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Autore: _Breath    09/12/2011    1 recensioni
Si guardò intorno, il fuoco che scoppiettava sereno, lento, inevitabile; nemmeno lui aveva fretta.
I suoi occhi brillanti si persero tra le lingue di fuoco solo un istante prima di spostarsi sulla figura bruna e magra che scendeva le scale infilandosi un paio di orecchini agli lobuli.
“Damon” gemette lei inciampando nei suoi stessi piedi e rischiando di cadere “non ti avevo sentito tornare a casa”
“Scusami per non aver annunciato il mio ingresso in casa mia, Elena.” Ribatté scorbutico.
“Come siamo acidi,” lo riprese lei senza il minimo segno di divertimento nella voce “ci sono problemi?”
Damon voltò la testa tornando a guardare il fuoco; “nessun problema” disse, ma la menzogna era palese nella sua voce e lo sapeva. Lo sentiva anche lei.
Il più grande dei fratelli Salvatore non aveva mai la voce incrinata, non era mai asociale o scontroso.. diversamente era socievole e malizioso ma quel giorno- tristemente, cupamente- non faceva altro che fissare il fuoco ed Elena se ne rese conto.
Gli si avvicinò, prendendogli di mano il calice svuotato di sangue e posandolo sul tavolo vicino, poi lo guidò con lei in una lunga discesa sul divano stringendogli la mano.
Damon storse le labbra ghignando “non ti sembra di prenderti troppe confidenze, Elena? Il tuo fidanzato non si ingelosirà?”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-shadows of memory.
Amo TVD, amo Damom, amo tutto qui dentro,  ma questa è la prima storia che scrivo di loro. Il tutto non vuole essere a scopi di lucro, ma spero che voi apprezziate e commentiate negativamente o positivamente che sia. Lo spero.
Grazie a tutti :)




Si sentiva solo, non c’era nessuno lì ad ascoltarlo.
Se si voltava a destra vedeva tante persone,  tanti colli lattei pronti ad accudire i suoi canini, ma non c’era veramente nessuno disposto a sopportare i suoi deliri.
Si chiedeva perché mai nessuno lo volesse, perché essere vampiro gli avesse rovinato così tanto la vita.
L’amore per Katherine, la devozione per suo padre, la stima per suo fratello.. tutto lo aveva distrutto. Così, come un lento castello di carte, una folata di vento che lo aveva spazzato via.
E l’eco delle sue debolezze ancora gli suggeriva, ogni tanto, quanto stupido fosse stato.
Avrebbe dovuto seppellire la sua umanità molto tempo prima, sotto quintali e quintali di sentimenti repressi, e magari così Katherine lo avrebbe amato realmente;  lei era una donna così cinica, infondo, e forse cercava solo qualcuno che le tenesse testa!
Gli occhi opachi, quasi bianchi di Damon, si persero a fissare il contenuto rossastro dentro il bicchiere:sangue, il suo elisir.
Ricordò con un amaro ricordo la prima volta che lo aveva assaggiato, sotto preghiera di Stefan, attaccato al collo di una sconosciuta. Caldo,quel liquore particolare, gli era sceso per la gola e buono  gli aveva attraversato l’esofago facendolo sentire vivo  eppure lui vivo non lo era più. Da 162 anni, oramai.
A ricordarglielo ogni mattina c’era l’immagine perfettamente giovane dello specchio, i suoi occhi che non perdevano di gioventù ma non acquistavano di felicità ed il suo ghigno malestro, spento, triste che si illuminava ogni volta che qualcuno si soffermava a guardarlo per più di qualche istante. Alzava il calice, solitamente, e sfoderava quel sorriso ambiguo e serafico, poi diceva “Ehy,” simulando serenità.
La sua vita era tutta una simulazione, pensò, e nessuno pareva capirlo; la maggior parte delle persone ancora vive gli davano dello ‘stronzo’, i vampiri come lui lo temevano ma rispettavano per il suo sarcasmo definendolo ‘debole’ e Stefan lo guardava con ribrezzo, tristezza e nostalgia quasi gli mancasse il suo vecchio fratello. E Damon si mancava, sentiva il peso di non essere più lo stesso anche lui, perché quella vita non lo soddisfaceva.
Eppure nessuno lo capiva, pensò.
Si guardò intorno, il fuoco che scoppiettava sereno, lento, inevitabile; nemmeno lui aveva fretta.
I suoi occhi brillanti si persero tra le lingue di fuoco solo un istante prima di spostarsi sulla figura bruna e magra che scendeva le scale infilandosi un paio di orecchini agli lobuli.
“Damon” gemette lei inciampando nei suoi stessi piedi e rischiando di cadere “non ti avevo sentito tornare a casa”
“Scusami per non aver annunciato il mio ingresso in casa mia, Elena.” Ribatté scorbutico.
“Come siamo acidi,” lo riprese lei senza il minimo segno di divertimento nella voce “ci sono problemi?”
Damon voltò la testa tornando a guardare il fuoco; “nessun problema” disse, ma la menzogna era palese nella sua voce e lo sapeva. Lo sentiva anche lei.
Il più grande dei fratelli Salvatore non aveva mai la voce incrinata, non era mai asociale o scontroso.. diversamente era socievole e malizioso ma quel giorno- tristemente, cupamente- non faceva altro che fissare il fuoco ed Elena se ne rese conto.
Gli si avvicinò, prendendogli di mano il calice svuotato di sangue e posandolo sul tavolo vicino, poi lo guidò con lei in una lunga discesa sul divano stringendogli la mano.
Damon storse le labbra ghignando “non ti sembra di prenderti troppe confidenze, Elena? Il tuo fidanzato non si ingelosirà?”
“Stefan non è a casa e poi lui è una persona matura, lo sai” lo rimbeccò.
“Cosa staresti insinuando?” la fronteggiò ferito nel profondo, ancora.
Elena lo guardò sconvolta, gli occhi scuri e socchiusi, poi gli carezzò la mano “Damon stai tranquillo, nessuno ti sta dicendo nulla, almeno non ora.”
Il ragazzo strinse forte la mascella ma non rispose; nella sua mente ancora minuscoli flash di persone che lo ferivano, pugnalavano, ripudiavano..
“Cos’è successo, Damon?” gli chiese cautamente la ragazza, successivamente, senza abbandonare la sua mano.
In quel tocco salato, morbido, il vampiro sentì le mani di tutti coloro che lo avevano avuto accanto: risentì il bacio aspro di sangue di Katherine prima di soggiogarlo nelle fresche notti di passione, la risata e la pacca amichevole di Stefan quando erano entrambi ancora umani, fratelli e infine l’abbraccio infantile che gli aveva serbato suo padre da bambino prima di ucciderlo in quella notte fredda e triste di un secolo e mezzo prima.
Rabbrividì con disgusto prima di voltare la testa e incontrale il dolce viso di Elena, il suo profumo vivo  e ingenuo.
Lei non lo aveva ancora deluso..
“Tristi ricordi,” le rispose ghignando.
.. lei non lo avrebbe mai fatto.
  
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