Libri > Il meraviglioso mago di Oz
Segui la storia  |       
Autore: Feel Good Inc    09/12/2011    0 recensioni
Era cambiata, quella città. Era stata la guerra a cambiare tutto – tutti gli Oziani lo dicevano, sì, ma forse neppure loro si rendevano conto di quanto le cose fossero diverse. Un tempo non ci sarebbe stata nessuna insegna a illuminare i vicoli; non ci sarebbe stato nessun vicolo a inquietare i viandanti notturni; non ci sarebbero stati viandanti notturni in cerca di affari per tirare avanti.
Un tempo non c’era il commercio, ma la magia.
Jack non pensava spesso a queste cose. Quelli come lui, che ai più parevano stupidi perché non avevano una testa degna di tale nome, non avevano alcun ragionevole diritto di preoccuparsi del nuovo regime instaurato dalla Regina, né del fatto stesso che adesso non fosse più Ozma ma ‘la Regina’: un puro titolo, freddo e senz’anima. Eppure in quel momento, nell’intrico di stradine che portava al molo, sentì il proprio sorriso caricarsi di amara ironia. Erano cambiate tante cose, e lui, maledizione, avrebbe sempre avuto quella sua strampalata natura a ricordargli tutto ciò che Oz aveva perso.
{ Jack/Trot; Spaventapasseri/Dee ~ gameverse: 'Emerald City Confidential' }
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorothy Gale, Jack Testa di Zucca, Quasi tutti, Spaventapasseri, Trot
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1

 

 

 

 

 

 

 

Le condizioni di Trot erano peggiorate all’improvviso, quando gli ultimi raggi di sole erano sbiaditi e le luci della città vi si erano sostituite, scivolando sul molo verso le barche all’attracco. Il respiro strozzato della ragazza aveva riempito di colpo l’aria polverosa; la lanterna tremava già, ma questo nuovo sussulto aveva quasi spento la fiamma.

Era bianca come un lenzuolo. Bill le teneva la mano, sentendola bollente e sudata e piccola, soprattutto, molto più piccola di quanto si sarebbe aspettato. A volte dimenticava che – da quasi quarant’anni – il loro tempo scorreva così lentamente. Brutta cosa, la vecchiaia.

Lo stoppino resisteva a stento. Bill non osava alzare lo sguardo dal viso di Trot per verificare da quante ore il delirio andasse avanti. No, non si sarebbe mosso di lì, non finché la febbre non fosse scesa: le pezze bagnate già si accatastavano nel punto più lercio del pavimento, ma la lotta continuava, senza vincitori né vinti.

« Forza, bambina. » Era tutto quel che riusciva a biascicare di tanto in tanto, dietro la pipa spenta, a denti stretti. Non era mai stato bravo con le parole. « Non mollare. »

Anche Trot farfugliava, ma i suoi mormorii erano ancora più vuoti e casuali.

Il marinaio resisté e insisté al suo fianco. Erano venuti fuori da mille guai, insieme. Ma non si era mai ritrovato a temere per la vita di Trot. Non era mai stato così impotente. Ed era incredibile quanto facesse male.

 

 

 

Il pub era vuoto: di questi tempi gli affari non andavano affatto bene. Dietro il bancone, Ruggedo puliva i bicchieri con un panno di un colore indefinito, rimuginando sulla propria meschina condizione – era dunque a questo che si era ridotto il famoso e terribile Re degli Gnomi? Patetico – e alzò gli occhi solo quando la porta del locale sbatté forte, lasciando entrare un soffio di notte alle spalle di Capitan Bill.

« Ehi » disse meccanicamente, con un cenno del capo. Poi si concentrò sulla sua espressione devastata e sul suo atteggiamento nervoso: persino la gamba di legno tremava come una foglia. « Tutto bene? »

Il vecchio aveva uno sguardo perso, folle. Zoppicò con fatica fino al banco e si lasciò cadere di peso su uno sgabello. Ruggedo si ritrasse appena.

« Mi serve aiuto » ansimò Bill. « La ragazza. Trot. Sta male, molto male. Le alghe... La licenza... »

Ruggedo riempì una pinta e gliela passò. « Fammi un favore: comincia dall’inizio. »

Capitan Bill bevve come un assetato. Ruggedo si chinò in avanti, puntando i gomiti sul bancone, scrutando le gocce ambrate farsi strada tra quelle rughe di uomo mortale. In tanti anni di vita a Oz, l’evidente intensità di sentimenti di certe creature non aveva mai smesso di stupirlo. Magari negli Gnomi non c’era abbastanza spazio per la paura e l’amore insieme.

Oh – sorrise tra sé – se Kaliko avesse potuto sentirlo, di certo gli avrebbe detto che non era vero.

La birra parve fare il suo dovere; il marinaio abbassò il boccale, si passò il dorso della mano sciupata sulle labbra e tirò un profondo respiro.

« Grazie » borbottò. Aveva gli occhi rossi come braci. « Ho bisogno del tuo aiuto, Ruggedo. Sei l’unico che può aiutare la mia bambina. »

« La ragazza che porti sempre con te su quel rottame di barca? »

« Lei. »

Ruggedo strinse gli occhi. Il silenzio di Bill dopo un’evidente critica ai propri mezzi di sostentamento era piuttosto eloquente. « Che le è successo? »

« Avvelenata. Credo. » Aveva ripreso a tremare, ma stavolta il suo sguardo rimase fermo. « Una settimana fa abbiamo ricevuto una grossa ordinazione di erbe medicinali. Siamo andati a est seguendo il Fiume Munchkin... Abbiamo trovato quelle strane alghe blu... A Trot piacevano, ha detto che erano un colore diverso in mezzo a tutto questo verde. Un modo per ricordarci del mare. »

« Va’ avanti. »

Capitan Bill si passò una mano sul volto stanco. « Non so. Non so cos’è successo. È cominciata due giorni dopo. La febbre, la nausea. Stanotte l’ho lasciata addormentata, ma... Per Lurline! L’ho già vista stare male in California, ma qui mai. Non pensavo che qualcuno poteva ammalarsi in questo posto. »

« Questo posto non è più una favola, Bill. »

« Già, l’ho capito. »

Ruggedo riprese in mano straccio e bicchieri. « Bene. Allora che vuoi da me? »

Capitan Bill alzò gli occhi e lo fissò come se lo vedesse per la prima volta.

« Tu... Tu devi aiutarmi. Io non ho la licenza di maneggiare la magia e... senza Glinda... » Deglutì, come se le parole gli costassero uno sforzo immenso. « Voglio dire, sappiamo tutti chi sei e quello che hai fatto. Eri un grande stregone. Dev’esserci qualcosa che puoi fare per Trot. »

« L’hai detto: lo ero. » Il bicchiere stava per finire in pezzi, tanto la stretta si era fatta forte. « Fin dalla guerra, quando mi ha illuso di darmi asilo per imprigionarmi in questo immondezzaio luminoso, la vostra adorabile piccola Ozma mi ha strappato tutto – potere, magia e credibilità. Tu non hai la licenza? Io meno che mai. Hai sbagliato persona, vecchio. »

« Non... Non può essere. » Bill incespicava sulle parole, ma lo sgomento non gli impedì di aggrapparglisi al gomito. Ruggedo lo fulminò con lo sguardo, solo per scoprirsi ricambiato di nuovo da quella luce di follia. « Tutti parlano di te, tutti... Dicono che hai ancora qualcosa che... Dicono... Io ti sto implorando! »

Ruggedo strappò via bruscamente il braccio. Il bicchiere gli cadde di mano e finì in mille pezzi sul pavimento. Capitan Bill scivolò in avanti, faccia sul banco, e rimase lì a singhiozzare come un bambino.

Lo Gnomo gli voltò le spalle.

« Hai sbagliato persona » ripeté, quasi a se stesso. « Qui ci vengono solo i disperati. Tu non puoi permetterti di esserlo, se hai qualcuno da salvare. »

Il sibilo della seconda pinta che si riempiva coprì i singulti del marinaio.

 

 

 

Faceva caldo e faceva freddo. Non si sentiva il corpo e lo stomaco le faceva male da morire. Non era più sicura di niente; solo, quando aveva aperto gli occhi, aveva capito che Capitan Bill non c’era.

Trot era una di quelle persone abbastanza assennate da non lasciarsi mai ottenebrare del tutto: pur nella febbre, pur nel vortice di ombre che le danzava in testa, sapeva che era andato a cercare aiuto, e che l’unico aiuto cui potesse aver pensato era di natura magica. Non poteva permettere che si mettesse nei guai per salvare lei. Se la sarebbe cavata. Erano venuti fuori da mille guai, insieme.

Era stata la ragione a farla alzare dal letto e scendere dalla barca – ma era stato il delirio a guidare i passi successivi.

Faceva freddo e faceva caldo. Non si sentiva le braccia e le mani le sudavano. Non era più sicura di niente; solo, non poteva lasciare che Capitan Bill si mettesse nei guai per lei.

 

 

 

Jack tirò su il colletto, come aveva visto fare agli umani che uscivano di notte, e affondò le dita nodose nelle tasche. Le strade semibuie della Città di Smeraldo si stendevano vuote all’eco dei suoi passi.

Era cambiata, quella città. Era stata la guerra a cambiare tutto – tutti gli Oziani lo dicevano, sì, ma forse neppure loro si rendevano conto di quanto le cose fossero diverse. Un tempo non ci sarebbe stata nessuna insegna a illuminare i vicoli; non ci sarebbe stato nessun vicolo a inquietare i viandanti notturni; non ci sarebbero stati viandanti notturni in cerca di affari per tirare avanti.

Un tempo non c’era il commercio, ma la magia.

Jack non pensava spesso a queste cose. Quelli come lui, che ai più parevano stupidi perché non avevano una testa degna di tale nome, non avevano alcun ragionevole diritto di preoccuparsi del nuovo regime instaurato dalla Regina, né del fatto stesso che adesso non fosse più Ozma ma ‘la Regina’: un puro titolo, freddo e senz’anima. Eppure in quel momento, nell’intrico di stradine che portava al molo, sentì il proprio sorriso caricarsi di amara ironia. Erano cambiate tante cose, e lui, maledizione, avrebbe sempre avuto quella sua strampalata natura a ricordargli tutto ciò che Oz aveva perso.

Le poche stelle non riuscivano a schiarire la fila di barche attraccate, ma ai suoi occhi finti il buio non aveva colore. Eccola lì: la terza da sinistra. Jack si mosse più spedito, avvertendo stavolta un senso di fierezza nel ghigno che un vecchio coltello gli aveva inciso in volto. Stupido, eh?

Era già quasi sul ponte quando comparve la figura.

Si fermò imprecando a mezza voce. Ruggedo gli aveva assicurato che per quella sera Jinjur se ne sarebbe stata alla larga dal molo. Non che temesse l’idea di un confronto con una qualunque guardia – era pulitissimo, come sempre – ma un inconveniente del genere gli avrebbe fatto perdere del tempo prezioso. D’altro canto la sagoma in piedi sul molo non sembrava ricondursi a nessuna guardia reale di sua conoscenza: era troppo minuta. Se non altro questo escludeva sicuramente Tik Tok.

Jack rimase immobile al suo posto, cercando il tono più disinvolto delle corde vocali che non aveva, per ogni evenienza. Ma non ci fu nessuna conversazione. La figura traballò un po’ verso di lui, mise un piede in fallo e d’un tratto cadde lunga distesa a terra, cogliendolo di sorpresa.

« Per Lurline! » imprecò tra sé.

Poi ancora silenzio. Restò lì per qualche istante, sospettoso: cosa doveva fare? Andare ad aiutare quello che poteva essere un poveraccio, rischiando invece uno spiacevole incontro? Oppure tirare dritto e continuare a cercare l’uomo di cui aveva bisogno?

Fu il singhiozzo a scuoterlo. Un singhiozzo arido, tremulo, che si portava dietro una voce di ragazzina – una voce familiare.

« Bill... »

La schiena di legno di Jack s’irrigidì più di quanto non fosse già. Un solo pensiero – un nome – gli traversò la testa.

Ozma.

Senza averlo programmato, corse da lei e si chinò al suo fianco.

Non era Ozma. Sembrava più giovane, e aveva capelli più chiari e vesti più umili, e anche se aveva gli occhi chiusi Jack li immaginò più luminosi. Gli ci volle un po’ per riconoscerla: come si chiamava la bambina che era andata a vivere a Palazzo assieme a Dorothy, tanti anni prima? Trot, giusto?

Ma sì, la figlia adottiva di Capitan Bill... dell’uomo che era venuto a cercare.

La osservò a lungo, combattendo con un crescente senso di frustrazione. Tutto questo tempo, tutte queste differenze, e ancora il pensiero di Ozma era in grado di fargli tutto quel male. Non avrebbe dovuto permetterselo. Lui non era un rammollito. Era sopravvissuto anche senza di lei; era andato avanti. Non aveva bisogno della ragazza allegra e sorridente che una volta era semplicemente se stessa e che gli voleva bene come a un fratello. Se l’era ripetuto ogni volta, ogni singola volta che aveva rischiato di cedere – eppure eccolo lì, a correre verso una ragazzina con la segreta speranza che si trattasse di lei. Ridicolo.

Distesa sul fianco, il viso seminascosto tra i capelli, Trot sembrava febbricitante. Jack non era esattamente dell’umore giusto per preoccuparsi della salute di chicchessia, e d’altro canto da un pezzo aveva smesso di curarsi degli altri; tuttavia c’era un che di profondamente sbagliato nei brividi che scuotevano quel corpo esile, avvolto da una giubba da marinaio troppo grande. La studiò ancora, dubbioso.

Trot aprì gli occhi di scatto. Li puntò su di lui, mostrandogli che erano sì luminosi, ma velati. Le labbra le tremarono convulse mentre si sforzava di articolare di nuovo il richiamo di un minuto prima.

« B-Bill?... C-Capitan Bill? »

Jack avrebbe voluto alzarsi e filare, davvero. Ma, andiamo, non poteva lasciarla così. Era una ragazzina, per amor di Lurline – e no, non c’entrava il fatto che gli avesse ricordato Ozma, non c’entrava per niente.

« No. Sono Jack. Jack Testa di Zucca, ricordi? Ci siamo conosciuti quando lo Spaventapasseri ti ha portata a Oz. »

Trot non reagì, non sembrò riconoscerlo in alcun modo. Jack esitò ancora per un attimo, ma alla fine la sollevò tra le braccia e s’incamminò verso la barca di Bill, la terza da sinistra.

Trot gli si rannicchiò addosso, stringendo forte la sua camicia e sussultando come se piangesse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

 

Contesto: Emerald City Confidential, un videogioco punta-e-clicca prodotto da Adventure’s Planet, che ridipinge Oz in chiave noir introducendo argomenti impegnativi come la malavita. Poiché non si tratta di una rivisitazione o di una rilettura, bensì di un eventuale futuro degli avvenimenti dei romanzi di Baum, ho ritenuto più opportuno postare questa storia qui, come una otherverse, che non piuttosto nella categoria Videogiochi > Altro. Anche perché ho mantenuto moltissimi riferimenti ai libri – ad esempio l’accenno a Kaliko, il nuovo Re degli Gnomi che nel gioco non è assolutamente mai menzionato.

(Bando alle formalità, cari lettori: ve lo consiglio davvero. Sarà che conoscendo i retroscena dei personaggi ho potuto apprezzare ogni minima allusione alle versioni originali, ma io ne sono rimasta conquistata. For Lurline’s sake!)

 

I. Capitan Bill e Trot sono arrivati a Oz nel nono volume della saga, The Scarecrow of Oz. Bill è un vecchio marinaio dall’espressione piuttosto sgrammaticata (ergo quel non pensavo che qualcuno poteva ammalarsi in questo posto: omettendo il congiuntivo cercavo di mantenere l’IC, anche se rendere l’idea in italiano è molto più difficile di quanto pensassi); Trot è una ragazzina di buona famiglia cresciuta con lui condividendo i suoi viaggi per mare. In Emerald City Confidential sono passati quarant’anni dalle vicende del primo romanzo e, poiché a Oz il tempo funziona in modo diverso che sulla Terra, Trot ha l’aspetto di una diciotto-diciannovenne (in realtà dovrebbe avere quasi cinquant’anni!).

 

II. Canonicamente parlando, Ruggedo è Roquat, il Re degli Gnomi detronizzato nell’ottavo volume dei Libri di Oz (Tiktok of Oz). Nel videogioco gestisce un pub alla Città di Smeraldo, poiché durante la guerra contro i Fanfasmi – avvenimento che ha sancito il cambiamento del mondo di Oz, dove la magia è stata rimpiazzata dal commercio e in molti casi dal contrabbando – gli è stato concesso asilo politico dalla Regina Ozma. Non ha la licenza di esercitare la magia, ma ha un certo ‘metodo’ per aiutare i disperati.

 

III. Jack Testa di Zucca è, nei romanzi di Baum, un personaggio allegro, ingenuo e positivo, mentre in Emerald City Confidential è diventato un contrabbandiere sarcastico e sprezzante [un figo. L’ho detto ]. Questa storia si propone anche e soprattutto di indagare su cause e conseguenze di una tale evoluzione.

 

Gli avvenimenti di questo primo capitolo, per quanto idealizzati, sono più o meno canonici – infatti la protagonista del videogame, la detective Petra, indagando su Capitan Bill a un certo punto scoprirà di un periodo in cui Trot si è gravemente ammalata, e...

E lo saprete presto, se mai vorrete seguirmi.

Thanks for reading,

Aya ~

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il meraviglioso mago di Oz / Vai alla pagina dell'autore: Feel Good Inc