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Autore: Perusgree    09/12/2011    3 recensioni
Lui non sarebbe stato un dio, nonostante il pronostico dell’oracolo.
Lui sarebbe rimasto Alessandro.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alessandro il Grande
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heroes





 Il vento accarezzava dolcemente la sua chioma bionda, libera dalla gabbia dell’elmo. Piccoli granelli di sabbia, quella sabbia sporca di sangue, si incastravano tra le sue ciglia, arrivando anche a lambire il cristallino. La piana di Gaugamela si stendeva davanti a lui come un cielo rosso. Rosso di sangue, rosso di disperazione, rosso di dolore, rosso di scoramento. Rosso di vittoria. Aveva vinto. Avevano vinto. Dario era fuggito, abbandonando quel campo di battaglia costellato dai cadaveri di macedoni e persiani, di cavalli nisseni e di carri da guerra.
Dario era fuggito.
Non sapeva se l’avesse fatto per paura. Non credeva che l’avesse fatto per tattica militare. L’aveva guardato, mentre fuggiva. Era arrivato a pochi stadi da lui, ed aveva incontrato i suoi occhi. Occhi scuri, profondi. Occhi che contenevano la notte, e che come questa si erano dilatati non appena avevano incontrato gli occhi di  Alessandro. Gli occhi di mare e di terra di Alessandro. Gli occhi che avevano spronato quei macedoni a seguirlo in quella campagna assurda fino ai confini del mare; gli occhi che non avevano perdonato il tradimento; gli occhi che sognavano.
Dario li aveva visti, quegli occhi.
E non aveva visto soltanto gli occhi di Alessandro. In quelle iridi differenti, in quelle palpebre socchiuse per lo sforzo, aveva visto il vero Alessandro. Aveva visto l’Alessandro che nessuno conosceva, ma che tutti riuscivano a vedere. Aveva visto l’Alessandro uomo.
L’uomo che, come lui, aveva paura. L’uomo che, come lui, temeva di non farcela. L’uomo che, come lui, voleva la vittoria. L’uomo che, come lui, paventava  la morte.
L’uomo che, a differenza di lui, aveva timore più per il proprio esercito che per se stesso.
Era stato questo a spingere Dario ad afferrare le redini del carro e spronare i due cavalli bianchi come la luna a correre, a macchiarsi gli zoccoli, ad ansimare come normali cavalli. Aveva deciso di fuggire per salvarsi, lasciando il suo esercito come ad Isso. L’aveva abbandonato per la seconda volta, ma sapeva che gli sarebbe rimasto fedele. Perché lui era un dio.
Alessandro, invece, era un uomo.
Ed era l’uomo che adesso osservava i suoi commilitoni straziati dal dolore, ma gioiosi perché sarebbero morti da eroi. Da eroi al suo fianco. Era l’uomo che cercava di trattenere le lacrime, perché i suoi soldati non perdessero completamente la fiducia in lui.
I medici si affrettavano come passeri attorno ai caduti e ai feriti, aiutandosi a vicenda per sollevare quei corpi con delle lenzuola. Alessandro li vedeva sussurrare qualcosa a fior di labbra mentre correvano verso le tende. Il giuramento di Ippocrate.
Anche Alessandro aveva prestato un giuramento. Più rozzo di quello dei medici, ma comunque un giuramento. Aveva pregato davanti alla statua di Eracle, aveva chiesto l’ausilio di Achille portandosi l’Iliade al cuore. Aveva chiesto l’aiuto di Patroclo. Ed aveva giurato. Aveva giurato che mai avrebbe voltato le spalle al proprio esercito; che mai avrebbe permesso che qualcuno dei suoi soldati perisse per causa sua; che mai avrebbe aspettato nelle retrovie mentre i suoi fedeli si lanciavano all’attacco. Lui sarebbe stato l’esercito. Lui avrebbe cominciato l’assalto con urlo e l’avrebbe terminato con la lancia alzata. Lui avrebbe riportato le stesse ferite degli altri. Lui sarebbe morto nello stesso modo di tutti.
Lui non sarebbe stato un dio, nonostante il pronostico dell’oracolo.
Lui sarebbe rimasto Alessandro.
Un altro folto gruppo di medici gli passò accanto, ed i gemiti del ferito raggiunsero le sue orecchie. Si voltò e seguì i medici verso la tenda.
L’olezzo di sangue permeava l’ambiente, e i rantolii dei feriti costruivano una litania straziante. Il rosso era dappertutto. Continuò a seguire il drappello di medici che trasportavano l’ultimo ferito, e camminando lungo la tenda vide accatastati in un angolo diversi corpi. I semidei.
I medici adagiarono il ragazzo su un pagliereccio che portava ancora i segni della sofferenza altrui. Al soldato mancava una gamba, recisa probabilmente dai carri falcati degli Sciti. Respirava a fatica ed aveva gli occhi sbarrati. Le labbra si muovevano in una preghiera soffocata.
“Alessandro! cosa ci fai qui? Non è il posto per un re questo..” esclamò uno dei medici non appena notò la sua presenza.
“Questo è il vero posto dei re, Eucle” ribatté Alessandro. “Sopravvivrà?” chiese accennando al soldato.
Eucle scosse la testa impercettibilmente, per non farsi vedere dal ferito “Ha perso molto sangue. Troppo” argomentò in un soffio.
Alessandro annuì e con un cenno della mano lo pregò di allontanarsi. Quindi si inginocchiò vicino al suo soldato, che spostò subito i suoi occhi iniettati di sangue verso quelli del suo re.
“A-Alessandro” balbettò.
“Sono qui.”
“N-non voglio.. n-non voglio morire..” ed un singhiozzo gli fece sobbalzare il petto.
Alessandro gli accarezzò i capelli. “Calmo, calmo. Qual è il tuo nome?”
Il soldato prese fiato, gonfiando le guance tremolanti: “Glauco” disse infine, mentre lacrime calde cominciavano a lavargli il volto.
“Glauco. Glauco è il nome di un eroe troiano, lo sapevi?” chiese Alessandro.
Glauco annuì, tirando su col naso e lasciandosi fuggire un mugugno. La sua mano afferrò quella del re macedone.
“E tu sei un eroe, Glauco. E capisco che tu non voglia morire, ma devi sapere che non soffrirai. Atropo taglierà il tuo filo, il filo che Lachesi ha pazientemente filato e ricoperto di ogni gloria, e ti concederà la vittoria finale. La vittoria sulla morte.”
Glauco tremava, la mano talmente stretta su quella di Alessandro tanto da avere le nocche bianche.
“Perché tu, Glauco, non discenderai nell’Ade; ma salirai sull’Olimpo. Siederai accanto a Zeus, che ti accoglierà come suo figlio e Ganimede ti verserà da bere. Ares ti renderà onori ed Atena ammirerà il tuo intelletto. Era ti accoglierà sul suo seno candido e Afrodite ti donerà bellezza eterna. Efesto ti forgerà un’armatura splendente e tutti gli dei ti colmeranno di onori, Glauco. Perché tu sei un eroe. Un eroe più di me, un eroe più di Achille.”
Sugli occhi di Glauco calò un velo. La sua mano scivolò via da quella del re.
Una lacrima solcò il volto di Alessandro “Tu sei un vero dio, Glauco.”






















Angolodellamentediun'autricepazza.
Buonasera!
Bene, bene, bene. Quella che avete appena finito di leggere è la mia prima fic su Alessandro Magno. L'ho scritta di getto, senza rifletterci troppo, e probabilmente non capirete molto il senso generale del racconto (chiede perdono). Ho cercato di scrivere come ho sempre immaginato io Alessandro: un uomo costretto alla divinità, ma che vuole solo essere uomo. Poi, be', ognuno può pensarla come vuole xD
Anyway:
Lachesi ed Atropo sono due delle tre moire (il trio completo comprende anc he Cloto): Lachesi tesse il filo del destino, Atropo lo taglia.
Ganimede è il coppiere degli déi, per maggiori informazioni vedete qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Ganimede_(mitologia)
E' risaputo che Alessandro avesse gli occhi di colore differente, almeno così si dice in tutti i libri che ho letto (e su Wiki-Saggezza).
Ehm.
Io credo di aver finito :3
Ogni recensione è la benvenuta, anche negativa ;)
Bacioni e benedizioni da San Patrizio <3





  
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