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Autore: Little Fanny    10/12/2011    3 recensioni
Siamo alla fine del mondo e il Dottore troverà una sorpresa ad aspettarlo.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor - 10, Master - Simm
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: A strange date
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Master
Rating: PG
Genere: comico, avventura, romantico
Conteggio parole: 6190
Riassunto: Siamo alla fine del mondo e il Dottore troverà una sorpresa ad aspettarlo.
Avvertimenti: pre-slash, AU, one-shot
Note: partecipa alla missione dell’ottava settimana del Cow-T @[info]maridichallenge, con il prompt Fine del mondo per il Vampire!Team.
1. post End of Time. Il Dottore non si è rigenerato, viaggia solo soletto nel TARDIS.
2. i personaggi sono esasperati nella loro caratterizzazione, mi sono un po’ sfuggiti di mano, ma non sono troppo OOC. Comunque io mi sono divertita un mondo ad usarli!
3. non è stata betata per cui ogni errore è mio e mio soltanto. Se li trovate segnalatemeli.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.





A strange date



Il Dottore lanciò il TARDIS nel Vortice del Tempo.
“Più veloce, bimba! Corri più veloce che puoi!” urlava il Signore del Tempo muovendosi svelto tra i comandi della sua astronave. Prese un secchio d’acqua e lo lanciò sui pulsanti che regolavano il sistema di raffreddamento dei motori, bollenti anch’essi.
Ci fu uno scoppio e nella sala si diffuse una bella nuvola bianca.
Davvero un’ottima soluzione.
Borbottò qualche imprecazione in gallifreyano antico, beccandosi anche uno scossone di rimprovero da parte della sua astronave.
“Invece di sgridarmi, perché non corri?” la imbeccò lui, riuscendo ad aggrapparsi all’ultimo momento a uno dei coralli che adornavano la sala comandi mentre la sua astronave aumentava la velocità di viaggio.
“Proprio così bimba! Vedo che ci siamo capiti!” gorgogliò il Dottore felice, accarezzandola affettuosamente con una mano, mentre con l’altra faceva calare con violenza il martello per togliere qualsiasi freno ai motori.
“Scusa!” le urlò dietro quando il suo TARDIS accelerò ancora. “Ma questo è davvero l’unico modo.”
Il Dottore continuò ad armeggiare con i vari comandi, fino a quando, completamente esausto, riuscì a far atterrare il TARDIS sulla Terra.
“Ce l’abbiamo fatta, bimba. Sei stata bravissima.” Disse il Signore del Tempo, complimentandosi con lei. Le regalò un’altra pacca ricolma d’orgoglio sulla plancia, prima di prendere il cappotto e uscire in un turbinio gioioso.
“La fine del mondo!” annunciò con soddisfazione, appena mise piede fuori dalla sua astronave.
Il Dottore si guardò attorno. Era la solita vecchia Londra con i suoi soliti indaffarati abitanti.
Ogni volta che si presentava una minaccia di qualche tipo, l’abitante medio della Terra affrontava il problema come se nulla fosse.
“Ah, potessi anch’io essere come loro.” Sospirò il Dottore, afferrando una copia di giornale e lasciando all’edicolante una gomma da masticare che doveva aver già visto troppi anni. Lesse con poco interesse i vari titoli che capeggiavano in prima pagina: guerre di qua, borsa che cade di là, scandalo imbarazzante. Niente di nuovo e niente di particolarmente eccitante.
Buttò il giornale in un cestino e riprese a camminare con le mani in tasca, lasciando la sua mente libera di ragionare.
Per quel giorno era stata annunciata la fine del mondo. Ne era assolutamente sicuro.
Solo che non riusciva a capire come gli umani potessero rimanere così tranquilli, con le mani in mano. Forse si aspettavano che ancora una volta lui sarebbe apparso e avrebbe sistemato tutto?
Comodo da parte loro, lasciare a lui tutto il lavoro sporco e goderne poi dei benefici.
Fece una smorfia seccata.
No, non gli sarebbe andato a genio presenziare a qualche manifestazione in suo onore, però ogni tanto un grazie non faceva mai male.
Il Dottore si fermò nel bel mezzo di Piccadilly Circus, osservando la gente che camminava tranquilla, del tutto incurante del destino di morte che di lì a poco si sarebbe scatenato su di loro.
Sospirò e si passò una mano tra i capelli.
Se non ci avessero pensato loro a mettersi in salvo, sarebbe stato lui quello ad accorre in loro soccorso.
Signore del Tempo, difensore della Terra.
Non gli dispiaceva affatto come titolo.
Scrollò le spalle e si rimise a camminare, dirigendosi con passo sicuro verso il TARDIS.
Tirò nuovamente fuori la carta psichica, dove il messaggio faceva ancora la sua bella impressione, inciso con vivaci caratteri rossi sgargianti.
“1 Aprile 2017: Fine del Mondo. Divertiti!” recitò sovrappensiero, rimettendo la carta in tasca.
“Mi scusi,” disse fermando un passante, “mi potrebbe dire che giorno è oggi?”
L’uomo se lo scrollò via di dosso, borbottando un indispettito lunedì.
“Che maleducato.” Commentò il Signore del Tempo guardandolo mimetizzarsi con la folla. “E pensare che faccio tutta questa fatica solo per salvargli la vita. A volte questi umani non si meriterebbero nulla…”
Riprese a camminare con le mani nelle tasche del cappotto, cercando di riepilogare le poche informazioni che aveva tra le mani.
Era il primo di aprile – come poi gli aveva confermato una signora molto gentile, ma un po’ troppo espansiva, lo dimostrava lo stampo di rossetto che ancora faceva bella mostra di sé sulla sua guancia – ed era un lunedì mattina. A questo punto poteva anche perdonare lo sgarbato uomo d’affari per la sua risposta smozzicata: i lunedì erano sempre stressanti.
E secondo la sua carta psichica per oggi era stata prevista la fine del mondo.
“O meglio,” esclamò il Dottore battendosi una mano sulla fronte, “qualcuno ha previsto la fine del mondo.”
“Pianificato, Dottore. Pianificato.” Disse una voce strascicata alle sue spalle.
Il Dottore si girò lentamente.
Conosceva quella voce, sapeva perfettamente a chi apparteneva.
Solo che non credeva affatto possibile che lui, adesso, si potesse trovare lì.
“Master?” domandò con un filo di voce, quando i suoi occhi si andarono a incontrare con quelli furbi e brillanti di soddisfazione dell’altro.
“Proprio io, Dottore. Contento di vedermi?” domandò l’altro Signore del Tempo, incrociando le braccia al petto.
“Ma come…” balbettò il Dottore perplesso.
“Stupito di vedermi qui?” lo prese in giro il Master, chiudendogli con una carezza appena accennata la bocca spalancata.
Il Dottore scosse la testa, cercando di riprendersi dallo shock, mentre milioni di domande si susseguivano nella sua mente e milioni di ipotesi si accavallano una sull’altra.
“L’ultima volta che ti ho visto stavi morendo. E hai rispedito i Signori del Tempo nel blocco temporale.” Rispose il Dottore, ripescando quei vecchi e dolorosi ricordi dalla memoria.
“Oh sì. Io che mi sacrifico per il bene superiore. Bella uscita di scena, non trovi?” commentò il Master, facendogli cenno di seguirlo lungo il viale sterrato che si inoltrava nel parco.
Non era elegante avere una discussione privata nel bel mezzo di una strada trafficata.
“Che ti è successo?” domandò ancora il Dottore curioso.
“Oh… niente di eclatante. Un salto di qua e uno di là ed eccomi qua!” spiegò con un veloce movimento delle braccia il Signore del Tempo mentre un ghigno ferino gli si dipingeva sul volto.
“Non hai intenzione di dirmelo, vero?” riassunse il Dottore sbrigativo.
“No. Dove sarebbe il divertimento, altrimenti?” rispose l’altro retorico.
“Cosa vuoi?” chiese il Dottore sospettoso.
“Sono passato a salutare un vecchio amico. È per caso vietato?” disse l’altro, senza tuttavia rispondere alla sua domanda.
“Tu non hai amici.” Ribatté il Dottore, laconico.
“Oh, non essere crudele. Così mi ferisci.”
Il Master si portò una mano al cuore, come a tamponare una ferita sanguinante, mentre tutto il suo viso si deformava in un’espressione di ironico dolore.
“In fondo mi sono sacrificato per questi sciocchi umani. Dovresti darmi più credito.”
“Mi hai appena detto che hai pianificato di far finire il mondo. Oggi.” Rispose atono il Signore del Tempo, sedendosi su una panchina. “Scusa se non ti do troppa fiducia.”
“Oh, come siamo scettici, Dottore. Chi ti dice che ci sia io dietro a un piano geniale per la distruzione della Terra?” domandò il Master, accomodandosi al suo fianco. Distese le gambe davanti a sé e intrecciò le mani dietro la testa, rilassandosi completamente.
Il Dottore lo esaminò silenziosamente.
Non era affatto cambiato dall’ultima volta che si erano incontrati.
E sì che quella volta stava morendo.
Non c’era più un barlume di vita in quella mente un tempo così brillante. Piano a piano l’energia vitale stava abbandonando quel corpo che si era spinto troppo oltre il limite.
“Vuoi tirare fuori il tuo cacciavite sonico per condurre delle analisi più approfondite?” gli chiese il Master senza aprire gli occhi.
“Me lo lasceresti fare?” domandò invece il Dottore, stupito da quanto bene l’altro lo conoscesse.
Ne erano passati di anni, ma lui riusciva ancora a stupirlo.
“Fammi pensare un attimo…” rispose il Master, mettendosi una mano sotto al mento. “Uhm… no!” concluse infine, distendendosi nuovamente sulla panchina.
“Va bene. Quindi, cosa sei venuto qui a fare?” domandò nuovamente il Dottore, senza staccare gli occhi di dosso all’altro Signore del Tempo.
Questi si mosse un po’ sulla panchina, mugugnando qualcosa tra i denti.
“Sei davvero fastidioso, lo sai?” disse seccato, rubando con un movimento svelto della mano il cacciavite sonico che il Dottore aveva preso a passargli lungo il corpo.
“Ero solo curioso!” si difese l’altro, imbronciandosi per essere stato interrotto in un suo studio.
“Volevi solo disturbarmi.”
“Non è vero!”
“Oh, sì che ho ragione.” Soffiò il Master, aprendo appena un occhio.
“Ti sbagli.”
“No, no, no. Dottore. Io non mi sbaglio mai. Non con te almeno.”
“Ne sei proprio sicuro?” domandò l’altro iniziando a contare mentalmente tutte le volte che il Master si era sbagliato in qualcosa. “Perché, sai… io sono molto bravo con i calcoli.”
“Oh, lo so. Ma io ti conosco troppo bene, Dottore. Dimentichi che abbiamo passato l’infanzia assieme. E, nonostante tu sia cambiato molte volte da allora, alcune cose rimangono le stesse.” Spiegò il Master con calma, riconsegnando all’altro il suo dispositivo sonico.
“Tipo?”
Il Signore del Tempo sbuffò e si sistemò i pantaloni del completo.
Aveva scelto di tornare alla giacca e cravatta. Non gli era mai piaciuta quella felpa nera. Troppo sportiva per i suoi gusti. E poi bisognava presentarsi eleganti per la fine del mondo.
“Il fatto che quando sei nervoso inizi a parlare a raffica, oppure quando non sai da che parte cominciare a risolvere un problema ti torturi quei tuoi splendidi capelli.”
Il Master guardò la capigliatura dell’altro con invidia.
Chissà, forse si sarebbe fatto crescere i capelli.
O la barba.
La barba era sexy, e poi al Dottore lui era sempre piaciuto con la barba.
“Mangi qualsiasi cosa e non ingrassi di un etto e poi… quando vuoi studiare attentamente qualcosa indossi sempre qualcosa che ti faccia apparire più intelligente. Questa versione preferisce gli occhiali.” Concluse il Master incrociando le braccia al petto e sfidandolo a negare il contrario.
“Hai vinto tu.” Si arrese il Dottore, sorpreso da quanto bene l’altro Signore del Tempo lo conoscesse.
Il Master gli scoccò un ghigno di riconoscenza per quella sua accettazione di essere stato battuto.
“Ora, vuoi per favore dirmi cosa sei venuto a fare?”
“No!” rispose il Master tranquillo, sapendo perfettamente che così facendo avrebbe fatto infuriare il Dottore ancora di più. Gli piaceva farlo arrabbiare con la consapevolezza di essere l’unico capace di strappare emozioni così violente dal sempre irreprensibile Dottore.
“Va bene. Allora io vado, svento il tuo piano per far saltare in aria la Terra e torno.” Rispose l’altro Signore del Tempo asciutto, alzandosi in piedi e piazzandosi esattamente tra il Master e il sole.
“Vai Dottore. Fai quello che devi fare.” Disse il Signore del Tempo spostandosi sulla panchina per rimettersi al sole. “L’importante è che mi lasci stare.”
“Allora il piano è tuo.”
“Che piano?” rispose annoiato l’altro, quando il Dottore, ancora una volta, gli oscurò il sole.
“Il piano per distruggere la Terra.”
“Ah. Quel piano. No, non è mio. È di un tizio simpatico, credo.” Disse con un vago cenno della mano. “O, comunque, ha un nome divertente: Osterhagen. Tedesco, credo.”
“La chiave di Osterhagen?” ripeté il Dottore stupito, passandosi una mano tra i capelli. “Avevo detto a Martha di sbarazzarsi di quel congegno. Era una pazzia assoluta.”
“Uh! Martha? Martha Jones?” domandò curioso il Master aprendo gli occhi.
“Sì. Lei.”
“Come sta la cara Martha Jones?”
“Bene.” Rispose il Dottore sbrigativo, cominciando a passeggiare su e giù davanti alla panchina.
“Oh… anche la povera e piccola Martha Jones ti ha infine spezzato il cuore.” disse il Master crudele.
“Taci!” urlò il Dottore, al culmine della rabbia.
“Va bene, Dottore. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.” Si difese l’altro, facendo il gesto di chiudersi la bocca con una cerniera.
“Allora, la chiave di Osterhagen era un congegno che prevedeva lo scoppio di bombe sotto la crosta terrestre. Un circuito che avrebbe fatto saltare in aria la Terra. Ingegnoso, davvero ingegnoso.” Riepilogò il Dottore a voce alta.
“Come hai fatto a sapere della chiave di Osterhagen?” domandò di colpo il Dottore, puntando il cacciavite sonico contro il Master. Questi sollevò le mani in aria e gli fece cenno di aspettare. Con la punta delle dita afferrò una cerniera invisibile che aprì di nuovo la sua bocca molto, ma molto, lentamente.
“Ci sono voci che circolano nella UNIT-”
“Che ne sai tu delle voci della UNIT?” gli chiese il Signore del Tempo, interrompendolo.
“Storia lunga, Dottore. Ti basti sapere che ho sentito parecchie voci circolare in giro che davano il piano Osterhagen come ancora funzionante.”
“E la chiave?”
“La chiave?” ripeté il Master con una scrollata di spalle. “Quella non c’è più. Li addestri bene i tuoi figli del tempo. Mi dovrai spiegare come fai, un giorno di questi.”
Il Dottore lo fissò scettico, al che il Master gli regalò un ghigno dei suoi.
“Su, Dottore. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto. È solo la fine del mondo. Finito questo se ne farà uno nuovo.” Minimizzò il Signore del Tempo con una scrollata di spalle.
“A volte sai essere davvero impossibile.” Commentò il Dottore, esasperato.
“Ma è questo che ti piace di me. Sono impossibile e geniale. Senza di me ti annoieresti.”
Il Dottore non trovò nulla da replicare se non esalare un sospiro di rassegnazione.
Per ogni eroe c’era bisogno di un anti-eroe.
“Quindi cosa proponi di fare?”
“Cosa propongo io?” gli fece eco il Master davvero sorpreso. “No, no, no. Cosa farai tu per salvare ancora una volta questi sciocchi e irriconoscenti umani. Io non c’entro assolutamente nulla. Lascio a te tutto il divertimento.”
“Ma…”
“Fine del mondo. Stanotte a mezzanotte. Buon divertimento. Bye bye!” lo salutò festante il Master scomparendo grazie al Manipolatore Vortex.
“Accidenti!” sibilò il Dottore, dando un calcio alla panchina.
Un Manipolatore Vortex.
Doveva immaginarlo.
E sciocco lui che non se ne era accorto.
Si vedeva che stava invecchiando.
Si passò una mano tra i capelli. Doveva decidere in fretta le sue prossime mosse: il destino del mondo intero era ancora una volta nelle sue mani.
Tornò di corsa al TARDIS, avviando tutte le analisi che aveva a sua disposizione. Il tempo cominciava a stringere e aveva un campo molto vasto da esaminare, nonché troppe ipotesi da vagliare.
E tra le varie domande che si susseguivano senza sosta nella sua mente c’era anche la grande incognita rappresentata dal Master.
Fortuna voleva che il Dottore avesse una mente particolarmente eclettica ed estremamente vasta, nonché un sistema di raffreddamento delle proprie sinapsi particolarmente efficace.
Il Signore del Tempo si tirò l’ennesima secchiata d’acqua addosso e questo servì a schiarirgli ulteriormente le idee.
“Trovato!” urlò infine, muovendosi veloce tra i comandi del TARDIS e bagnando tutto quanto. Era completamente zuppo. Nemmeno un singolo capo d’abbigliamento era riuscito a scampare all’acqua, ma almeno aveva trovato la soluzione per salvare la Terra.
E questo – controllò veloce l’orologio – con ben sei ore di anticipo!
Fece atterrare il TARDIS in una zona isolata di Londra e si catapultò fuori con un sorriso raggiante.
“Fine del mondo? A noi due!” esclamò alzando un pugno al cielo.
Tirò fuori il proprio cacciavite sonico e con un comando scardinò il tombino, sotto cui sapeva c’erano cose che quegli sciocchi umani non potevano nemmeno immaginare. Si strinse addosso il cappotto – perché, davvero, lui odiava sporcarlo con l’acqua di fogna e questo chiunque avesse ideato il dispositivo lo doveva sapere – e si calò nel tombino.
Scese i gradini con attenzione, tentando di farsi luce con il proprio cacciavite sonico. Non aveva intenzione di mettere i piedi nell’acqua di fogna. Un sonoro sciaff! delle sue scarpe lo avvisò che era giunto in fondo. Maledetto canale di scolo di copertura.
Sempre borbottando tra i denti il Dottore riuscì ad arrivare alla sala comandi.
Era stata un’impresa semplice.
Nessun dispositivo di sicurezza.
Nessuna password complicata.
Vuoto assoluto.
Con una scrollata di spalle il Signore del Tempo si rimise all’opera, analizzando velocemente i vari fili che componevano il quadro generale.
“Davvero sciocco collegare tutte le testate nucleari a un solo comando.” Mormorò tra sé e sé il Signore del Tempo. “Meglio per me, comunque.”
Cominciò a lavorare alacremente, lasciando commenti e borbottii a fare da cornice a quel quadro di fili colorati.
“Filo rosso o filo blu?” mormorò contemplando i due cavi. Si trovava nella più classica delle situazioni: due fili tra cui scegliere e il destino del mondo stretto tra le sue mani.
“Uhm… quello rosso di solito è quello che fa saltare in aria la bomba, mentre il blu è la sicura…” ragionò vagliando le varie ipotesi.
Si grattò la testa nervoso.
Odiava trovarsi in queste situazioni con un timer che scandiva i minuti rimasti. Lanciò un’occhiata all’orologio digitale: tre ore, due minuti e trentotto secondi allo scadere. Aveva ancora tempo per pensarci.
Il Dottore lasciò cadere a terra le forbici e cominciò a camminare per la stanza recitando le tabelline. Era un passatempo divertente e poi lo aiutava a concentrarsi. Passò velocemente a complicati discorsi sulla fisica spazio-temporale e, per rilassarsi un po’, alle barzellette di Raxacoricusfallapatorius.
“Bene, sono pronto!” annunciò infine facendo un piccolo salto. “E ho ancora… un minuto scarso!” esclamò con un tono divertito nella voce.
“Adoro quando il tempo stringe e l’adrenalina sale. Diventa tutto ancor più divertente e eccitante. Oh, ma quanto sono bravo!” disse congratulandosi con se stesso e dando un taglio ben preciso a entrambi i cavi, fermando il conto alla rovescia sul più classico meno due secondi allo scadere del tempo e alla fine del mondo.
“Sono geniale!” decretò con soddisfazione, mentre un bigliettino scivolava ai suoi piedi. Incuriosito si chinò a raccoglierlo e lo lesse velocemente.
“Ma io ti uccido.” Giurò facendo rapidamente dietro-front, senza curarsi dell’acqua di fogna che era salita a bagnargli le caviglie. Risalì velocemente le scale e si chiude nel TARDIS, settandolo sulle coordinate spaziali che aveva trovato nel bigliettino.
Atterrò nel suo solito frastuono di freni tirati e uscì fuori dalla porta in legno con animo battagliero.
“Master!” tuonò, raggiungendo il Signore del Tempo con lunghe falcate.
L’altro lo guardò di sottecchi, sorseggiando il suo the in tutta calma.
“Dottore, la prego di moderare i toni.” Gli disse una vecchia signora con tono di rimprovero nella voce.
“Mi perdoni, Maestà.” Farfugliò il Signore del Tempo facendo un rapido inchino alla Regina d’Inghilterra.
“Vuole farci compagnia, Dottore? La prego, si sieda.” Lo invitò la Regina, dando ordini ai suoi camerieri con un cenno della mano.
“La ringrazio per il cortese invito, Maestà, ma mi trovo costretto a declinarlo. Ho urgenza di avere una discussione con il suo ospite.” disse il Dottore, masticando nervosismo e rabbia tra i denti.
“Non c’è niente che non possa essere risolto davanti a una buona tazza di the.” Tagliò il discorso la nobildonna, esortando il Dottore ad accomodarsi.
“È una discussione privata.” Sottolineò allora il Signore del Tempo, guadagnandosi un’occhiata maliziosa da parte del Master.
“Dottore… non si fanno offerte del genere così in pubblico.” Lo prese in giro il Master accarezzando lascivamente il corpo dell’altro Signore del Tempo con lo sguardo.
“Master! Non mi faccia intervenire!” lo rimbeccò la Regina Elisabetta II indispettita.
Il Dottore scoccò un’occhiata significativa al suo compare. Aveva imparato a sue spese che non era mai il caso di far arrabbiare una Regina di Inghilterra. Soprattutto se si chiamavano Elisabetta. Erano capaci di portare rancore molto a lungo.
“Bene, Signori. Se questo è quanto, siete dispensati da ogni obbligo nei miei confronti.” Disse la Regina accennando un saluto di commiato.
I due Signori del Tempo si alzarono all’unisono e la salutarono con un rapido inchino.
“Quando avrete sistemato le vostre faccende,” disse la nobildonna con un tono malizioso nella voce, “tornate a trovarmi.”
“Torneremo senz’altro, Maestà. Mi deve ancora raccontare le avventure segrete della sua omonima antenata!” le rispose il Master facendole un occhiolino.
Il Dottore arrossì suo malgrado e borbottò un’accettazione dell’invito tra i denti.
Aprì con uno schiocco di dita le porte del TARDIS e fece cenno al Master di seguirlo. Con gesti automatici lanciò l’astronave nel Vortice del Tempo, mentre il suo ospite si accomodava tranquillo sulla poltroncina da viaggio.
“Metti giù i piedi.” Lo sgridò il Dottore, spostando i suddetti piedi dalla plancia comandi.
Un minimo di educazione ci voleva sempre e poi solo lui poteva permettersi di posare le sue splendide scarpe sulla console.
Il Master sbuffò, lasciando ricadere le gambe a terra.
“Cosa volevi dirmi?” chiese annoiato, fissandosi con interesse le mani.
Il Dottore frugò all’interno delle proprie tasche, tirandone fuori il bigliettino che aveva trovato nella sala comandi del piano Osterhagen e piazzandoglielo sotto al naso.
“Questo! Cosa significa?”
L’altro Signore del Tempo lesse velocemente lo scritto, con il sorriso che si allargava sempre di più sul suo volto.
“Scherzetto!”
“Sì, lo so cosa c’è scritto, ma perché!” domandò il Dottore spazientito, torreggiando con aria minacciosa sul suo ospite.
“La data non ti dice nulla?” rispose il Master con tono casuale. “Primo d’aprile? Zero assoluto?” specificò ancora vedendo l’espressione vacua sul volto dell’altro.
“Dottore, mi stupisci. Tu che ti vanti sempre di conoscere questi sciocchi umani e poi non conosci nemmeno le loro festività!” lo sgridò facendo un cenno di disapprovazione con la testa.
“Mi hai fatto…” tentennò il Dottore, incredulo di cosa il Master avesse combinato. “Un pesce d’aprile?”
Il Master alzò le spalle.
“Scherzetto!” esclamò. “Lo so che avresti preferito che al taglio dei fili fossero spuntati tanti pesci, ma così non avrei saputo come farti recapitare il biglietto.” Spiegò con tono serio.
Il Dottore lo fissò stralunato.
Davvero, quella versione del Master era quanto di più imprevedibile ci fosse.
“Ma quindi il mondo non stava per finire? Tutta quella sceneggiata per nulla.”
Il Master negò velocemente con la testa.
“No, no, no. Il mondo stava davvero per finire. Il piano Osterhagen era davvero funzionante. Di nuovo.”
“Quindi sei stato tu ad organizzare tutto.” Riassunse il Dottore con un pizzico di rimprovero nella voce.
“No. Il signor Osterhagen.” Lo corresse ancora il Master. “L’idea è sua. Io l’ho solo modificata un po’. In mancanza della chiave ho dovuto aggiornare l’intero piano.”
Il Dottore annuì con sguardo assente.
“Hai fatto un buon lavoro, sai?” si congratulò dopo un po’. “Ma effettivamente era un po’ troppo semplice per essere potenzialmente pericoloso.”
L’altro Signore del Tempo alzò gli occhi al cielo sbuffando.
“Cosa avevi in mente? Sul serio, questa volta.” Lo incalzò il Dottore, sedendosi al suo fianco.
Il Master si spostò un po’. Odiava quando il Dottore si metteva vicino a lui con quel tono accondiscendente nella voce e quell’insana voglia di comprenderlo sempre e comunque.
“Niente.” Sbuffò girando il volto in modo che il Dottore non potesse vederlo in faccia.
“Allora, se non è niente, possiamo andare a fare una visita a Martha Jones. Penso sarà felice di vederti…”
Il Master alzò le braccia al cielo.
“Va bene, hai vinto te. Mi annoiavo.”
“Ti annoiavi?” ripeté il Dottore perplesso e stupito.
Il Master annuì, mentre sentiva il rossore scaldargli il collo. Non aveva avuto intenzione di dirglielo, ma avrebbe fatto di tutto pur di non andare da Martha Jones.
“Quindi hai progettato un piano per far saltare in aria la Terra, ma, non contento, hai anche pensato bene di avvisarmi.” Disse il Dottore sempre più intrigato dallo strano comportamento dell’altro.
“Sei cambiato.” Decretò infine il Signore del Tempo con gli occhi brillanti di soddisfazione.
Il Master sbuffò.
Aveva già accennato al fatto che lo odiasse?
Gli faceva venire il nervoso il Dottore con la sua faccina da buon samaritano.
“Anche tu sei cambiato, sai?”
“Io?” domandò il Dottore, indicandosi perplesso. Scrollò le spalle indifferente. Effettivamente un po’ era cambiato.
“Hai perso una fine del mondo. Si vede che stai invecchiando. Una volta non l’avresti mai fatto.” Commentò il Master sovrappensiero, godendo dell’espressione stupita che si dipinse sul volto dell’altro Signore del Tempo.
“Quale fine del mondo?” chiese infine, quando la voce tornò nei suoi polmoni.
“La previsione dei Maya. Il 21 dicembre del 2012.”
“Ma il mondo è ancora in piedi.”
“Sì, certo. Ma non grazie a te.” commentò il Master aspramente.
Il Dottore lo guardò di sottecchi, davvero stupito questa volta.
“Non mi dire. Non mi dire. Tu?” farfugliò sorpreso.
Il Master non rispose, ma lo guardò come se lo volesse rimproverare silenziosamente.
“Sei davvero cambiato, allora!” constatò infine il Dottore, ancora senza parole.
“Mi stavo annoiando.” Si difese l’altro.
“Sì, certo. Ti stavi annoiando.” Lo prese bonariamente in giro il Signore del Tempo girando attorno alla console del TARDIS.
“La Regina mi ha nominato Sir.” Aggiunse il Master sovrappensiero.
“Anch’io sono Sir,” gli rispose l’altro, ripercorrendo vecchi ricordi. “La Regina Vittoria. Poi però mi ha bandito dal regno.”
Il Master rise di gusto.
“Sei insuperabile Dottore. Riesci a far arrabbiare tutte le Regine d’Inghilterra.”
Il Dottore scrollò le spalle a disagio, mentre un sorriso biricchino faceva capolino sul suo volto.
“Altrimenti vorresti dirmi che divertimento ci sarebbe nel viaggiare, se non fai arrabbiare almeno qualcuno?”
“Puoi sempre far saltare in aria i pianeti.” Gli suggerì il Master.
“Quella è una tua prerogativa.”
“Sì, hai ragione. Quello è il mio lavoro.”
“Già. Non mi piace rubare il lavoro degli altri.”
“Ti sei offeso perché ti ho rubato il lavoro nel 2012?” gli domandò allora il Master, accavallando le gambe sopra la console.
“Uhm… no…”
“Sii sincero.”
Il Dottore ci pensò sopra un momento.
“Ok. Forse un po’.”
“Lo sapevo io!” esclamò il Master raggiante di gioia, guadagnandosi un’occhiata di disapprovazione. “Ma non sei felice di aver potuto rimediare?”
“Sì, ma…” tentennò il Dottore, appoggiandosi alla console e incrociando le braccia al petto, “non è la stessa cosa.” Sbuffò, mettendo il broncio.
Il Master gli si avvicinò e gli sollevò il volto con una mano.
“Prometto che la prossima volta elaborerò un piano più complicato.” Sussurrò, provando a rincuorarlo.
Il Dottore lo guardò spaventato.
“Ci sarà una prossima volta?”
“Sì, e prima di quanto immagini! È stato bello rivederti Dottore!” esclamò azionando il Manipolatore Vortex e scomparendo per la seconda volta sotto al naso dell’altro Signore del Tempo.
Il Dottore inveì per la seconda volta in quella lunga giornata contro il Master.
Non lo sopportava davvero.
Un attimo prima era tutto un parlare e punzecchiarlo e l’attimo dopo lo abbandonava nel bel mezzo di una discussione.
Un rumore sospetto lo fece girare bruscamente: il TARDIS stava precipitando.
“Scusami, bimba!” urlò il Signore del Tempo brandendo il martello con uno strano luccichio negli occhi.
“Questo ti farà un po’ male, ma sempre meglio che schiantarsi al suolo!” la avvisò prima di colpirla con violenza. Il TARDIS roteò su se stesso, prima di assestarsi di nuovo su una rotta stabile.
Lo odio.
Perché tutte le volte che ci vediamo deve combinare qualche disastro?
“Perché altrimenti non mi consideri!” fu la risposta sincera che arrivò alle orecchie del Signore del Tempo.
“Già di ritorno?” domandò il Dottore lanciando uno sguardo all’orologio. Era passato troppo poco tempo perché il Master potesse aver causato qualche danno irreparabile.
Il Master scrollò le spalle senza rispondere.
“Fammi indovinare. Ti annoiavi?” domandò il Dottore con il sorriso di chi la sapeva lunga sulle labbra.
L’altro sbuffò, facendo intendere al Signore del Tempo di averci preso in pieno.
“Adesso che siamo soli-”
“Dottore, non si fanno proposte sconce senza aver avuto un primo appuntamento! Pensa cosa direbbero le tue compagne, se ti potessero sentire in questo momento.” Lo interruppe il Master portandosi una mano al petto, come a fingere di essere stato particolarmente offeso.
Il Dottore farfugliò qualcosa tra i denti, arrossendo furiosamente.
Sapeva quanto il Master si divertisse a metterlo in difficoltà e lui gli offriva occasioni meravigliose su un piatto d’argento.
“Dimmi perché hai rimesso in moto il piano di Osterhagen.” Sibilò il Dottore esasperato.
“Ancora con questa storia?” domandò il Master spazientito. “Non ti basta sapere di aver salvato ancora una volta il mondo? Vuoi anche una pacca sulla spalla e qualcuno che dolcemente ti sussurri all’orecchio quanto sei stato bravo e geniale?”
La fronte del Dottore si increspò di perplessità.
Se il Master avesse fallito come Distruttore dell’Universo – cosa in cui effettivamente non era poi tanto bravo – avrebbe davvero potuto trovare un futuro nel mondo della recitazione teatrale.
“No, voglio solo sapere perché. E il fatto che tu ti stavi annoiando terribilmente non mi basta come risposta.”
Il Master espirò lentamente.
“Volevo attirare la tua attenzione.” Sussurrò sottovoce.
“Cosa?” domandò il Dottore stupito.
La sua soglia dello stupore si stava alzando sempre di più quel giorno.
Era un Signore del Tempo che aveva viaggiato ovunque nel tempo e nello spazio. Pensava di non riuscire a stupirsi più per nulla e invece ecco qui il Master che, ancora una volta, gli cambiava l’intera esistenza.
“Non farmelo ripetere.”
“Per favore…” lo supplicò il Dottore, beccandosi un pestone sull’alluce che lo fece imprecare in gallifreyano antico.
“Ben ti sta.” Commentò il Master, incrociando le braccia al petto, del tutto soddisfatto nel vedere il Dottore saltellare su un piede solo.
“Ti mancavo…” cinguettò dopo un po’ il Signore del Tempo, sedendosi di fianco al Master, stando ben attento a non posare il piede dolorante.
“Non rispondi alle mie chiamate e non avevo altri modi per contattarti.” Si difese l’altro, imbronciandosi.
“E sapevi che al richiamo di fine del mondo in atto, non avrei saputo resistere.”
“Esatto!” confermò il Master con un sorriso saputo sul volto.
“Quindi ti mancavo…”
“Ti hanno mai detto che sei egocentrico?” gli domandò il Master a bruciapelo.
“Uhm… no. Di solito dicono che sono brillante, geniale, fantastico.” Elencò sulla punta delle dita. “Logorroico, sexy, con dei capelli meravigliosi-”
“Sul logorroico devo dare ragione.” Lo interruppe l’altro, preferendo sorvolare sugli altri aggettivi.
Rimasero in silenzio per qualche minuto.
“Quindi tu hai messo deliberatamente in pericolo la vita di sei miliardi di persone solo perché volevi attirare la mia attenzione.” Riepilogò il Dottore, girandosi a fissare il suo ospite auto-invitato.
“Non è colpa mia se tu non rispondi alle mie chiamate.” Si difese il Master. “Se tu avessi risposto, io non sarei stato costretto a fare tutto questo.”
Il Dottore lo squadrò da capo a piedi, con una smorfia scettica sul volto.
“Sì. Ok. Magari l’avrei fatto lo stesso.” Si corresse il Master alla domanda inespressa. “Ma non è questo il punto. Il punto è, carino, che è tutta colpa tua se sei miliardi di persone sono state messe in pericolo quest’oggi.”
“Dovevo salvare il mondo al tuo posto nel 2012?” chiese il Dottore.
“No! Dovevi rispondere alle mie chiamate!” ribatté il Master, offeso per essere stato ignorato.
“L’avrei fatto, se avessi saputo come funzionava la segreteria telefonica!” rispose il Dottore a tono, mettendosi subito dopo una mano sulla bocca quando si accorse di cosa si era lasciato sfuggire.
Il Master lo guardò sorpreso.
“Tu… tu non sai come funziona una segreteria telefonica.” Disse il Master con la minaccia di una risata che incombeva sulle sue labbra.
“Oddio, questa è davvero bella. Il Signore del Tempo che salva ripetutamente galassie e mondi interi, sventa piani brillanti e intricati, messo fuori gioco da una banale segreteria telefonica.” Lo prese nuovamente in giro.
“Quando andiamo a trovare la Regina? È un aneddoto che devo sicuramente raccontarle! E dobbiamo anche dirlo al Torchwood. Stanno scrivendo la tua biografia e questa è una cosa da aggiungere.”
“Hanno per caso scritto che viaggiavo con mia suocera?” chiese il Dottore, ascoltando solo parzialmente il discorso del Master.
“Non mi pare. Hai viaggiato con tua suocera?” gli domandò subito l’altro.
“Storia lunga.” Tagliò corto il Dottore.
“Quindi i messaggi erano tuoi.” Disse il Dottore tornando al discorso precedente con in mano un piccolo libricino che aveva preso a sfogliare velocemente.
“E quello cos’è?” domandò il Master curioso, arrivandogli di fianco.
“Il libretto di istruzioni della segreteria telefonica.” Rispose il Dottore calmo.
“Mai pensato di usarlo prima, magari una volta in tutti questi mesi?”
Il Dottore borbottò una rispostaccia a mezza voce.
Certo, se l’avesse avuto tra le mani prima l’avrebbe anche sfogliato.
E invece era riuscito a pescarlo solo poco prima che quell’intera giornata cominciasse. E quando diceva pescarlo intendeva pescarlo sul serio.
Aveva installato la segreteria telefonica sul TARDIS molto tempo addietro. Forse alla sua terza o quinta rigenerazione, non ricordava con precisione. Ma da allora l’aveva usata relativamente poco. Di solito le persone preferivano contattarlo direttamente, presentandosi alla sua porta senza un minimo di preavviso.
L’ultima volta che ricordava di averla dovuta adoperare era stato molto tempo addietro. Un caso spinoso che l’aveva quasi fatto uscire di senno.
Quell’aggeggio infernale aveva preso a funzionare di sua spontanea volontà: registrava le chiamate che riceveva, ma non segnalava le telefonate a cui lui mancava di rispondere.
Inoltre la voce della segreteria era stridula e si burlava di lui.
Ogni tanto lo metteva addirittura in attesa, canticchiando motivi popolari con voce stonata.
Un vero incubo.
E non c’era da biasimarlo se un bel giorno aveva afferrato il libretto di istruzioni e l’aveva scagliato nello spazio.
Aveva vissuto davvero bene, da quel momento in poi. Nessuna voce che lo disturbava durante il sonno, nessuna musichetta stonata che lo tormentava mentre tentava di finire un libro.
Sul TARDIS era finalmente tornata la pace e anche i suoi nervi ne avevano beneficiato.
Peccato che l’idillio fosse stato rotto dalla sua spina nel fianco: il Signore del Tempo sopravvissuto a mille e più guerre solo per rendere la sua vita un inferno, anche solamente per il fatto di averlo costretto a mettere di nuovo in funzione la segreteria telefonica.
Avrebbe anche evitato tutto quel trambusto se avesse saputo fin dall’inizio che era stato l’altro Signore del Tempo a sommergerlo di messaggi. L’avrebbe ignorato, come aveva sempre fatto.
No, in realtà non avrebbe potuto ignorarlo: quella spia rossa lampeggiante l’avrebbe mandato fuori di testa prima o poi.
Inoltre ignorare il Master poteva essere controproducente, come si era poi effettivamente rivelato. Bastava vedere come si era evoluta quella giornata!
Aveva pianificato di passare il suo tempo libero in piscina: una bella nuotata e poi magari un buon libro con una tazza di the caldo tra le mani.
Invece si era ritrovato a correre per le strade di Londra con il destino del mondo intero sulle sue spalle.
Il Dottore sbuffò, lasciandosi cadere a sedere sulla poltroncina da viaggio, venendo subito raggiunto dal Master.
“E tutte quelle chiamate? Cosa volevi dirmi?”
“Niente di importante.” Borbottò l’altro Signore del Tempo ancora offeso per essere stato ignorato così a lungo, solo perché il Dottore era troppo geniale per ricordarsi come funzionava una cosa banale come una segreteria telefonica.
“Qualcosa di importante doveva essere, se volevi la fine del mondo.” Lo punzecchiò l’altro, seguendo una logica ineccepibile.
“Un appuntamento!” sbraitò il Master. “Ma tu non rispondevi e non richiamavi mai. Allora io mi sono stancato di aspettare una tua risposta e ho progettato di far saltare in aria la Terra. Sapevo che non avresti resisto al richiamo di una sfida all’ultimo secondo.”
“Effettivamente non hai tutti i torti.” Ammise il Dottore, grattandosi la nuca imbarazzato.
“Allora, dove vuoi andare?” chiese dopo un po’ il Dottore, dirigendosi con passi sicuri verso i comandi del TARDIS.
“Andare?” gli fece eco il Master, preso in contropiede da quella strana uscita dell’altro Signore del Tempo.
“Volevi un appuntamento, no? Beh, siamo qui, quindi potremmo… non so… uscire.” Offrì con un vago cenno della mano.
Il Master strabuzzò gli occhi.
“Io e te. Uscire.”
“Sì. Non è quello che volevi?” chiese l’altro spaesato.
“Sì. Cioè no.”
“Sì o no?”
Il Master rimase in silenzio per un momento, concentrato nei proprio pensieri.
“Sì.” Decretò infine.
“Bene, allora dove vuoi andare?” gli chiese il Dottore esasperato.
L’altro Signore del Tempo lo squadrò da capo a piedi.
“Nah, Dottore. Così non c’è divertimento. Faremo un’altra volta!”
“Un’altra volta?”
“Sì, non sono dell’umore adatto per darti ancora fastidio.” Spiegò atono il Master, cominciando ad armeggiare con i pulsanti del Manipolatore Vortex.
Il Dottore lo lasciò fare: era stanco anche lui e francamente non aveva il fiato di continuare a correre dietro al Master per impedirgli di far saltare in aria qualcosa.
“Devo aspettare una tua chiamata?” domandò quando vide che il Master era pronto a scomparire.
L’altro scrollò le spalle, mentre un ghigno si faceva strada sul suo volto.
“Noioso… credo che sarò più originale.” Buttò lì, leggero.
“Farai scoppiare in aria la Terra?” tentò allora il Dottore con una nota minacciosa nella voce.
“Credo che per il primo appuntamento serio ci voglia qualcosa di più eclatante.” Commentò il Master, già pregustandosi il divertimento. “Starei attento a due o tre pianeti, fossi in te.” Lo avvertì, mettendo una mano sui comandi.
“Non c’è bisogno che tu faccia saltare in aria pianeti per chiedermi un appuntamento. Ti prometto che risponderò alle tue chiamate.” Cercò di farlo ragionare il Dottore, inutilmente.
Il Master gli lanciò un’occhiata scettica.
“Dottore, credo di conoscerti abbastanza bene. Sta in allerta!” gli urlò, prima di scomparire.
Il Signore del Tempo, rimasto di nuovo solo, sospirò e scosse esasperato la testa.
Tra tutti i Signori del Tempo che dovevano salvarsi dalla guerra, proprio il Master doveva sfuggirne?
Camminò intorno alla plancia comandi, riassaporando il silenzio che regnava nel TARDIS.
Stava per buttarsi a sedere sulla poltroncina da viaggio, quando un altro bigliettino attirò la sua attenzione. Lo lesse velocemente e imprecò più volte quando comprese il messaggio.
L’avrebbe ucciso!
Altro che primo appuntamento!
Oppure lo avrebbe ucciso al primo appuntamento!
“Scusami bimba!” disse per l’ennesima volta alla sua astronave. “La Terra ha ancora bisogno del nostro aiuto!”
E così dicendo lasciò andare i freni e spinse il suo TARDIS oltre i limiti: la fine del mondo era di nuovo vicina e lui sarebbe ancora una volta accorso in suo aiuto.


Fine



   
 
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