batteva forte e neanche lei avrebbe saputo come mai. L'emozione per quell'incontro l'avevano portata a quella reazione, forse perché, dopo tanto tempo, riusciva a vederlo di nuovo. E sembrava stare molto bene.
N sorrise e allungò la mano verso di lei. «Sapevo che avresti capito, Iolanda.»
Iolanda annuì e sorrise a sua volta; aveva dovuto immaginarsi da lui una cosa del genere: lui solo l'aveva sempre sottoposta a delle prove, piccoli rompicapi che aveva dovuto risolvere con le proprie forze. «Sono felice di rivederti, N.» e non stava mentendo.
Belle lanciò un'occhiata a Komor e poi si protese verso il suo orecchio. «Tu ci hai capito niente?» gli domandò, piano, ma non abbastanza perché Iolanda non sentisse.
«Quindi, è per questo che siamo qui.» disse Komor, rabbuiato. «Anche lui partecipa al picnic, giusto?»
«Sì.» esclamò Iolanda. «Sarà... una specie di... pranzo di Natale, un po' in anticipo. Ma saremo tra amici.»
Komor corrugò la fronte. «Se lo dici tu, Iolanda.»
Belle chiese spiegazioni, ma l'unica cosa che fece Iolanda fu voltarsi di nuovo verso N e di cominciare a correre.
«L'ultimo che arriva al bosco dei sogni è un Patrat!» gridò.
«Ehi, no!» gridò Belle, correndole dietro. «Non voglio essere un Patrat!»
Komor non ebbe il tempo di sollevare altre obiezioni. Avrebbe avuto tutto il tempo per capire quali fossero le vere intenzioni di quello strano ragazzo.

  
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